martedì 26 ottobre 2010

Quiche matta di fagiolini














Quello seguente è un post 'pubblicitario', per chi ne avesse a noia vista l'ampio uso che se ne fà in rete (e non) può saltare direttamente alla ricetta che il sottoscritto non se ne avrà a male sperando di aver almeno reso un servizio anticipandolo in modo trasparente.
Senza grande retorica proprio come si fà tra amici quelli di casa :)
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Chi è mio cugino?
Mio cugino è il Sud che non c'è. E'un ragazzone più piccolo di me in età, non altrettanto fisicamente.
Sposato, moglie e tre pargoli biondi come l'oro, le mani di chi sa lavorare il latte.
C'è cresciuto tra i tini di pasta bollente per fiordilatte in attesa di farsi ammansire solo da mani esperte. Gli studi caseari completati al Nord gli hanno affinato l'approccio, ma le mani, quelle che si sono misurate con piscine di treccine calde sollevate a fatica con retini grandi come pale di un mulino, quelle le hanno formate solo i gesti di chi in famiglia l'ha fatto prima di lui in quelle lunghe ore di silenzio quando anche la campana del paese smette di rintoccare per non disturbare il sonno. Nocche cesellate e inspessite per gavetta. Il gusto modellato da piccolo quando insieme ci siamo finiti ruoti di tiramisù preparati da mia zia, fatto con il mascarpone del proprio caseificio, mascarpone giallino per struttura grassa, niente di candido e 'raffinato' da grandi produzione.
Persona tranquilla, sguardo pulito, spigoloso quando gli toccano la famiglia, i suoi sogni, le proprie competenze.
Provare il suo yogurt è il miglior modo di conoscerlo. E'la larghezza e lo spessore della base che rende chiaro quale può essere il vertice ed è proprio da qui che si parte, la base di un "semplice" yogurt che però fà da solo la differenza.
La piccola bottega che ha lo rispecchia in pieno. Lineare, essenziale, pochi orpelli, travi di legno ancorate al soffitto da ferro battuto a mano sulle quali trovano posto caciocavalli di varie stagionature e formature.
Tratta solo la qualità, sia essa una pancetta lavorata a mano con metodi e strumenti tradizionali o un fiordilatte artigianale ma non potrebbe essere diversamente visto che quello non è solo un lavoro ma una passione cresciuta lucidamente con l'età. La propria famiglia e quindi la propria tavola è il primo banco di prova dei suoi prodotti, nannerottoli inclusi, poi passa tutto al suo bancone.
Che sia invecchiato quello non c'è ombra di dubbio, magari molto tempo fà quando era ancora lontano dall'incontrare la moglie mi avrebbe raccontato delle conquiste fatte tra le turiste che in zona non mancano mai...adesso invece ha la mappa anagrafica e geografica di tutti quei clienti che tornano appositamente per lui, per comprare certo ma anche solo per offrirgli un caffè e chiedergli come capire la qualità di un Parmigiano Reggiano.
Io parto con l'handicap di essere della famiglia e quindi è corretto che su ogni parola pesi l'ombra di una lente giudicante deformata, eppure se mi sono deciso a scrivere è solo per chiara e semplice pubblicità. Si pubblicità commerciale alla sua attività quello è un compromesso al quale ho ceduto volentieri perchè è l'ottica con il quale queste righe verranno lette.
Di fatto l'ho ritenuto ampiamente accettabile se funge da fio per parlare con cognizione di causa di un Sud che non c'è.
Realtà simili per quanto rare nel loro medesimo approccio le ho viste altrove e sarei un bugiardo a dire il contrario ma dalle mie parti è un Sud che non c'è e che spero invece possa fare scuola in qualche modo. Senza nascondermi dietro pur comprensibili ragioni di ecosostenibilità o etica commerciale mi piacerebbe che si ripristinasse in generale una distanza più corta tra chi ti vende un manufatto alimentare e chi lo compra con tutta la trasparenza che la cosa comporti anche a livello umano. Non locali fighetti per pochi sia ben chiaro dove si paga l'etichetta con iscrizione IGP ma solo una offerta che sia maggiormente tracciabile non a parole ma nelle mani di chi l'ha fatto poco prima o di chi sa riconoscerla per te senza che voglia approfittare della tua ignoranza in materia.
Se passate in Costiera Amalfitana tra quei sentieri a picco sul mare che non a caso richiamano nel nome scenari mozzafiato che qualche volta ho avuto l'indegno coraggio di descrivere, passateci a prendere un caffè da quelle parti, mio cugino è un Sud che non c'è.

Nota
Quello che vedete di fianco è il logo del suo negozio che non ha ancora un sito come si deve :)


