martedì 20 dicembre 2011

Strudel di mele e pistacchi con crema pasticera














Le donne sanno essere tremende quando vogliono, la mia ragazza (concedetemi il vezzo) MissD. non fa eccezione.
La premessa è che a tavola il "no-limit" man, soprattutto per i dolci sono io. Non riesco a dire di no a fine pasto devo concludere con quella che da piccolo chiamavo "la bellla cosa". Di solito durante la settimana mi controllo soprattutto dal Lunedì al Giovedì incluso...poi a partire già dal Venerdì sera è una lenta discesa agli inferi, una spirale di non ritorno dove ogni volta tocco con mano quanto sono miseramente umano.
Al momento non mi drogo, non ho problemi con l'alcool, ho sempre eluso l'uso di psicofarmaci ed a parte essere uno dei più grandi polverizza-zebedei del pianeta mi posso definire 'normale' nella accezione che si da alla psicopatia non degenere, che è poi quella che interessa la maggior parte di noi, chi più chi meno.
Per questo motivo malgrado la mia veneranda età sono oggetto di continue ramanzine per la mia salute da parte soprattutto della componente femminile della mia famiglia...dalla mia ragazza a mia madre passando di prassi per mia sorella.
Quest'ultima in verità ha ereditato lo stesso gene "fogna" del sottoscritto e quindi nella fattispecie trovo una maggiore comprensione alle mie intemperanze da cucchiaino-assaltatore di qualsivoglia dessert a portata di mano.
Mio padre invece silente spettatore nell'averci passato il gene-degenere del perfetto out-of-control a tavola.
Ora l'elenco dei miei trofei 'mangerecci' è del tutto didascalico e sterile, vi basti sapere che dal frigo sono misteriosamente scomparsi insalatiere di sorbetto al fondente, interi frigo-verre di cremoso fondente o alla nocciola, barattoli da un litro di crema al pistacchio, fette di genoise smaterializzate nel corso di una notte...il tutto sempre senza registrare danni evidenti all'infrastruttura dei servizi igienici della casa.
Insomma un lavoretto di classe degno di un ArsenioLupin del fondente. Nessuno però intuisce ancora la mia grandezza e quindi oltre l'appellativo di uomo-tombino non vado eppure so che verrà il giorno nel quale ci sarà la consacrazione al mio genio, il momento nel quale mi sarà riconosciuto 'che come attacco ai fianchi' (io) una vaschetta di gelato artigianale o una vassoio di dolci non lo fa nessuno!
Una per tutte. Ai matrimoni "partenopei-style", laddove è previsto anche il buffet dei dolci do il meglio di me. Contenuto su tutto il resto, se la qualità merita (ed è raro onestamente...), assalto la zone dessert come un parà. Mi faccio beffa di chi è caduto nell'ingordigia degli antipasti, scavalco anziani e ragazzini vinti dal pieno di carboidrati fatto con i primi, sgambetto chi non è caduto sotto il fuoco incrociato dei due secondi (carne&pesce) e dei tre contorni, faccio ciao-ciao con la manina a chi invece sosta ai tavoli inebetito e stordito a fine giornata...a metà tra il coma etilico e la demenza per la raggiunta soglia critica dell'assorbimento, di cibo e luoghi comuni da matrimonio appunto.
Quei pochi che ancora arrancano mezzi sfatti verso i dolci assistono al mio scatto da primatista.
In men che non si dica ho già chiesto nel piatto piano grande un assaggio di tutto. E se il buffet è davvero immenso ho anche organizzato un gruppo di contenimento (tra la mia ragazza e qualche amico fidato) per avere la meglio sull'intera offerta. Lo sguardo schifato dei camerieri è il sintomo della vittoria 'con cappotto' :)
Spesso è MissD. a rimproverarmi a tavola:"Che dici la finisci...rischi di sentirti male eh!" oppure sono stesso io che invoco un aiuto in una estemporanea e istintiva richiesta di supporto:"Ti prego allontana quel vassoio da me che non resisto...vabbè l'ultimo eh!".
Capita ma è raro, molto raro, solitamente si ipotizza una influenza in corso che invece io sia addirittura coscenzioso. Un paio di Domeniche fa infatti, vinto da una giornata pesantuccia decidevo di non assecondare la mia volontà di autodistruzione da dolci e quindi mi "limitavo" a terminare le due mezze torte "strudel" avanzate.
Mancava ancora qualcosa. Volevo uno dei muffin mela&cannella che la mia ragazza aveva preparato il giorno prima. Eppure in un altrettanto raro momento di lucidità, pensando al mio malmenato apparato digerente, ho detto:"Guarda non sai quanto mi andrebbe un muffin ma realmente ho paura di sentirmi male...per cui nemmno vado a prenderli dal forno". Lei mi guarda in modo distaccato e non dice nulla.
Passano 10 o 20 minuti, non saprei. L'ebetismo da eccesso di zuccheri nel sangue altera il senso del tempo, questo è risaputo.
Poi sempre lei mi fissa con piglio canzonatorio e dice:"Ma lo sai che quei quadrotti fondenti regalati (da un carissimo amico bloggger) non sono terminati...ce ne sono almeno un paio!".
L'ho guardata negli occhi...mi è venuto un sorriso lento...un riso leggermente isterico e compiaciuto, un riso folle di chi è sull'orlo di un precipizio, una vertigine non identificata, il fascino dell'oblio ricercato, quello che profuma di non ritorno...
Ho istintivamente pescato dal corpo sfatto gli ultimi residui di forza, mi sono alzato ed ho preso dalla credenza l'imprevisto e non pianificato bottino.
Equamente diviso ho buttato giù subito una pastiglia fondente e con un sorriso a metà di amore a metà di decomposizione le ho he detto con occhi persi e sognanti:"Sei proprio una infame!"


Passiamo quindi alla ricetta
Lo strudel non è nulla di nuovo lo so, le ricette in merito si sprecano eppure questa è la prima volta che mi cimentavo. La ragione è semplice. La zia di MissD. lo fa superbamente ragion per cui avevo quasi una sorta di timore reverenziale nei confronti di quello che per me è un certo riferimento pratico perchè mai come in questo caso le preparazioni si somigliano tutte 'a voce' ma per la resa ahimè non è mai così.
Non si può dire che non abbia studiato in merito, tre donne, tre ricette certe e per me solo l'imbarazzo della scelta di tentare qualche modifica cogliendo spunti a secondo dell'ispirazione.
Giovanna, Milena e Daniela....tre strudel perfetti, io il cialtrone che ha provato ad infilarsi con qualche piccola modifica partendo tuttavia da quello di Milena, adocchiando l'uso del pan di spagna di Giovanna (per me uno alle nocciole avanzato da questo Tartufo nero) in maggiore quantità rispetto al pan grattato di Milena per andare a compensare l'aggiunta di crema pasticcera, quest'ultima colta nello spunto dello strudel di Daniela nella sua versione alla ricotta.
Una ricetta puzzle insomma un pò più pensata di quella che possa sembrare :)
Il grazie a loro tre per fungere da stimolo a capire quale può essere la giusta misura per me, tra tre evidenti chiari optimum. In quanto a quello che vedete in foto il risultato è stato positivo...penso che si possa intuire anche dalle mie 'solite' foto :P ehehehehehehe
Un consiglio, ovvio per chi è abituato con questo tipo di preparazioni e cioè quello di prepararlo con un giorno di anticipo rispetto a quando volete servirlo, lo zucchero a velo abbondante sulla superficie renderà ancora più croccantina ed eterea la sfoglia superiore mentre invece il ripieno avrà un giusto tempo di assestamento quasi a trovare il corretto equilibrio tra le varie componenti zuccherine. Una piccola magia insomma data non dall'artefice ma solo dalla mano, in questo caso sapiente del tempo :)


Strudel di mele e pistacchi con crema pasticera

Pasta strudel
150 gr. di farina bianca:
1 albume codice 0;
3 cucchiai da tavola di acqua tiepida;
2 cucchiai da tavola di olio evo;
1 presa di sale;

Ripieno
1 kg di mele Golden;
scorza grattugiata di un limone bio;
125 gr. di zucchero;
1 cucchiaino di cannella in polvere;
100 gr. di uvetta;
100 gr. di Pan di Spagna alle nocciole sbriciolato*;
300 gr. di crema pasticcera**;
60 gr. di pistacchi ridotti in granella grossa con il mixer;

Spennellatura
20 gr di burro fuso;
1 tuorlo d'uovo codice 0
zucchero a velo in abbodanza;

**Ingredienti per la crema pasticcera di Paoletta (dose sovrabbondante ovviamente)
400ml di panna fresca;
600ml di latte fresco;
zeste grattugiate di due limoni grandi;
4 uova intere;
80g. di farina;
300g. di zucchero;
1 pizzico di sale;

Preparazione della crema:
Metto in un pentolino il latte, la panna e le zeste grattugiate dei due limoni grandi portando quasi a bollore.
Nel frattempo in un altro pentolino sbatto bene le uova con lo zucchero e il pizzico di sale. Aggiungo la farina setacciata e mescolo ancora un po', poi aggiungo il latte tutto di un colpo versandolo da un passino a maglie fitte per filtrare le zeste. Metto a fuoco bassissimo mescolando sempre con una frusta a mano. In pochi minuti la crema è anche pronta.
In questo caso cuocere qualche minuto in più per ottenere una crema maggiormente densa.

