martedì 29 marzo 2011

Cake alle arance














Non festeggio il mio compleanno, non mi è mai interessato più di tanto, non faccio caso alle feste commerciali, non mi applico facilmente su ricorrenze o similari eppure oggi mi piacerebbe fare una piccola eccezione a questo atteggiamento caratteriale che spero non sia scambiato per menefreghismo o ancor peggio per spocchia, vorrei quindi inaugurare il mio primo contest. Sono onorato di dichiarare aperta la mia prima e suppongo unica e forse ultima iniziativa in materia di blog ed affini, un contest appunto dove chiaramente non si vince nulla...o può darsi anche di si, vedremo. Considerate che al momento necessito anche di un banner...anzi se dopo la lettura delle righe successive qualcuno avesse qualche idea da proporre ne sarei ben lieto ovviamente. Partiamo dal titolo quindi: "Piuttosto mi acciuncai i'cabasisi!!!". Con questa iniziativa vorrei infatti farmi portavoce di spinte aggreganti del web che portano molti di noi bloggers, ma non solo, a trovare l'opportunità per 'definirsi' sotto il medesimo contest che per l'occorrenza diviene una bandiera condivisa, un unico vessillo di fratellanza sotto il quale ritrovarsi felici&fetenti. Ci sono infatti spunti (contest) intelligenti, alcuni intriganti, altri invece che depilano le parti intime senza l'uso della ceretta ma già così incisivi alla sola lettura del titolo da avere un effetto tosante quasi immediato ed indolore. Nei casi peggiori c'è addirittura chi ha avvertito un suono di biglie che cadono sul pavimento per poi rotolare sconsolatamente verso un angolo della casa chiaro segno della desolazione mentale che pervade alcuni nell'inaugurare nuovi e mirabolanti 'ritrovi' gastronomici. Nel silenzio di quella presa di coscienza mi è parso più volte di sentire il rumore lontano di folte ciglia precipitate nella tastiere dei pc, di reggiseni che di colpo hanno perso il loro effetto push-up schiantandosi sul tavolo del portatile, oppure l'eco di una perdita improvvisa di tono muscolare nelle braccia o ancora peggio ho palesato davanti a me sorrisi isterici medio folli dal chiaro intento omicida nonchè sicuri dejavu visivi adoranti il miglior Jack Nicholson (Shining) che si fa strada con una accetta... Non so quanti di voi si sono trovati in quello stato. Certo non è facile da ammettere. Nessuno confessa facilmente le proprie ansie o le proprie spinte aggressive eppure se si vuole guarire da qualche parte pur bisogna cominciare, no?! :P L'importante è cavalcare l'onda del "ritroviamoci" tutti. Avete presente i balli di massa nati per eludere le capacità mediocri dei più a muoversi a ritmo?! Ecco. Io non so ballare lo ammetto ma piuttosto che imparare 5 passi da ripetere ossessivamente nella falsa convinzione che 'sto ballando' preferirei appunto 'acciuncarmi i cabasisi'! Partiamo però dall'inizio. In principio almeno per me intendo furono i giveaway-confessione a tema a darmi la prima volontà omicida. Giveaway dove appunto ognuno doveva (deve) raccontarsi attraverso un elenco (si vede che la moda non è passata ancora...) di caratteristiche personali. In questo modo ho avuto l'occasione di leggere dei veri e propri testi comici, gli stessi che raccontavano di persone che immaginandosi in un modo, nello scrivere di se disegnavano invece magistralmente i propri complessi, in alcune casi vere e proprie orchestre da filarmoniche pluripremiate. Capisco le aspirazioni, posso comprendere l'autoconvinzione come mezzo...ma essere credibili è davvero un passo troppo lungo che merita solo di essere guarito a 'schiaffoni' (sempre di penna off-course al massimo quelli del formato di pasta! :P). Questo modo traslato per approfondire i profili altrui ha quindi infervorato le fantasie di vari bloggers&affini che hanno inventato di li a seguire situazioni e contesti che fungessero poi da incipit per una raccolta di ricette a tema si ma che coprissero anche l'aspetto "gossipparo" degno del peggior 'Uomini&Donne' mai trasmesso. Certo le eccezioni non si sono fatte attendere ma nel frattempo gli amici dell'epilazione istantanea non solo hanno avuto il loro momento di gloria ma si sono anche auto-riprodotti in modo straordinario. Va pure detto per essere precisi che da questo marasma, in alcuni casi anche patologico, molti bloggers hanno invece preso le distanze ritagliandosi temporaneamente un ruolo più eletto salvo poi cascarci anche loro in seguito offendendosi quasi, se la schiera di adepti non partecipava alle proprie 'uscite' editoriali. La naturale evoluzione per attirare consensi ha quindi visto sotto gli occhi di tutti il successivo passaggio all'iniziativa a premi, alcune volte non solo con un vero e proprio regalo da consegnare al vincitore della gara a tema quanto anche sponsorizzato quasi a dare un aura ufficiale autoreferenziante con tanto di guest star del condominio accanto come supervisore (qualche cuoco o critico semi-conosciuto per inciso). Ben venga ovviamente. Anche qui però la componente umana colta da sindrome di televoto da reality ha avuto la meglio e non sono mancati casi di persone che si sono anche mediaticamente azzuffate per ritirare premi si rilevanti ma che onestamente non valevano un tale sputtanam....(sorry per il francesismo) coinvolgendo per i voti telematici intere schiere di amici su facebook, twitter... A questo punto la domanda è d'obbligo:"Ed io?". Ecco, io non mi sono mai posto il problema e devo dire che non ho in merito una regola precisa. Faccio estrema fatica con i giveaway-confessione perchè poi alla fine chi sono si dovrebbe leggere chiaramente tra le righe dei miei insulsi raccontini e quindi onestamente trovo riduttivo lasciare tutto ad un elenco superficiale dove emerge solo la parte più estetica di un aggettivo. Probabilmente lo farei solo su un blog dove sono già conosciuto, non altro. Diversamente per i contest invece dove la mia partecipazione (più frequente) è legata all'affetto o alla stima che ho nei confronti del suo autore/autrice. Infatti se e quando i tempi coincidono vi aderisco volentieri pur non andando mai per la pianificazione della partecipazione se non per rarissime eccezioni. Spesso mi è capitato di non esserci in contest di amici che non mi hanno mai fatto pesare la cosa per il solo motivo di condividere (fortunatamente) il mio stesso approccio(vedasi al momento PoveriMaBellieBuoni). Ed allora proprio in questa ottica mi sono detto perchè non farlo anche io un contest? E così che è nata l'idea del "Piuttosto mi acciuncai i'cabasisi!!!". Le regole sono molto semplici, potete usare una o più ricette (nuove) le stesse che potreste utilizzare per aderire ad un contest ancora in auge ma al quale non partecipate perchè piuttosto vi tagliereste gli zebedei (vale in senso figurato anche per le donne ovviamente!) Certo non mi aspetto che affermiate pubblicamente dove non partecipereste mai...ed allora per aderire mi inviate pubblicamente un commento qui con il vostro piatto ed in privato invece mi indicate a quale contest potevano partecipare (pur senza farlo) perchè proprio non 'reggereste'. Capisco che non è una gara facile, ci vuole coraggio, sfrontatezza, sicurezza dei propri mezzi, si cammina su un campo minato e non è da tutti. Tra l'altro avvicinandosi l'estate in vista dei primi bagni di sole siamo in molti a necessitare di ceretta depilante total-look motivo per il quale capirò...se vi asterrete in massa preferendo la perdita dei peli superflui, aderendo di conseguenza a qualsiasi cosa vi capiti sotto mano.