Passiamo ora alla ricetta
Chi mi conosce sa che non frequento moltissimi siti ma con quei pochi con i quali ho dei contatti quotidiani posso dire di aver instaurato un bel clima di convivialità e di condivisione nonchè grande stima. Quello più scarso dal punto di vista tecnico sono sempre io che tra l'altro mi devo anche far perdonare per le mie battute da "scugnizzo" che lascio in giro...ma oramai mi conoscono bene...
Ricambiare quindi mettendo insieme tutti gli spunti interessanti che individuo, mi sembra a volte il minimo della riconoscenza. Qualche volta mi applico proprio come se fossi tornato a scuola, studiando gli appunti quando posso, lasciandomi guidare dalla suggestione del gusto e non in ultimo dalla mia ragazza omnipresente nelle mie elucubrazioni gastronomiche, soprattutto quando incrocio, invento o semplicemente provo a mettere un tocco personale in quello che vedo.
In questo caso nulla di eccezionale, ho solo fatto coincidere nella stessa torta rustica la bravura e lo stile di Milena&Lydia, due blog differenti (UnaFinestraDiFronte&TzatzikiAColazione) per due ragazze in gamba quanto intelligenti (ma non furbe) nel loro approccio alla cucina.
E se mi sopportano...oserei aggiungere che sono anche molto pazienti. Dalla prima ho rubacchiato una farcia che mi aveva colpito sin dall'inizio, dalla seconda invece ho sgraffignato la pasta-matta fatta con farina di mais, nel mio caso a grana grossa.
Il risultato?! per me a dir poco strepitoso. Il sapore della torta salata infatti è quella di un rustico elegante al palato, delicata ma non priva di spessore, insomma ho avuto l'ennesima botta di fattore c... che con l'altra mi sa che per un pò posso mettere l'anima in pace.
Bella a vedersi in presentazione, scioglievole al palato con un involucro leggermente granulare che restituisce un tono di sapidità grezza ma complementare con la farcia umida, per nulla disarmonica con i fagiolini.
Con gli ingredienti segnalati a seguire ho preparato due torte rustiche da 20 cm di diamentro.


Quiche matta di fagiolini

Per la pasta matta al mais
125 gr. di farina;
125 gr. di farina grossa di mais;
50 gr. di olio extra vergine d'oliva;
115 gr. di acqua ghiacciata;
1 pizzico di sale;

Si impastano tutti gli ingredienti mescolando per prassi prima quelli secchi e poi aggiugendo i liquidi, incorporando prima l'olio e poi procedendo con l'acqua fredda. Si forma una palletta che io lascio in frigo in pellicola senza PVC per almeno 3/4 ore.

Per la farcia
500 gr. di fagiolini;
2 uova codice 0;
300 ml panna da cucina;
6 cucchiai Parmigiano Reggiano;
Un pizzico di sale;

Lesso i fagiolini in precedenza puliti e scottati (circa 8-10') in acqua bollente per poi saltarli a fuoco vivo in padella con un paio di spicchi di aglio fino a completarne la cottura.
A parte sbatto le uova con un pizzico di sale, aggiungendo quindi la panna ed il parmigiano.
A questo punto in due stampi imburrati&infarinati stendo la pasta matta, in precedenza tirata alquanto fine con il mattarello, versando a seguire il ripieno all'interno.
Ho cotto in forno statico, ripiano medio a 180 ° per 40'circa.
Sono una vera e propria delizia. Abbinatele ad un vino rosso giovane poco strutturato per non lasciar sfumare la delicatezza del ripieno. Probabilmente, ma qui azzardo anche un bianco leggermente acidulo ci starebbe bene a compensare la rotondità della panna con i fagiolini, io direi un asprino di Aversa ma altre alternativa valide sono possibili...basta che non sia uno chardonnay, per me troppo fighetto e stereotipato accostato ad un simile piatto ;P

















martedì 19 ottobre 2010

Apple-pie mandorle-zabaione allo sciacchetrà














I geni non mentono, l'appartenenza nemmeno.
Mio nipote ha poco più di due anni e mezzo e come i suoi coetanei ha cominciato a parlottare e soprattutto a delineare cioè che io ho sempre sospettato e cioè che si tratti di un giovanissimo X-Men della golosità a propulsione aerofaga, un sorta di UomoRagno ("Spaidmenn" come lo pronuncia lui) con ragnatela di zucchero filato che spero con il tempo possa evolvere in un CortoMaltese da pasticcerie, pirata del fondente, anarchico del gusto.
A questo aspira anche lo zio ma si sa che gli adulti riflettono i propri sogni sulle giovani leve di famiglia...a me resta solo una naturale antipatia verso gli chef censori ed i food-blogger redentori :P
In realtà attraverso un linguaggio che è per metà fantasia per meta reale il nannerottolo si fa capire benissimo, delineando un personaggio degno appunto di menzione.
Nel metterlo al corrente d'estate sul programma della serata verso il primo pomeriggio:"...sei fai il buono stasera andiamo a mangiare un gelato e poi alle giostre quelle che ti piacciono tanto...", lui ha distolto lo sguardo dal macro puzzle di ZioPaperino ed ha sentenziato sereno puntualizzando le proprie priorità:"...prima pappa e'zelato, poto giochi..." (Poto ~ Dopo);
Nel carrello del supermercato attraversando la sezione "biscotti", decide lui cosa comprare prendendolo direttamente dallo scaffale e se la madre o qualcun altro propone anche altro (ho detto 'anche' sottointendendo 'aggiunta' non alternativa a quello che lui ha sentenziato), afferma sicuro e con sufficienza :"mamma biccotti con ciata!" (ciata ~ cioccolata) ["Mamma i biscotti con la cioccolata sono migliori di quelli anemici che hai preso e se tale è la tua scelta te li mangi tu!"]
"mamma merenna con zucchero a velo!"(merenna ~ merenda) ["Mamma i dolcini con lo zucchero a velo per la merenda del pomeriggio non va dimenticata...quelli non altri, voglio vedere lo zucchero sopra!"]
Avendo capito il piccoletto che d'estate la cioccolata si conserva in frigo ha deciso che tutto ciò che è dolce vada parimenti conservato sopra lo scompartimento delle verdure, dal chupachups alla caramella. Quindi prende una sua scatoletta di latta "il tesoetto" (tesoetto ~ tesoretto) ripone il bottino di giornata frutto di regalini dei nonni e parentame vario e lo affida al freddo del frigo.
Di tanto in tanto non fidandosi della propria famiglia ma pur sempre con educazione domanda:"Mamma posso?". Dopo l'assenso della genitrice lui apre il frigo e controlla che il tesoro sia sempre li in attesa di consumarlo poco alla volta per cena.
Lui come tutti i supereroi ha una missione salvifica da perseguire di quelle che danno già la caratura del personaggio. E'da tempo infatti che combatte i produttori di biscotti siano questi artigianali o di multinazionali, per colazione o dessert non importa, che si macchiano da tempo di produzioni "imperfette".
Ogni volta è uno spettacolo notare il suo disagio, che sa anche essere quello di milioni e milioni di persone, quando nell'aprire una scatola di biscotti nuova ne salti fuori qualcuno rotto. Questo lo induce a pensare che combatterà quella sfida al massimo delle proprie energie e non importa quanto tempo ci vorrà, prima o poi il male sarà sconfitto e tutti potranno gustare i biscotti nella loro interezza senza alcuna sorpresa frammentata nel cartoccio o nella confezione.
Ciò comporta un certo dispendio di energie, anche i supereroi non ne sono esenti.
Addormentarsi per un riposino il primo pomeriggio mettendo sul cuscino del proprio letto una barretta di cioccolato aiuta...perchè tutti i supereroi hanno i loro segreti ed addormentarsi con il ciucciotto ed un pezzetto di cioccolato al latte a vista è il modo più dolce e sereno per trovare nuove energie :)


