martedì 21 giugno 2011

Gelato Nocciola e Pistacchio














Chi non ha mai avuto in età preadolescenziale il trauma dei sandali 'imposti' dai genitori perchè "...d'estate il piede deve respirare...", alzi la mano per cortesia, vorrei conoscerlo. La mia, è ammirazione ovviamente non soffro ancora di feticismo legato alle calzature dei piedi con effetti retroattivi ad un non più recente passato :P
Se mai qualcuno rispondesse all'appello però di certo non potrò associarmi virtualmente a questa categoria "protetta" dall'Unesco (per intenderci), quel sottoinsieme cioè di persone (il riferimento ai maschietti è implicito...) oramai adulte che non ha mai avuto la fortuna di indossare sotto forma di coercizione il classico sandalo francescano o qualche suo modello similare.
Ricordo con terrore l'arrivo della primavera e la fatidica frase, "...dimmi quando hai meno compiti che poi andiamo a comprare le scarpe...". Io volevo solo scarpe da ginnastica, quelle che usate un paio di volte per 'giocare a pallone' diventavano fonte inesauribile di effluvi erborinati in grado di risvegliare persone in coma profondo.
Lo sguardo pietrificato di uno pseudo allenatore di basket del quale frequentavo il corso nel doposcuola all'apertura dell'armadietto nel quale c'erano appunto un paio di scarpe (mie) adatte all'uso potrebbe essere chiarificatore. Fortunatamente non ci sono testimonianze visive della cosa sappiate però che insieme ad altri tre amici coetanei riuscivamo nel dopo partitella a ricreare con i nostri 'calzari alti' da pallacanestro le atmosfere delle grotte dove fanno stagionare i pecorini di fossa. La sensazione olfattiva la medesima con la sola differenza che il brivido di freddo non era dato dalla temperatura più bassa di un anfratto di alta collina ma solo dal fremito che precedeva il mancamento di pochi accorti avventori di quello spogliatoio di una scuola elementare.
A dieci anni il timido tentativo di ribellione nella scelta della calzatura estiva veniva prontamente soppiantata dalla indiscutibile motivazione della comunione. Santo cielo...vestito di un saio con i sandali ai piedi, una scena stridente degna di un film horror che quasi nulla ha a che vedere con il significato intimo del sacramento. Un viso di chiulo così ben incorniciato so che difficilmente riuscirò ad eguagliarlo malgrado i grandi sforzi fatti attualmente anche senza volere.
Se mi capita quindi di intravedere oggi in qualche Comunione (siamo in pieno periodo...) il soggetto Gambetto-style mi fa ancor più tenerezza (e purtroppo ne ho visti...), la mimica del corpo è li a simulare santità per la gioia del parentado e dell'insegnante di catechismo che il più delle volte sembra una regista invasata alla sua prima a Cannes, ma lui, si sempre lui con lo sguardo è desisamente altrove...magari al profilo facebook per sapere se la compagna di classe gli darà mai amicizia...se non ad elucubrare sul come passare il 'blocco' sul pc di casa per accedere a siti meno 'vestiti'.
Io all'epoca al massimo pensavo ai doppioni dell'album di figurine dei calciatori o a qualche gadget di un supereroe...
I sandali quindi come decisivo input per una recrudescenza decisionale adolescenziale che vorrà in seguito molti della mia generazione affidarsi negli anni a venire solo alle scarpe sportive chiuse in modo imperituro, senza nulla altro voler sentire, non a caso il mio primo paio di infradito (da spiaggia ovviamente) l'ho indossato per la prima volta in vita mia solo l'anno scorso. I più radicali invece dediti al culto degli anfibi tout court, io fortunatamente invece quasi etichettabile come moderato nel mio moto di protesta limitato alle calzature da basket o da tennis.
Eh si probabilmente quello è il primo punto di "rottura", si attraversa un periodo complesso e la chiusura nella plastica dava sicurezza. Certo forniva anche spunti notevoli in casa:"Mamma...perchè le scarpe di mio fratello puzzano di morto!", "Possibile che qui in zona ci siano problemi con le fogne o come al solito non hanno ritirato la monnezza?!".
"Ma sotto al letto di tuo figlio in quelle scarpe c'è qualcosa che marcisce?!", "Dottore ma è normale che un paio di scarpe ed un essere umano vivo, dico un ragazzo no, riescano a creare simili gas appestanti?", "Ma un paio di scarpe con i buchetti, proprio non li prevede questa disciplina?", "Ho deciso ti compro una scarpiera a tenuta stagna!"
La svolta, perchè di certo mai avrei rinunciato allo sport è avvenuta sotto l'insegna di talchi mentolati, quadrupli cambi di calzini e nell'acquisto del fatidico doppio paio, quello da gara (amatoriale) appunto da chiudere rigorosamente in sacchetti di plastica non traspiranti al termine della memorabile prestazione 'olimpionica' (come tutti, suppongo, sono stato attraversato da ottimistici deliri di onnipotenza sportiva...oggi curati con psicoterapia mirata...) e quello buono da indossare prima e subito dopo la gara con somma pace olfattiva di quelli che mi erano vicini.
Poi la scelta della piscina come soluzione radicale al problema.
Di certo quindi ancora oggi, quando vedo (come mi è capitato) i sandali francescani indossati da ragazzini dove è palese la loro non determinazione nella scelta mi percorre un brivido di freddo ...lo stesso brivido con annessa senzazione di vuoto d'aria che ho avuto un pò di giorni fa passando nei pressi di uno spogliatoio di una palestra per ragazzi...:)