Per il Pan di spagna alle nocciole
Ingredienti
65 gr. di zucchero semolato;
150 gr. di uova intere codice 0;
90 gr. di nocciole (ho usato la Tonda Gentile romana di Viterbo)
30 gr. di farina 00;
50 gr. di burro;

*Pan di Spagna alle nocciole
Tritare le nocciole insieme alla farina e sciogliere il burro a bagnomaria lasciandolo poi intiepidire lontano dalla fiamma. Con uno sbattitore elettrico montare le uova tenute a temperatura ambiente insieme allo zucchero (aggiunto gradualmente) per 15' circa, ovvero fino a quando la montata è ben gonfia e lasciandola ricadere a filo sulla massa rimane in rilievo (in gergo si dice appunto che "scrive").
A questo punto con una spatola si aggiunge prima lo 'sfarinato grezzo di nocciole', rimestolando delicatamente con un movimento dal basso in alto e poi il burro fuso (oramai raffreddato).
Il Nanni correttamente consiglia di sacrificare parte della della montata (1/4 circa) mettendola in una tazza nella quale quindi si procede ad incorporare prima il burro fuso per poi integrarlo successivamente al composto principale.
In tutta onesta ho aggiunto il burro sulla sola montata delle uova (usando il frullino per non più di 3-4 secondi reali) e poi ho proceduto manualmente con la spatola per la 'farina' di nocciole e posso dire che alla fine il composto ha perso aria in modo decisamente poco apprezzabile se valutato nell'ottica della resa complessiva.
Ho usato per la cottura uno stampo da 22 cm imburrato&infarinato a 180°, forno statico, ripiano medio per circa 30'.
Con il pandspagna alle nocciole ho ricavato due dischi (una volta tolta la calotta) con i quali ho preparato sia la torta, sia una minitortina. Nel valutare voi, le foto della resa dello stesso, in altezza e per alveolatura spero si intuisca che il passaggio più furbo (burro con frullino per 3-4 secondi) per simili preparazioni può essere fatto senza problemi particolari.

Preparazione. Strudel
Pasta strudel. Setacciare la farina sul piano da lavoro, formare un cratere, mettervi il sale e l’albume e, aggiungendo lentamente acqua ed olio, impastare energicamente fino ad ottenere un impasto liscio e sodo.
Formare una palla e collocarla nel forno leggermente e sottolineo leggermente intiepidito in precedenza con in aggiunta un pentolino di acqua. Lasciare riposare la pasta in questo modo per mezz'ora, nel mio caso una ora.

Intanto preparare il ripieno, sbucciando le mele, levando il torsolo e tagliandole a dadini (io ho ricavato dei cubetti). Mescolarle allo zucchero, alla cannella, ai pinoli e all’uvetta fatta rinvenire in un vino dolce (grecale).

Stendere la pasta (si otterrà un rettangolo di 32 x 45 cm circa) su un canovaccio leggermente infarinato, tirandola il più sottile possibile e alla fine, passarvi sotto le mani e tirarla fino a farla diventare trasparente (se si rompe in qualche punto, non ha importanza perché dopo averla avvolta non si noterà).

Pennellare con il burro fuso, cospargere con il pan di spagna alle nocciole (che ha lo scopo di assorbire l’umidità che le mele rilasciano in cottura), adagiarvi il ripieno e la crema pasticcera lasciando libero il bordo di 3 cm circa sui lati più corti. Ripiegare le estremità sopra il ripieno ed arrotolare la pasta nel senso del lato lungo. Comprimere le estremità per chiudere bene lo strudel, disporlo sulla placca da forno ricoperta di carta forno e pennellarlo con il tuorlo sbattuto.
Infornare nella parte media del forno e cuocere a 190°-210° per circa 40’-45' coprendo con carta alluminio per gli ultimi 15 minuti.
Sfornare e lasciare raffreddare completamente. Cospargere di zucchero a velo e servire...il giorno dopo :)))


martedì 13 dicembre 2011

Torta soffice ai pistacchi, crema e amarene














98 anni e la lucida paura della morte.
Si la paura non altro, la morte fisica è una passeggiata in confronto.
Sbeffeggiata ora con un sorriso esclamando che a pranzo non mancherà una mezza sfogliatella frolla ora aggirandola con fragili lacrime cedendo al timore dell'incertezza del dopo, non altro.
Ci sono crepe che si manifestano quando siamo giovani per le circostanze più disparate, quelle che poi ci accompagnano per il resto della vita forzandoci ad una ingrata convivenza con inquietitudini diverse ed insidiose.
Vuoti affettivi e culturali, incertezze del quotidiano, mancanza di riferimenti, suggestioni, il tutto riassunto nei casi più evidenti o invalidanti sotto voci tecniche mute che asettiche analisi mediche provano a contingentare formalmente con nomi di sindromi, da quella innocua a quella più paralizzante, quasi a chiudere in una sorta di caleidoscopio descrittivo tutte le possibili sfumature di colore dell'ansia umana.
Sempre di paure si tratta ed a ben vedere tutte concorrono all'accerchiamento della persona. Destreggiarsi non è facile. Quando non è patologica, si ricorre di solito alla costruzione di spazi di libertà dove rinnovare energie per reinsaldare i battenti di quella finestra personale lasciata con incuria per qualche tempo alla mercé del vento.
La famiglia, il partner, i figli, in molti casi anche un animale domestico o un hobby perchè no, contribuiscono ad aggirarla eppure non mi immagino proprio quale salto irrazionale si debba fare per rendersi lucidamente accettabile un imminente viaggio verso una meta descritta, temuta, 'ambita' e dettagliata nella migliore e più datata agenzia di viaggio che conosco (la prima sede è stata aperta all'incirca più di duemila anni fa). Quella probabilmente è la paura per eccellenza.

98 anni. Che siano i ricordi o la quindicina di pronipoti non importa, la vita continua, ora dopo ora, regalando alti e bassi. Mettersi di traverso non sempre è servito ed allora si impara ad assecondare il proprio destino collezionando i passaggi felici, inaspettati, riducendo il fattore prospettiva al minimo commisuratamente alla propria condizione.
Mia nonna un piccolo espediente per emergere dal 'tutto' ha anche provato ad insegnarmelo, peccato però che la mia mediocrità nel campo fotografico abbia anche un suo corrispettivo nella messa a fuoco di ciò che mi è più vicino.
Non è logica del rimpianto questa, piuttosto una mia controversa capacità di soffermarmi con maggiore faciltà sui dettagli, la qual inclinazione se per un canto mi consente di inquadrare agilmente chi non conosco bene, d'altra parte mi crea qualche svista con chi invece ho stretto un legame affettivo forte, lo stesso infatti che inganna i più elementare criteri di difesa relazionale lasciandomi privo di prospettiva ampia.
Il tempo poi rimedia a questi lapsus e ricavo nuove distanze focali sufficienti a recuperare quei passaggi persi a tutto beneficio delle mie evidenti carenze.
Il segreto che mi sfuggiva è una piccola, semplice disarmante ritualità di una donna in là con gli anni, fissata in fotogrammi dallo sfondo differente che io preferisco tuttavia ricordare, quando ho la necessità di uscire da un momento di sconforto, in un episodio che non necesita di preamboli.
"Si guarda intorno come fà un bambino quando ha deciso di smettere di piangere, gli occhi piccolissimi sono lucidi ma scintillano di nuovo, prende la vecchia borsa quella alla quale è affezionata di più, la borsa che è la sua stessa vita, cucita con perizia intorno a pochi lembi di pelle scura e di certezze, infila la mano ossuta dentro e pesca una, due caramelle. Che io ricordi c'era sempre uno 'spicchio' dal cuore morbido.
La scarta lentamente, e poi giù in bocca mentre l'involucro crepita tra le mani nell'atto di minimizzarlo lì sul bordo del tavolino accanto, per sminuire eventuali rimbrotti dai figli che ben conoscono quel 'suono', i nipoti si sa sono sempre complici invece.
L'ironia fluisce nuovamente. Il dolce arriva al palato, gli zuccheri smussano le residue spigolosità, i muscoli vincono le pieghe delle rughe e un sorriso furbo che si dischiude nel piccolo viso ravvivato, accompagna una domanda ad alta voce ad un interlocutore non presente fisicamente ma cadenzata in modo che nessuno possa far finta di non aver udito:
"Mica stasera vorreste tenermi a pastina in bianco, vero?!"
Non amo le caramelle ma da un pò le porto sempre con me, la prima l'ho mangiata una mattina di qualche settimana fa che lei è partita per la sua prima vacanza vera :)

PS
Questo post con caramelle dispensatrici di sorriso è dedicato all'iniziativa di Caris (CookingPlanner) per la Fondazione SantaLucia