Passiamo ora alla ricetta
Adoro le torte di mele ma ancor più l'abbinamento con le mandorle. Se a questo aggiungete una base di zabaione allo sciacchetrà capite che il cerchio si chiude con una certa faciltà.
Lo spunto per questo mio accostamento lo devo a Nanni, una eccezione nel panorama dei cosiddetti foodblogger e non certo per la chiara e lampante bravura quanto per il proprio approccio alla pasticceria, puntuale e competente, di passione e con quel quid in più che hanno appunto quelli bravi che nella pur evidenza dei propri risultati non creano alcun distacco con chi li segue :P ehehehe
Per chi non lo conosce un girò dalle sue parti è d'obbligo, poi vi scorderete il resto.
Nel mio caso quindi ho sperimentato un dolce che probabilmente al palato (per gusto) si è rivelato uno di quelli più complessi che abbia mai preparato. Ne sono stato contento da subito perchè all'assaggio l'umidità della base fatta di mele&amaretti virava nel dolce e più aereo zabaione aromatico con note di sciacchetrà per poi terminare sotto i denti con la granulaità accennata delle mandorle. Il cambio di consistenza ed il nitido itinerario mela-zabaione-nota alcolica fruttata-mandorle me lo hanno fatto eleggere come uno dei miei preferiti se non quello meglio riuscito nato dalla realizzazione di una idea per personale. Ovviamente, il tutto è puro e semplice cul...pardon fortuna visto che per quanto abbia studiato la cosa sempre e solo di cul...(ancora!...sorry) di contingenze fortunate si tratta. Poichè una semplice sovrapposizione di preparazioni per quanto possano essere entrambe eccellenti non è detto che diano un risultato altrettanto buono ecco quindi che chi mi conosce sa che se insisto è perchè probabilmente ho fortunosamente pescato una combinazione molto equilibrata di sapori che merita il rifacimento.
In questo c'è anche l'assaggio dei miei amici-vicini che il giorno dopo sembravano aver gradito ma soprattutto li ho incontrati in strada ragion per cui il famoso Bimixin comprato per qualsiasi evenienza di primo soccorso (quando sono parte integrante dei miei piccoli esperimenti) l'ho lasciato intonso nella sua scatola :P
Scherzi a parte l'invito a provarla è sentito davvero.
Con le dosi sotto indicate a me sono riuscite due torte chiuse da 20 cm di diametro ed una sempre da 20 cm "aperta".
La versione "cabrio", infornata pur di non buttare l'impasto era anch'essa commovente. Sotto ne trovate una foto.
Nota
La scelta di una briseè molto povera di burro (210 gr. di burro su 500 gr. di farina) rispetto a quella usata per la preparazione di riferimento (250 gr. di farina e 250 gr. di burro) ha avuto come ogni cosa un aspetto positivo ed uno negativo. Il minor tenore di grassi ed il fatto di aver steso la pasta sottilissima ha infatti reso la base del pie più vulnerabile alla parte liquida delle mele. Nel girare la torta infatti dopo averla lasciata per un giorno nello stampo sotto questa si presentava trasparente e umida al limite. Se non fosse stata così povera di burro e quindi maggiormente elastica e meno frollosa probabilmente si sarebbe anche rotta con uno spessore simile (ecco il lato positivo) reggendo invece senza problemi sia nel passaggio stampo-piatto sia quando è stata porzionata.
La prox volta sigillo meglio con marmellata oppure provvedo con un numero maggiori di amaretti.
Questo per completa trasparenza è stato anche oggetto di condivisione anticipatamente con lo ZioPiero il quale notava l'umidità sotto il dolce e voleva capire se era invece un problema in cottura.
Va da sè che spero di non esser stato convincente perchè non è quello lo scopo ma solo di avervi reso il difetto del tipo di pasta usata. A parte questo un grazie va allo ZioPiero senza il quale la presente nota non ci sarebbe stata.
L'apple-pie mandorle&zabaione allo sciacchetrà partecipa all'MT Challenge di MenuTuristico vinto il mese di Settembre da Anna Luisa e Fabio del blog AssaggiDiViaggio ai quali si deve appunto il tema della NY ApplePie :)
La ricetta invece è il collage delle due originali con le mie relative modifiche:


Apple-pie mandorle&zabaione allo sciacchetrà

Ingredienti per la pasta
500 gr. di farina 00;
210 gr. di burro;
20 gr. di zucchero a velo;
1 tuorlo di uovo medio;
200 gr. di acqua fredda;
1 buccia di limone (grande) grattuggiata;

