lunedì 24 maggio 2010

Pitta piena di ricotta di bufala e zucchine














Il bar Umberto l'ho conosciuto molti anni fa quando ha cominciato a far parte per caso della mia giornata senza che me ne accorgessi.
Lo incrocio a piedi ad una ora dove il silenzio è una presenza piacevole, talvolta ingombrante.
Scritta nera luminosa in campo arancione, ingresso ampio, l'intera parete alla sinistra attrezzata con mensole regolari riempite di bottiglie di vino distribuite con simmetrie improvvisate.
Il banco pasticceria con tramezzini e lievitati dolci da colazione è di rimpetto con alle spalle due ripiani sfalsati i cui vuoti sono intervallati da confezioni di biscotti da tè e lattine sparse. In questo caso si intuisce che l'ordine è ricercato ma non sempre indovinato. Subito alla destra posto longitudinalmente alla parete a vetrina che dà sulla strada c'è il bancone, di quelli lunghi di una volta, d'alluminio, opaco. Sul retro le classiche mensole con i liquori, la macchina sbuffante del caffè, angoli dove sono poggiate arance, bicchieri e tazzine, in fondo a tutto la cassa, sommersa da castelli di gomme, caramelle, cioccolatini, biglietti gratta&vinci, ricavata in una ampia nicchia che fa anche da zona tabaccheria. Pochi tavolini dentro, altrettanti fuori sul marciapiede. Siamo in una strada laterale.
Quando la città si sveglia quello è un posto di serieB, fuori moda, surclassato dalle decine di bar a tema della zona, eppure prima dell'alba è "il Bar del quartiere". Alle 5:30 puntuali ci sono sempre le stesse due persone ad un tavolino. Il tempo ed il clima decidono solo se saranno seduti fuori o dentro, poi la scena è la medesima. Sulla sessantina entrambi, vestiti con giacconi di stoffa pesante, puliti eppur con aria ingrigita. Uno, presumo sia l'anziano proprietario, l'altro onestamente non saprei, forse un socio o semplicemente un amico. Sembrano entrambi usciti da una foto bianca&nera degli anni 70'. Davanti a loro una birra ed una tazzina di caffè. Non parlano mai o almeno non li ho mai sentiti nemmeno rivolgersi la parola. Scrutano la strada in silenzio, lasciandosi trasportare dai pochi rumori intorno o seguendo gli avventori di quell'unico angolo vivo di quartiere. Si potrebbe pensare che a quell'ora non ci sia nessuno. Niente di più errato. Con regolarità fanno colazione una coppia di addetti alla raccolta rifiuti dell'azienda municipalizzata. Parcheggiano il camion in doppia fila e con le loro tute fluorescenti lasciano scie veloci di luce nei rapidi passaggi dal mezzo al bar e viceversa, tra schiamazzi e risa ad alta voce. Poi ci sono due abitudinari abitanti della zona. Uno di questi in particolare d'inverno ha la macchina spesso parcheggiata nelle immediate vicinanze del bar, se non addirittura di fronte, per cui la mette in moto e senza levare le chiavi del cruscotto la chiude dall'esterno con il telecomando entrando a prendere il caffè. L'altro invece solitamente a quell'ora porta a spasso il cane. L'idea che mi sono fatto? Insonnia, quella piuttosto che gli impellenti bisogni di un beagle alquanto mogio.
L'uomo ed il cane entrano entrambi nel bar, sempre. In quelle mezz'ore apparentemente dimenticate dal tempo non ci sono divieti che tengano. Ad onor del vero mi sembra che diversamente non faccia differenza per quell'esercizio, questo infatti è anche il bar di Pierre e non mi meraviglierei affatto che i cani vi possano entrare senza divieto alcuno malgrado un cartello fuori solleciti a lasciare i quadrupedi legati ad un moschettone approntato all'esterno allo scopo.
Per soste rapide si sussuegono poi furgoni provenienti dal mercato, taxisti notturni ed infine sempre lui. Sulla cinquantina, guida una macchina furgonata e consegna lievitati dolci. Non per il nostro bar nella fattispecie ma per quello poco distante sul marciapiede di fronte. A quell'ora è chiuso e quindi lui lascia la cassetta di cartone fumante e profumato nel portone del palazzo vicino (ha le chiavi!), poi esce fuori, chiude e guardandosi attorno si concede una guardinga pausa da 'Umberto', un occhio al cucchiaino che gira lo zucchero, uno sul furgone.
Passo quindi io. Spesso ho il cappuccio nero del giubbino calato sulla testa, vuoi per umidità, vuoi per le mie orecchie deboli.
Le prime volte ero guardato con sospetto, adesso sono innocuo ai loro occhi. Sbucavo dal nulla e con passo nervoso attraversavo tutto l'esterno del bar.
In un paio di volte sono diventato un volto scuro ma sicuro. Nessuno si gira più a seguire il mio tragitto.
Ora faccio parte anche io di quella famiglia di un bar di serieB. Probabilmente sono un 'parente' lontano visto che vi sono entrato pochissime volte, eppure, sotto sotto, non mi dispiace quell'appartenenza silenziosa.
Quando mi è capitato di incrociare durante la giornata o nel primo pomeriggio gli stessi avventori del mattino, pur senza scambiare una parola ci siamo riconosciuti e contati, proprio come i membri di una stessa famiglia, persa e ritrovatasi per caso.
Una famiglia di serieB, di un bar di serieB...di una strada laterale.