PS
Per i giudici invece...eh per quelli dovrei scrivere un post a parte, per questa volta evito volutamente l'argomento anche perchè in questo momento sto partecipando ad un paio di contest e quindi sarebbe strategicamente sbagliato 'muoversi' :P

Passiamo quindi alla ricetta. Nella migliore tradizione dell'apparente incoerenza umana invece, confermo quanto detto pocanzi e con il cake che vado a presentravi partecipo anche al contest di AnnaLù&Fabio gli autori di un blog che merita attenzione per lo stile e per la varietà di argomenti (viaggi, cucina, foto, ...). Frequento questo lido del web da molto tempo pur presenziando in modo attivo, e cioè commentando (quando posso), da poco. La stima è maturata sul confronto per alcuni argomenti su un blog amico poi da li la strada è stata tutta in discesa. Visto che l'iniziativa è "Cosa metto nel cestino?" quale migliore scelta di un morbido cake all'arancia, facilmente trasportabile, profumato all'inverosimile e poi nobilitato da una ricetta che lo eleva dal semplice livello di cake 'infrasettimanale' ad un dessert di tutto rispetto che inganna con il suo aspetto semplice...per poi rivelare in modo non scontato un animo complesso e dal gusto composito. Certo in un cestino creme&cremine hanno una veratilità logistica inferiore e quindi si punta sulla soluzione funzionale senza però che si perda minimamente in golosità. La fonte di tale dolce è Milena di UnaFinestraDiFronte, per la quale non ho effettivamente più parole. Parlano i fatti. Questo cake, il suo cake anzi per la precisione nella variante della madre è stato rifatto consecutivamente per due settimane (6 torte in tutto!) a testimonnianza di quanto lei sia un punto di riferimento saldo. Esserle amico è per me un indubbio motivo di orgoglio e questo evidentemente non certo per la sola bravura ai fornelli :) Detto ciò vi riporto a seguire la sua ricetta leggermente modificata da me (è forse superfluo aggiungerlo) ma per dettagli del tutto trascurabili.

Cake alle arance
Ingredienti

70 gr. di burro;
300 gr. di zucchero;
4 uova codice 0;
400 g farina 00;
3 arance bio (scorza grattugiata + 250 g succo filtrato da eventuali semini);
1 bicchiere di latte o di panna;
1 cucchiaio di mandarinetto fatto in casa in alternativa un cucchiaio di Grand Marnier;
1 bustina lievito per dolci;

Preparazione
Grattuggiare la scorza di 3 arance senza intaccare la parte bianca (albedo) per eludere eventuali sapori amarognoli. Far fondere il burro e lasciarlo raffreddare. Montare quindi le uova con lo zucchero, incorporando a seguire la farina mescolata in precedenza con il lievito, il burro fuso, le zeste d'arancia, il bicchiere di panna, il liquore ed il succo di arancia. Una volta che il composto ha assunto una densità omogenea trasferirlo in stampi imburrati ed infarinati portandoli in forno (preriscaldato, statico e su ripiano medio) a 180° per 40-45’ circa. Aspettare che si raffreddi ma nel frattempo godetevi il profumo che fanno per casa :) L'assaggio fugherà ogni dubbio...è un cake che può valere un dessert di rango! :D

martedì 22 marzo 2011

Torta strudel Parachiula














I soldi ridotti all'osso, due macchine con quasi 130.000 Km l'una per 12 persone, una ragazza autoinvitatasi nella speranza che qualcuno in un momento di follia ci provasse, poche idee lucide, tanta voglia di mare.
Per l'occorrenza sul carro delle amicizie avevamo fatto saltare anche MrGreen, uno pseudo atleta in quanto giocatore di pallavolo semiprofessionista dedito corpo ed anima solo alle droghe leggere e per questo soprannominato ironicamente e con un pizzico di cattiveria il "KurtCobain dei campi Flegrei". Probabilmente a ripensanci bene l'anima l'aveva anche bella che venduta da un pezzo. Gli occhi sotto il ciuffo di ricci brillavano esclusivamente quando si trattava di trovare un modo per alterare i propri stati di coscienza, poi un piattume unico vissuto nel fascino del bello&maledetto che reggeva solo agli occhi di chi non lo conosceva bene. Di contro nessuno di noi fumava, o almeno nessuno prima di quell'estate. Eravamo decisamente un gruppo di nerd eticamente attaccati a pochi principi saldi ai margini di quello che i più ritenevano i 'divertimenti veri'.
L'incontro come sempre avvenne sotto la luce fulgida della sola convenienza vicendevole, noi mettevamo le auto, lui portava due tende da 6 posti ed una amica. Le prime, avanzi dell'ultima campagna in Russia a giudicare dallo stato di conservazione mentre la seconda (l'amica) era una sua spasimante macerata nella adorazione e nel rifiuto costante, adesso in cerca di un fidanzato o anche di un reduce di suddetta campagna militare visto il clima evidente di recupero dal passato.
Il Sabato prima della partenza (prevista per il Venerdì successivo) ci radunammo tutti sul fondo della strada dove abitualmente ci ritrovavamo, per guardaci in faccia in primis con maggiore decisione ma soprattutto per dare una svolta al piano d'esodo.
Fu subito chiaro che la ragazza sarebbe rimasta single per tutta l'estate. Da lontano a qualcuno di noi non parve nemmeno vera. MissColpiDiSole sullo sfondo del marciapiede assolato sembrava una valchiria. Alta, bionda, corporatura robusta, capelli lunghi lisci, occhi azzurri leggermente sporgenti, minigonna di jeans, zatteroni di sughero anni 60'. Se fosse rimasta sullo sfondo sarebbe stato tuttavia meglio perchè una volta che si avvicinò capimmo non solo che era l'antitesi di tutto ciò che è o si può definire minimamente femminile quanto scoprimmo da subito che era di un logorroico stupido da indurre nausea dopo soli pochi minuti di conversazione. In molti abbiamo sospettato che a casa non vedessero l'ora di liberarsene. Alla mia domanda:"Ma lo sanno i tuoi che parti senza amiche con 11 ragazzi e le tende sono solo 2?", cominciò un monologo isterico gesticolato che andava dal paradigma domanda&risposta che lei stessa copriva per intero immaginando le nostre ulteriori perplessità sino a considerazioni insulse di carattere etico-sociologiche che sembravano le riflessioni deliranti di uno studentessa di psicologia sbronza fradicia. Il tutto condito di risolini e strepiti che mettevano continuamente in bella vista i 30 metri quadrati di gengive leggermente sporgenti (anche loro) che aveva.
La risata nevrastenica pseudo coinvolgente ed il continuo cercare il contatto fisico con le mani la fece bollare da MrPink che era al secondo anno di medicina come MissPthirus. MissColpiDiSole 'per todo o mundo e para toda humanidade' era diventata suo malgrado MissPiattola.
La sostanza in definitiva era che il padre e la madre sotto la scusa della fiducia e del rapporto d'amicizia volevano solo liberarsene così come il nostro "KurtCobain" pallavolista che voleva altresì 'smollarla' dopo che aveva avuto con lei (questo lo scoprimmo poi) una storiella di un ora e non altro sotto l'effetto massiccio di erbe aromatiche assortite.

