Il bar Umberto l'ho conosciuto molti anni fa quando ha cominciato a far parte per caso della mia giornata senza che me ne accorgessi.
Lo incrocio a piedi ad una ora dove il silenzio è una presenza piacevole, talvolta ingombrante.
Scritta nera luminosa in campo arancione, ingresso ampio, l'intera parete alla sinistra attrezzata con mensole regolari riempite di bottiglie di vino distribuite con simmetrie improvvisate.
Il banco pasticceria con tramezzini e lievitati dolci da colazione è di rimpetto con alle spalle due ripiani sfalsati i cui vuoti sono intervallati da confezioni di biscotti da tè e lattine sparse. In questo caso si intuisce che l'ordine è ricercato ma non sempre indovinato. Subito alla destra posto longitudinalmente alla parete a vetrina che dà sulla strada c'è il bancone, di quelli lunghi di una volta, d'alluminio, opaco. Sul retro le classiche mensole con i liquori, la macchina sbuffante del caffè, angoli dove sono poggiate arance, bicchieri e tazzine, in fondo a tutto la cassa, sommersa da castelli di gomme, caramelle, cioccolatini, biglietti gratta&vinci, ricavata in una ampia nicchia che fa anche da zona tabaccheria. Pochi tavolini dentro, altrettanti fuori sul marciapiede. Siamo in una strada laterale.
Quando la città si sveglia quello è un posto di serieB, fuori moda, surclassato dalle decine di bar a tema della zona, eppure prima dell'alba è "il Bar del quartiere". Alle 5:30 puntuali ci sono sempre le stesse due persone ad un tavolino. Il tempo ed il clima decidono solo se saranno seduti fuori o dentro, poi la scena è la medesima. Sulla sessantina entrambi, vestiti con giacconi di stoffa pesante, puliti eppur con aria ingrigita. Uno, presumo sia l'anziano proprietario, l'altro onestamente non saprei, forse un socio o semplicemente un amico. Sembrano entrambi usciti da una foto bianca&nera degli anni 70'. Davanti a loro una birra ed una tazzina di caffè. Non parlano mai o almeno non li ho mai sentiti nemmeno rivolgersi la parola. Scrutano la strada in silenzio, lasciandosi trasportare dai pochi rumori intorno o seguendo gli avventori di quell'unico angolo vivo di quartiere. Si potrebbe pensare che a quell'ora non ci sia nessuno. Niente di più errato. Con regolarità fanno colazione una coppia di addetti alla raccolta rifiuti dell'azienda municipalizzata. Parcheggiano il camion in doppia fila e con le loro tute fluorescenti lasciano scie veloci di luce nei rapidi passaggi dal mezzo al bar e viceversa, tra schiamazzi e risa ad alta voce. Poi ci sono due abitudinari abitanti della zona. Uno di questi in particolare d'inverno ha la macchina spesso parcheggiata nelle immediate vicinanze del bar, se non addirittura di fronte, per cui la mette in moto e senza levare le chiavi del cruscotto la chiude dall'esterno con il telecomando entrando a prendere il caffè. L'altro invece solitamente a quell'ora porta a spasso il cane. L'idea che mi sono fatto? Insonnia, quella piuttosto che gli impellenti bisogni di un beagle alquanto mogio.
L'uomo ed il cane entrano entrambi nel bar, sempre. In quelle mezz'ore apparentemente dimenticate dal tempo non ci sono divieti che tengano. Ad onor del vero mi sembra che diversamente non faccia differenza per quell'esercizio, questo infatti è anche il bar di Pierre e non mi meraviglierei affatto che i cani vi possano entrare senza divieto alcuno malgrado un cartello fuori solleciti a lasciare i quadrupedi legati ad un moschettone approntato all'esterno allo scopo.
Per soste rapide si sussuegono poi furgoni provenienti dal mercato, taxisti notturni ed infine sempre lui. Sulla cinquantina, guida una macchina furgonata e consegna lievitati dolci. Non per il nostro bar nella fattispecie ma per quello poco distante sul marciapiede di fronte. A quell'ora è chiuso e quindi lui lascia la cassetta di cartone fumante e profumato nel portone del palazzo vicino (ha le chiavi!), poi esce fuori, chiude e guardandosi attorno si concede una guardinga pausa da 'Umberto', un occhio al cucchiaino che gira lo zucchero, uno sul furgone.
Passo quindi io. Spesso ho il cappuccio nero del giubbino calato sulla testa, vuoi per umidità, vuoi per le mie orecchie deboli.
Le prime volte ero guardato con sospetto, adesso sono innocuo ai loro occhi. Sbucavo dal nulla e con passo nervoso attraversavo tutto l'esterno del bar.
In un paio di volte sono diventato un volto scuro ma sicuro. Nessuno si gira più a seguire il mio tragitto.
Ora faccio parte anche io di quella famiglia di un bar di serieB. Probabilmente sono un 'parente' lontano visto che vi sono entrato pochissime volte, eppure, sotto sotto, non mi dispiace quell'appartenenza silenziosa.