La ricetta che vi mostro oggi è un rifacimento della Pitta fatta già qui, variando sul ripieno ma attenzione, attenzione, questa volta l'ho fatta con il lievito madre!!
Ebbene si, avendolo avuto regalato da mia cognata (ma solo dopo un sofferto si da parte della mia ragazza) e con varie sperimentazioni di lievitati similari alle spalle (che spero di condividervi a breve), ho deciso il grande passo, provare con il lievito madre.
Onestamente la pitta l'avrei rifatta lo stesso perchè è veramente troppo buona, va da sè che non sono mai incline alla ripetizione pedissequa per cui eccomi qui con la ricetta volutamente cambiata.
Ho optato per un ripieno morbido, umido, consistente quel tanto da avere la possibilità di fare le fette senza problemi.
La certa differenza rispetto all'impasto normale non si apprezza tanto il giorno stesso della preparazione quanto quello dopo. Si perchè se con l'impasto tradizionale si intuisce che la pitta è stata preparata con anticipo (vi assicuro che è minima la differenza) con quella con lievito madre sembra fatta il giorno stesso. Questo ad onor del vero la cosa evidenziabile, non oltre perchè parliamo effettivamente di 'virgole'. Probabilmente al terzo giorno lo scarto è maggiore ma non è mai arrivata tanto lontana...

A seguire la ricetta con i cambi apportati da me rispetto a quella preparata qui:


Pitta piena di ricotta di bufala e zucchine
300g. farina Manitoba;
300g. farina integrale Rieper '00';
150g. di lievito madre (di fresco rinfresco, profumato come yogurt);
400g. di ricotta di bufala;
1Kg. di zucchine romanesche;
2 cipolle di Tropea medio piccole;
200g. di caciocavallo a media stagionatura di ottima qualità (l'ideale è il provolone del Monaco ma suoi equivalenti vanno altrettanto bene);
60g. di Parmigiano Reggiano;
60g. di salame "Napoli" di buona qualità;
Olio extra vergine di oliva;
farina per la lavorazione;
sale;

Nota
Con queste quantità ho preparato due pitte in stampi da 18cm più un calzoncino

Preparazione pasta il giorno prima
Sciogliere il lievito in 400g. di acqua. Setacciate la farina in una ciotola grande di vetro, fate la fontana al centro, versate il mix di acqua e lievito e mescolate con la forchetta fino a quando la farina non avrà assorbito tutto il il liquido; aggiungete 10g. di sale sciolto in due cucchiai d'acqua e due cucchiai d'olio. Trasferite la pasta alla quale avrete fatto assorbire grossolanamente i liquidi appena aggiunti, sulla spianatoia infarinata e lavoratela fino a quando si staccherà senza fatica dalla spianatoia e sarà morbida ed elastica. Mettetela in una capiente ciotola di vetro unta con un filo d'olio, copritela con un canovaccio umido e lasciatela lievitare per 12-16 ore in frigo sul ripiano delle verdure.
Preparazione ripieno
Lavate le zucchine e ridurle a rondelle .
Sbucciate le cipolle, tagliatele a fette sottili, fatele stufare dolcemente in una padella con 3 cucchiai di olio per 15' a fuoco basso, poi alzare la fiamma con decisione ed aggiungere le zucchine. Saltare fino a quando non sono belle colorite, aggiungendo solo alla fine il sale in modo che non perdano più acqua del dovuto, restando ben cotte sull'esterno ma anche corpose.
In una ciotola di vetro quindi mettere le zucchine, aspettando che siano fredde ovviamente, poi la ricotta e mescolando con delicatezza aggiungere il caciocavallo fatto precedentemente a dadini, il salame cubettato piccolo, il Parmigiano Reggiano e un cucchiaio di olio evo.
Preparazione pitta
Dividete a questo punto l'impasto lievitato in 4 parti uguali, stendendola in altrettanti dischi.
Mettete un disco di pasta nei due stampi rivestiti con carta forno, facendolo risalire lungo i bordi e distribuite sul fondo il ripieno preparato. Cospargete la farcitura con poco Parmigiano, conditela con un filino d'olio appena e copritela con il secondo disco di pasta ribattendo i bordi per sigillarli.
Mescolate poi 5 cucchiai di olio evo in una ciotola con 50g. di acqua ed un pizzico di sale, spennelate l'emulsione ottenuta sulla superficie delle pitte e cuocetele in forno già caldo a 200° per 10' poi abbassate la temperatura a 180° e proseguite la cottura la cottura per altri 30'-35'. Servire la pitta tiepida tiepida oppure fredda...non fa differenza è buona sempre :)))



lunedì 17 maggio 2010

Muffins al cioccolatino "nudo"