Preparazione
Per la pasta briseè "dolce" procedo con la tecnica della sfarinatura appresa da mia madre ma che trovo descritta in modo ottimale e praticamente identica sul sito di Gennarino e di cui vi riporto i passaggi chiave modificati per alcuni piccoli cambiamenti da me:
1) Prima di tutto, preparare il burro. Con l'aiuto di un coltello piuttosto grosso, tagliarlo prima a bastoncini (grandi, se possibile, poco più di un fiammifero)...
2) ...e poi a dadini ed unirlo alla farina, la buccia di limone grattuggiata e lo zucchero a velo;
3) Il burro va poi sfregato tra i polpastrelli, con un movimento delle dita simile a quello con cui si indicano i soldi...
4) ... , in modo da ottenere uno 'sfarinato' grumoso. Aggiungere il pizzico di sale e mescolare ancora.
5) Allo sfarinato cosi' ottenuto, unire il tuorlo aggiuntivo e l'acqua fredda in più riprese ed impastare velocemente.
6) Formare quindi una palla, avvolgerla con una pellicola trasparente senza PVC e farla riposare in frigo. Io l'ho lasciata una giornata intera.
Inburrare ed infarinare gli stampini, stendere la pasta quanto più sottile è possibile e poi ritagliare dei triangoli di pasta che avvolgerete intorno ai conetti tagliando a seguire la pasta in eccesso alla base.
Cuocere in forno a 180° per non meno di 25'. A partire dal 10' girarli ogni 3-4' senza procedere come ho fatto io che per la foga del cambio di posizione li ho ruotati a mani nude ustionandomi i polpastrelli cantando a seguire varie arie dell'Aida e del Rigoletto.
Dopo il canto e le medicazioni necessarie mi sono dedicato anche alla farcia.

Ingredienti per la farcia
6 Uova;
150 gr. di zucchero;
200 gr. di mandorle (pelate e tostate);
Sciacchetrà 1/2 bicchiere (alternativamente vino aromatico per dessert)
2 cucchiaini da caffe di estratto di vaniglia;

10 amaretti;
4 mele sode;
3 cucchiai da cucina di zucchero;
succo di un limone medio;

Preparazione
Montare i tuorli con lo zucchero(150 gr.), aggiungere poi le mandorle tostate tritate finemente, lo Sciacchetrà e la vaniglia. Montare gli albumi ed unirli con delicatezza al resto senza smontarli facendo i classici tagli verticali con una spatola.
Parallelamente sbucciare le mele a pezzetti e riporle in una ciotola con lo zucchero (3 cucchiai da cucina) ed il succo del limone rigirando il tutto in modo da uniformarne la distribuzione.

Assemblaggio
Nello stampo (imburrato&infarinato) foderato di briseè sbriciolare pochi amaretti sul fondo e continuare con uno strato di mele livellato all'occorrenza con il dorso di un cucchiaio.
Considerate che basandovi sull'altezza del proprio stampo lo spessore delle mele non deve mai superare 1/3 dell'altezza totale in modo da poter aggiungere con un certo agio la parte fluida di zabaione&mandorle che verrà poi a sua volta coperta da un disco altrettanto sottile di pasta.
Possibilmente sigillare i bordi e bucherellare il disco di copertura con uno stuzzicadenti formando dei raggi.
In forno preriscaldato in ripiano a media altezza a 170° per circa 50-55' in virtù ognuno del proprio forno.
Non esiste un consiglio per assaggiarla, va da sè che è già buona appena fredda, ancor più nei giorni a venire, finanche leggermente intiepidita. Da solo e non scherzo in 30' fetta dopo fetta ne ho mangiato una metà intera sotto lo sguardo irritato della mia ragazza che mi minacciava dicendo:"...se poi come al solito ti fai del male da solo...non provare nemmeno per scherzo a lamentarti!..." :P ahahhahahahahhha











