martedì 21 giugno 2011
Gelato Nocciola e Pistacchio
Chi non ha mai avuto in età preadolescenziale il trauma dei sandali 'imposti' dai genitori perchè "...d'estate il piede deve respirare...", alzi la mano per cortesia, vorrei conoscerlo. La mia, è ammirazione ovviamente non soffro ancora di feticismo legato alle calzature dei piedi con effetti retroattivi ad un non più recente passato :P
Se mai qualcuno rispondesse all'appello però di certo non potrò associarmi virtualmente a questa categoria "protetta" dall'Unesco (per intenderci), quel sottoinsieme cioè di persone (il riferimento ai maschietti è implicito...) oramai adulte che non ha mai avuto la fortuna di indossare sotto forma di coercizione il classico sandalo francescano o qualche suo modello similare.
Ricordo con terrore l'arrivo della primavera e la fatidica frase, "...dimmi quando hai meno compiti che poi andiamo a comprare le scarpe...". Io volevo solo scarpe da ginnastica, quelle che usate un paio di volte per 'giocare a pallone' diventavano fonte inesauribile di effluvi erborinati in grado di risvegliare persone in coma profondo.
Lo sguardo pietrificato di uno pseudo allenatore di basket del quale frequentavo il corso nel doposcuola all'apertura dell'armadietto nel quale c'erano appunto un paio di scarpe (mie) adatte all'uso potrebbe essere chiarificatore. Fortunatamente non ci sono testimonianze visive della cosa sappiate però che insieme ad altri tre amici coetanei riuscivamo nel dopo partitella a ricreare con i nostri 'calzari alti' da pallacanestro le atmosfere delle grotte dove fanno stagionare i pecorini di fossa. La sensazione olfattiva la medesima con la sola differenza che il brivido di freddo non era dato dalla temperatura più bassa di un anfratto di alta collina ma solo dal fremito che precedeva il mancamento di pochi accorti avventori di quello spogliatoio di una scuola elementare.
A dieci anni il timido tentativo di ribellione nella scelta della calzatura estiva veniva prontamente soppiantata dalla indiscutibile motivazione della comunione. Santo cielo...vestito di un saio con i sandali ai piedi, una scena stridente degna di un film horror che quasi nulla ha a che vedere con il significato intimo del sacramento. Un viso di chiulo così ben incorniciato so che difficilmente riuscirò ad eguagliarlo malgrado i grandi sforzi fatti attualmente anche senza volere.
Se mi capita quindi di intravedere oggi in qualche Comunione (siamo in pieno periodo...) il soggetto Gambetto-style mi fa ancor più tenerezza (e purtroppo ne ho visti...), la mimica del corpo è li a simulare santità per la gioia del parentado e dell'insegnante di catechismo che il più delle volte sembra una regista invasata alla sua prima a Cannes, ma lui, si sempre lui con lo sguardo è desisamente altrove...magari al profilo facebook per sapere se la compagna di classe gli darà mai amicizia...se non ad elucubrare sul come passare il 'blocco' sul pc di casa per accedere a siti meno 'vestiti'.
Io all'epoca al massimo pensavo ai doppioni dell'album di figurine dei calciatori o a qualche gadget di un supereroe...
I sandali quindi come decisivo input per una recrudescenza decisionale adolescenziale che vorrà in seguito molti della mia generazione affidarsi negli anni a venire solo alle scarpe sportive chiuse in modo imperituro, senza nulla altro voler sentire, non a caso il mio primo paio di infradito (da spiaggia ovviamente) l'ho indossato per la prima volta in vita mia solo l'anno scorso. I più radicali invece dediti al culto degli anfibi tout court, io fortunatamente invece quasi etichettabile come moderato nel mio moto di protesta limitato alle calzature da basket o da tennis.