Ogni giorno se ne inventano una.
E' una sottile penitenza invasiva, fisica, a volte mediatica e se in alcuni casi ha anche un buon fine e serve a porre l'attenzione su temi altrimenti poco visibili in altri invece è solo una seccatura comunicativa che induce quattro politici 'convinti' o l'associazione di turno a far cassa con l'iniziativa folcloristica ma di spessore intellettivo formalmente (ma solo tale) non trascurabile.
Oramai anche queste manifestazioni hanno tutte la stessa architettura. Puntano sullo stile minimal-approssimativo che induce all'approccio affettuoso, a stringere le distanze con gli avventori chiedendo fondi in cambio di cadeau-simbolo idealizzati che giustificano il contributo richiesto.
Parlo della "Giornata del...". Si perchè che abbia una portata nazionale se non addirittura mondiale ogni giorno in qualche modo veniamo a sapere nel modo più disparato possibile, ma non per questo non serioso e meno convinto, che oggi è la giornata mondiale...della lentezza o del teatro, della poesia o dell'acqua, della terra o delle energie rinnovabili, dei gatti o dei cani, dell'alimentazione o della sostenibilità agroittica, del commercio equo&solidale o dell'artigianato...dell'intestino pigro o di quello irritabile, della tazza o del bidet...
Io ogni volta senza nemmeno ascoltare il tema del giorno tra me e me esclamo sempre: "Che palle!!".

So di essere passibile di giudizio, nella fattispecie almeno di superficialità ma in questo caso voglio correrlo tutto il rischio.
Perchè è facile ricordare che sono tutti temi più o meno seri se non addirittura dolorosi, qualche volta anche legati ad una maggiore introspezione o ad un modo di fare divulgazione informativa più incisivo, vedi ad esempio la giornata della memoria, quella della gioventù, quelle destinate alla prevenzione di mali incurabili o quelle per alcune malattie rare il che di per se le giustifica tutte...ma a lungo andare ho l'impressione che si stia annacquando un pò troppo il brodo trovando in questa forma di comunicazione sociale il modo per batter cassa facendo leva su quello che il buon senso ravvisa come giusto e pulito. Questo anche per temi la cui drammaticità è solo presunta da dati la cui provenienza è paragonabile per credibilità alla fonte leggendaria del cugino, del tipo appunto:"...ha detto mio cugino...".
Senza accorgermene prima ho adottato parzialmente lo slogan di una altra associazione (giusto e pulito) ma in questo caso non v'è alcun riferimento voluto se non per l'uso condiviso di un paio di aggettivi non sostituibili con altri sinonimi.
Si, perchè la macchina organizzativa della cosiddetta "Giornata del..." basa puntualmente l'evento su un claim identificativo che per convenzione è valutabile come "giusto", dando di se quindi, di riflesso, una immagine pulita e chiara. Nel caso di quelle campagne informative-interventiste a carattere nazionale poi si assiste al cosiddetto incontro con il pubblico nei vari chioschi approntati in tutte le piazze delle città arruolando all'occorrenza, per gli staff coinvolti, anche minori e bambini.
Tutto bello, tutto bellissimo, tinte pastello, sorrisi distesi, palloncini e clowns, altruismo preconfezionato venduto a fette, buonismo monoporzione in carta riciclabile impilato in cassette di polistirolo non biodegradabile che a fine giornata darà vita alla torre di monnezza più alta della città. Questo quando ci imbattiamo nel presidio di turno. Peggio ancora in televisione o attraverso la carta stampata dove il tono usato è di quello che ti fa sentire in colpa di non averlo saputo prima, di non averlo mai sospettato che l'associazione Cip-end-Trip ha bisogno di fondi per dimostrare che gli sciacquoni dei nostri water fanno uno spreco indicibile di acqua mentre da qualche parte nel mondo si muore per l'aridità del terreno.
Ed allora che si fa quando li si incontra nella piazza più trafficata del proprio quartiere con in mano un aggeggino dimostrativo per raccogliere, filtrare e riciclare l'acqua piovana...ovvio si fa la donazione fissa di un tot di euro, si riceve in regalo lo stupido manufatto, memo della buona azione fatta poi si torna a casa e per 15 giorni di seguito qualcuno (e non scherzo) che fortunatamente non sono io fa anche tutte le conseguenze di quel mini-lavaggio-del-cervello che ha subito nel frattempo.
Eh si perchè c'è anche stato chi, avvilito dal fatto che ha saputo che sul pianeta noi abbiamo l'acqua ma altri due miliardi di persone no, è passato direttamente (e temporaneamente) alla fase operativa e cioè:
- il discarico del WC lo tira in modo oculato non più di una paio di volte al giorno incurante del fatto che il proprio nucleo famigliare è composto da 4 persone di cui due ragazzini molto attivi sul piano alimentare (non dico altro) senza percepire quel leggero degrado igienico che vive il suo bagno da quel momento in poi, puntando nel tempo a somigliare alla più famosa fogna di Calcutta di leggendaria memoria...
- ha ridotto il numero di docce incrementando parimenti l'uso di deodorante per coprire quel delicato afrore di capra che emana non accorgendosi però che le verdure biologiche con ancora gli insettini attaccati sulle foglie che fanno tanto très-chic comprate al triplo del prezzo dalla cooperativa bio di turno a Km0 (in cassette di plastica bio-eterna piuttosto che degradabile/riciclabile) le continua a lavare, ma meglio sarebbe dire 'a lasciare', sotto il getto d'acqua corrente potabile per ore ed ore...perchè se fa trendy tornare a casa con la lumachina sull'insalata fa altrettando schifo trovarsela nel piatto.
Ci sarà quindi chi mangerà una insalata con la coscienza pulita, i servizi al limite della ispezione dell'ufficio di igiene ma con un meraviglioso suppellettile tristanzuolo sulla mensola a ricordo della intrapresa strada del consumo consapevole delle risorse del nostro pianeta. Tra un pò ci sarà la giornata delle energie alternative...non oso immaginare se quella stessa persona penserà di alimentare la tanto cara e trendy stufa a pellet con gli escrementi delle mucche...che poi vallo a comprare in città il letame! Sorry dimenticavo che le aziende bio a Km0 consegneranno anche quello se verrà chiesto...
Ovviamente non sempre è così e non tutte le associazioni che si fanno carico di iniziative simili sono uguali. In questo marasma rievocativo ed evocativo lo spunto decente lo si trova sempre basta far solo attenzione se si sta "acquistando" delle pigne per evitare la scomparsa della tigre siberiana (ammesso che si stia estinguendo eh) o per sovvenzionare la ricerca sul morbo di Alzheimer.
A prescindere le ovvie e stereotipate riflessiono in merito...quando sento o vedo le medesime iniziative, io, continuo a ripere anche ad alta voce:"Che palle!!".