Decisa quindi la meta prendemmo in ostaggio per un pomeriggio intero il telefono di casa di MrPink riuscendo anche a prenotare malgrado la nostra scarsa dimestichezza in merito. Era l'unico (MrPink) infatti che poteva permettersi tante interurbane senza che la famiglia lo lapidasse a pietrate come invece sarebbe capitato ad uno di noi.
In questo modo Puglia fu, poco lontano da Vieste per la precisione, il campeggio più economico di tutto il Mediterraneo paesi africani (all'epoca) sotto embargo inclusi. Sei di noi partirono con le macchine cariche dei bagagli di tutti, gli altri invece in corriera, quella che viaggiava di notte (sempre e solo la scelta più vantaggiosa per le magre finanze collettive), quella che percorreva poca autostrada e molta statale per coprire tutte le fermate nei paesini dell'entroterra delle 'terre di nessuno'.
Io fui scelto per l'equipaggio di una Fiat Ritmo blu scambiato di seconda mano ma, particolare non di poco conto per noi, con i fendinebbia. L'altra auto invece era una Citroen dorata con lo sportello anteriore destro bloccato. Chi vi sedeva per uscire usava il finestrino proprio come nelle migliori auto da corsa con la carrozzeria saldata per sicurezza.
Anche noi con le auto decidemmo per solidarietà di attraversare il sud Italia sotto le stelle accodandoci al servizio interegionale di trasporto su ruote dove c'era appunto il resto della truppa compreso MissPthirus.
Avevamo delle 'merende' preparate con fette giganti di pane cafone con in mezzo pecorino e prosciutto cotto affumicato. Alcune erano completate con peperoni saltati in padella, gli altri invece con la variante delle melenzane a funghetti. Bottiglia di acqua frizzante gelata e l'improbabile percorso sulla statale di quelle utilitarie che sulle discese sorpassavano la corriera, sulle salite invece venivano doppiate dalla stessa. Penso che quella notte la ricorderà bene anche l'autista dell'autobus perchè ogni volta che ci sorpassava sorrideva e sfotteva le due carrette che arrancavano verso il mare con ampi gesti evocativi di presa per il...
Un saliscendi tra colline e paesi, nel silenzio di una fresca notte di Agosto che nell'alternanza di campagna e borghi dimenticati ha fatto da scenario forse ad uno dei più inverosimili viaggi che abbia mai fatto a metà tra l'onirico delle ore che attraversavamo e la precarietà dei nostri mezzi di trasporto che se da una parte non ci facevano rilassare mai più di tanto (gli occhi puntati con terrore su una spia rossa del motore che di tanto in tanto si accendeva...) davano pur tuttavia a quell'effimera e precaria transitorietà le note di una piccola magia da conquistare. Poi l'alba, il mare, le tende montate con notevole dispendio di energie e di fosforo in due giorni (non un secondo prima) e mai vissute se non come ripostiglio per i bagagli che avevamo con noi.
Dormimmo sempre tra la spiaggia e l'ombra di un albero gigante, girando di mattina le brandine al cambiare dell'ombra proiettata per terra. Mai meridiana umana fu tanto precisa.
Il campeggio per noi nerd fu uno shock non da poco. Se per l'igiene personale provvedemmo usando sempre e solo le docce fredde, quelle più pulite per via dell'acqua gelida che convogliavano da non so quale montagna o ghiacciaio alle nostre spalle, per la questione bagno fu invece un lento e prolungato dramma interiore. Per tutti si risolse nell'acquisto con colletta di una boccetta di Guttalax contesa una sera a cena come oro.
Per tutti tranne che per MrWhite, devastato invece da un blocco psicologico malgrado i 7 giorni di inutili visite ai servizi igienici e mezzo bicchiere di lassativo mandato giù a più riprese. Qualcuno parlava già di parto imminente ma non fù così, nemmeno la chimica sembrava venirgli in aiuto.
L'ottavo giorno tutti scesero a mare. Restammo io e MrWhite a discutere sul da farsi. Ventilavamo l'ipotesi di fare un salto alla guardia medica. Ma verso mezzogiorno, in un calura da allucinazioni, nell'aria arsa da un vento caldo e costante arrivò lui dal mare. "KurtCobain del litorale flegreo" risalì lentamente lo sterrato e venne verso di noi. Abbronzato, sotto l'ombra dei ricci due occhi rilassati e distesi di chi aveva visto da poco il nirvana. Non disse nulla. Preparò il caffè nella macchinetta da 9 tazzine (abilmente trafugata da uno di noi a casa), lo zuccherò pochissimo e lo travasò ancora bollente in una bottiglietta d'acqua da 1/2 litro. Sulla collina alle nostre spalle c'era un bagno dove nessuno andava mai perchè era troppo in alto per tutti per via della lunga scalinata non all'ombra che andava percorsa per raggiungerlo e poi come vi anticipavo prima aveva solo docce fredde. Quando vide che le signore addette alla pulizia si allontanarono con la jeep che usavano appunto per andare a pulirlo si rivolse a MrWhite con tono da santone indiano, dicendo:"Adesso possiamo". Io facevo da spettatore in pratica. Salimmo il pendio, "KurtCobain" entro nel bagno e ne usci solo dopo aver modellato la più imponente scultura di cartaigienica vista in vita mia in modo che anche lo schifiltoso MrWhite potesse usufruire del servizio igienico 'quasi' come fosse a casa. Un totem in pratica.
Aprì la porta, fece bere tutto d'un fiato il caffe ancora caldo a MrWhite. Si accese una Marlboro rossa di contrabbando e la mise con un gesto deciso tra le labbra di MrWhite che cominciò a sudare freddo all'istante. Gli disse:"Aspira, non fa niente che non hai mai fumato". MrWhite colto dal misticismo del momento fece tutto quanto gli disse. Fumò e tossì. Poi "KurtCobain" disse perentorio e quasi a bassa voce:"Adesso io e MrBlue (io) ci allontaniamo un pò, ma sta tranquillo che non facciamo avvicinare nessuno!". MrWhite entrò in bagno rapido. Noi ci sistemammo come due guardie sotto un fico spellacchiato a guardare la zona circostante.
Andò tutto bene, anzi benissimo, MrWhite andò 'a meta' senza esitazione.
Il piano di "KurtCobain dei campi Flegrei" rapito dall'estasi guaritrice dei suoi stessi fumi aromatici aveva tuttavia una falla che nel pur acclarato successo del momento individuammo solo una decina di minuti dopo.
Su quella landa collinare desolata, nel pieno del caldo africano il canto delle cicale fu rotto da un urlo che fu insieme soddisfazione e panico...gioia e disperazione...vittoria e lacrime...il tutto racchiuso solo nella stessa esclamazione:"La cartaaaaaaaa!!!!!!!!!!".

"KurtCobain" colto dal delirio della sua artificiale onnipotenza l'aveva usata tutta per mummificare la tazza senza intuire che sarebbe certamente servita poi in caso di successo...
Fu allora che ridendo come due deficienti senza riuscire a prendere fiato iniziammo a correre verso il decadente ed improvvisato supermercato del villaggio che era molto più giù a valle...felici&fetenti per MrWhite che finalmente aveva visto la luce!