Eh si probabilmente quello è il primo punto di "rottura", si attraversa un periodo complesso e la chiusura nella plastica dava sicurezza. Certo forniva anche spunti notevoli in casa:"Mamma...perchè le scarpe di mio fratello puzzano di morto!", "Possibile che qui in zona ci siano problemi con le fogne o come al solito non hanno ritirato la monnezza?!".
"Ma sotto al letto di tuo figlio in quelle scarpe c'è qualcosa che marcisce?!", "Dottore ma è normale che un paio di scarpe ed un essere umano vivo, dico un ragazzo no, riescano a creare simili gas appestanti?", "Ma un paio di scarpe con i buchetti, proprio non li prevede questa disciplina?", "Ho deciso ti compro una scarpiera a tenuta stagna!"
La svolta, perchè di certo mai avrei rinunciato allo sport è avvenuta sotto l'insegna di talchi mentolati, quadrupli cambi di calzini e nell'acquisto del fatidico doppio paio, quello da gara (amatoriale) appunto da chiudere rigorosamente in sacchetti di plastica non traspiranti al termine della memorabile prestazione 'olimpionica' (come tutti, suppongo, sono stato attraversato da ottimistici deliri di onnipotenza sportiva...oggi curati con psicoterapia mirata...) e quello buono da indossare prima e subito dopo la gara con somma pace olfattiva di quelli che mi erano vicini.
Poi la scelta della piscina come soluzione radicale al problema.
Di certo quindi ancora oggi, quando vedo (come mi è capitato) i sandali francescani indossati da ragazzini dove è palese la loro non determinazione nella scelta mi percorre un brivido di freddo ...lo stesso brivido con annessa senzazione di vuoto d'aria che ho avuto un pò di giorni fa passando nei pressi di uno spogliatoio di una palestra per ragazzi...:)
Passiamo quindi alla ricetta.
Complice la mancanza di gelatiera studio da tempo come avere dei gelati accetabili fatti appunto a mano senza l'uso della tecnologia. Di certo l'uso del glucosio aiuta, però volevo qualcosa di più radicale per un risultato che tendesse ad un ottimale resa piuttosto che solo ad una soluzione alternativa&palliativa in mancanza del supporto tecnico. Ecco che mi sono dedicato ad un piccolo approfondimento della questione e delle metodologie adottate da veri appassionati di questo piccolo grande capolavoro artigianale che in Italia non ha eguali e quindi da rendiconti professionali fino al confronto con molte ricette presenti nei blog ho optato per una versione di gelato che al momento ha avuto consensi davvero inaspettati.
C'è da dire che in merito siamo parecchio esigenti a casa e quindi la cosa non mi ha aiutato a decidere facilmente. Poi la virata costruttiva. Ho trovato l'occorrente e complice la competenza di Lydia e di Giovanna che qui apertamente ringrazio (soprattutto di sopportarmi...) mi sono lanciato nel mio primo tentativo.
Va detta una sola cosa in merito al gelato artigianale fatto in casa riprodotto da me e qui riportato e cioè che fino a Sabato notte, anzi per la precisione Domenica mattina ore 2:40 AM, il mio gelato al pistacchio era concretamente uno dei più buoni mai assaggiati prima. Il podio però per il solo gusto pistacchio è andato perso nella circostanza per uno spettacolare gelato, ovviamente al pistacchio di Bronte, di Virò che mi ha fatto dono di un vero grande capolavoro di bontà home-made terminato per la precisione Domenica sera stessa malgrado il quantitativo facesse pensare ad una permanenza nel frigo di almeno tre quattro giorni.
Per la serie si impara sempre...ma in mancanza di Virò nelle vostre vicinanze vi prego di provare questo, facendolo senza saltare nessun passaggio riportato sotto perchè pur rischiando di essere ripetitivo è davvero frutto di un bel pò di riflessioni sull'argomento :)
A seguire la ricetta del gelato alla nocciola per quello al pistacchio procedere analogamente con la sola sostituzione della pasta al 100% come riportato sempre a seguire.