Firmato
Uno che ha comprato quasi tutte le 'arance della salute' per la lotta al cancro, quasi tutte le 'mele per la vita', le gardenie per la sclerosi multipla, le stelle di Natale per la lotta alla lucemie e al mieloma...le...ed ancora le...

Adesso passiamo alla ricetta, muffins dolci. Ebbene si un evergreen già proposto che qui non trova spunti degni di nota se non nel fatto che sono stati un ottimo mezzo attraverso il quale riciclare alcuni cioccolatini "nudi" (si chiamano "nudi" dalle nostre parti i cioccolatini artigianali) regalati avanzati. Questi di fatto stazionavano da tempo nella loro fascinosa scatoletta ma non tutti erano stati mangiati soprattutto per non caricare un fegato già provato di per se da vere e proprie "scorribande" di dolciumi. Non aggiungo grandi particolari, solo che oltre a quanto avevamo già preparato per noi la scorsa settimana (un rifacimento non fuochi d'artificio eh...), mia madre ci ha anche portato la sua pastiera, quella che a Pasqua per vari motivi non eravamo riusciti a mangiare. Volete che "figliuzzu" non mangi la pastiera per un anno rischiando di deperire di 4-5 milligrammi...non sia mai detto! :P In effetti la temperatura esterna ha contribuito non poco a lasciarla in tema malgrado il calendario dica Maggio. In questo clima di sacrificio da dolci quindi non potevano non prevedere il restyling in nuova veste di questi cioccolatini di qualità abbandonati per un pò. L'idea, ad onor del vero l'avevamo già, la conferma di analoghi procedimenti quale quello dell'ottimo ZioPiero l'hanno solo ulteriormente confermata. Il risultato spero si intuisca dalle foto.
Nota
La foto del muffin sezionato aveva come cuore un cioccolatino alle noci con tanto di gheriglio appunto al suo interno. Quelle spezzettate sopra invece le abbiamo aggiunte noi per rimanere in tema.
Dimenticavo una cosa importante...la mano che li ha fatti non è la mia ma quella della mia ragazza :)
In ultimo va detto che la semplicità di esecuzione ed il cuore morbido ne garantiscono il successo. Tra l'altro non sapendo quale cioccolatino vi capita dentro (per noi solo quelli alle noci erano riconoscibili)...avete sempre l'alibi per dire:"...ma nooo questo al caffè non è che sia proprio il mio preferito, quasi quasi provo quello che mi ispira di più...".
Muffins e cioccolatini avanzati in men che non si dica saranno un ricordo :)

Muffins al cioccolatino "nudo"




Ingredienti
- 3 uova (Codice 0);
- mezzo vasetto (da yogurt) di olio di semi di arachidi;
- 1 vasetto di yogurt bianco (è stato usato il Muller);
- 2 vasetti di zucchero;
- 3 vasetti di farina 00;
- 1 bustina di vanillina;
- 1 bustina di lievito per dolci;
- due cucchiai di cacao amaro per quelli scuri;
- Cioccolatini "nudi" misti al latte e fondenti(con nocciole, noci, al caffè, alla crema...);
- Granella di zucchero per decorare;

Preparazione
Si accende il forno a 180°, si preparano gli stampini da muffins imburrandoli e infarinandoli o rivestendoli con i pirottini di carta. Si mescola tutto nell'ordine indicato, in modo graduale, fino al completo assorbimento dell'ingrediente e si versa poi il composto negli stampi per 2/3 della altezza degli stessi meno poco più di mezzo centimetro. Si ripone il cioccolatino mettendolo con la sua base più ampia a contatto con l'impasto in modo che non affondi. Si versa ancora l'impasto sopra sino ad un dito appunto dall'orlo dei pirottini o degli stampini.
Sulla superficie dei dolcetti si aggiunge la granella di zucchero dopo di che si inforna per 20 minuti.