Passiamo quindi alla ricetta.
Complice la mancanza di gelatiera studio da tempo come avere dei gelati accetabili fatti appunto a mano senza l'uso della tecnologia. Di certo l'uso del glucosio aiuta, però volevo qualcosa di più radicale per un risultato che tendesse ad un ottimale resa piuttosto che solo ad una soluzione alternativa&palliativa in mancanza del supporto tecnico. Ecco che mi sono dedicato ad un piccolo approfondimento della questione e delle metodologie adottate da veri appassionati di questo piccolo grande capolavoro artigianale che in Italia non ha eguali e quindi da rendiconti professionali fino al confronto con molte ricette presenti nei blog ho optato per una versione di gelato che al momento ha avuto consensi davvero inaspettati.
C'è da dire che in merito siamo parecchio esigenti a casa e quindi la cosa non mi ha aiutato a decidere facilmente. Poi la virata costruttiva. Ho trovato l'occorrente e complice la competenza di Lydia e di Giovanna che qui apertamente ringrazio (soprattutto di sopportarmi...) mi sono lanciato nel mio primo tentativo.
Va detta una sola cosa in merito al gelato artigianale fatto in casa riprodotto da me e qui riportato e cioè che fino a Sabato notte, anzi per la precisione Domenica mattina ore 2:40 AM, il mio gelato al pistacchio era concretamente uno dei più buoni mai assaggiati prima. Il podio però per il solo gusto pistacchio è andato perso nella circostanza per uno spettacolare gelato, ovviamente al pistacchio di Bronte, di Virò che mi ha fatto dono di un vero grande capolavoro di bontà home-made terminato per la precisione Domenica sera stessa malgrado il quantitativo facesse pensare ad una permanenza nel frigo di almeno tre quattro giorni.
Per la serie si impara sempre...ma in mancanza di Virò nelle vostre vicinanze vi prego di provare questo, facendolo senza saltare nessun passaggio riportato sotto perchè pur rischiando di essere ripetitivo è davvero frutto di un bel pò di riflessioni sull'argomento :)
A seguire la ricetta del gelato alla nocciola per quello al pistacchio procedere analogamente con la sola sostituzione della pasta al 100% come riportato sempre a seguire.

Gelato alla Nocciola ed al Pistacchio

2 tuorli di uova codice 0 (all'incirca 36-38 gr. spingetevi al massimo fino a 40 gr. non oltre);
30 gr. di zucchero;
20 gr. di zucchero invertito;
poco meno di 1 gr. di farina di semi di carrube;
200 gr. di latte intero;
200 gr. di panna;
50 gr. di latte scremato in polvere;
45 gr. di pasta di nocciola al 100% (45 gr. di pasta di pistacchio al 100%);

Preparazione
In primis ho montato i tuorli con gli zuccheri (zucchero e zucchero invertito) e la farina di semi di carrube.
Nel frattempo si portano ad ebollizione il latte intero con la panna, il latte scremato in polvere e la pasta di nocciola prestando attenzione che quest'ultima (di pistacchio nel caso dell'altro gusto) si sciolga in modo uniforme.
Versare questo composto attaverso un colino a maglie strette sulle uova montate mescolando con cura, mettere sul fuoco, procedendo a bagnomaria fino a che la temperatura della miscela non raggiunge gli 85°.
Immergere la casseruola in una bacinella piena di acqua e ghiaccio per abbassare velocemente la temperatura e continuare a mescolare con una frusta a mano in modo da accellerare la dispersione del calore. I professionisti usano l'abbattitore in modo da ridurre l'esposizione ad eventuali cariche batteriche acquisibili dal composto in questo stadio di particolare vulnerabilità a piccole contaminazioni ambientali.
Lavorare in ambienti puliti ovviamente è un prerequisito inscindibile per qualsiasi preparazione ed a rigor di forma in casi similari la considerazione è ulteriormente meno che mai marginale.
Ho quindi lasciato riposare il tutto in frigo per 5 ore (coperto con un foglio di pellicola ben stretto sul margine superiore della ciotola di vetro che ho usato per l'occorrenza) prima di setacciarlo nuovamente con il medesimo colino a maglie strette nel contenitore che poi ho portato nel freezer.
Un gelato è degno di essere chiamato tale se incorpora una percentuale di aria all'incirca del 30% (non oltre ovviamente) del suo peso motivo per il quale visto che il riposo e soprattutto i due passaggi nel colino tendono ad eliminare progressivamente l'aria inglobata dalla preparazione quando si montano i tuorli allora si procede in questo stadio con un paio di 'botte' impulsive di mixer ad immersione (non di più) in modo da compensare in modo euristico la mancanza ereditata nel processo che porta la miscela ad essere raffinata con i passaggi nel colino appunto.
Si mette quindi il preparato in freezer per tutta la notte.
Complice un frigorifero di non grande potenza (il mio) questo gelato può essere servito in modo davvero eccezionale per la resa cremosa nonchè del gusto portandolo fuori dal freezer stesso una ventina di minuti prima di servirlo. Se invece avete una buona resa del vostro reparto freezer prevedete una trentina di minuti.
Sulle note di assaggio c'è veramente poco da dire, mi sono commosso, facendoci pentire di averne preparato un quantitativo troppo misero per appagare la mia golosità.
Le foto non so quanto renderanno di certo questo sarà solo l'incipit di più massive produzioni...Virò permettendo ovviamente :P ehehhehehe