Gelato alla Nocciola ed al Pistacchio
2 tuorli di uova codice 0 (all'incirca 36-38 gr. spingetevi al massimo fino a 40 gr. non oltre);
30 gr. di zucchero;
20 gr. di zucchero invertito;
poco meno di 1 gr. di farina di semi di carrube;
200 gr. di latte intero;
200 gr. di panna;
50 gr. di latte scremato in polvere;
45 gr. di pasta di nocciola al 100% (45 gr. di pasta di pistacchio al 100%);
Preparazione
In primis ho montato i tuorli con gli zuccheri (zucchero e zucchero invertito) e la farina di semi di carrube.
Nel frattempo si portano ad ebollizione il latte intero con la panna, il latte scremato in polvere e la pasta di nocciola prestando attenzione che quest'ultima (di pistacchio nel caso dell'altro gusto) si sciolga in modo uniforme.
Versare questo composto attaverso un colino a maglie strette sulle uova montate mescolando con cura, mettere sul fuoco, procedendo a bagnomaria fino a che la temperatura della miscela non raggiunge gli 85°.
Immergere la casseruola in una bacinella piena di acqua e ghiaccio per abbassare velocemente la temperatura e continuare a mescolare con una frusta a mano in modo da accellerare la dispersione del calore. I professionisti usano l'abbattitore in modo da ridurre l'esposizione ad eventuali cariche batteriche acquisibili dal composto in questo stadio di particolare vulnerabilità a piccole contaminazioni ambientali.
Lavorare in ambienti puliti ovviamente è un prerequisito inscindibile per qualsiasi preparazione ed a rigor di forma in casi similari la considerazione è ulteriormente meno che mai marginale.
Ho quindi lasciato riposare il tutto in frigo per 5 ore (coperto con un foglio di pellicola ben stretto sul margine superiore della ciotola di vetro che ho usato per l'occorrenza) prima di setacciarlo nuovamente con il medesimo colino a maglie strette nel contenitore che poi ho portato nel freezer.
Un gelato è degno di essere chiamato tale se incorpora una percentuale di aria all'incirca del 30% (non oltre ovviamente) del suo peso motivo per il quale visto che il riposo e soprattutto i due passaggi nel colino tendono ad eliminare progressivamente l'aria inglobata dalla preparazione quando si montano i tuorli allora si procede in questo stadio con un paio di 'botte' impulsive di mixer ad immersione (non di più) in modo da compensare in modo euristico la mancanza ereditata nel processo che porta la miscela ad essere raffinata con i passaggi nel colino appunto.
Si mette quindi il preparato in freezer per tutta la notte.
Complice un frigorifero di non grande potenza (il mio) questo gelato può essere servito in modo davvero eccezionale per la resa cremosa nonchè del gusto portandolo fuori dal freezer stesso una ventina di minuti prima di servirlo. Se invece avete una buona resa del vostro reparto freezer prevedete una trentina di minuti.
Sulle note di assaggio c'è veramente poco da dire, mi sono commosso, facendoci pentire di averne preparato un quantitativo troppo misero per appagare la mia golosità.
Le foto non so quanto renderanno di certo questo sarà solo l'incipit di più massive produzioni...Virò permettendo ovviamente :P ehehhehehe
giovedì 16 giugno 2011
Gente del Fud
Sono lento, molto lento per certe cose.
Volutamente ho fatto passare un pò di tempo prima di mettere su carta gli appunti mentali presi nel corso dell'evento "Gente del Fud", alla ricerca di una valutazione che non avesse un valore emotivo transitorio ma che fosse invece improntato ad una continuità non solo affettiva che potesse acquisire poi un valore nel tempo senza perdersi banalmente con il passare dei giorni.
C'è da dire che inizialmente ed in totale cattiva fede pensavo che avrei scritto di questo fine settimana insieme alla Garofalo dividendo l'esperienza (sulla carta) formale con l'azienda madrina dell'iniziativa da quella più direttamente personale che invece mi vedeva per la prima volta allo scoperto con tanti appassionati che come me frequentano quotidianamente il mondo del food. Niente di più errato.