lunedì 10 maggio 2010

Involtini di sogliola al pesto di salvia














A volte ritornano.
Ebbene si. Ricordate quel fastidio all'orecchio di cui vi parlavo un pò di tempo fa...ecco...21 giorni dopo che nulla è cambiato sono tornato dallo scienziato di fama planetaria per la visita di controllo preventivata. La cura sin li seguita era stata da lui manualmente annotata con ricetta cartacea tipo pergamena (non scherzo) sulla cui intestazione mi ero accorto che tra i vari titoli faceva bella mostra di se anche una specializzazione in otorinolaringoiatria aerospaziale che avrei poi scoperto aver ottenuto negli USA (il sospetto che abbia lo stesso "peso" dei certificati di matrimonio a LasVegas ancora non va via...ma tant'è che non posso non piegarmi ad una evidenza di referenze formalmente schiacciante).
Appuntamento alle 18. Arrivo in anticipo di 30'. Mi accoglie sempre lei, la vispa "RitaLeviVallanzasca" (vi ricordo sulla sessantina anche se ancora non mi abbandona l'idea che ne abbia una settantina ma con qualche lifting...) oggi in tailleur con gonna al ginocchio, scarpe nere lucide con tacco medio tipo quelle da ballo professionistico (non saprei indicarvele in altro modo, hanno una fascetta a chiudere sul collo del piede) e sorriso griffato del miglior dentista del quartiere. Mi fa accomodare, chiedendomi di aspettare qualche minuto.
In tutta onestà questa volta avevo dato credito alla mia parte ottimista per cui ho camminato per la sala di aspetto ed il suo lungo corridoio antistante senza pensare ad eventuali azioni di ritorsione da apportare al patrimonio artistico in bell'esposizione nella casa come nella precedente occasione.
Avevo un unico pensiero...dire al 'GranDott.Lup.Mann.GranFigl.Esim.Corn.' che la cura prescritta non era servita a nulla. Finalmente entro. Mi accoglie alla porta stringendomi forte la mano sottolineando ironicamente il fatto che sono in anticipo. Si siede e con fare rilassato mi chiede 5 minuti perchè possa rileggersi quanto annotato su di me la prima volta. Poi fa cenno senza alzare lo sguardo di raccontare come stavo. Parto accomodante ma ritmato nei toni. Lui lascia fare per pochi secondi, intuisce dove vado a parare, inarca bonario le sopracciglie e mi richiama all'attenzione facendo riferimento in tono confidenziale al mio titolo di studio ("si è segnato la patologia o il mio curriculum su quel benedetto foglietto scritto a mano in caratteri cuneiformi?!?!"), mi sfoggia un 32denti con la stessa griffe della segretaria ed accenna rapido "Ho capito qui bisogna passare all'analisi strumentale!". Penso tra me e me:"Bravo, ha subito posto l'attenzione su altro...ci sa fare Dott.Gibaud!". Mi guida nel retrostudio e mi prepara ad un "timpanogramma" snocciolando le caratteristiche tecniche di questo esame funzionale dell'udito facendo leva sulle mie presunte&impolverate conoscenze universitarie di tutt'altro campo. In pratica l'esame misura la risposta dell'orecchio a differenti pressioni niente di trascendentale anche se me lo vende come tale. Il risultato a fine test sembra essere tutto sommato discreto, me lo mostra soddisfatto, contento più che altro di avermi zittito prima, ne sono certo oramai.
Mi infila a seguire due imbuti con rondelle nel naso, gira un pò di viti e comincia a guardarci dentro con una luce.
Beh avendolo pagato la scorsa volta che si becchi un pò di orrore mi sembra anche corretto, no?!
Se fossi abbronzato per espressione e per diametro raggiunto delle narici potrei facilmente ricordare la 'mamy' di ViaConIlVento.
Termina e torniamo quindi nello studio, ci sediamo, lui prende fiato, scrolla le spalle e "sale in cattedra". Con voce cadenzata quindi mi accenna alla diagnosi o meglio alle possibili e futuribili diagnosi. Parla per circa 15'buoni passando in rassegna tutte le possibilità e cioè partendo dal fatto che non dovrei avere nulla di grave (usa sempre e solo il condizionale) arrivando sino alla considerazione che forse dovrei ipotizzare "senza urgenza eh!" l'opportunità di operarmi al setto nasale. Mi riprendo dalla valanga di parole e comincio a fare domande in modo puntuale. Ad onor del vero risponde a tutto prendendo solo in alcuni casi le dovute distanze in modo professionale e "paragnosta", soprattutto quando gli interrogativi sono posti a cancellare i ragionevoli dubbi che il tempo condizionale impone per grammatica ancor prima che per intenzione. Do il meglio di me alla voce "simpatia&spaccamarroni" in pratica.