Passiamo quindi alla ricetta.
Questa torta come non mi capita spesso la dedico alla mia amica di infanzia, non so se la ricordate quella che anche se con qualche difficoltà in più continua imperterrita ad allenarsi al 'sorriso parachiulo'.
Il perchè non è rilevante qui o almeno lo è nella sola ottica del dolce e quindi ecco che il riciclo delle nostre energie per concentrarle in un sorriso (e che sia 'parachiulo' ovviamente) trova immediato riscontro nella filosofia del riciclo in casa onde evitare sprechi inutili.
Anche se fuori contesto con la dedica fatta pocanzi, sull'argomento "recupero in credenza" (strano che qualcuno non ci abbia pensato per un contest!:P) vi segnalo il post del sempre ottimo Nanni, un compendio di informazioni che valgono almeno quanto una quintalata di riviste e libri di cucina :P
Torniamo a noi però.
Questa torta strudel infatti non ha una sua ricetta di riferimento di partenza ma è stata preparata insieme alla mia ragazza procedendo a braccio. Mai come questa volta eravamo indecisi sulla tenuta del ripieno in termini di consistenza vista le differenti granularità che si incrociavano. Stabilire il giusto equilibrio per una umidità ottimale è stato solo e puro 'chiulo'. Insomma un rincorrersi di 'chiulo&chiulo' che non poteva essere ignorato al fine di inquadrare questo dessert anche nel nome :)
Una delle tre torte preparate (ehm...dicesi complesso del 'morto di fame'...) ancora calda l'ho anche regalata ai miei amici vicini di casa e la premessa seria è stata:"E'un esperimento e non so dentro cosa possa essere successo, ti prego non esitare a farla volare via...".
Ed invece devo dire che anche io sono rimasto sorpreso di questa botta di c...fortuna :)
Ad onor del vero tutta la preparazione è stata giocata su una incertezza che solitamente non mi appartiene. Sono cioè in grado anche di ciofeche incredibili ma parto sempre e solo dopo che una ricetta l'ho studiata per bene, avendone fissato in mente i passaggi chiave. Questa volta invece non è stato così.
Ecco allora che da una frolla profumata con zeste di limone siamo atterrati su un ripieno simil-strudel la cui granularità è stata spezzata da una aggiunta di farcia fresca (mele e pere) che si è amalgamata ottimamente. Per quanto infatti non sia rilevabile facilmente dalle mie orrende istantanee vi assicuro che la farcia era omogenea e soprattutto non era stucchevole con sapori 'secchi&zuccherini'. Questo ovviamente grazie alla tenuta di ottime mele e pere al giusto grado di maturazione per la cottura che hanno stemperato l'impianto 'statico' degli zuccheri secchi.
Un ultima cosa...la frolla che ho usato è quella che prepara spesso mia madre, di difficile lavorazione ma certamente una delle migliori che abbia mai provato per questo tipo di torte. Resta infatti morbida e scioglievole senza un retrogusto di burro. Se volete individuarla per consistenza si potrebbe quasi dire l'anello mancante nel paradigma evolutivo della frolla in pandispagna :P ahahhhaahahahaha

PS
L'ultima foto è anche sfocata...oramai mi vergogno anche ad accampare scuse...sorry :)


Torta strudel Parachiula

Ingredienti per il ripieno
2 Mele Golden dolci ma sode;
2 pere Kaiser dolci ma sode;
40 gr. di pinoli;
20 gr. di nocciole tostate;
20 gr. di mandorle spellate;
100 gr. di cioccolato fondente 85%;
zeste di un arancio e di un limone;
250 gr. di panettone al cioccolato o di panbrioche con 4 cucchiai di gocce di fondente o in alternativa anche pane in cassetta da recuperare, biscotti o crackers non salati sempre con i 4 cucchiai di gocce di fondente modificando però in tal caso il burro che passa da 50gr. a 70 gr. ed aggiungendo un cucchiaio raso di zucchero a velo);
3 fichi secchi grandi;
6 cucchiai di rhum di buona qualità;
4 albicocche disidratate;
mezzo cucchiaino di cannella;
50 gr. di burro;

Gelatina di albicocche

Ingredienti per la frolla
400 gr. di farina 00;
160 gr. burro a temperatura ambiente;
160 gr. zucchero;
2 cucchiaini di lievito per dolci;
zeste di un limone medio;
2 uova intere codice 0 di grandezza media fredde di frigo;

Preparazione della frolla
Fare a fontana la farina mescolata in precedenza con la zeste di limone e con il lievito. Aggiungere quindi il burro ridotto a pezzettini e lo zucchero. Impastare sbriciolando tutto con il classico movimento con le dita che indica 'i soldi' raggiungendo una grana che sia la più sottile possibile (solitamente in una 20' non oltre anche perchè poi cominciano a dolere le dita stesse).
Aggiungere quindi alla fine le due uova ed impastare compattando rapidamente. Riporre il panetto in frigo per una oretta buona.

Nota
Questa frolla è di difficile gestione consiglio quindi di lavorarla sempre con un foglio di carta forno spolverato di farina in modo da trasferire (senza romperlo) i vari dischi di pasta dal ripiano di lavoro allo stampo che si intende usare. Ovviamente infarinare leggermente anche il mattarello metre gli stampi vanno sempre imburrati ed infarinati. Questa potrebbe essere la vostra "frolla"di non ritorno :P

Preparazione del ripieno
Tostare i pinoli in padella, ridurre in granella irregolare le nocciole e le mandorle (io con un batticarne in un sacchetto per il pane), rendere il panettone in briciolame non più grande di un paio di cm, sgranare in scagliette il cioccolato fondente e tagliare in piccoli cubettini i fichi secchi e le albicocche disidradate. Portare tutto in una ampia ciotola di vetro e mescolare con una cucchiarella di legno completando con il mezzo cucchiaino di cannella i 6 cucchiai di rhum di buona qualità ed i 50 gr. (o 70 gr. a secondo che usiate pane in cassetta, biscotti...) di burro preventivamente sciolto e lasciato raffreddare. Coprire con pellicola per alimenti il contenitore e lasciare assestare per 5-6 ore in modo da amalgamare quanto più è possibile gli umori. Se riuscite a programmarlo per tempo potete anche anticiparvi al giorno prima mettendo però tutto in frigo ed avendo l'accortenza di non aggiungere il burro fuso cosa che farete solo prima della preparazione.
Il ripieno sarà tuttavia completo solo con le mele e le pere cubettate piccole, rapidamente aggiunte al resto degli ingredienti ed incorporate in modo omogeneo poco prima di andare ad infornare e cioè con l'involucro di pasta frolla già steso coperto di un bel velo di gelatina di albicocche.
In forno statico a 180° ripiano medio, circa 40'-50' di cottura dei quali gli ultimi coperti con carta d'alluminio per evitare che si scuriscano troppo.
