Io che conosco bene le feste di paese di provincia mi aspettavo tra l'altro che tanti bloggers insieme fornissero involontariamente la scenografia per la più classica delle celebrazioni di una certa piccola provincia, quella cioè del Santo Patrono. Suppongo l'abbiate presente tutti. Le luminarie per abbagliare, la preparazione silente ma frenetica dei giorni precedenti, chi si sbottona dicendo già che parteciperà e dove lo troveremo lungo il percorso, le vie che si riempiono di bancarelle di ogni tipo offrendo occasioni di aggregazione massive alternative, gli ospiti di rilievo che simuleranno una popolare semplicità, la scelta del vestito della Domenica per non sfigurare alla sfilata, poi la prova muscolare del giorno di festa. Il Santo portato a spalla, il sacrificio fisico di alcuni dello staff per l'inconscia devozione dei più, un atto di fede che si scioglie nel più pagano dei riti che vuole tutti in tiro, tutti a portata di occhi, tutti ad applaudire con le 'panze' piene e gli occhi lucidi, tutti coinvolti, rossi in viso, rapiti, entusiasti...
Finita la festa, ritirati i regali dell'occasione, posato il Santo sull'altare, nell'aria solitamente restano soltanto i chiacchiericci gossippari, gli sguardi ricambiati di stima e quelli più indagatori che non mancano mai, il sorriso di chi si (ri)conosce a distanza, un certo bagasciume (culturale) che fa sempre colore e le promesse di fine estate con gli indirizzi scritti freschi freschi davanti ad un bar sul mare con qualche progetto che rimane però in secondo piano.
Non è andata così nemmeno per questo, aspetti similari di certo si sono visti anche se solo in sordina, la differenza l'ha fatta fortunatamente il Santo Patrono anzi andando più nel dettaglio, il parroco che guidava il ritrovo dei presunti fedeli. Il curato di provincia solitamente per appuntamenti del genere veste tutti i paramenti d'occasione quelli che mettono soggezione e sottolineano la gerarchia, che creano il distacco con il comune volgo ma che sono quasi imprescindibili nella scenografia che vuole tutti a rivestire un ruolo predestinato da tempo. Questa volta il prete si è presentato invece 'spogliato', ha deposto (se mai le ha avute in certi ambiti...) le armi della forma ed in bermuda, infradito e t-shirt ha guardato le persone in faccia.
Colpo ad effetto da marketing avanzato studiato in qualche università privata a pagamento?...macchè si è presentato con la sua famiglia. Questo uno dei veri punti di rottura.
Ora non è che un parroco spogliato faccia notizia oggi, la verà novità invece è stata quella di non proporre una fede commerciale dogmatica, accettabile in base ad un concreto do-ut-des quanto la condivisione di un progetto, di un piccolo grande sogno, dove il curato ha il merito di metterci per intero la propria faccia.
Il carisma è una dote che di certo non manca al nostro parroco ma quello che ha fatto presa su di me è la scelta di non vendere niente, piuttosto ha illustrato come una convergenza di contenuti di grande respiro professionale potesse avere per discriminante di scelta una certa sensibilità piuttosto che la constatazione commerciale, un approccio emozionale da condividere, una onestà intellettuale di fondo che alla fine disegna in modo netto la Gente del Fud, persone dai dialetti differenti ma che scelgono la qualità, non facendo pesare il proprio lavoro, non vivendo il proprio ruolo come una competizione ma partecipando con la semplicità di un sorriso e di una stretta di mano, che è la stessa con la quale siamo stati accolti noi.