Poi mi dice "Adesso le prescrivo una cura di 30 gg".
Io ribatto con irritante cordialità: "Bene, come mai così lunga?".
Lui:"Potrei fare bella figura con lei è darle subito gli antibiotici...in pochi giorni risolveremmo anche ma preferisco stressarle le difese immunitarie, lei è giovane!".
In quel momento, vi assicuro, sono il ritratto puntuale di un anziano psicopatico il cui decadimento fisico è contrastato solo dalla forza di qualche neurone che fin li ha retto con dignità.
Rifletto per pochi istanti in silenzio (penso di aver fatto la faccia di uno famoso personaggio di Verdone che guarda il soffitto cercando uno spunto mentale che non arriva), conscio che quando ha detto che sono giovane mi ha preso letteralmente per il...ehm...latoB, saluto idealmente ma con affetto Alexander Fleming, mi convinco che le strade migliori sono quelle che passano per la sofferenza e ingaggio con il luminare un corpo-a-corpo dialettico per capire se la cura che mi sta scrivendo in quel momento su una nuova pergamena è ancora acqua&sale come la volta precedente.
Intuisco che qualcosa è cambiato perchè mi ha prescritto un medicinale cortisonico. Continuo a domandarmi dal punto di vista fisico cosa cambia in termini di impatto tra un antibiotico ed un preparato con ormoni (il cortisone appunto) ma mi rimetto al mio ruolo di paziente pensando:"...se lo ha detto lui che stappa anche tappi di cerume a 8000 metri dal suolo sui voli di linea e militari, forse anche sullo Shuttle...mi devo fidare, no?!".
Cedo dall'essere un educato trita-zebedei quando scorgo in lui una sorta di resa amichevole, ammiccante e sorridente. Mi fa alt con la mano infatti, mi lancia uno sguardo di sbieco da primopiano in TV e chiama velocemente "RitaLeviVallanzasca" sulla linea interna del telefono multi-lucine, esclamando "...mi raccomando che Mr.Gambetto non paghi...si si l'esame fatto...si...il timpanogramma per la precisione...".
A quel punto alzo le braccia alla Churchill in segno di vittoria, comincio mentalmente a cantare tronfio: "...uno su mille ce la faaaà!...ma come è dura la salitaaaa..." e così rapito dai miei freschi pensieri trionfanti escogito la fuga coccolandomi sulla congettura che forse ha detto che sono giovane perchè presumibilmente ha come punto di riferimento la propria segretaria "settantenne"&scosciata...
Poco dopo quindi infilo il giubbino e con tono che dal caustico ed elettrico ha decisamente virato sul gaudente confidenziale lo saluto deciso. Adesso sono il ritratto di un anziano felice al primo giorno di pensione festeggiato al circolo del "tres(s)ette" con in sottofondo "La Vie En Rose" !
Mi dice: "Mi chiami tra 20 giorni e mi faccia sapere, mi raccomando!".
Annuisco con la testa e guadagno radioso l'uscita. RitaLeviVallanzasca è li vicino, aspetta che chiudo la porta e poi nel disimpegno della sala di aspetto mi fissa con aria materna, arriccia le rughe ricordandomi un mocassino di pelle distrutto che avevo tanti anni fa e giocherellando con la penna sull'agenda aperta dice..."allora Sign.Gambetto senza esame sono...enta!".
A quel punto, pur essendo cosciente che lei nulla c'entrava...e che faceva solo il suo lavoro...ehm...è andato via l'audio canterino che mi aveva accompagnato fin li e sulla fronte è apparsa la scritta lampeggiante "Ma tu guarda questa baldracc...!!!".
Lei l'ha letta e cercando di sottrarsi a quel giudizio 'luminoso' ingiusto ed immeritato ma del tutto spontaneo, in cerca di un punto di "comprensione" che accorciasse le distanze con le mia persona...ha detto "...ma forse vuole la fattura per scaricarla?". La scritta a quel punto è diventata fissa e più luminosa, quasi abbagliante ne sono certo, nella più consolidata convizione che ero davanti a due geni...
Ho preso fiato ed ho detto ironicamenente ma con aria rassegnata e sconfitta pensando ad un 'lieve' recupero da 730:"Certo".
E'tornata un attimo seria, ha tirato fuori dal cassetto della scrivania LuigiSettantatresimo o giù di lì un blocchetto ingiallito e mi ha detto:"Può attendere che il dottore la firmi, forse ci vuole un pò...".
Io con le ultime forze ancora presenti dopo quel pluriabuso fisico ed intellettuale subito ho sussurrato inebetito e con sorriso demente: "Certamente...".
Nell'andare via, in un riavuto momento di lucidità ho mentalmente sperato di avere ancora l'occasione di tornarci perchè nel mentre la segretaria si faceva firmare la ricevuta ho anche deciso quali quadri mi porterò via la prossima volta!