Passiamo quindi alla ricetta
A dire il vero questa torta non era prevista sul blog tanto più che le tre foto sono state fatte per puro ricordo senza alcuna pretesa di essere portate on-line. Alla vostra domanda:"Allora perchè la propini?...", rispondo:"...tra i vari esperimenti fatti questo soffice e vellutato dessert, tra chi lo ha provato ovviamente, miei vicini inclusi, ha lasciato un ricordo preciso che vale la pena di condividere con voi".
Tralasciate un attimo le imperfezioni estetiche e concentratevi sulla preparazione più che lineare, immaginate gli accostamenti e provate per un attimo ad intuire la resa al palato. Vi assicuro che merita un paio di ore del vostro tempo per rifarla. Di certo chi ci proverà mi darà anche delle ottime indicazioni sul come assemblarla in modo decisamente meno sempliciotto :)
La base del dolce è una piccola deviazione dal biscuit alle mandorle che avevo usato qui per queste tortine al limone con le amarene. Il grazie va ovviamente a Lydia dal quale avevo rubacchiato lo spunto. La ricetta originale infatti è di Philippe Conticini, presa da "Sensations" che MissTzatzikiAColazione aveva condiviso e che io ho rifatto in diverse varianti, senza e sottolineo senza esserne mai rimasto deluso. Posso mai non volere bene a Lydia dopo tutto quello che trafugato dal suo blog?! :P ehehhhehe
Per la crema pasticcera invece il grazie va a Paoletta per la ricetta che uso da tempo senza che mi tradisca mai, neppure questa :)


Torta soffice al pistacchio e limone

140 gr. di pistacchi tostati;
38 gr. di zucchero a velo;
50 gr. di burro;
1 albume;
buccia di 2 limoni grattugiati piccoli o uno medio;
un cucchiaio scarso di limoncello;

2 albumi;
20 gr. di zucchero a velo;

Preparazione
Mescolare i pistacchi tritati con lo zucchero al velo, aggiungere il burro a pomata e mescolare, aggiungere l'albume e la buccia di limone grattugiata.
Nel frattempo montare a neve gli albumi con lo zucchero ed aggiungerli delicatamente al composto di pistacchi.
Imburrare una teglia con fondo rialzato (per creare un incavo nella base) di 22 cm di diametro e versare l'impasto. Infornare a 180° per circa 30/40 minuti.
Far raffreddare prima di sformare ovviamente.

Crema pasticcera di Paoletta

Ingredienti
400ml di panna fresca;
600ml di latte fresco;
zeste grattugiate di due limoni grandi;
4 uova intere;
80g. di farina;
300g. di zucchero;
1 pizzico di sale;

Preparazione della crema:
Metto in un pentolino il latte, la panna e le zeste grattugiate dei due limoni grandi portando quasi a bollore.
Nel frattempo in un altro pentolino sbatto bene le uova con lo zucchero e il pizzico di sale. Aggiungo la farina setacciata e mescolo ancora un po', poi aggiungo il latte tutto di un colpo versandolo da un passino a maglie fitte per filtrare le zeste. Metto a fuoco bassissimo mescolando sempre con una frusta a mano. In pochi minuti la crema è anche pronta.
In questo caso cuocere qualche minuto in più per ottenere una crema maggiormente densa.

Composizione
Amarene;
Gelatina di albicocche;
Granella di pistacchi;

Pennellare la base dell'incavo della torta soffice al pistacchio con un velo di gelatina all'albicocca per compensare la porosità naturale di questo tipo di biscuit. Versarvi la crema pasticcera, livellare con una spatola e chiudere con amarene sciroppate di qualità e granella di pistacchi.
Per evitare l'effetto "venatura" dato dalle amarene prese dal loro sciroppo per fotografare in modo impeccabile la torta insomma, scolatele bene su carta assorbente e riponetele su carta forno in freezer per una 15 di minuti. Procedere poi alla loro 'incastonatura' nella crema. La teoria c'è..se vi va di procedere con maggiore precisione del mio :P eheheheehe

martedì 6 dicembre 2011

Lingotto Gianduia e Mandarino














Le operazioni di marketing basate sul concetto di qualità sembrano avere tutto lo stesso imprinting concettuale e funzionale.
Mi riferisco a quelle attività commerciali gastronomiche (gelaterie, pizzerie, osterie, pasticcerie, bar) di recente restyling o di nuova proposizione sul mercato.
Arredi essenziali di lusso, dallo stile minimale finto povero o 'arrangiato', studiato nel design fino all'ultima venatura del legno, colori chiari, accessori accattivanti all'occhio e poche scritte alle pareti tutte improntate alla filosofia del saper vivere. "Qualità", questa parola probabilmente non la si leggerà mai in suddetti luoghi, ma trasuda sangue nel suo essere maliziosamente presente nelle liste di ingredienti usati poste a vista dei clienti e nelle quali si citano le provenienze inderogabilmente 'bio' o di nicchia, in descrizioni di modalità di preparazione 'come una volta', in gestualità volutamente lente e leggermente supponenti.
Per ragioni prettamente economiche non ho alti termini di paragone per i ristoranti ma per bar, pizzerie, pasticcerie, rivendite alimentari pseudo-specializzate e non da meno le gelaterie posso dire di aver notato l'adozione 'generalista' di questo tipo di approccio alla clientela.
Va da sè che operazioni di immagini analoghe hanno sempre un loro ritorno immediato e questo è dovuto alla natura umana che fonda su vanità e curiosità qualsiasi impianto caratteriale, anche quello che si mostra più emancipato da questi due piccoli demoni dai quali nessuno è esente.
Nel caso mio quindi, essere appassionato di cucina e sapere che con tre euro posso provare un gelato eccezionale di un nuovo gurù del 'freddo' o un cornetto pasta brioche 'cresciuto' con lieviti naturali è la corretta premessa alla passeggiatina nel week-end per capire se i miei sedimentati, ed il più delle volte 'casalinghi' riferimenti del palato, possono essere scalzati da un professionista.
In particolar modo la mia esperienza trova una sua maggiore estensione nel campo delle gelaterie.
Per golosità infatti oltre che per innocente diletto infantile mi diverto a provare il gelato artigianale nelle rivendite più disparate. Quelle più segnalate, quelle semplicemente indicate da qualche amico o conoscente, quelle che mi ispirano, quelle che erano una garanzia e che mi piace verifare quanto lo siano ancora, quelle alle quali sono legato per ricordi affettivi caratterizzanti un preciso passaggio personale, quelle incrociate per caso, quelle nelle quale mai entrerei se non per il gusto dell'ennesima prova.
Questa strada è condotta con la santa che mi sopporta, nulla di che ed ultimamente pur se a distanza si è aggiunto anche un amico, lo Zio Piero, con il quale in modo del tutto non programmato ci siamo confrontati su alcune delle tappe parallelamente condivise.
C'è da dire in generale che non sono mancati giudizi leggermente contrastanti sul piano del gusto, inezie ad onor del vero, mai invece una divergenza su quello dell'ironia del gioco da 'degustatori cialtroni' che non rendo pubblico proprio per non svilirlo agli occhi di chi invece più o meno sottilmente potrebbe leggerci altro.
Gli scambi dissacranti sarebbero infatti più eloquenti, soprattutto considerando la buona vena canzonatoria del mio caro amico Piero, ma va da sè che un gioco da ragazzini rimane bello se tenuto all'interno delle mura della discrezione e questo non per mancato rispetto verso chi legge quanto per implicita comprensione che certi momenti non devono avere un risvolto pubblico.
Un divertissement per appassionati che non ha un impegno economico particolare, che si presta anche ad ottimo pretesto per passeggiatine dall'effetto "decompressione" con la mia lei nel fine settimana, cosa chiedere di più.
Ecco che alla lunga però qualche semplice constatazione va fatta.
Non scendo nel particolare, raccontandovi casomai di quella nuova gelateria per la quale ho dovuto fare una fila di 35 minuti per prendere un gelato normalissimo ma venduto come se lo avessero ottenuto attraverso una acceleratore di particelle sotto il GranSasso.
Spesso mi sono trovato di fronte a situazioni che più o meno possono riassumersi nei seguenti tratti caratterizzanti:

- Fattore quantità. Il gelato mette allegria servirlo in porzioni da nosocomio non aiuta, spegne il sorriso, da un senso di gioia incompiuta, acuisce quella vocina che sentiamo dentro e che vorrebbe che prendessimo per il bavero non il commesso di turno ma il gestore del locale per sbatterlo senza grandi remore sul bancone laccato bianco a ricordargli che non si può fare margine di guadagno anche sul superfluo, per spiegargli che una coppetta nella quale il contenuto non eccede mai la circonferenza superiore senza alcuno sbuffo di gusto merita di essere corretto con una mazza chiodata, non altro. Basta poco per la felicità, vedersela negare per un nonnulla da al gelato stesso una sottile nota amara che non andrà mai via.