Per carità anche il curato avrà i suoi difetti, ma di certo difficilmente prima mi era capitato di sentirmi orgoglioso di una iniziativa similare, seguendo la scia di un disegno che è ben più di una chimera, dove la garanzia non l'ho avuta da una partnership altrettando importante o dal cadeau tecnologico che mi ha lasciato ad occhi pallati per più di una decina di minuti quanto da quella famiglia (quella personale e quella professionale...ognuno con il proprio ruolo) che erano un tutt'uno con questo progetto di rete neuronale della qualità, tutt'ora in fase di gestazione ma molto presto realtà.
Di mio sono per natura abbastanza freddo ma quando trovo persone con una identità famigliare ed etica ben precisa, che scommettono su qualcosa che è difficilmente valutabile in prospettiva, che sostengono le proprie intuizioni con passione e competenza, che ironizzano con intelligenza, concreti ed 'al dente' quanto basta senza mai risultare ne pesanti ne invadenti, proprio come la pasta buona che in un primo piatto di eccellenza si fa notare quel tanto che basta per evidenziare le note di pregio del condimento, esaltando l'insieme, non prevaricando, fornendo un denominatore comune di qualità...allora la scelta non è difficile.
Non penso in tutta onestà che il progetto sia così immediato ma quale processione con un Santo a spalla lo è. La garanzia per quanto mi riguarda è quel curato in bermuda con in braccio i figli e l'occhio di conferma rivolto alla moglie, appassionato della vità e della qualità a rappresentare come nessun ritrattista saprebbe mai fare...un ragazzo del Fud con tanta voglia di lasciare una bella impronta in quello che crede...
In questa combriccola apparentemente di insani...io ci sono.
PS
Ancora grazie a tutti quelli che hanno lavorato nel week-end per noi :)
martedì 7 giugno 2011
Torta allo yogurt fragole e limone
Quelli che...
...hanno sempre sperato che Christofer Cross con la sua barca a vela, cantando Sailing prendesse 'di faccia' un Faraglione...
...che colti in palese adulterio hanno serenamente asserito che si trattava delle nuova igienista dentale;
...che hanno votato Pisapia perchè hanno visto la Moratti ballare il Waka Waka...
...auspicherebbero volentieri ad un inedito ritorno del nostro premier nei panni di intrattenitore al piano bar...su un pescherecchio di profughi libici...
...che sognano Apicella insieme a Christofer Cross su quella stessa barca a vela...
...che vorrebbero che il principe Emanuele Filiberto di Savoia non facesse il naufrago pagato per l'Isola dei Famosi ma sulle coste tripoline...magari prova a tornare in Italia con Christofer Cross...
...sognano Montalbano come presidente del consiglio...
...come me ancora non vanno oltre 7-8 canali sulla tv pur avendone a disposizione qualche centinaio...
...immaginando un ipotetico non raggiungimento del quorum ai referendum del week-end prossimo producono energia eolica alternativa per il solo giramento di balle...
...regalebbero volentieri alla nostra 'ministra' dell'Ambiente un sex-toy non elettrico ma di plutonio in modo che prenda confidenza con il nucleare a prescindere...
...che vorrebbbero che il figlio di Carla Bruni nascesse di colore, per essere precisi con gli stessi lineamenti e lo stesso incarnato degli extracomunitari con permesso di soggiorno (e sottolineo con permesso) in fuga in Francia ma che il marito fa accogliere a manganellate dalla polizia, quando si dice nani con manie di persecuzione...
...pensano che l'Europa sia un paese unito e poi per una infezione alimentare più virulenta e pericolosa di altre assistono ad un passaggio del cetriolo tra nazioni indecoroso...
...proprio non hanno retto una recente cinepromozione che ha massacrato senza se e senza ma il disincanto malinconico di Monicelli...
...che quando vedono in libreria un altro libro di Moccia o del sempre sopra citato principe Emanuele Filiberto di Savoia hanno un attacco di colite 'impressionista' incontenibile...
...ripensando ad un vecchio detto toscano hanno capito che le donne (una buona parte) che hanno posti istituzionali nell'ambito del governo del fare hanno visto più soffitti di un imbianchino...