mercoledì 13 ottobre 2010

Cappletielli mandorle e mele














Il percorso fatto la mattina coincideva per almeno 300m. ma in quel pezzo di marciapiede puntualmente ci incrociavamo sempre. Io accompagnato a scuola dal portiere, lui in procinto di aprire il negozio. E'così che l'ho visto la prima volta ed è così che l'ho (ri)visto negli anni a venire quando crescendo con la memoria l'ho definitivamente fissato come si può fissare un personaggio sulla scena di una rappresentazione teatrale che nella fattispecie coincideva con la storia ed i protagonisti del mio quartiere.
Negozio di bottoni in primis, piccola merceria a seguire. Dagli elastici per mutande e pigiami alle spolette di nastri di raso multicolore, dalle spagnolette di cotone alle lampo. Vetrina minuscola a più ripiani con il lato lungo in altezza. Al negozio si accedeva salendo uno scalino alquanto alto e dall'altezza irregolare che andava a pareggiare di fatto un tratto di strada in quel punto decisamente in pendenza.
Dentro, un locale stretto quasi soffocato da un maestoso mobile di legno grande quanto la parete, fitto di cassettini quadrati regolarmente disposti a comporre una scacchiera di mattonelle scure ognuna delle quali aveva nel centro un bottone di differente foggia e colore ad indicarne appunto il contenuto. Quelli non etichettatti con bottoncini o piccole fibiette erano altrettanto zeppi di multiforme minuteria, ai miei occhi tanto affascinante quanto inutile per gli ovvi interessi differenti.
Entrando, nell'attesa di ricevere quanto richiesto, nessuno riusciva a sottrarsi al fascino di quel piccolo cielo di bottoni. Tutti per qualche secondo si perdevano in quello sfondo illuminato da stelle d'osso, di legno, madreperla, plastica, metallo...
Lui invece. Scuro di carnagione, capello cortissimo quasi militare, poche rughe decise, occhiali spessi neri come sono di moda adesso ma non certo allora, zoppo ad una gamba che trascinava senza tonicità flesso sulle ginocchia puntando contro l'asfalto uno spesso bastone di legno che gli faceva da perno nell'atto del portarsi avanti. Occhi piccoli e castani, scarponi da lavoro di cuoio nero consumati fino al taglio sulla parte interna del piede che trainava, lucidi di fabbrica sull'altro lato. L'altra scarpa lisa in modo uniforme dal ruolo obbligato che le era stato dato di capofila apripista appunto.
Impossibile non notarlo. Vestito con camice a quadri di tessuto poco lavorato, lo ricordo sempre con lo stesso cardigan beige e con il giaccone impermeabile pesante blu apparentemente di qualche taglia più grande del necessario. Che io sappia è sempre stato una persona sola.
Raramente sono entrato con mia madre poi crescendo il più delle volte ci ero finito mandato dal pizzaiolo lì vicino a cambiare soldi. Era tipico infatti che noi ragazzini finito di giocare a pallone in una strada laterale alle spalle comprassimo le 'margherite' appena sfornate (da mangiare ancora bollenti piegate a quattro in fogli di carta grezza sul piccolo piazzale antistante) ma era altrettanto usuale che lo stesso pizzaiolo non avesse mai monete per il resto. Conoscendoci bene ci mandava quindi nella merceria a chiedere la cortesia del cambio di cinquecento, mille lire in spiccioli. Toccava spesso al più fesso del gruppo e cioè a me. Come tutti i ragazzi e non so se vale come giustificazione in quelle occasioni nemmeno ne incrociavo lo sguardo in quelle occasioni vinto dal timore di una diversità che ti rende cinico e scostante da ciò che non si riconosce famigliare. Solo il cielo alle spalle fissavo.
Eppure per strada la mattina andando a scuola era impossibile non seguirne il tragitto, la traiettoria ondulata tra le persone che sfilavano veloci accanto evitandolo per dargli maggior agio di movimento in un marciapiede che non bastava e non basta tutt'ora in larghezza ad una persona normale, schiacciato dai negozi alimentari già aperti e le macchine incastrate alla meglio sul lato della strada.
Quel saliscendi della sua andatura sincopata a trascinare la gamba piegata in due e puntellata da un bastone la ho davanti agli occhi come il replay incantato di un film.
Gli anni a venire non intaccarono minimamente quel negozio, ne le abitudini del suo proprietario, sempre identiche.
La vendita aggiuntiva di qualche maglioncino di lana e delle calze per uomo non modificò certo l'evidente anacronismo commerciale (e non) che era diventato. Quella piccola realtà nata come rivendita di bottoni era e restava una minuscola scialuppa di sopravvivenza tenuta a galla dalla forte tempra del suo comandante, forgiata dalla solitudine e solo in minima parte dal contributo concreto di quella parte di quartiere commiserante e commiserevole.
Lo sguardo che facevano i più al suo passaggio dipingeva nell'aria sempre lo stesso interrogativo"...ma non è meglio se chiude?...ma chi glielo fa fare in quelle condizioni?...".
Zoppo lo è sempre stato ma non certo per la gamba, forse era zoppo solo per solitudine quell'unica menomazione vera che gli dava anche la forza di alzarsi ogni mattina e sollevare la pesante sarracinesca della piccola rivendita...con il caldo e con la pioggia, con la febbre o in salute, con qualcuno al quale vendere o anche solo per testimoniare in modo silenzioso che in quella rappresentazione teatrale lui c'era e non si sarebbe fatto certo da parte.
Adesso non c'è più, ne lui ne la bottega, c'è una salumeria in quel cantuccio di strada. Quando torno a casa, ed è difficile da spiegare lo comprendo, io continuo a vederlo sempre in quei 300m, ondeggiare claudicante con la testa tra la gente verso un piccolo cielo di bottoncini colorati che da qualche parte, ne sono certo, c'è ancora.

Passiamo ora alla ricetta.
Per i partenopei i "coppetielli" sono dei foglietti di carta grezza ripiegati a conetto che la tradizione ha fissato come espediente indispensabile nel rituale del caffè con la macchinetta napoletana, secondo gesti e rituali che Eduardo De Filippo stesso ha ripreso per una sua famosa rappresentazione teatrale ("Questi Fantasmi"). I coppetielli però sono comunque stati sempre usati anche per il cibo da strada come contenitore improvvisato di zeppole e paste-cresciute fritte, per la frutta, castagne o carciofi arrostiti, ....
Per l'occasione ho ripreso quindi l'idea di coppetiello per declinare una briseè neutra, più leggera rispetto ad impasti similari che per versatilità mi ha ricordato appunto l'idea del coppetiello in cucina come una sorta di passepartout per assaggiare una mousse di mandorle e mele anch'essa non eccedente dal punto di vista zuccherino ma altrettanto interessante da provare come esperimento appunto.
Insomma qualcosa con il quale tentare una via nuova. La preparazione è molto al limite considerando che la base di partenza è l'apple-pie va da se che i Cappletielli alle mandorle e mele però suonano bene come strada alternativa un ottima occasione cioè per 'tentare'.
Dimenticavo, la mousse l'ho ripresa da Milena di una Finestra di Fronte, modificandola con l'aggiunta di mele disidratate e pareggiando la dolcezza con poco zucchero a velo. Lei, Milena, si che è da tenere in considerazione quando si decide di osare, con semplicità ma oltrepassando quella linea sottile che sono i nostri confini in termini di aspettative di un piatto.
A seguire quindi il dettaglio dei:

Cappletielli mandorle e mele

Ingredienti per la pasta
500 gr. di farina 00;
210 gr. di burro;
20 gr. di zucchero a velo;
1 tuorlo di uovo medio;
200 gr. di acqua fredda;
1 buccia di limone (grande) grattuggiata;

Preparazione
Per la pasta briseè "dolce" procedo con la tecnica della sfarinatura appresa da mia madre ma che trovo descritta in modo ottimale e praticamente identica sul sito di Gennarino e di cui vi riporto i passaggi chiave modificati per alcuni piccoli cambiamenti da me:
1) Prima di tutto, preparare il burro. Con l'aiuto di un coltello piuttosto grosso, tagliarlo prima a bastoncini (grandi, se possibile, poco più di un fiammifero)...
2) ...e poi a dadini ed unirlo alla farina, la buccia di limone grattuggiata e lo zucchero a velo;
3) Il burro va poi sfregato tra i polpastrelli, con un movimento delle dita simile a quello con cui si indicano i soldi...
4) ... , in modo da ottenere uno 'sfarinato' grumoso. Aggiungere il pizzico di sale e mescolare ancora.
5) Allo sfarinato cosi' ottenuto, unire il tuorlo aggiuntivo e l'acqua fredda in più riprese ed impastare velocemente.
6) Formare quindi una palla, avvolgerla con una pellicola trasparente senza PVC e farla riposare in frigo. Io l'ho lasciata una giornata intera.
Imburrare ed infarinare gli stampini, stendere la pasta quanto più sottile è possibile e poi ritagliare dei triangoli di pasta che avvolgerete intorno ai conetti tagliando a seguire la pasta in eccesso alla base.
Cuocere in forno a 180° per non meno di 25'. A partire dal 10' girarli ogni 3-4' senza procedere come ho fatto io che per la foga del cambio di posizione li ho ruotati a mani nude ustionandomi i polpastrelli cantando a seguire varie arie dell'Aida e del Rigoletto.
Dopo il canto e le medicazioni necessarie mi sono dedicato anche alla farcia.

Ingredienti per la Mousse di mandorle e mele
200 ml. di panna fresca;
75 gr. di mandorle pelate+ 30 gr. zucchero;
100 gr. di ricotta vaccina + 15 gr. di zucchero a velo;
1 cucchiaio latte;
40 gr. di mele disidratate tritate al mixer;

Preparazione
In primis ho frullato con un mixer le mandorle con lo zucchero lasciando tutto in infusione nella panna per due notti.
Ho quindi successivamente filtrato il bagno di mandorle ed ho montato la panna aromatizzata incorporando gradualmente anche le mele tritate;
Parallelamente si monta la ricotta con lo zucchero a velo ed un cucchiaio di latte. Si incorpora a seguire la panna montata con movimenti delicati. Si fa riposare il tutto in frigo per una mezz'ora.

Assemblaggio
Con una sach-a-poche ho farcito i conetti che ho lasciato in frigo per almeno un paio d'ore in modo da farli assestare per bene. La mia ragazza mi ha decisamente incitato a completare l'opera con una spolverata di cacao o semplicemente chiudendo con lo sfarinato di mandorle&mele disidratate avanzato e mescolato insieme. Non l'ho fatto perchè in tutta onesta volevo provarlo in versione nuda. Considerata la briseè neutra e la mousse delicata propenderei anche per una copertura parziale di fondente nero, necessariamente non lavorato con zuccheri aggiuntivi proprio per non tradire questa operazione di "sottrazione" che è stata fatta con questa piccola idea personale.
Questi Cappletielli mandorle e mele partecipano all'MT Challenge di MenuTuristico vinto il mese di Settembre da Anna Luisa e Fabio del blog AssaggiDiViaggio al quale si deve appunto il tema della NY ApplePie ed anche al contest "Inventa...mela"di ArabaFelice.
