- Fattore qualità. Qui cade l'asino il più delle volte. Se infatti il viso perplesso trova ragione di coesistere con una coppettina infima in mano, a quel punto aumentano le aspettative sul fattore qualità. Il passaggio mentale è sempre lo stesso:"...grandissimo professionista di questa ceppa fino a prova contraria, affermi, anzi giuri su i tuoi figli che ti sei fatto arrivare il Pistacchio da Bronte, le nocciole dalle langhe, gli sfusati da Amalfi, la cannella dalla Grecia, i datteri dal Marocco, il latte lo hai munto tu stesso dalle vacche di famiglia...e per tre euro mi servi una cagatina analizzabile visivamente solo al microscopio...adesso prega intensamente il tuo Dio che sia almeno eccezionale... ".
Questa è la fase dell'assaggio nella quale sorrido sempre, a volte è un sorriso di apprezzamento altre volte invece è teso, isterico, un abisso di imperdonabile sadismo pronto ad esplodere che tende le labbra in un ingannevole smorfia leggermente assente che rimanda a qualche flashback cinematografico, ecco i "Guerrieri della Notte" per esempio.
"Pistacchio di Bronte...mhm...i casi sono due o hai solo aumentato le dosi di una qualsiasi pasta di pistacchio, è troppo dolce proprio per questo motivo e quindi pensi di essere furbo o sei un vero incompetente se hai distrutto nella resa un prodotto di partenza del genere eccedendo con lo zucchero! Lo sanno anche i più sprovveduti che il pistacchio siciliano ha una nota salina, quasi sapida che nei gelati fatti bene emerge in modo sottile equilibrando il gusto..."
"ExtraFondente...mhmm...ma questo è un sorbetto, si avverte una componente ghiacciata al palato acquosa a dir poco irritante, cacao amaro in polvere ed acqua...ma allora non sei un maestro gelataio tu sei solo un maestro della parac..."

- Fattore Servizio. Senza analizzare tutti gli optional a pagamento che puntualmente offrono per un cono, cosa che evito sempre anche laddove sono gratuiti per semplice gusto, nel servizio è forgiata spesso la filosofia della rivendita. Sembra che state facendo quasi un piacere a qualcuno, il vostro viso reso anonimo da una fila estenuante è ricambiato da quello supponente del personale 'a vostra disposizione' che sembra sempre sul punto di esclamare:"Tu...si proprio tu...tu che non capisci niente...ma che ci fai qui...ringrazia che ti serviamo...".
Costantemente penso di essere entrato da Cartier e di aver chiesto lumi circa la qualità di un anello, poi mi ravvedo capisco che il poverocristo di impiegato di fronte a me non lo fa con cattiveria a trattarmi come se fossi un rifiuto organico, non è colpa sua se confeziona con astio coppette&coni, non è imputabile a lui l'aria di sufficienza con la quale accoglie il mio cortese rifiuto di una caccola di cialda aggiuntiva aromatizzata alla vanillina..ah pardon alla vaniglia, lui è li stipendiato per vendere una esperienza 'sensoriale' mica gelato!.
Tra l'altro la cosa che più mi stizzisce e l'osservare i visi estasiati di altri avventori che da quegli unici due cucchiaini di gelato reperito con perizia chirurgica dalle meschine coppette traggono commenti estasiati, visi in preda al nirvana del gusto, esperienze extraterrene, stati catatonici. C'è chi dice di aver percepito il rumore delle mani di chi ha raccolto le nocciole nel gusto gianduia, chi ha visto l'Etna davanti a se mentre provava il pistacchio, una sorta di sindrome di Stendhal indotta non dal prodotto finale ma da quel percorso info-coercitivo lungo la fila sorretto da tutti i commenti positivi di amici e non da meno da organi di stampa pseduo specializzati.
Non è difficile intuire in molti il mio medesimo dubbio, la perplessità nascosta per insicurezza o come forma di educazione che svilisce nel silenzio facendo da sfondo a tutta una serie di:"Uh, oh, ma hai sentito, che cremosità, assurdo...".
Una sola frase deja-vu in quel frangente spinge per uscire dal mio io profondo, accompagnato da un tintinnio irrequieto...:"«...gelatai...gelataii...giochiamo a fare la guerra?»" :P


I guerrieri della notte purtroppo restano un sogno. Tornando un attimo più compiti, è chiaro che non ho competenze professionali per giudicare eppure mi chiedo quanti di voi si sono rotti di questo "fighettismo" alimentare che spilla soldi ingannevolmente?

Lingotto Gianduia e Mandarino
Questa ricetta è un patchwork di idee, di rimandi, di prove da segnare per preparazioni mirate. Il punto di partenza è stato rifarmi ad un fortunato abbinamento di qualche tempo fa, nocciole&mandarini, che volevo ripropormi con consistenze differenti avendo a disposizione una marmellata di mandarini artigianale da lacrime, lacrime grosse eh per quanto era buona! :)
Il dubbio era tuttavia il gusto gianduia da tradurre in mousse dalla consistenza corretta. A questo punto mi sono dato a qualche piccolo conto matematico prendendo spunto dalla ottima mousse fondente usata qui e conosciuta grazie al Nanni, un amico prima ancora che un riferimento in cucina.
Detto fatto al fine del bilanciamento è venuto fuori un esperimento decisamente da ripetere, complice anche uno stampo in silicone da plumcake che mi ha aiutato non poco a limitare i danni della mia imperizia sul piano estetico.
Un ultima cosa, se volete fare delle foto da porca-figura (citazione di Alessandra Raravis, MT :) ) mettete nel congelatore per un paio d'ore il dolce e tagliatelo con una lama liscia affilata passata poco prima sotto l'acqua calda e poi asciugata, eviterete così che la granella di nocciole si conficchi nella morbida mousse e le inevitabili crepe. Decorare il bordo con altrettanta granella in modo da nascondere le fisiologiche pieghette e qualche buchetto di troppo (mea culpa!)...
Come ben vedete la teoria la conosco...mi manca la volontà di passarla al lato pratico :)

Lingotto Gianduia e Mandarino

Mousse Gianduia

Ingredienti
1/2 litro di panna;
200 gr. cioccolato fondente gianduia (40% cacao);
100 gr. cioccolato fondente 70%;
100 gr. cioccolato fondente 85%%;
2 cucchiai pieni pasta di nocciola 100%;
3 cucchiai di Cointreau;

Prendere 70 gr. di panna dal totale e portarli ad ebollizione con la pasta di nocciola mescolando con cura e passando almeno un paio di volte in un colino a maglie strette; Far raffreddare.
Montare bene la panna fredda restante in un recipiente che sia stato tenuto circa un'ora in freezer. Sciogliere il cioccolato fondente gianduia e gli altri due fondenti con l'acqua (io nel microonde al minimo della potenza con ripetute mescolate con la frusta a mano)e far raffreddare mescolando di tanto in tanto. Una volta che la temperatura è decisamente calata Aggiungere il Cointreau, i 70 gr. di panna nei quali si è stemperata la pasta di nocciole e mescolare uniformemente . Versare il composto di cioccolato ormai freddo a filo sulla panna montata mescolando con una spatola finchè il tutto è omogeneo.

Per il Pan di spagna alle nocciole

Ingredienti
65 gr. di zucchero semolato;
150 gr. di uova intere codice 0;
90 gr. di nocciole (ho usato la Tonda Gentile romana di Viterbo)
30 gr. di farina 00;
50 gr. di burro (in alternativa 35 grammi di burro e 20 grammi di pasta di nocciola 100%;);

Pan di Spagna alle nocciole
Tritare le nocciole insieme alla farina e sciogliere il burro a bagnomaria lasciandolo poi intiepidire lontano dalla fiamma. Con uno sbattitore elettrico montare le uova tenute a temperatura ambiente insieme allo zucchero (aggiunto gradualmente) per 15' circa, ovvero fino a quando la montata è ben gonfia e lasciandola ricadere a filo sulla massa rimane in rilievo (in gergo si dice appunto che "scrive").
A questo punto con una spatola si aggiunge prima lo 'sfarinato grezzo di nocciole', rimestolando delicatamente con un movimento dal basso in alto e poi il burro fuso (oramai raffreddato).
Il Nanni correttamente consiglia di sacrificare parte della della montata (1/4 circa) mettendola in una tazza nella quale quindi si procede ad incorporare prima il burro fuso per poi integrarlo successivamente al composto principale.
Ho invece aggiunto il burro sulla sola montata delle uova (usando il frullino per non più di 3-4 secondi reali) e poi ho proceduto manualmente con la spatola per la 'farina' di nocciole e posso dire che alla fine il composto ha perso aria in modo decisamente poco apprezzabile se valutato nell'ottica della resa complessiva.
Ho usato per la cottura uno stampo rettangolare imburrato&infarinato a 180°, forno statico, ripiano medio per circa 30'.
Con il pandspagna alle nocciole ho ricavato quindi il rettangolo del quale avevo bisogno per il lingotto, tagliandolo su un foglio di cartaforno nel quale avevo segnato a matita le dimensioni dello stampo da plumcake. Con quello avanzato, ho fatto dei ritagli con dei piccoli tagliabiscotti e li ho ripassati nel forno su entrambi i lati fino ad ottenere una dolce biscottatura. Mi dispiace che di questi biscottini finiti per la colazione della mattina non vi sia traccia fotografica perchè meritano.