...non sanno che rifacendosi il naso perdono definitivamente un buon 10% del gusto...gonfiandosi le labbra riducono l'espressività, impiantando capelli moquette perdono autorità, "dopando" il walter (come direbbe la Littizzetto) dopo i 70 anni rasentano il patologico, plastificando l'etica legittimano l'indecenza...
...che stanchi della tv del dolore sfruttato e del cinico ed interessato giornalismo da 'ancient regime' sognano un plastico dello studio di PortaAPorta che racconti la storia dello stesso conduttore menato da tutte le sue vittime mediatiche, ospiti insulsi inclusi...
...osservando un nano con sindrome di onnipotenza sessuale, l'incredibile donna con gli occhi di Bamby, il pagliaccio dalla doppia faccia (ex attore di fiction), il poeta triste che declama la magnificenza dell'impero ed i crolli della sua vita, il gruppo di equilibristi chiamato "I Responsabili", il mangiafuoco padano con il figlio d'acqua dolce, le ballerine di varietà promosse ad artiste di copertina, l'incantatore di serpenti&giudici, la danzatrice nucleare del ventre, il fachiro che cammina sulle leggi dei tagli alla spesa, gli imbonitori dei TG...hanno pensato di assistere al circo ed invece era solo una diretta dal Parlamento...
...vorrebbero far passare questi referendum come inutili, nella speranza che i senza cervello siano anche senza memoria...spero invece se la ricordino a lungo questa data...
quelli che se riascoltano Sailing iniziano a sorridere senza un apparente motivo... :)
Passiamo quindi alla ricetta.
Nella firma della autrice (Una finestradi Fronte) alla quale l'ho 'trafugata' è insita la fattura della preparazione e la sua riuscita in termini di gusto. Ovviamente qualcosa ho variato ma non poteva essere altrimenti soprattutto sul piano alcoolico del dessert. Tornando invece alla mia torta va detto che può essere migliorata di gran lunga sul piano estetico. In primis il pandispagna andrebbe tagliato leggermente più basso (ma non troppo se non si vuole una difficile gestione delle fette da servire) in modo da avere una resa leggermente più ricercata. In realtà ho proceduto ad occhio ed è già un miracolo che con il coltello lungo sia riuscito a tagliarlo orizzontale ma soprattutto a non 'spuntarmi' qualche falange :P
L'altro post-it del quale tener conto invece per un rifacimento è che quando verso la crema di yogurt&panna nel cerchio da pasticceria questo deve essere leggermente bagnato con dell'alcool (limoncello o Cointreau) in modo da avere sui bordi in alto una migliore definizione (si può notare in qualche foto un leggero disavanzo nel perimetro superiore).
Detto ciò passiamo invece ai pregi della torta. Non è molto complessa e tutto sommato il bilanciamento dei grassi la rende molto leggera in quanto 250 gr. di panna in toto per uno stampo da 20 cm la rende decisamente abbordabilissima in termini calorici. Il vero punto di forza è la densità. Solitamente ho il terrore della gelatina, perchè non amo l'effetto 'Didò/Pongo' mentre invece questa crema risultava legata ma soprattutto soffice, piacevole al palato senza "resistenze" artificiali residue. Probabilmente il vero colpo di chiulo è stato l'aggiunta di liquore.