Quando mi è capitato di incrociare durante la giornata o nel primo pomeriggio gli stessi avventori del mattino, pur senza scambiare una parola ci siamo riconosciuti e contati, proprio come i membri di una stessa famiglia, persa e ritrovatasi per caso.
Una famiglia di serieB, di un bar di serieB...di una strada laterale.
La ricetta che vi mostro oggi è un rifacimento della Pitta fatta già qui, variando sul ripieno ma attenzione, attenzione, questa volta l'ho fatta con il lievito madre!!
Ebbene si, avendolo avuto regalato da mia cognata (ma solo dopo un sofferto si da parte della mia ragazza) e con varie sperimentazioni di lievitati similari alle spalle (che spero di condividervi a breve), ho deciso il grande passo, provare con il lievito madre.
Onestamente la pitta l'avrei rifatta lo stesso perchè è veramente troppo buona, va da sè che non sono mai incline alla ripetizione pedissequa per cui eccomi qui con la ricetta volutamente cambiata.
Ho optato per un ripieno morbido, umido, consistente quel tanto da avere la possibilità di fare le fette senza problemi.
La certa differenza rispetto all'impasto normale non si apprezza tanto il giorno stesso della preparazione quanto quello dopo. Si perchè se con l'impasto tradizionale si intuisce che la pitta è stata preparata con anticipo (vi assicuro che è minima la differenza) con quella con lievito madre sembra fatta il giorno stesso. Questo ad onor del vero la cosa evidenziabile, non oltre perchè parliamo effettivamente di 'virgole'. Probabilmente al terzo giorno lo scarto è maggiore ma non è mai arrivata tanto lontana...
A seguire la ricetta con i cambi apportati da me rispetto a quella preparata qui:
Pitta piena di ricotta di bufala e zucchine
300g. farina Manitoba;
300g. farina integrale Rieper '00';
150g. di lievito madre (di fresco rinfresco, profumato come yogurt);
400g. di ricotta di bufala;
1Kg. di zucchine romanesche;
2 cipolle di Tropea medio piccole;
200g. di caciocavallo a media stagionatura di ottima qualità (l'ideale è il provolone del Monaco ma suoi equivalenti vanno altrettanto bene);
60g. di Parmigiano Reggiano;
60g. di salame "Napoli" di buona qualità;
Olio extra vergine di oliva;
farina per la lavorazione;
sale;
Nota
Con queste quantità ho preparato due pitte in stampi da 18cm più un calzoncino
Preparazione pasta il giorno prima
Sciogliere il lievito in 400g. di acqua. Setacciate la farina in una ciotola grande di vetro, fate la fontana al centro, versate il mix di acqua e lievito e mescolate con la forchetta fino a quando la farina non avrà assorbito tutto il il liquido; aggiungete 10g. di sale sciolto in due cucchiai d'acqua e due cucchiai d'olio. Trasferite la pasta alla quale avrete fatto assorbire grossolanamente i liquidi appena aggiunti, sulla spianatoia infarinata e lavoratela fino a quando si staccherà senza fatica dalla spianatoia e sarà morbida ed elastica. Mettetela in una capiente ciotola di vetro unta con un filo d'olio, copritela con un canovaccio umido e lasciatela lievitare per 12-16 ore in frigo sul ripiano delle verdure.
Preparazione ripieno
Lavate le zucchine e ridurle a rondelle .
Sbucciate le cipolle, tagliatele a fette sottili, fatele stufare dolcemente in una padella con 3 cucchiai di olio per 15' a fuoco basso, poi alzare la fiamma con decisione ed aggiungere le zucchine. Saltare fino a quando non sono belle colorite, aggiungendo solo alla fine il sale in modo che non perdano più acqua del dovuto, restando ben cotte sull'esterno ma anche corpose.
In una ciotola di vetro quindi mettere le zucchine, aspettando che siano fredde ovviamente, poi la ricotta e mescolando con delicatezza aggiungere il caciocavallo fatto precedentemente a dadini, il salame cubettato piccolo, il Parmigiano Reggiano e un cucchiaio di olio evo.
Preparazione pitta
Dividete a questo punto l'impasto lievitato in 4 parti uguali, stendendola in altrettanti dischi.
Mettete un disco di pasta nei due stampi rivestiti con carta forno, facendolo risalire lungo i bordi e distribuite sul fondo il ripieno preparato. Cospargete la farcitura con poco Parmigiano, conditela con un filino d'olio appena e copritela con il secondo disco di pasta ribattendo i bordi per sigillarli.
Mescolate poi 5 cucchiai di olio evo in una ciotola con 50g. di acqua ed un pizzico di sale, spennelate l'emulsione ottenuta sulla superficie delle pitte e cuocetele in forno già caldo a 200° per 10' poi abbassate la temperatura a 180° e proseguite la cottura la cottura per altri 30'-35'. Servire la pitta tiepida tiepida oppure fredda...non fa differenza è buona sempre :)))