martedì 15 marzo 2011

Danubio di bufala piacentina














Pompa di benzina fronte strada a coprire un piccolo giardinetto pubblico con fontana zampillante di acqua potabile al centro e 4 panchine di legno disposte su un perimetro romboidale immaginario. Intorno il delirio automobilistico di una delle arterie del quartiere, in realtà della città visto che quella è una delle principali direttrici che collega il cuore commerciale della city al suo centro storico, le zone nell'immediato più turistiche. Chi ci passa, certamente vede la stazione di rifornimento quasi mai fa caso a quel rettangolo di verde alle spalle, con vegetazione troppo fitta per renderlo esteticamente gradevole.
Per lo più è ravvisato come l'ennesimo arredo urbano degradato confinante sul lato posteriore con una filiale di banca che prende tutto il piano terra di un bell'edificio a 5 piani adibito ad uso abitativo privato. Eppure quell'angolo di verde incolto, fatto di quercie alte, siepi irregolari e di un tappeto a sfumaure rosse e gialle di foglie enormi è da tempo, (qualche anno almeno) la dimora fissa di due barboni. Davanti quindi la pubblica protezione data dalla pompa di benzina alle spalle una stradina adibita al parcheggio ma di scarso accesso che disegna il confine con gli uffici dell'istituto finanziario. Ai lati un piccolo recinto di ferro basso ed una barriera di macchine a disegnare un muro di cinta invalicabile. Per guardarci dentro bisogna pensarci, farci caso, impegnarsi, altrimenti è solo l'ennesimo sfondo che fila via nei nostri passaggi quotidiani quando presi da ansie ed impegni vari ci lasciamo sfuggire via il contesto, lo scenario, la vita nascosta che ci circonda, quella che bussa inutilmente ai nostri occhi. Occhi affaticati, arrossati o truccati, raffreddati, alcuni nervosi, altri nascosti da lenti scure, altri ancora con sopracciglie innaturali o tagli non europei, piccoli e grandi, espressivi e ridenti, colorati o sbiaditi, tristi e disincantati, rapiti da pensieri o sognanti...alcuni semplicemente stanchi, la maggior parte però sempre distratti.
Di giorno i due clochard abitano tre di quelle panchine lasciando impegnate le sedute delle medesime con pile di buste, borse, indumenti, cibo in scatola e giornali. Si lavano alla fontanella dove riempono bottiglie di plastica che posizionano con ordine nei pressi di una aiuola spellacchiata alle loro spalle, stendono poca biancheria intima usurata dal tempo sul rugginoso recinto, poi si spostano proprio con la stessa leggerezza con la quale ognuno di noi si muoverebbe a casa. La differenza ovvia è che loro non hanno mura ed un tetto a protezione, non c'è nulla che li nasconda, niente a dare dignità alle proprie solitudini. Malgrado ciò non c'è percezione di disagio. Loro, invisibili alla società hanno reso gli 'altri' (per esigenza) altrettanto trasparenti.
La parte in alto a sinistra del giardino, quella più nascosta dalla struttura della pompa di benzina nonchè da un maestoso albero è adibita alle deiezioni quotidiane. Quando fa caldo pur passeggiando all'esterno di quel rifugio pubblico, l'odore è insostenibile a tratti, eppure in tanti anni anche quell'elemento indice di una presenza non ha cambiato una virgola l'atteggiamento di chi vi passa, forse fa solo accellerare il passo nella più ricercata indifferenza.
La notte quando piove o cala il freddo, quello che fa male per intendersi, abbandonano le panchine giaciglio e dormono in un angolo coperto dell'edificio di fronte, quello della banca. Coperte marroni spesse, cartoni a fare da materasso, cappucci di felpe sbiadite calate sul capo, il brick di vino vicino al muro a fare da doppio cuscino.
Io passo a piedi prima dell'alba. Una delle prime volte incrociando quell'angolo di edificio con le scarpe pesanti, calpestando con decisione un tratto di marciapiede fatto da una pedana di metallo rigida penso anche di averli svegliati. Quello è il punto di accesso più comodo alla strada per attraversare quando non ci sono molte macchine come è appunto a quell'ora.
Ancora oggi, quotidianamente passo in quel tratto ed all'incirca sempre alla medesima ora, quella del sonno reso più leggero dalla mattina che incombe con la sola differenza però che ora evito qualsiasi rumore. A volte se ho gli scarponcini alzo addirittura i talloni. E'paradossale probabilmente visto dall'esterno ma ho sempre la netta sensazione di passare per casa di qualcuno...poi ci penso e mi ripeto: "...quella...è una casa!".

PS
La dedica è a chi ha perso tutto...per volontà, per il caso o per sola potenza della natura.


Passiamo quiandi alla ricetta. E' la prima volta che preparo un Danubio, la scelta per l'MTChallenge quindi non ricade su una versione che sia sorprendente o molto distante dallo standard quanto sulla scelta di ingredienti di particolare qualità. Il tocco di personalità che per ovvie ragioni non può essere evidente per la sola fattura dell'impasto (pur molto lavorato), l'ho quindi fatto poggiare anche sull'abbinamento: ricotta di bufala, un asiago mediamente stagionato non molto ricco di grassi che fungesse da legante (ma che non diventa un chewing-gum da freddo) ed un salame artigianale piacentino all'aglio che potesse invece spezzare la continuità grassa dei latticini.
Ad onor del vero in cottura il salame ha perso gran parte del proprio aroma conservando solo delle note di aglio. Queste sono infatti risultate evidenti ad un assaggio ad inizio pasto (a bocca neutra per intenderci) ma non altrimenti il che da una parte rende la pregevolezza del salume d'altra parte invece fa perdere leggermente in carattere alla farcia.
Il salame per qualità della carne fa sempre la sua 'porca' figura ma la pennellata in più al palato che mi aspettavo ad onor del vero non c'è stata secondo la mia aspettativa. Detto ciò sono rimasto invece contento di questo lievitato per me inedito ma che mi sono ripromesso di riapprocciare con "grassi" e bilanciamenti di farina diversi sia per versioni salate quanto dolci.
Il titolo ovviamente è il rimando per non-sense ad una bufala impropiamente piacentina che sa comunque dire la sua pur fuori contesto...un pò come il presente danubio insomma :P eheheheehehe

Danubio di bufala piacentina

500gr di farina divise in 300gr. di manitoba e 200gr. di farina 00 entrambe di Mulino Marino;
150 gr. di lievito madre 'fresco di rinfresco';
50+20 gr. di burro "Occelli";
1 cucchiaino di malto;
250gr di latte intero;
1 tuorlo ed 1 uovo intero codice 0;
10 gr, di sale;
10 gr. di zucchero;

Per la farcia:
250 gr. di ricotta di bufala;
200 gr. di salame artigianale piacentino all'aglio;
250 gr. di asiago stagionato nero;


Preparazione:
Per il lievito madre, la mattina che devo usarlo, tre ore prima lo rinfresco* e lo lascio a temperatura ambiente fino a quando non devo impiegarlo.
La base di partenza quindi è il lievito madre appunto con un classico profumo di yogurt (non deve assolutamente avere note acidule al naso) sciolto nella totalità del latte (leggermente tiepido) ed il cucchiaino di malto. Lascio il composto quiescente per una ventina di minuti tempo invece che uso per sciogliere il burro (solo 50gr.) a bagnomaria in modo che si possa anche raffreddare.
A questo punto miscelo in una ampia ciotola di vetro il lievito sciolto nel latte con la farina precedentemente setacciata e poi progressivamente aggiungo prima il burro liquido (aggiunta fino al completo assorbimento di quanto versato) e poi l'uovo con il tuorlo al fine di ottenere un impasto abbastanza morbido (uso una forchetta solitamente all'inizio e poi procedo con le mani staccando il composto dalla ciotola e lavorandolo 'in aria').
L'impasto all'inizio potrebbe anche avere una consistenza avvilente l'importante è procedere con sistematicità con un movimento di riciclo che faciliti lo sviluppo della maglia glutinica. Alla fine si ottiene una palletta elastica e profumata. E' proprio a questo punto che continuo ad impastare mettendo ancora e progressivamente una 20 di gr. di burro aggiuntivo (questa volta non sciolto ovviamente) nelle mani che faccio assorbire quasi massaggiando l'impasto.
In tutto ho impastato per circa 45' di seguito.
Una volta terminato metto la pasta in una capiente ciotola di vetro unta con un velo di burro, la copro con pellicola per alimenti (la ciotola non l'impasto) e la lascio lievitare per 16-18 ore in frigo sul ripiano delle verdure.
Al termine di questa fase tiro fuori la pasta e lascio a temperatura ambiente per quasi una ora (adesso fa ancora freddo) dopodichè procedo a ricavare tante palline non più grandi di una noce.
Tre, quattro colpi di mattarello per ognuna in modo da ottenere un dischetto ampio e poi continuo con la farcia. Per ogni pallina un cucchiaio di ricotta di bufala (opprtunamente privata del proprio siero, deve essere asciutta altrimenti bagnerà irrimediabilmente la pasta in cottusa), un dadino di asiago stagionato ed un bel cubetto di salame. Chiudo quindi il cerchio verso l'alto facendo combaciare la circonferenza esterna. Con il pollice e l'indice poi procedo a strozzare la pasta in eccesso (come per la formatura dei babà) in modo da eliminare l'impasto superfluo ottenendo così delle palline abbastanza imbottite.
Anche se le foto non rendono giustizia in fase di pezzatura bisogna cercare di ridurre al massimo l'impasto anche perchè poi ci penserà la successiva lievitazione a dare spessore all'involucro.
Una volta formate tutte le palline quindi riporle un tantino distanziate su stampi imburrati ed infarinati per l'ulteriore lievitazione di circa due/tre ore a 27°-28°.
A fine lievitazione quindi spennelate abbondantemente con il latte e portate poi il tutto in forno preriscaldato statico a 180° (ripiano medio) e cuocere per circa 40' coprendo qualora la superficie esterna tendesse a bruciare.
Attendere che si raffreddino e prelevarle dallo stampo.
Sono buone fredde e devo dire che la presenza del lievito madre rende questo danubio buono anche dopo un paio di giorni.
Ovviamente attenti sempre alla ricotta ;)