Indubbiamente anche la qualità dello yogurt fa la differenza non permettendo alla torta di avere un retrogusto stucchevole, tutt'altro. In merito all'argomento vi giro direttamente all'amico Gunther che in questi tre post di seguito linkati spiega bene:
1) Come stare attenti alle etichette comparando prodotti differenti (qui);
2) Come valutare alcuni dei dolcificanti adoperati (qui);
3) Come farselo in casa con delle ricette mirate (qui);
Ovviamente il grazie complessivo va a Milena per la quale in casa, tralasciando l'aspetto della sua competenza ai fornelli, nutriamo un particolare affetto :)
La ricetta originale la trovate qui mentre sotto il mio rifacimento
Torta allo yogurt fragole e limone (stampo Ø cm 20)
Base Pan di Spagna (stampo Ø 24 cm)
Ingredienti
4 uova codice 0;
95 gr. amido di mais;
95 gr. zucchero;
1/2 bustina di lievito;
1 scorza limone bio grande grattugiata;
Usando uova a temperatura ambiente, separare i tuorli dagli albumi in due ciotole distinte e montare i primi con metà zucchero. Successivamente montare a neve ferma gli albumi con l’altra parte di zucchero (capovolgendo la ciotola, questi non devono cadere) e unirli alla crema di tuorli. Unire le due preparazioni e montare ancora fino a quando il composto scriverà (sollevando le fruste, queste devono lasciar cadere dei “nastri” che lasciano traccia sulla massa). Aggiungere a pioggia l'amido, la scorza di limone, il lievito e rimestare delicatamente, dal basso verso l'alto per non disperdere l'aria incorporata, fino ad ottenere un composto omogeneo. Versare il tutto in una teglia imburrata e spolverizzata con farina bianca, quindi passare in forno per 40' (controllare la cottura con lo stecchino: infilzato nel dolce deve uscire asciutto ed inoltre il dolce deve staccarsi dalle pareti dello stampo). Sfornare subito, lasciare raffreddare per pochi minuti e sformarlo, capovolgendolo.
Relativamente alla cottura il mio ha cotto per circa 45' ma ovviamente qui entriamo nella questione dei forni diversi da casa a casa.
Per la torta tagliare la calotta sovrastante del pan di spagna e la restante parte dividerla in due. Una di queste tagliarla direttamente con il cerchio da pasticceria di 20 cm eliminando la parte residua (avendo appunto usato uno stampo di diametro di 24 cm) e bagnarla con 7-8 cucchiai di Cointreau e rivestire di un velo generoso di gelatina all'albicocca. Riporre il tutto in frigo per una mezzora in modo che il pan di spagna si assesti definitivamente assorbendo in modo uniforme il liquido.
Crema
250 ml di panna fresca;
170 gr. di yogurt greco bianco 0% grassi (+ 35 g circa zucchero)
125 gr. di yogurt al limone;
25 g zucchero a velo circa
5 fogli di gelatina (= 10 g) (Rispetto all'originale ho aumentato la dose perchè ho aggiunto alcool che tende ad ostacolare la maggiore compattezza della crema stessa);
3 cucchiaini pieni di limoncello (il mio è a 40 gradi);
Composta di fragole
160 gr. fragole;
50 gr. di zucchero;
succo di un 1 limone;
Per l'assemblaggio
marmellata di albicocche o di pesche (ideale la gelatina di albicocche);
1-2 fragole per decorazione;
Preparazione della crema
Scaldare 25 ml circa di latte e sciogliervi la gelatina preventivamente ammollata e strizzata. Montare la panna ed incorporare delicatamente lo yogurt (le dosi di zucchero per dolcificare panna e yogurt sono indicative, in quanto dipendono dal tipo di ingredienti utilizzati), aggiungendo alla fine la gelatina disciolta e quando il composto è leggermente più freddo anche i 3 cucchiaini pieni di limoncello in modo che la nota alcoolica sia poi dopo persistente. Prelevare lo stampo dal frigo, versarvi la crema così ottenuta e riporre nuovamente in frigo per almeno tre ore.
Composta. Lavare le fragole, privarle del picciolo, tagliarle a tocchetti e cuocerle con lo zucchero ed il succo di limone per circa 10’ o fino a quando il composto non diventerà gelatinoso.
Prelevare la torta dal frigo, sformarla e ricoprirla con la confettura, riporla in frigo e lasciarla assestare per un pò per darle omogeneità di temperatura. Decorare a piacere con qualche fragola.
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