Assemblaggio torta
Cointreau per la bagna;
granella di nocciole tostate ricavata grossolanamente con un mixer (ho usato la Tonda Gentile romana di Viterbo);
marmellata di mandarini;

Ho adagiato il rettangolo di pan di spagna alle nocciole sul fondo di uno stampo da plumcake con le pareti amovibili e l'ho bagnato in modo uniforme con Cointreau al naturale. Per chi non ha uno stampo similare rivestire il fondo di un qualsiasi stampo da plumcake regolare (non a pareti leggermente svasate) con carta forno inumidita per la sua lunghezza ed un striscia in larghezza in modo da riuscire a prelevarlo con agilità su entrambi i lati).
A questo punto ho aggiunto la marmellata di mandarini livellando con un cucchiaio. Ho quindi versato sopra la mousse gianduia riempendo il cerchio e livellando con una spatola corta.
Porre in frigo a consolidare 6 ore almeno, o meglio ancora tutta una notte prima di sformarlo.
Prima di servirlo cospargere la superficie con uno o due cucchiai di granella di nocciole.


martedì 29 novembre 2011

Cialde simil-choux con mela e uvetta














Puntata di "Che tempo che fa" 20 Novembre 2011, Fabio Fazio intervista Nichi Vendola.
Domande mirate, chiare, sottilmente ammiccanti in alcuni casi ma come (quasi) sempre, un lavoro formalmente ed intellettualmente pulito a prova di critica giornalista superficiale per intenderci. Fazio è un famoso equilibrista televisivo che tra le righe si finge Milena Gabanelli, ma di fatto non affonda mai come dovrebbe, mi verrebbe da dire come Bruno Vespa con gli esponenti dell'ex governo delle 'libertà' ma mi rendo condo che il paragone è iniquo per il primo sotto la voce giornalismo, quello vero non la sua versione pruriginosa da cronaca nera o rosa alla portata di tutti con tanto di plastico come optional.
A scanzo di equivoci quindi confesso da subito una certa freddezza per il conduttore, "reo" a mio avviso di una operazione d'immagine che non trovo corretta.
Mi spiego meglio. Fazio impronta spesso le interviste ritagliando per se un ruolo volutamente servile sul piano colloquiale nei confronti dell'ospite, lasciando tuttavia intendere al telespettatori, con una ottima padronanza del mezzo televisivo questo gli va riconosciuto, che quella è una 'obbligata' furberia da scugnizzo che gli consente di affrontare, più o meno, anche gli argomenti che il suo intervistato reputa spinosi per se. L'affondo sperato non avviene mai però, resta solo un desiderio sospeso a mezz'aria di chi è dall'altra parte dello schermo.
Il duo Benigni-Troisi insegna che per chiedere una cosa al Savonarola di turno è opportuno stare "...con la faccia sotto i suoi piedi, senza chiedergli nemmeno di stare fermo, si può muovere!", Fazio fa lo stesso e la differenza non è il caso di sottolinearla. Lucia Annunziata purtroppo è lontana anni luce.
Per il Presidente della Regione Puglia invece provo una certa simpatia e qui le motivazioni non sono strettamente politiche malgrado qualcuno di voi possa leggerci altro. In modo molto onesto confesso che valuto i singoli esponenti della nostra classe dirigente non certo per i singoli curriculum ma per concretezza e per il loro percorso personale.
Detto ciò quindi, 'navigo' con circospezione il discorso, per altro condivisibile, di Vendola attraverso l'analisi di tutte le conseguenze e gli strascischi del berlusconismo, una sorta di etica rovesciata che lascia passare la 'legge' che se sei bravo la fai franca, logica da cancellare se vogliamo ovviamente costruire un domani meno corrotto del presente.
Il leader politico poi, cambia registro invitato dallo stesso conduttore ed accenna alle sue perplessità sul governo Monti, lasciando intravedere già il primo piccolo miracolo del dopo-Berlusconi. Se infatti prima l'argomento unico di esponenti politici ,sia di destra sia di sinistra con un minimo di 'ratio' era di uscire dalla palude di corruzione morale ed economica dell'imperatore nano, ragion per cui non si intravedevano altri territori di discussione che non fosse Berlusconi e basta, finalmente adesso il focus diventa il liberismo di Monti, non Monti in quanto persona. Come dire, un piccolo passo in avanti è pur stato fatto, non siamo fermi al giudizio morale sull'uomo e finalmente spostiamo la messa a fuoco un pò più in la, sulle idee di cui questi si fanno portavoce.
Qui Vendola a dire il vero mi delude un pò, non sul piano dialettico quanto su quello dell'onestà intellettuale. E' sinceramente in difficoltà a far coesistere due idee altrettanto valide e cioè che Monti è una medicina indispensabile per il nostro paese e quindi va sostenuto a prescindere pur essendo allo stesso tempo un alto esponente di quel liberismo capitalistico che inevitabilmente inasprisce una disuguaglianza sociale inaccetabile di per se.
Avrei preferito invece che Vendola, o chi per lui, in rappresentanza di una certa sinistra fosse stato più chiaro con il pubblico.
Di fatto che il governo Monti sia il minore dei mali è indubbio, che la crisi sia iniziata negli Stati Uniti grazie ai mutui rischiosi concessi alle categorie subprime, ovvero i ceti meno abbienti anche questo è inconfutabile, che tra le banche americane colpevoli del tracollo USA ci sia la Goldman Sachs anche questo è storia, idem la constatazione che la stessa Goldman Sachs abbia favorito l'ingresso della Grecia nella comunità europea coprendo 'alla buona' parte dei suoi debiti, non ultimo l'osservazione che adesso al comando ci siano tutti ex Goldman Sachs, riprendendo l'ironia di alcuni giornali i Goldman’s Boys. Lo stesso Monti è stato vicepresidente di Goldman Sachs incaricato all'epoca di seguire lo stesso dipartimento che aveva ripulito in modo esemplare il debito sovrano greco per consentire ai nostri cugini ellenici di entrare nella zona euro.
Ecco, avrei prefeirito che Vendola non agitasse lo spettro di ombre astratte e chi sa quali poteri occulti ma che semplicemente avesse posto sotto gli occhi di un certo numero di persone, tessere incontrovertibili di storia economica recente lasciando poi allo spettatore la facoltà di intuire i potenziali pericoli, indipendentenemte che la rilevazione fosse stata fatta da un uomo di destra o di di sinistra.
Detto ciò, la delusione si concretizza in modo ancora più subdolo quando Fazio con piglio decisamente ligure, chiede se una patrimoniale fosse stata giusta in quanto lui stesso si sentiva parte in causa, preoccupato del fatto che la stessa avrebbe messo le mani nelle sue belle, strette, privilegiate aggiungo io, ed oneste tasche genovesi (affermando di pagare le tasse...).
Qui Vendola ovviamente fa un piccolo salto mortale, dimenticando volutamente per un attimo chi è Mario Monti e cosa rappresenta, seguendo la linea immaginaria e demagogica di una sinistra poco concreta che spende parole a vuoto per una possibile patrimoniale che tassi in modo proporzionale i ceti più abbienti piuttosto che le solite categorie di impiegati, operai e precari.
Certo è sotto gli occhi di tutti che levare 100 euro a chi guadagna in modo precario o a nero 7-800 euro al mese non è lo stesso che levarne sempre 100 a chi ha introiti superiori (dai 6-10mila euro al mese in su...).
La mia personale opinione in merito non conta però una cosa posso dirla con estrema franchezza. Pochi giorni fa il mio articoletto su Steve Jobs ha fatto si che una lettrice leggesse una sorta di atteggiamento radical chic nelle mie parole. Confesso che per parziale ignoranza ho dovuto documentarmi (dall'origine inglese, passando per Montanelli con la sua Lettera a Camilla, fino all'interpretazione a posteriori data da intellettuali o giornalisti di varie appartenenze). Intuivo la provocazione decisamente carina anche nella formulazione ma non ne capivo la portata non conoscendone in pieno il significato e soprattutto non riuscendo nell'immediato a sovrapporre il termine con qualche personaggio che potesse fungere da riferimento.
L'intervista di Fabio Fazio a Vendola invece mi ha tolto ogni dubbio, adesso so cosa, almeno per me...è radical-chic :)


Passiamo quindi alla ricetta
Quelli che vedete in foto sono dei biscotti ottenuti con la frolla di Paolo Lopriore, la cui ricetta la devo a Sara di QualcosaDiRosso, eclettica e bravissima foodblogger che consiglio per ottimi spunti in cucina, per lo stile con il quale racconta e si racconta ed altrettanto per le sorprendenti gallerie di splendide fotografie. Poco da aggiungere perchè penso che la conoscete tutti, per chi fosse la prima volta invece non vi perdete il suo blog, qui!
Iniziamo subito con il dire che ho eseguito la ricetta cambiando qualcosina ma solo per il ripieno, nulla altro.
Adoro i ripieni ricchi, avendo quindi da provare quanto prima dell'uvetta passa afghana di Herat regalatami da Stefania non potevo far altro che trovare la "scusa" per introdurla nel modo migliore in questa farcia, prima cioè che la terminassimo spiluccandola senza grandi freni. Va detto infatti che quest'uvetta dalle dimensioni non trascurabili per pezzatura ha una nota dolce molto più marcata di altre sue 'consorelle' e la particolarità di essere meno 'secca' ragion per cui l'eventuale ulteriore reidratazione in vini dolci non necessita tempi molto lunghi. La fortuna mia è averla provata ovviamente avendo apprezzato sul campo la differenza qualitativa con le altre di provenienza più "ortopedica" :)
Per l'ArabaFelice oltre al grazie mi vien difficile aggiungere quello che è già sotto gli occhi di tutti e cioè che ha un blog che per stile e contenuti è tra i migliori che conosco. Probabilmente quello che posso testimoniare è che sia lei, sia il marito sono due belle persone, belle sul serio e non per soli canoni estetici, di quelle che guardi negli occhi e dopo pochi minuti fai fatica a collocare mentalmente come 'amici mai incrociati fisicamente prima'. Meritano stima ed affetto anche perchè non è da tutti essere lo specchio fedele di quello che mostra(no) di se in pubblico. Spesso lo scarto tra la versione pubblica e quella privata di un blogger e della sua famiglia crea qualche delusione di troppo, molti si perdono in spessore o simpatia qui invece la differenza è una delle migliori eccezioni che abbia mai visto ed il primo ad esserne stato sorpreso è il sottoscritto.
Sarebbe ridicolo consigliarvi il suo blog, è tra i più popolari però volevo spendere per bene quel senso di continuum che si avverte conoscendoli dal vivo e leggendoli attraverso un diario pubblico :)
Relativamente a questa frolla invece qualche annotazione va fatta.
Essendo un impasto povero di grassi tende a diventare un pò duretto in cottura ragion per cui è necessario stendere la pasta in modo molto sottile in modo da avere una resa croccantella. Di mio sono stato fortunato e non bravo sia chiaro, perchè ho la mania di stendere gli impasti che non conosco quanto più sottili è possibile pur avendo una predilezione per una frolla leggermente più spessa e scioglievole. Cerco di cadere sempre sul sicuro da vero psicopatico :P e questo volta mi è andata bene. Unico consiglio che posso dare è di puntare su ripieni umidi che contrastino in modo complementare e puntuale la pasta "croccantella", che di per se resta abbastanza neutra ragion per cui si potrebbe pensare di adoperarla anche per farcie salate di pari umidità.