*"Fresco di rinfresco" per me vuol dire che sono al terzo rinfresco consecutivo. Supponiamo cioè che voglia preparare il pane il Sabato(infornarlo intendo).
Il Mercoledì sera faccio il primo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Giovedì sera faccio il secondo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Venerdì faccio il terzo rinfresco ed invece di riporre il lievito nel frigo lo lascio a temperatura ambiente per tre ore dopodichè lo uso per l'impasto che metto a lievitare tutta la notte (sempre in frigo) e che uso il giorno dopo (Sabato)per preparare il danubio.















Anello di Danubio





























Brioche di Danubio





































martedì 8 marzo 2011

Torta Tiramisù al cioccolato














Parlando di soprannomi con la mia ragazza mi è tornato in mente la figura di un contrabbandiere che vendeva le sigarette in una strada vicino casa mia il cui nomignolo era "Capa-e-purp" (Capa di polipo) per via di una accennata macrocefalia.
Per chi non lo sapesse, molti anni fa, circa una ventina o forse più (comincio a farmi vecchio eh...), Napoli aveva contrabbandieri di sigarette in ogni angolo della città che facevano concorrenza al monopolio di stato con una capillarità inverosimile. Viste le attività cui è dedita oggi la camorra con il senno di poi forse quello era finanche accetabile...tra l'altro molte sigarette erano fatte con percentuali 'non trascurabili' di sughero. Considerati i danni causati dal tabacco forse quello era il minore dei mali fatta eccezione per la truffa agli acquirenti che involontariamente si fumavano pezzi di "presepe" riciclati dagli anni addietro. Quando si dice il rispetto della tradizione insomma...
Tornando a noi invece, nessuno ha mai conosciuto il vero nome di questa figura 'marinara' mitica (il contrabbandiere di cui prima) che aveva il domicilio lavorativo in un angolo appartato di un incrocio fortemente trafficato dove per tutti era oramai parte dell'arredo urbano. Un tipo schivo dalle poche parole, di quelle persone che hanno acquisito il tipico sguardo della "strada" perchè quella è l'unica cosa che conoscono, da sempre.
Un assolato Sabato mattina (lo ricordo come fosse stato ieri) con il mio sparuto gruppetto di amici 'giocavamo a pallone' nella stradina di fronte tra le "500", qualche "Alfasud", un paio di "127"... quando la nostra attenzione (ma di li a poco di tutti i presenti) fu attirata da una signora molto distinta che accostò la macchina al marciapiede, proprio nei pressi della bancarella di sigarette, incurante di bloccare qualsiasi via di fuga dall'incrocio.
Aveva bisogno non di sigarette ma di una non meglio specificata cortesia da parte del "contrabbandiere tuttofare" e non volendo richiamare la sua attenzione in modo non confacente al proprio "status nobiliare" cominciò ad apostrofarlo con pronuncia italica ricercata e crescente nel tono nel seguente modo: "Testa di polpo, testa di polpooo, testa di polpoooooo...".
Questi distratto dal trambusto tutt'attorno non capì. Ascoltò, probabilmente ripetè nella sua mente più volte quelle parole "Testa di polpo, Testa di polpo"...ma chi poteva essere costui. Poi arrivò la luce in quell'intelletto scaltro ma annebbiato dalla sola conoscenza del dialetto...era lui!
Intuì di essere al centro dell'attenzione di troppe persone, della signora in primis che tale non era più per il tono cafoncello assunto e per i modi oramai scomposti con i quali si agitava dal posto guida...ma anche degli automobilisti che avevano individuato nella sua scarsa prontezza di risposta una concausa al mini-ingorgo.
Nel frattempo il teatrino partenopeo era completo di ogni suo più stereotipato cliché. C'era chi imprecava dall'auto, chi divertito dal marciapiede additava la signora al contrabbandiere in modo da risolvere quanto prima la questione, noi ragazzini fermi a guardare ed anche se non lo ricordo, sicuramente ci sarà stato qualcuno alle finestre curioso spettatore di quelle che a Napoli si chiamano "'fesserie da caffè" (episodi che per quanto possano essere valutati spiacievoli sono comunque risolvibili con poco, appunto un caffè).
In pochi fino ad allora avevano conosciuto la voce di questo schivo e tranquillo contrabbandiere, me compreso, ma fu in quella occasione che sbottò con voce spessa e dura, risentito dell''italica normalizzazione' del proprio soprannome e da quella attenzione indesiderata: "Signò, si 'mmat chiammà, chiammatem' Cap E'Purp!" (Signora, se mi dovete chiamare, gentilmente, per favore, dimenticatevi di sentirvi una signora altolocata per pochi minuti e per cortesia chiamatemi come fanno tutti da sempre, "Capa-e-Purp"!!).
La signora arrossì ancora di più, non solo era stata "ripresa" con un sincero quanto improbabile paternalismo da un testimonial per eccellenza dell'illegalità ma non aveva ricevuto in quelle poche parole nemmeno un piccolo appiglio per poter procedere con la propria richiesta...
Ingranò la marcia e sparì nell'ilarità generale di un pubblico oramai numericamente da grande manifestazione canora. Quell'episodio entrò a diverso titolo nella vita di molti.
La signora non si presentò mai più a quell'incrocio ne a piedi ne con la macchina (abbiamo scoperto poi che abitava a 500m da lì) forse per non correre il rischio di vedersi domandare dal contrabbandiere cosa mai avesse voluto quel giorno.
Quest'ultimo, con suo immenso disappunto, diventò sulla bocca del quartiere popolare, nessuno escluso, "Testa di Polpo" (pronunciato con musicale ed ironico italiano) e non più "Cap-e-Purp" che per un "uomo di strada" suonava certamente con maggiore rispetto pur derivando da una difetto fisico evidente. Il rispetto pur rimaneva...così come il riso che si stampava sulla bocca di chi ne parlava usando il nuovo nomignolo.
A noi spettatori il compito divertito di raccontare con più o meno particolari l'origine di quel soprannome saltuariamente "urlato" da qualche impertinente sul motorino che puntualmente passava a tutta velocità nei pressi del banchetto gridando con voce finta effeminata: "Ciaooo Testa di Polpoooo...". Noi a ridere furtivamente e lui giù ad imprecare con il solo sguardo...e non solo! :)