La ricetta di oggi l'ha preparata la mia ragazza prendendo spunto dall'ultimo numero di Sale&Pepe (Maggio2010).
Due Venerdì fà, infatti, sono tornato a casa abbastanza tardi per cui alla cena ha pensato lei. Conscia di alcuni malumori condivisi ha pensato bene di variare il menù puntando su questo piatto-sorpresa che si è rivelato una chicca davvero da ripetere. Semplice nella preparazione ma insolito come accostamento almeno per me che sono di un classico piattume per certi aspetti. Meno male che al tocco di colore e brio ci pensa lei ;)
Risultato...seratina da ricordare con cenetta perfetta a farle da contorno :)
PS
Come sempre le mie scuse vanno per le immagini. Solitamente fotografo di mattina e quando c'è il sole ma questo piatto 'notturno' volevo comunque condividerlo per cui non avendo messo ancora in pratica gli ottimi consigli dello ZioPiero ed avendo anche in quella occasione una certa fame...la qualità delle istantanee si è rivelata ancora più scadente del solito :PPP
Spero che mi perdonerete e con l'immaginazione compensiate la scarsa tecnica fotografica.
A seguire la ricetta approntata.


Involtini di sogliola al pesto di salvia

Ingredienti per 2 persone:
4 filetti di sogliola puliti per bene;
4 fette di prosciutto crudo di Parma dolce (qualsiasi altro tipo di prosciutto altererebbe l'equilibrio del piatto);
12g. di foglie di salvia fresca;
20g. di Parmigiano Reggiano;
20g. di mandorle spellate;
una manciatina di pinoli;
Olio extravergine d'oliva;

Preparazione
Stendere le 4 fette di prosciutto, pulendole dell'eventuale grasso in eccesso. Adagiarvi sopra i filetti di sogliola.
Aggiungere a questo punto un velo di pesto preparato con le foglioline di salvia lavate, il parmigiano reggiano, le mandorle, i pochissimi pinoli e l'olio evo a filo (aggiustarlo di sale eventualmente).
La salsa deve mantere un granularità accennata in modo da non disperdersi in cottura. Questo, penso sia l'unico passaggio chiave della preparazione per cui andate ad occhio. Il vantaggio tra l'altro è che se ne possono ricavare anche delle simil-quenelle di accompagnamento. La ricetta originale infatti prevedeva vicino un purè di sedanorapa all'alloro che qui non è stato fatto per ragioni di tempo. Onestamente non se n'è sentita la mancanza.
Una volta arrotolate a mò di involtino (le sogliole nel prosciutto appunto) si passano quindi in 4 cucchiai di olio evo in padella a fuoco medio, girandole con delicatezza un paio di volte. In tutto non più di 10'di cottura. Servire calde.
Hanno un unico difetto, se proprio vogliamo trovarlo, finiscono troppo in fretta...ma quella è una altra storia :P
Una ultima cosa. Se volete anche essere esteticamente ineccepibili, gli involtini si prestano facilmente ad essere tagliati a rondelle per cui con pochissima dedizione riuscirete a tirar fuori una presentazione stellata...;)



lunedì 3 maggio 2010

Sbriciolato di Vanna crema e amarene














Ci sono degli amori che non hanno fine. Anche quando si intuisce che è necessario mettere un punto e ricominciare altrove c'è sempre quella piccola fitta allo stomaco che vi suggerisce nuovi alibi per non abbandonare al proprio destino ciò che il tempo ha privato di ogni significato, di qualsiasi forma accettabile. Le alternative (fortunatamente) non mancano ma la dipendenza maturata è anche più forte del carattere, di quello stesso carattere che altrove in situazioni e contingenze diverse mostra ben altra concretezza. Eppure quell'atto di resa cosciente in qualche modo rende forti, orgogliosi di una scelta controcorrente portata ben oltre il semplice buon senso. E'la manifestazione della parte più debole che abbiamo ma anche della nostra ostilità a non cedere al cambiamento. Fragilità e caparbietà insieme. Il giudizio o il suggerimento che da più parti arriva? Ininfluente ma non inascoltato.
Siamo insieme da circa 10 anni o poco più. Nessuna nota degna di merito sul come ci siamo conosciuti. Nessun colpo di fulmine. Ci siamo incrociati per caso, come per caso capitano le cose migliori nella vita ed è così che abbiamo iniziato a camminare insieme, ovunque. Nel quotidiano (almeno molto tempo fa), sempre in vacanza, sotto la pioggia, sulla spiaggia d'inverno, sui sentieri della costiera amalfitana, nei giorni grigi e nei miei primi viaggi quando la fiducia in ciò che mi avrebbe sorretto in modo stabile e senza indugio avrebbe compensato poi timori e incertezze fisiologiche di quelle prime esperienze da solo a molti km da casa. Parlo di un paio di scarpe, chiaramente. Non altro. Blue, modello da trekking, un tempo senza un graffio, morbide e resistenti ogni oltre immaginazione.
E'una vita che 'dovrei' buttarle.
Minacciato da più parti di farle sparire in mia assenza poi abbozzano tutte, forse per affetto verso quella mia coperta di Linus che nel tempo ha le stesse crepe del mio piccolo vissuto in questi due recenti lustri. Abbozzano tutte, si, non è un errore grammaticale quel genere femminile. E'di fatto riferito solo a mia madre, mia sorella e non da meno alla mia ragazza. L'intensità della minaccia è solitamente pari alla velocità con la quale bonariamente fanno 'scivolare via' l'episodio che le ha indotte a quell'ennesimo tenue, per quanto risentito, avvertimento. Una sorta di richiamo non dalla frivolezza estetica, tipica di talune tendenze social-politiche modaiole che della finta sciatteria di lusso hanno fatto un marchio (ahimè!), quanto un monito lieve a quel mio essere testardamente 'fedele' ad una forma che non necessariamente è assunta come contenuto all'esterno, tutt'altro.
Adesso le uso solo quando vado al mercato il sabato mattina, se piove e non ho impegni formali, quando porto la spazzatura nel cassonetto la sera e ne approfitto per fare 4 passi all'aria fresca, quando inconsciamente cerco in una scelta estetica personale lo spunto per riconoscermi senza grande fatica. E'ironica e volutamente paraddosale la constatazione del ricoscersi attraverso un paio di scarpe ma ha il suo intimo perchè.
Ho anche trovato chi dovrebbe in linea teorica sostituirle. Sono a casa, nuove, o meglio comprate l'anno scorso ma quasi mai indossate.
Viene da ridere al solo pensarci ma in fondo la "normalità" passa anche per questi vezzi irrazionali ed io nel mio piccolo non faccio eccezione...almeno fino a quando le tre valchirie me lo permetteranno ovviamente! ;)