martedì 5 ottobre 2010

Champignon ripieni scamorza e luganega














Fine della scuola elementare. Io e mia sorella due piccoletti pronti all'estate, finalmente le tanto sognate ed ambite vacanze!
Solo un ostacolo tra noi e i tre mesi di mare che ci restituivano alla città neri come il carbone e i capelli schiariti: il viaggio che ci separava appunto dalla casa presa in fitto per l'occasione.
Quello che per noi infatti era solo una "nottata" in macchina trascorsa a dormire, giocare, mangiare o ad implorare una sosta in piena autostrada per un bisognino non fatto 10 minuti prima all'autogrill per mio padre era invece la pianificazione dell'ESODO, una sorta di sbarco in Normandia al quale si dedicava come nemmeno Churchill aveva fatto molto tempo prima per l'invasione sulle coste francesi durante la SecondaGuerraMondiale.
La meta esotica e lontanissima era in Calabria, un paesino nella fattispecie affacciato sul mare, all'epoca preso di mira solo dal turismo 'famigliare' visto il deserto commerciale (in termini di divertimento) che regnava nei dintorni durante quegli anni.
I ragazzi preferivano altro ma noi eravamo piccoli e quindi era l'optimum.
A Gennaio si contattava con l'interurbana del mese il proprietario della casa e si prenotava il soggiorno dal quindici Giugno fino alla prima metà di Settembre in virtù di un calendario scolastico certamente più permissivo. "Erano altri tempi!" verrebbe da esclamare e se non fosse che l'affermazione mi fa sentire troppo grande la sottoscriverei anche :P
Da fine Maggio quindi mio padre era lì che cominciava a meditare con fare preoccupato non tanto sul 'dove' e sul 'quando', le cui soluzioni erano immediate quanto sulle modalità di quella dipartenza.
Il 'come' quindi la difficoltà in essere da affrontare.
La Opel Kadett C 1000 bianca che avevamo all'epoca non era una macchina ma una sorta di trattore in acciaio blindato. Adesso di simile ci sono solo i carriarmati.
Per chi non la ricorda non importa, basta immaginarsi però un sorta di tram dalla difficile messa in moto ma che una volta accesa era una nave non speronabile, un vero e proprio mezzo corazzato adattato all'uso spartano familiare. La sicurezza non era prevista a bordo perche l'unica cosa "insicura" era essere all'esterno di quell'incrociatore.
La messa a punto dell'auto era tuttavia un passaggio obbligato e non certo perchè non vi fosse manutenzione ordinaria ma quello era "il" viaggio e niente poteva essere bollato come scontato.
Si procedeva a seguire quindi al calcolo dei volumi e dei pesi ma soprattutto ci si apprestava a montare l'ultimo modello di portabagagli sul tetto dell'auto. Corde elastiche e funi di attraccaggio delle navi completavano il set per caricare la macchina in modo sicuro.
Il giorno prima della partenza era il fatidico D-Day. Nervi a fior di pelle, un milione di vaffa silenti dipinti sul volto rosso dalla fatica e dal sudore di mio padre. Portava tutto giù in garage e poi risolveva un problema di volumi, aerodinamica, densità e pesi specifici secondo per difficoltà solo all'irrisolta congettura di Riemann: rendere compatibili o "amici" una decina di metri cubi di masserizie di diversa natura con un cofano praticamente irrisorio ed una pur limitata bagagliera ancorata tuttavia al tettuccio dell'auto in modo sì solido da pensare anche di poterci costruire sopra un primo piano abitativo comprensivo di servizi igienici, terrazzi e zona notte. Una volte che si era posizionato tutto si procedeva quindi a fissare con funi e corde elastiche.
Piu volte abbiamo rischiato di perdere la vita nel tirare all'inverosimile quegli elastici, qualche altra volta invece siamo stati oggetto di studi emulativi da parte di analoghi vacanzieri in procinto di dedicarsi alle proprie salmerie stile emigrante.
E'pur vero che la macchina dopo, schiacciata dal peso della bagagliera "caricata" assumeva il profilo e l'assetto di una super-car, quelle appunto il cui fondo piatto è a meno di 5 cm dall'asfalto con il muso leggermente rialzato. Se la cosa suscitava stupore ed ammirazione nel bambino che ero, agli occhi di un adulto invece era rilevabile solo la muta preoccupazione per non dire paura, di quelle che si risolvono esclusivamente con una preghiera di devozione a Nostro Signore Gesù terminata con l'esclamazione:"...eh speriamo che Dio ce la mandi buona!...".
Per capire la portata di quel carico però è doverosa una premessa.
Durante la settimana che anticipava il D-Day infatti anche mia madre dava il suo decisivo contributo alla fase preparatoria.
Cominciava quindi solertemente ad impacchettare le varie stoviglie e non perchè non ne trovassimo nella piccola villettina presa in fitto ma senza quelle di casa, quelle con il fondo di 3 cm per intendersi, quelle che sembrano fatte di piombo, quelle che se cascano per terra ammaccano anche il pavimento di marmo, eh no senza quelle no!
E poi...le buste giganti da cappotto delle boutique della città, anche quelle cominciavano a proliferare nel corridoio riempendosi progressivamente di asciugamani, asciugamanini, accappatoi, lenzuola, copriletti, copertini, plaid di qualsivoglia dimensione e spessore...andavamo al mare è vero ma vuoi mettere se per un giorno avesse dovuto fare più fresco o addiruttura piovere...la copertona di lana quella doveva esserci, per sicurezza certo, ma non se ne poteva fare sicuramente a meno!
Non mancavano quindi le valigie personali con biancheria intima ed indumenti in quantità e di varia stagionalità da poter 'coprire', senza acquistare altro anche il più rigido inverno in montagna. Insomma dal costume al maglioncino di lana, forse solo i guanti mancavano.
Gli ultimissi giorni prima della partenza appariva magicamente anche lo scatolone con le provviste di prima necessità. Se fossimo andati nel deserto forse forse...ma la ragione imponeva che con dei ragazzini la prudenza non fosse mai troppa. Ecco quindi la scorta di olio extraverginedioliva, quello buono che se ci fossimo portati un paio di ulivi secolari la cosa sarebbe stata più agevole, la cassetta di legno con dentro i pelati SanMarzano preparati in casa perchè senza quelli che sughi avrebbe mai potuto cucinare mia madre nonchè la scatola con i detersivi, quelli ad-hoc per sgrassare, pulire e disinfettare e poi a seguire svariati barattoli home-made (confetture, conserve, biscotti, taralli, qualche bottiglia di vino...).
Certo non mancava la busta con i giochi. Per la verità anche quelli li portavamo tutti compresa la collezione di palle, palline e palloni che avevo io. Sola eccezione il camper di Barby di mia sorella che al momento della partenza era l'unica cosa forse che restava in casa insieme a pochi mobili, alle enciclopedie ed a qualche vecchia bomboniera sulle mensole.
Si dice che una estate ci fossimo portati anche i comodini ma forse quella è veramente solo legenda.
Fatto sta che una volta trovata quindi la quadratura al cerchio, la notte stessa del D-Day si partiva.
Sì, ho detto si partiva ma non mi riferivo solo al mio nucleo famigliare o a parenti disclocati per le vacanze nello stesso luogo ma al fatto che realmente si partiva 'tutti', noi e 'tutti' quelli che come noi avendo i figli più o meno piccoli preferivano le ore fresche per farlo. Occhio e croce alle 2:30-3:00 ci si trovava realmente 'tutti' e per tutti intendo proprio 'tutti', all'ingresso del casello della tangenziale e ci si lasciava solo dopo aver fatto, sempre 'tutti' insieme ovviamente, tutta la Salerno-ReggioCalabria a passo d'uomo, stringendo quasi per esigenza lungo il percorso le prime amicizie quelle che di solito si fanno i primi giorni di vacanza sulla spiaggia tra vicini di ombrellone ma che noi per contingenza anticipavamo anzitempo nella più evidente delle constatazioni che i "nostri" vicini di finestrino, sempre loro altro non eravamo che noi...più o meno le stesse famiglie, gli stessi valori, le stesse priorità, le stesse "balle" raccontate quando si diffondeva volutamente la falsa notizia che partivamo ad ora di pranzo...le stesse estati serene da condividere in riva al mare.