Passiamo quindi alla ricetta
Qualche fine settimana fa siamo stati invitati a cena dai nostri amici vicini motivo per il quale cercavo un dolce che potesse andar bene e che potesse soprattutto incontrare il gusto di tutti.
Non ci ho pensato una volta di più, la Torta tiramisù al cioccolato che avevo adocchiato era l'ideale. Milena, del blog UnaFinestraDiFronte è una garanzia nonchè una amica preziosa quando si tratta di condividere la propria esperienza di vita, in cucina e nel quotidiano e quindi quale migliore via di fuga se non uno dei suoi capolavori pubblicato di recente...
Ho studiato questo dolce per ben tre giorni di seguito poi il Sabato mattina mi ci sono totalmente dedicato.
Cosa dirvi di questo dessert? Ah ecco l'errore che ho fatto io nell'assemblaggio...ho dimenticato in pratica di bagnare la base che era pur morbida e soffice visto che il pandispagna era stato preparato stesso in mattinata, tuttavia una telefonata con mia sorella mi ha momentaneamente distolto da questo passaggio che in fin dei conti è stato in altro modo utile alla tenuta del dolce nella lunga permanenza in frigo (almeno 8 ore).
In definitiva la consistenza e la portata golosa di questa torta tiramisù penso parlino da sole anche oltre le mie scarse foto a titolo puramente indicativo.
Il grazie di questa piccola soddisfazione golosa va ovviamente a Milena le cui ricette sono un punto saldo di riferimento, nonchè ai nostri vicini che d'altro canto ci hanno preparato una cena davvero da lacrime :P
Su tutto la zuppa di pesce (quella con tutti i crismi) con i vari tagli anche minuziosamente spinati (una fatica immane per essere precisi). Una goduria del palato senza fine che di fatto ha suggellato una bella serata e soprattuto una bella intesa con loro...non condita da nessun grazie formale o da alcun rapporto superficiale. Ci si guarda in faccia e quando troviamo 10 minuti parliamo di tutto come se ci conoscessimo da una vita. Per noi è stato davvero una bella botta di c...pardon di fortuna trovarceli accanto chissà se penseranno lo stesso dello 'psicopatico' che hanno vicino :P ehehehehhehe

A seguire trovate la ricetta presa parimenti dal blog di Milena modificata da me per alcune piccole inezie:


Torta tiramisù al cioccolato

Pan di Spagna (Ø 28 cm)

Ingredienti
6 uova codice 0;
195 gr. amido di mais;
190 gr. zucchero;
1 bustina lievito;
1 scorza limone bio grande grattugiata;

o

Pan di Spagna (Ø 25 cm)

Ingredienti
4 uova codice 0;
130 gr. amido di mais;
125 gr. zucchero;
1 scorza limone bio grattugiata;

Preparazione
Personalmente ho fatto le dosi per quello da 28 cm di diametro per poi usare al meglio un cerchio da pasticceria fisso da 26 cm.
Usando uova a temperatura ambiente, separare i tuorli dagli albumi in due ciotole distinte e montare i primi con metà zucchero. Successivamente montare a neve ferma gli albumi con l’altra parte di zucchero (capovolgendo la ciotola, questi non devono cadere) e unirli alla crema di tuorli. Unire le due preparazioni e montare ancora fino a quando il composto scriverà (sollevando le fruste, queste devono lasciar cadere dei “nastri” che lasciano traccia sulla massa). Aggiungere a pioggia l'amido, la scorza di limone, il lievito (se le uova sono sufficientemente lavorate ed hanno incorporato abbastanza aria, non sarebbe necessario!), e rimestare delicatamente, dal basso verso l'alto per non disperdere l'aria incorporata, fino ad ottenere un composto omogeneo. Versare il tutto in una teglia imburrata e spolverizzata con farina bianca, quindi passare in forno per 30' (controllare la cottura con lo stecchino: infilzato nel dolce deve uscire asciutto ed inoltre il dolce deve staccarsi dalle pareti dello stampo). Sfornare subito, lasciare raffreddare per pochi minuti e sformarlo, capovolgendolo.
Relativamente alla cottura il mio ha cotto per circa 40' ma ovviamente qui entriamo nella questione dei forni diversi da casa a casa.

Ganache al cioccolato
200 gr. cioccolato fondente;
200 gr. panna fresca;
un cucchiaio di glucosio;
2 cucchiai di caffè ristretto non zuccherato;

Mousse al mascarpone
400 gr. mascarpone;
4 cucchiai zucchero a velo;
2 albumi codice 0;
3 cucchiai caffè ristretto non zuccherato;;

Bagna
4 cucchiai di liquore al caffè;
6 cucchiai di ccaffè ristretto non zuccherato;

Decorazione
Savoiardi;
Cacao amaro;
chicchi di caffè fondenti;


Ganache al cioccolato
Portare la panna al limite del bollore con il cucchiaio di glucosio per garantire la cremosità dello strato che la prevede (la ganache) in modo da non risultare molto più denso di quello al mascarpone. Toglierla dal fuoco e versarla sul cioccolato finemente tritato. Mescolare fino a che non sarà sciolto, poi aggiungere il burro a pezzettini e profumare con il caffè.

Mousse al mascarpone
Lavorare il mascarpone ben freddo con lo zucchero a velo, il caffè forte e unire delicatamente, con movimenti rotatori dal basso verso l’alto i due albumi montati e pastorizzati [Meringa svizzera: montare gli albumi in una casseruola a bagnomaria con lo zucchero (secondo le dosi della ricetta) sino a che abbia raggiunto i 60° o per i primi 5’ e successivamente, dopo averli allontanati dai fornelli, continuare a montarli a neve ferma].

Assemblaggio
Togliere la calotta di crosta al pan di Spagna, dividerlo in due dischi e adagiare quello di base all'interno di un cerchio da pasticceria foderato di carta forno sulla base (con il foglio già diviso a metà in modo da poterlo eliminare facilmente una volta completato) e sul lato (o di uno stampo a cerniera, rivestito sempre di carta forno, per agevolare il trasferimento sul piatto di portata), imbibire con la bagna (senza eccedere, per non rischiare di compromettere la “tenuta” della torta) e spalmarlo con la ganache.
Coprire con il secondo disco e mettere momentaneamente in frigo perché la ganache si stabilizzi. Successivamente prelevare la torta dal frigo, imbibire lo strato superiore e ricoprire con la mousse livellandola bene. Riporre in frigo e prima di servire, eliminare il cerchio e cospargere la superficie con il cacao amaro, agiungere i chicchi di caffè fondenti e completare con i savoiardi opportunamente tagliati tutti alla medesima altezza in modo da recintare uniformemente la torta.
Chiudere con un nastro per tenere al meglio i biscotti che a mio avviso non vanno fissati ma hanno un aspetto puramente decorativo a chiudere ed a 'ricordare' la versione più familiare di suddetto dessert quello appunto con i savoiardi.