Cialde simil-choux con mela&uvetta

Ingredienti

Impasto:
450 gr farina 0;
100 gr. burro;
70 gr. zucchero;
1 grosso pizzico di sale
250 gr. acqua;

Portare ad ebollizione l'acqua con lo zucchero, il sale e il burro. Versarvi in un colpo solo la farina, lavorare per un paio di minuti con cucchiaio di legno, quindi spegnere il fuoco. Formare un impasto e far raffreddare. Riporre in frigo in un contenitore chiuso in modo ermetico per un giorno almeno. Tirare fuori dal frigo almeno 3 ore prima dell'uso condizione necessaria al fine di ritrovarsi un impasto lavorabile con estrema agilità.

Ripieno:
3 grosse mele golden delycious ben sode;
20 amaretti; (ricetta originale 10)
3 cucchiai colmi di zucchero;
100 gr di uvetta ammorbidità in un buon vino dolce (io passito);
1 cucchiaino di cannella in polvere;
20 gr. di limoncello;
2 cucchiai pieni di confettura di albicocche o gelatina di albicocche;
un filo di olio evo;
Succo di 1 limone;

Tagliare le mele sbucciate a dadini, piccoli ma non troppo. Irrorare di succo di limone, cuocere in padella con un filo esiguo di olio evo, la cannella, gli amaretti sbriciolati e lo zucchero finché il liquido sprigionatosi in cottura sia evaporato. Versare a questo punto il limoncello ed aggiungere amalgamando la gelatina di albicocche. Mescolare per bene e tenere da parte.

Composizione:
Spianare la pasta oramai a temperatura ambiente allo spessore di 2-3 mm, possibilmente senza infarinare la spianatoia, ma non sarà il caso se si sono rispettati i tempi di riposo. Ritagliarsi dei tondi con un coppapasta, formare dei mucchietti di ripieno belli consistenti ed un bel pò umidi, chiudere con un'altra tondo di eguale diametro e sigillare molto accuratamente con u rebbi di una forchetta. Cuocere a 180° fino a leggera coloritura, per me 30' circa ma i forni sono differenti e quindi regolarsi tenendoli sempre d'occhio. Spolverizzare di zucchero e servirli :))
Si conservano ottimamente senza perdere in friabilità. Io l'ho fatto aggiungendo ogni volta un pò di zucchero a velo...:P ehehehehehehe










martedì 8 novembre 2011

Opèretta















Questo post è dedicato a chi in questi giorni ha perso nella pioggia un parente, un amico, la fede o semplicemente la fiducia nel senso di responsabilità altrui con la speranza che in futuro possa fortuitamente andare meglio perchè la storia in questo ambito non insegna e non insegnerà mai nulla, solo le lacrime, il silenzio e la rabbia restano identiche.


15 Agosto, alta collina, quasi montagna direi, l'aria frizzante e salina smossa dal vento sale da mare e sbatte in faccia un sole che promette caldo e suggerisce di riparare testa e pensieri nelle ore a venire.
Le finestre delle case tutte aperte, oggi non ci sono preparativi per il bagnasciuga, i costumi e gli asciugamani colorati restano appesi agli stendini dei balconi, oggi festa della Madonna Assunta la giornata è iniziata molto presto con uno scampanio festante e qualche botto a salve, giusto per sporcare con qualche nuvola di zolfo l'azzurro sconfinato tra i tetti. La sera ci saranno i fuochi artificiali, quelli che si guarderanno sotto il cappuccio di una felpa con le mani nelle tasche immersi in effluvi di mandorle caramellate e spighe sbruciacchiate.
I rumori di sottofondo del paese ad un primo approccio sembrano gli stessi eppure qualcosa cambia. Una sottile corrente elettrica anima le espressioni, è impercettibile, sguardi concentrati che odorano di pranzi in preparazione, di pane caldo da ritirare, di camicie nuove da indossare, di capelli da tirare in tuppi, di tovaglie fresche di biancheria da stendere, di amici o parenti da accogliere con un sorriso malgrado i veleni recenti.
Solo il gruppetto di vecchi al bar non cambia atteggiamento, non cambiano le loro tazzine di caffè che non ricordo mai di aver visto piene, dei loro bastoni poggiati di traverso sulle spalliere consumate di asettiche sedie di plastica bianche, non cambiano quegli occhi profondi che scrutano qualsiasi cosa attraversi il loro campo visivo, un occhio alle carte uno alla vita, non cambia quell'odore di muffa che si portano dietro che sale da una miserevole saggezza stinta in questioni di soldi e di onore di poco conto, roba di paese appunto, un sentore di chiuso che nessun vento è riuscito mai a strappare da quelle giacche, nemmeno le pallonate dei ragazzini poco distanti in mezzo ad una consumata piazzetta che segna l'esatta convergenza di ciò che è stato e ciò che verrà.
L'utilitaria esce dal paese rapida, con un carico d'aria saturo di fragranze calde o affumicate che nell'alternarsi disegnano colazioni e piatti in via di realizzazione, si infila poco fuori dal centro nella traversa dello stadio, una strada piena di buche senza alcuna indicazione a margine. A sinistra il muro alto che delimita il campo di calcio con gli esigui spalti, a destra qualche villetta senza recinto e poi giù in una serie di tornantini che si incuneano sotto il fianco della montagna. Una piccola salita ancora ed è ora di lasciare l'auto, li finisce o inizia tutto, la distinzione è sottile.
Un paio di ragazzini sopra due muli varcano in senso opposto al nostro quella linea di confine tra ciò che riteniamo civiltà in quanto ha una striscia di asfalto sotto e tutto ciò che etichettiamo come 'natura' per esserne esente.
Il sentiero inizia li. La guardo negli occhi e la preparo con le indicazioni tipiche di un nerd cittadino quale mi riduco negli anni che intercorrono tra un sentiero ed un altro. Poi via, una veloce discesa sotto uno sperone carsico fatto di strati tondeggianti e maestosi, visto poco dopo ricorda le 'freselle' non a caso la gotta sottostante si chiama del Biscotto. Bastano pochi passi per trovarsi a picco sul mare senza protezione, senza paracadute se non quello della propria fantasia che si finge razionale a limitare la vertigine azzurra e verde che prende tutti. La bellezza non ha colori casuali, qui è verde e blu, terrazzi di vite strappati al vuoto che hanno per recinto le nuvole e l'aria fresca che arriva dal fiordo sottostante, vapori marini ripuliti dal caldo, aria rimandata indietro da sconosciuti visi boccheggianti che l'hanno respinta con piccoli gesti, sterilizzata dalla salsedine e rigenerata dalla fitta vegetazione.
Gli spifferi di quota sanno di levigato, arrivano già smussati da tutti gli affanni.
Proseguiamo lungo il percorso battuto che lambisce impervi picchi brulli, si immerge con qualche rapido tornante in una piccola boscaglia per poi risalire a galla ed arrivare in prossimità di un morbido rilievo dove stupisce chiunque la presenza di qualche casa abitata.
15 Agosto suona strano scriverlo così ma anche i classici turisti tedeschi&francesi che qui sono frequenti oggi disertano in favore di italici pranzi&pranzetti.
Noi praticamente soli ad impolverarci pietra dopo pietra, mano nella mano nei punti più disastrati, scorcio dopo scorcio nel più totale ed irreale dei silenzi che solo certi luoghi offrono.
E' bastato agirare Colle Serra poi...ed è stato un attimo.
Mi sono fermato nel punto in cui con lo sguardo abbracci dai Faraglioni sino a punta Licosa...ho guardato nuovamente giù la costa e mi è venuto da sorridere perchè è l'unico modo che avevo per reggere istintivamente tutto "quello".
Miss.D che era alla sua prima volta su quel sentiero mi ha anticipato di qualche passo fermandosi laddove nel vuoto una doppia freccia indica le direzioni di quelle biforcazioni emozionalmente ardite.
Era senza fiato e non è un modo di dire. In pochi possono capire bisogna esserci stati per far riaffiorare quel piccolo brivido che tutti avvertono.
15 Agosto, rientrare in casa, levare sotto la doccia gli strati fitti di polvere e sedersi a tavola senza mai riuscire a riportare gli occhi alla realtà da quel vuoto blu è un piccolo regalo che ci siamo fatti questa estate, il Sentiero degli Dei.