PS
Sarei curioso di sapere adesso le vostre "scarpe" quali sono...così da non sentirmi troppo "solo" :P

La ricetta di oggi è "una ricetta di famiglia" e non perchè in giro non si sia mai vista, tutt'altro però è quella classica preparazione che se anche facessero in 100 con le stesse modalità io saprei sempre riconoscere in una di quelle le mani di mia madre. Niente di commuovente o altro, vi assicuro una semplice constatazione che si connota al limite di un pò di quella 'certezza' che danno alcuni aspetti della vita (vedi anche le scarpe ad esempio) con le dovute ed ovvie proporzioni del caso. Mia madre prepara lo sbriciolato, ma farei meglio a dire gli sbriciolati, ad una velocità che non è quantificabile. E'sorprendente come da un apparente nulla la casa si profumi di dolce. Ripeto, non vorrei che il tono sembrasse enfatico o cadente nella prospettiva marcatamente soggettiva o sottilmente smielata...ma è strabiliante come a volte nell'arco di una colazione mattutina veloce davanti ai miei occhi mentre finivo il latte... mi giravo eh...et voilà il dolce era anche già in forno.
In quanti modi l'abbia farcito anche qui non c'è risposta perchè lo sbriciolato è stato sempre il "dolcetto" dove hanno trovato degna fine i fondi di barattoli di marmellate, di creme non totalmente usate per dolci più complessi 'della Domenica', di residui di Nutella e perchè no anche di avanzi di cioccolata&cioccolattini postpasquali. Se la Domenica appunto c'era il "dolce serio" state pur certi che tutti gli avanzi cremosi finivano nello sbriciolato che lontano da occhi indiscreti sopravviveva all'orda di parenti per presentarsi poi in bella forma già dal Lunedì, come colazione o per merenda.
Non è mai avanzato e non solo perchè io sono un acclarato "tombino" quanto per la sua semplice versatilità a farsi finire a bocconi veloci e golosi. E' quella classica preparazione che non fa esclamare un "ooh!" da Sakertort o da Setteveli, eppure quell'"ooh" mai pronunciato si fa strada lo stesso lentamente a partire dal primo morso morbido...e diventa un primo e (sempre) silente "eh però...", si tramuta poi in un dubbio comportamentale "ma quasi quasi..." per cedere senza sorta di esitazione all'unica esclamazione udibile da orecchio umano in quel frangente: "...se ne può avere una altra fettina...ma piccola eh!". In quel caso siate sicuri che l'"ooh" mai pronunciato c'è stato :)

Sbriciolato di Vanna crema&amarene

Ingredienti impasto
300gr. di farina "00";
100gr. zucchero;
100gr. burro morbido;
1 uovo intero medio;
1 bustina di lievito per dolci;
1 pizzico di sale;
zeste grattugiata di un limone grande;
Amarene (Personalmente ho usato le Fabbri)

Ingredienti per Crema pasticcera di Paoletta
400ml di panna fresca;
600ml di latte fresco;
zeste grattugiate di due limoni grandi;
4 uova intere;
80g. di farina;
300g. di zucchero;
1 pizzico di sale;

Preparazione della crema:
Metto in un pentolino il latte, la panna e le zeste grattugiate dei due limoni grandi portando quasi a bollore.
Nel frattempo in un altro pentolino sbatto bene le uova con lo zucchero e il pizzico di sale. Aggiungo la farina setacciata e mescolo ancora un po', poi aggiungo il latte tutto di un colpo versandolo da un passino a maglie fitte per filtrare le zeste. Metto a fuoco bassissimo mescolando sempre con una frusta a mano. In pochi minuti la crema è anche pronta.
In questo caso cuocere qualche minuto in più per ottenere una crema maggiormente densa.

Preparazione dello sbriciolato
Si mischiano tutti gli ingredienti secchi (farina, zeste, zucchero e lievito), poi si aggiunge il burro freddo a pezzetti insieme all'uovo in precedenza sbattuto con un pizzico di sale e si lavora con le mani sino ad ottenere un briciolame irregolare.
A questo punto si mettono metà delle briciole nello stampo (precedentemente imburrato ed infarinato), poi la crema versandola solo al centro lasciando un bordo regolare volutamente 'secco', le amarene opprtunamente sgocciolate del loro liquido di conservazione ed infine si chiude con il restante briciolame.
In forno elettrico sul ripiano medio a 180° per 30'-40' per un unico stampo tondo grande (levare dal forno non appena la superficie acquisisce un bel colore biondo-oro uniforme).
Per lasciarlo morbido e non troppo biscottato come piace a me invece a 170° a 40' negli stampi piccoli.
Considerate che io ho usato stampi tondi da 16cm di diametro per cui mi sono venuti due sbriciolati gemelli di cui uno si sono perse le traccie...ultimo avvistamento le mie mani mentre urlavo felice e contento da una stanza all'altra..."sembra che siano buoni!!!". Unico indizio la mia t-shirt sporca di crema e qualche pezzetto di briciolame sul pavimento dove ero passato io. Non dico altro ;P