martedì 1 marzo 2011

Biscotti di Woody














67 anni, una vita passata nei campi dell'agro-pontino. Un metro e sessantacinque, non oltre, capelli grigi, corporatura leggermente appesantita, pelle imbrunita dal sole. Rughe profonde che disegnano increspature e penombre come a pochi. Naso gentile, occhi piccoli castano chiari, mani da pugile che non hanno mai visto un guantone, solo la terra come sacco sul quale scaricare botte. Braccia robuste, andatura claudicante, le scarpe, quelle hanno quasi tutte le sue primavere così come i maglioni indossati sbiaditi dall'uso e dalla luce.
Ha sempre un lieve sorriso accennato. Le rughe, ancora quelle, il carattere distintivo predominante sul viso del ragazzino che fu, adesso gli conferiscono un che di bonario, famigliare, a metà tra il paterno e lo zio che tutti vorrebbero avere. E'un fruttivendolo. In un quartiere popoloso&popolare ha un negozio molto conosciuto nel circondario mentre non molto distante ha un suo spazio all'aperto allestito presso un mercatino rionale nei soli giorni pari.
Il Sabato (quest'ultimo) è preso letteralmente d'assalto. Lui come sempre aiutato da una nuora e dal figlio dispensa sorrisi, consigli e soprattutto vende, vende tantissimo. Di tanto in tanto si ferma a parlare della sua terra e dei suoi prodotti esposti ed i clienti restano incantati da quell'accento di profonda provincia lontana molti chilometri da qull'angolo di città. La nuora invece sbotta, non le piace rallentare, per lei è solo un lavoro si intuisce chiaramente dal solo modo di porgere. Qualche volta ride anche, ma solo quando il suocero fa qualche battuta al cliente precisino di turno. Sembra essere il solo ad avere la capacità di dire quello che pensa a chi ha di fronte senza mai che si adombri però la possibilità che l'avventore possa minimamente offendersi. Sapere il proprio mestiere è anche questo.
La bancarella non ha ne tavoli, ne mensole di legno su scheletri di acciaio smontabili. No. Il suo spazio è delimitato in modo invisibile dalle frangie di un ombrellone beige di stoffa grezza non altissimo e sotto solo ceste di vimini da raccolta colme di pere, mele, cavoli, carote, patate,...disposte a scalare secondo la portata. D'estate è uno spettacolo osservare i canestri di albicocche, ciliege e pesche disposti in bell'evidenza davanti a tutto. Le treccie d'aglio vicino alla pila di zucche in autunno completano la scenografia campestre ricavata su un fondo di marciapiede a pochi metri dal delirio urbano di una strada sempre trafficata. Per tutti lui è affettuosamente sempre e solo il 'vecchietto'.
Qualche mese fa, i primi di Ottobre per essere preciso, mi sono soffermato per più di un minuto ad ammirare un paniere paffuto traboccante di mandarini verdi, grondante di fronde smeraldine. Un bravo fotografo avrebbe fatto ben più di uno scatto, non io ovviamente. Ho rivestito però subito il ruolo del cliente e li ho acquistati. Prima di allora infatti mi ero lmitato ad osservare da vicino senza tuttavia mai comprare nulla. Quello invece mi è sembrato da subito il modo migliore di iniziare.
Un bel cartoccio di mandarini verdi.
Arrivato a casa la delusione. Non profumavano. Le scorze erano inodori. Il frutto senza sapore. Il progetto di vederli impiegati in un dolce sfumato nel solo disappunto di aver subito un piccolo smacco.
Quindi si è fatto strada il dubbio all'inizio dettato più dalla stizza che da altro. Poi una mattina molto prima dell'alba i miei iniziali sospetti hanno trovato sorda e puntuale conferma per una pura casualità.
Strada buia, solo i furgoncini dei venditori ambulanti in fermento nell'andirivieni dell'allestimento degli spazi vendita.
Sul fondo di quella strada un tir. Si un tir di quelli grandi pur essendo a singolo rimorchio. Il vano container aperto ed a fare la spola sul pezzo di marciapiede antistante un paio di ragazzotti, la nuora ed il 'vecchietto'. Scaricavano ed allestivano la scenografia. Dalle casse del mercato ortofrutticolo di....travasavano ortaggi e frutta nelle ceste di vimini.
Poi le cassette vuote erano diligentemente impilate e riportate cul camion. Non ho assistito di fatto a tutta l'operazione mi sono accontentato di quello stralcio di preparativi.
La mattina stessa ho fatto colazione nel bar di fronte dove conosco bene il proprietario. In un momento di tranquillità gli ho raccontato brevemente dei miei mandarini asettici e del fatto che avevo colto in flagrante il 'vecchietto'. Lui rideva, anche perchè Mr.V. (questo il suo vero nome) è un suo cliente abituale da tempo.
Mi ha raccontato che tanti anni fà Mr.V. davvero vendeva solamente pochi prodotti, quelli della sua terra e solo nelle sue malridotte ceste di raccolta. Poi con il tempo aveva cominciato ad integrare la domanda sovrabbondante comprando al mercato ortofrutticolo, aprendo un negozio che gli fungesse anche da cella-magazzino con i primi guadagni ma mantenendo sempre la medesima linea commerciale, cioè quella del:"...sono tutti prodotti miei...o quasi". Di Mr.V. persona mi diceva:"...realmente si è fatto da solo, dice quello che vuole ma 'fàtica assai (lavora tanto)...è nu'uaglione in gamba!...".
In definitiva il 'vecchietto' da anni non coltiva più la propria terra se non per le esigue esigenze famigliari eppure nel suo campo ha un nome di tutto rispetto come produttore. Quello che vende ha il marchio di garanzia dal suo "involontario" personaggio e questo inaspettatamente basta sistematicamente ai più per compensare la qualità media-bassa del prodotto finale. Personalmente mi sono fatto fregare una volta sola, cascandoci però ad onor del vero con entrambi i piedi. Oggi quando capita non mi fermo più ma, nell'attraversare la zona antistante la bancarella, di taglio continuo ad osservarlo all'opera regalandomi sempre un mezzo sorriso di ammirazione.
Le case discografiche, nei contratti, usano per identificare i cantanti la formula "Per brevità chiamato artista", la stessa che probabilmente userei oggi per il 'vecchietto', un contadino 'rinnegato' ma certamente un artista riuscito.


Passiamo quindi alla ricetta. I "biscotti di Woody" sono in realtà il nome dato affettuosamente alla merenda che solitamente prepara mia sorella per mio nipote secondo le indicazioni che le ha dato una amica.
Il nome logicamente non fa mistero delle preferenze in materia di cartoon del già 'tempestato nannerottolo soprattutto in materia di dolci :P
Poteva mai lo zio non provarli per capire se e quanto il nipotino faccia passi in avanti nel campo di dolci?! :P ehehehehehehe
La consistenza umida e scioglievole dei biscotti, la resa nei giorni, il gusto fondente deciso e la linearità della preparazione al momento li rende irresistibili e soprattutto una valida alternativa a tutto quanto fa preconfezionato e merendina. Questi biscotti sono stati preparati nella fattispecie più di una volta e devo dire che vederli nella biscottiera è un che di rassicurante per l'umore ed anche per il palato.
Spero le foto rendano bene quanto siano semplici e sorprendentemente buoni allo stesso tempo, quasi fossero il frutto di
una preparazione molto più articolata.

Solitamente difficilmente partecipo a contest o similari ma questi biscotti sono il mio personale contributo a Caris.
Ho troppo rispetto per certi argomenti e quindi non dico altro perchè sarei sempre e solo inadeguato.
Vi rimando quindi al suo racconto, una storia di quotidiana e ferrea determinazione, quella più rara però e cioè quella con il sorriso.






Biscotti di Woody

Ingredienti
220 gr. di cioccolato fondente al 70%;
200 gr. di farina;
100 gr. di zucchero;
100 gr. di burro;
zeste di un limone (o di una arancia io);
2 uova medie codice 0;
1 cucchiaino di lievito;
1 cucchiaio di limoncello; (facoltativo)
zucchero in granella per decorare;

Si montano le uova intere con lo zucchero aggiunto progressivamente solo con la frusta a mano per una decina di minuti.
Nel frattempo si scioglie il cioccolato fondente con il burro (io con il microonde) e si lascia leggermente raffreddare.
Si versa quindi il composto lentamente nelle uova montate incorporando a seguire poco alla volta la farina. Si continua con la frusta a mano ancora per un pò contrastando la maggiore densità raggiunta per dare una migliore omogeneità all'impasto.
Si lascia quindi riposare il tutto nel frigo per almeno un'ora buona.
Al termine si lavora il composto in tante palline di un paio di centimetri di diametro e le si posiziona in una teglia rivestita di carta forno decorando con la granella di zucchero.
Cottura in forno statico a 180° preriscaldato per 13' non uno di più. Lasciar raffreddare...e darsi alla pazza gioia manginadoli tutti uno dopo l'altro.
E'il solito consiglio ma da non trascurare...fatene sempre dosi doppie :P