PS
Non vi condivido le mie banalissime foto personali ma per dare una occhiata anche voi ho pescato questo link in rete con delle foto indicative:


Passiamo quindi alla ricetta.
Il dolce originale è Opèrà (versione dell'Encyclopédie du chocolat) che io non avrei mai scovato se non fosse stata per la perfetta realizzazione di Giovanna di LostInKitchen che trovate qui.
Giovanna si definisce 'mera esecutrice' ma sfido chiunque a raggiungere il suo grado di precisione. In quanto all'autrice del blog non aggiungo nulla, per qui vuole approfondire qui trova un pò di link utili a capire lo spessore della suddetta "mera esecutrice" :)
Tornando invece al dessert, per motivi di tempo sono stato costretto a contrarre alcuni passaggi della ricetta originale per arrivare ad un appuntamento 'mangereccio' con qualcosa da mettere sotto i denti che non fosse solo un 'working in progress' preso dal congelatore(è previsto infatti un passaggio in freezer).
Questo potrebbe spiegare in modo formale e puntuale il perchè del nome "Operetta" ma in realtà il motivo è un altro. Nel provare la mia versione esteticamente imperfetta e non completa (manca il doppio disco di biscuit e la copertura con glassa) ho capito che la versione originale merita un ulteriore mio sforzo nel realizzarla perchè certi dolci se si affrontano vanno presi nella loro interezza perchè di certo perdono una sorta di complessità gustativa che non deve essere banalizzata come superflua.
Detto ciò, confermo che già quanto condiviso con voi qui ha avuto un ottimo successo di critica tanto da motivarmi appunto ad arrivare prossimamente anche al traguardo più alto.
Di seguito le varie fasi della ricetta originale modificate in un paio di passaggi, anche per qualche dettaglio preparativo.
Dimenticavo, con le dosi indicate ho realizzato una torta quadrata (20x20 cm) ed un tortino tondo (diamentro 14 cm)

Opéretta

Biscuit Joconde al cacao:
4 uova medie codice0;
130 gr. di farina di mandorle e qualche mandorla amara ridotta in granella fine;
130 gr. di zucchero a velo;
6 albumi di uova medie codice0;
50 gr. di zucchero;
50 gr. di farina 00;
40 gr. di cacao in polvere di ottima qualità;
50 gr di burro;

Ganache montata al cioccolato bianco e caffè:
70 gr. di caffè espresso con un solo piccolo cucchiaino di zucchero (due tazze);
30 gr. di liquore al caffè;
140 gr. di cioccolato bianco di buona qualità;
220 gr. di panna;

Cremoso al cioccolato fondente:
110 gr. di cioccolato fondente al 70%;
45 gr. di tuorli di uova medie codice0;
20 gr. di zucchero;
110 gr. di latte intero;
110 gr di panna;

Bagna al caffè:
liquore al caffè;

Ganache montata al cioccolato bianco e caffè:
Fondere il cioccolato a bagnomaria o nel microonde al minimo della potenza. Togliere dal fuoco e versarvi un terzo del caffè bollente, mescolando accuratamente con una spatola al centro della preparazione, fino a ottenere una consistenza elastica e brillante. Incorporare allora un altro terzo del caffè ripetendo l'operazione. Infine incorporare il resto del caffè con il liquore, mescolare ancora e aggiungere la panna liquida fredda. Far riposare in frigo per alcune ore, non meno di tre, io una notte intera.

Biscuit joconde al cacao:
Setacciare la farina con il cacao. Fondere il burro al microonde. Montare le uova intere con la farina di mandorle e lo zucchero a velo. A parte, montare i 6 albumi con lo zucchero, ben fermi.
Con una spatola, aggiungere alle uova montate un quarto degli albumi montati, poi la farina setacciata col cacao, infine il resto degli albumi e poi il burro fuso, a filo.
Versare la preparazione su due placche da forno foderate di carta forno e infornare a 220° per circa 7-8 minuti.
Ritagliarvi tre rettangoli della misura desiderata. Non devono essere più spessi di mezzo centimetro.
Nel mio caso ho ricavato due rettangoli per la torta quadrata ed uno più piccolo per quella tonda.

Cremoso al cioccolato fondente:
Fondere il cioccolato a bagnomaria o nel microonde al minimo della potenza. Nel frattempo, preparare una crema inglese, mescolando in una casseruola le uova con lo zucchero senza montare, aggiungendo il latte e la panna liquida e facendo poi cuocere fino a 82-84°, cioè a leggerissimo ispessimento.
Togliere dal fuoco, mixare rapidamente col frullatore a immersione, poi versare lentamente un terzo di crema inglese calda sul cioccolato fuso amalgamando energicamente con una spatola. Aggiungere quindi un altro terzo di crema inglese, amalgamare nuovamente e unire infine l'ultimo terzo di crema mescolando di nuovo, poi passare di nuovo al frullatore ad immersione. Versare in una terrina, ricoprire con pellicola e tenere in frigo per una notte.

Montaggio:
In un telaio della misura voluta ("quadrato" o "anello" da mousse rivestito di cartaforno), disposto su un piatto o una placca foderata anch'essa da carta forno, sistemare il biscuit.
Bagnarlo con il liquore al caffè. Montare la ganache al cioccolato bianco e caffè fino a ottenere la consistenza della panna montata (sarà un po' più morbida e meno sostenuta della panna). Stenderla sul biscuit (lo strato dev'essere di altezza uguale o un paio di millimetri superiore a quella del biscuit).
Nel caso della torta quadrata ho quindi sovrapposto dei piccoli quadrati di biscuit ricavati con un taglia pasta squadrato (leggermente bagnati nel liquore) ed ho riposto in frigo per un paio d'ore. A questo punto aiutandomi con una sac à poche con bocchetta lineare liscia ho coperto le intercapedini con il cremoso al cioccolato fondente. Ho lisciato alla meglio la superficie e poi ho passato il tutto al frigo per una notte, servendo con una copertura di cacao amaro che non rendesse visibile a chi mangiava la differenza di consistenza della parte superiore della torta.
Banale ma efficace il passaggio.
Per il tortino tondo invece sopra la ganache al cioccolato bianco e caffè ho coperto con una cubettatura di biscuit non bagnato rivestiti a loro volta dal cremoso al cioccolato fondente distribuito 'a filo' con una sac à poche con bocchetta puntiforme lineare.

Per la torta quadrata bisogna accontentarsi della foto della sola fetta che però sembra prestarsi abbastanza bene a rendere l'idea dell'insieme mentre per quella piccola e tonda invece non essendo destinata all'incontro mangereccio è stata preservata per un paio di scatti :)



martedì 25 ottobre 2011

Quiche integrale di mele e cipolle di Knam...con salsicce














Il seguente post non è propriamente indicato a chi non potrebbe 'vivere' senza l'i-tecnology motivo per il quale molto realisticamente passate direttamente alla ricetta, soprattutto se, correttamente, più coinvolti a seguito della scomparsa di Steve Jobs.

Il talento visionario ed a tratti coraggioso di Steve Jobs spero non resti un patrimonio relegato in futuro solo a qualche elettrodomestico più piatto e bianco di quello precedente nei quali i più possano 'scaricare' la propria mancanza di personalità perchè altrimenti la sua vita perderebbe tra le tante, probabilmente una più significativa e non meno contraddittoria chiave di lettura.
E' un dovere rileggere questa storia tralasciando per un attimo le 'mele mangiate', il concetto di portabilità e l'impulso a canali di comunicazione alternativi perchè se Jobs da un punto di vista tecnologico è stato la scintilla di un incendio che prima o poi sarebbe scoppiato ugualmente e magari con minore enfasi sensazionalistica, ed affaristica aggiungerei, d'altra parte ciò che invece viene puntualmente disatteso è quel suo essere un uomo del nostro tempo che non ha creduto in un sogno specifico ma nella possibilità che questi non siano del tutto irragiungibili a patto che siano i nostri e non quelli di un altro. Apparentemente banale la considerazione ma a ben vedere non lo è affatto, anzi.