Passiamo ora alla ricetta.
Il piatto presentato l'ho provato per la prima volta questa estate e da allora l'ho rifatto più volte. L'ultima per mia suocera due sabati fà.
Penso che almeno come spunto vada tenuto in considerazione perchè rispetto a preparazioni analoghe risulta notevolmente più leggera (cosa che per una cena potrebbe rivelarsi un difetto visto che poi bisogna ricalcolarne il quantitativo per 'capoccia'!) per via di un piccolo accorgimento sulla scelta degli ingredienti :P ehehehehe
Il tipo di carne. Infatti in molti comprano le salsicce 'classiche' per poi sbiciolarle sui funghi. Ho preferito virare invece su un insaccato decisamente a minore contenuto di grassi la luganega appunto (acquistabile in alcune macellerie anche preparata con carni di pollo o tacchino, la denominazione similare in quel caso è un evidente abuso linguistico) con la seccatura aggiuntiva che preparare i cestini è leggermente più difficile, la luganega infatti va in aggiunta tagliata in piccoli cerchietti e quindi è più difficilmente manipolabile rispetto alla alternativa classica della 'sbriciolata'.
Come formaggio invece ho scelto la scamorza di bufala fresca perchè la sua base leggermente più acida è un ottimo 'gradino' per apprezzare meglio la luganega. Gli champignon quindi chiudono al palato senza mai risultare invadenti rubando la "scena" come potrebbero fare altrimenti funghi più decisi al palato.

Champignon ripieni scamorza e luganega

Ingredienti per 4 persone
8 funghi champignon grandi;
25 cm. di luganega;
100 gr. di scamorza di bufala fresca;
poco Parmigiano Reggiano;
un mazzetto di prezzemolo;
1 foglia di alloro secco;
vino bianco secco;
pangrattato (meglio quello fatto in casa a maggiore granularità);
olio evo;

Preparazione
Probabilmente la maggiore seccatura è nella pulizia dei funghi che deve essere fatta con una certa perizia per eliminare tutte le tracce di terreno. Una volta fatto si tagliano tutti i gambi (tenendoli da parte su un piatto asciutto) raschiando nel cappelletto con un coltellino qualora questi non venissero via con facilta con le sole mani (onestamente sono abbastanza rari i casi) creando quindi un incavo alquanto pronunciato.
A parte invece si fa rosolare in un velo di olio evo la luganega con la foglia di alloro. Appena si colora con decisione si aggiunge un bicchiere di vino bianco secco e si fà sfumare l'alcool procedendo poi a fiamma più tranquilla fino a completare la cottura. Una volta terminata si prende la sola luganega sgocciolata e la si riduce a piccole rondelline.
Nel fondo di cottura della luganega invece si fanno cuocere i gambi degli champignon precedentemente messi da parte aggiungendo qualora occorresse pochissima acqua calda.
Si procede quindi a riempire le cappelle dei funghi mettendo un dadino di scamorza sul fondo (io uso ridurla in lamelle in modo da sfruttare al meglio lo spazio e penso si capisca anche dall'ultima foto) dopodichè completo con i tondini di luganega e con poco pangrattato addizionato nel totale di un paio di cucchiaini di Parmigiano rasi. Non aggiungo olio e così come sono passo in forno (in teglia con cartaforno) preriscaldato a 180° statico per 30'-40'.
Con i gambi invece cotti nel fondo della luganega, li sollevo dall'olio di cottura e li frullo con prezzemolo e qualche pinolo (purtroppo ho dimenticato la foto con la ciotolina della salsa, ecco perchè non compare nel titolo...).
Quando i funghi sono pronti li servo condendo con un filo di olio evo a crudo sopra ed un cucchiaio della salsa sul bordo del piatto. Procuratevi anche un panello di pane cafone...credetemi...è necessario in questo caso ehehehehe
Dalle foto penso sia chiaro che i funghi restano belli umidi ma mai grondanti di olio, così come la crosticina che avrete sulla superficie sarà tanto più buona con un pangrattato fatto in casa e non con quello troppo raffinato (come granularità) che si acquista.
Un buon morellino di Scansano di media forza completa alla grande...anche se noi per la sera incriminata abbiamo optato per una birra tedesca di frumento :P per la serie...rustici fino in fondo! ahahhahhaaha :DD
PS
E'inutile dire che per la foto della sezione ho usato uno degli ultimi funghi...tra i più piccoli, sapientemente scartati nel porzionare inizialmente! Questo il prezzo da pagare ma suppongo che dalle prime istantanee si intuisca comunque la differente grandezza dei primi :)