L'apologia ascetica di Steve Jobs infatti tiene conto dele sue disfatte che meritano menzione proprio perchè più di tutto rendono l'aspetto umano di chi ha creduto nella leggerezza dei fallimenti come il vero motore dei successi, di chi ha individuato nella morte il miglior monocolo per inquadrare la quotidianetà.
Non si tratta di filosofia ma di mero realismo raccontato dallo stesso Jobs il cui bagaglio culturale via via 'raccattato' per strada non lo ha mutuato dagli istituti deputati alla formazione delle persone e cioè la scuola, l'università ma attraverso la propria esperienza personale, le proprie passioni.
Fin qui il Jobs pensiero, quello da rispettare e cercare di fare proprio.
Dove casca l'asino però nell'ipocrita santificazione fatta di recente?
Semplicemente nella constatazione che viene identificato nel solo binomio estro&successo, il sogno americano di chi si risolleva dalle sconfitte buonisticamente vincendo sul finale della storia, affermazioni lette però nel completo diniego di quella scia grigia di omologazione prodotta da Jobs stesso, colui il quale ha sempre sostenuto l'importanza delle ambizioni, delle aspettative e delle speranza di ogni singolo essere umano. E' duro da valutare adesso, dovranno passare anni per essere lucidi eppure Jobs stesso non ha solo contribuito con i suoi brevetti a cambiare la nostra quotidianetà, con le innovazioni ha venduto anche un sogno, il suo sogno, sussurrando e mai confermando al pubblico che con questi nuovi strumenti erano e sarebbero stati liberi di poter sognare nuovamente in tutti i colori, purché questi fossero stati bianchi (Ford).

L'apparente e paradossale contraddizione è che proprio l'AD di Apple con la sua tecnologia griffata ha fornito un ulteriore supporto tecnico-operativo ad una più fine ma non meno deleteria massificazione culturale, una massificazione dei sogni fatti convergere al virtuale piuttosto che al reale, una omologazione delle aspettative per non parlare delle mode e degli stili di vita.
Non ci vuole uno studio sociologico per capire quanto è sottile la linea tra chi usa questa tecnologia dall'indubbio fascino e chi la subisce estraniandosi da contesti formativi più concreti.
Di Steve Jobs restano altresì anche altre ombre scure, ombre nere ben delineate che nel mondo della cosidetta information technology sono considerate quasi fisiologiche per chi ha reso al meglio il concetto di sfruttamento capitalisco delle idee contrariamente a chi ha avuto idee altrettanto brillanti ma condivise con progetti open-source privi di guadagno esasperato, non prive di guadagno sia ben inteso. Qui probabilmente entra in gioco l'idea o la filosofia del concetto di sapere stesso prima ancora che di mezzi di comunicazione. C'è di che essere sicuri, non si tratta di socialismo-informatico ma indiscutibilmente Jobs ha piantato, con grande eleganza aggiungerei, la bandierina laddove un certo tipo di capitalismo assolutizzante non era mai arrivato, raccordando con una iperbole futuristica un semplice elettrodomestico (uno dei tanti) connotandolo di sfumature stilistiche e funzionali che hanno mutuato una innovativa filosofia aziendale in una sorta di religione atea che ha garantito introiti ingenti e soprattutto fedeltà in chi si è sentito e si sente tutt'ora 'diverso' per il solo fatto di avere un paio di cuffiette bianche, bontà sua (dell'acquirente ovviamente).
Geniale il primo ad ingannare le nostre edonistiche vanità, fessi in molti a cascarci con tutti i piedi.
Eppure Jobs ha sempre invitato gli altri ad avere carattere, a non subire il sistema culturale che li circonda ma a pensarlo come una occasione per guardare oltre ponendo la sua vita a testimonianza concreta di quanto fosse radicato il proprio pensiero.
Ecco perchè ancor oggi, oserei dire 'leggermente a freddo', non riesco a far parte di questo superficiale compatimento di massa.
Malgrado questa mia forma di cinismo confessato tuttavia non ho alcuna idea negativa su Jobs stesso, almeno in senso assoluto, al pari di quanto non ammiri invece la cosiddetta mela-mangiata la cui perfezione stilistica ha nascosto e nasconde un aggressività di mercato che ha 'fatto-fuori' in passato lo stesso Jobs quando è stato preso letteralmente a calci dalla sua stessa creatura.
Jobs quindi come un non meno passionale Victor von Frankestein, un lucido folle che ha avuto la forza e l'incoscienza di guardare oltre i limiti imposti prima dal sistema social-culturale nel quale è nato fino ad arrivare ad inquadrare con appassionato realismo quanto la vita possa porre dei limiti fisici e temporali ai nostri sogni, quelli che vanno seguiti a prescindere da tutto, i propri appunto non quelli degli altri.
Se pensate che adesso il sistema oltre il quale guardare è proprio il suo vi viene ancora da piangere o da ridere ironicamente?
E solo quindi con oggettiva grande ammirazione e senza alcuna lacrima che oggi mi piace pensare a Steve Jobs come "Buzz Lightyear" e "Woody" insieme, uno che ha volato pur avendo in petto un cuore di pezza...e soprattutto che lo ha fatto senza cuffiette bianche, quelle le ha solo vendute, lui vestiva di nero... :)

Passiamo quindi alla ricetta.
Qui c'è un pò di confusione e non parlo certo della quiche che è una ottima ricetta a prova di zotico quale sono in cucina ma per quanto riguarda la 'maternità acquisita' della preparazione che dal post in questione non emerge chiaramente.
Poco male, colgo l'occasione però per parlarvi brevemente di Giovanna (LostInKitchen) decisamente molto conosciuta nell'ambiente malgrado il suo profilo pubblico decisamente virante al minimale.
La prima volta che ho letto una sua ricetta un pò di anni fa, ho pensato:"...cacchio...cucina davvero...ma soprattutto ne capisce..."(classico commento da zotico che tenta di ripulirsi). Poi ho fatto un bel pò di suoi piatti (tra l'altro ampiamente condivisi con l'autrice), tutti riusciti al primo colpo ma soprattutto non uno che non abbia avuto un riscontro entusiasta. Giovanna però scrive anche in modo formidabile affidando pensieri e considerazioni ad una scrittura di carattere che spiazza per profondità, per capacità di saper cogliere il dettaglio, per alternare passaggi dolci a sferzate caustiche che non hanno eguali nell'ambiente per certe sfumature. Come tutte le persone di cultura e schiette allo stesso tempo, declina le sue grandi capacità in cucina con una passione tale che non si può che rimanerne conquistati.
Per non lasciare la stima e l'affetto solo alle parole...ecco qualche piccolo esempio...

Per chi vuole capire...-->

La famiglia
Come la mettiamo, chef?
Mi fermo, guardo e all'improvviso rido
Perché a vent'anni è tutto ancora intero, perché a vent'anni è tutto… chi lo sa…

Per chi vuole imparare in cucina...-->

Soffio al limone
Torta limoncello
Opéra
Crème moelleuse café et chocolat, orange amère
Semifreddo allo zabaione

PS
E se poi si scopre che invece la quiche l'ha preparata Lydia come la metto?! :P ahahhahahaha
A seguire la ricetta da me modificata per renderla più 'appetibile' al mio palato, qui invece l'originale.


Quiche integrale di mele e cipolle di Knam...con salsicce :)

Pasta brisée
200 gr. di farina 00;
80 gr. di farina integrale;
100 gr. di burro;
2 tuorli di uova codice 0 di media grandezza;
80 gr. di acqua;
10 gr. sale;
Lavorare il tutto e lasciar riposare almeno 2 ore in frigo

Preparazione
Per la pasta brisée procedo con la tecnica della sfarinatura appresa da mia madre ma che trovo descritta in modo ottimale e praticamente identica sul sito di Gennarino e di cui vi riporto i passaggi chiave modificati per alcuni piccoli cambiamenti da me:
1) Prima di tutto, preparare il burro. Con l'aiuto di un coltello piuttosto grosso, tagliarlo prima a bastoncini (grandi, se possibile, poco più di un fiammifero)...
2) ...e poi a dadini ed unirlo alla farina (sia 00 sia integrale).
3) Il burro va poi sfregato tra i polpastrelli, con un movimento delle dita simile a quello con cui si indicano i soldi...
4) ... , in modo da ottenere uno 'sfarinato' grumoso. Aggiungere il sale e mescolare ancora.
5) Allo sfarinato cosi' ottenuto, unire i tuorli e l'acqua fredda in più riprese ed impastare velocemente.
6) Formare quindi una palla, avvolgerla con una pellicola trasparente senza PVC e farla riposare in frigo. Io l'ho lasciata circa tre ore.
A questo punto mi sono dedicato al ripieno.


Ripieno (per 200 gr brisée):
350 gr. mele golden;
200 gr. di cipolle rosse di Tropea;
2 salsiccie di maiale poco grasse(se è possibile fatevele fare al momento con carne più magra);
1 ramoscello di rosmarino fresco;
Olio evo;
Sale
150 ml panna;
2 tuorli di uova codice 0 di media grandezza;
2 cucchiai di Parmigiano Reggiano;

Dopo aver imburrato, infarinato e rivestito di pasta brisée lo stampo, metterlo in frigo (io ne ho fatte singole tortine ma nulla vi impedisce di procedere con una sola più grande).
Tagliare a julienne mele e cipolle. In una padella saltare le cipolle con olio e sale e poi unire le salsicce precedentemente 'sbriciolate' con le mani. Far andare quindi dopo la prima spadellata a fiamma alta a fuoco lento insieme al ramoscello di rosmarino per una quindicina di minunti tali da far amalgamare i sapori.
Aggiungere quindi le mele cubettate e farle ammorbidire solamente. Terminare la cottura, far raffreddare ed eliminare il ramoscello di rosmarino.
Versare nello stampo ed aggiungere la créme royale ottenuta mescolando la panna con i tuorli battuti ed il Parmigiano Reggiano.
Cuocere a 200 gradi per una mezz’ora circa.