martedì 22 febbraio 2011

Crostata di noci genovese e di mais con peperoni e cipolla di Tropea














Vi è mai capitato l'amico con il quale non c'è molta confidenza (ma anche si) che ha fatto un viaggio ed alla prima occasione ve lo vuole raccontare tutto. E per tutto, intendo proprio tutto.
In realtà i dettagli della sua partenza sono noti già con un certo anticipo, questo, pur non avendo necessariamente frequentazioni quotidiane tali da giustificare un simile aggiornamento se non l'occasione casuale. Eppure non è così, non è cioè il caso a veicolare le news.
Gli amici tipo infatti iniziano il loro 'viaggio' con grande anticipo diffondendo su tutti i mezzi di comunicazione possibili ed immaginabili quella che sarà la loro prossima vacanza.
Ho il sospetto che se qualcuno ne avesse la possibilità comprerebbe anche una pagina intera del CorriereDellaSera ed invece non potendo, sceglie una via di eguale impatto ma leggermente più raffinata e subdola.
Non lo si comunica infatti mai ad-personam, pur se si presenta l'occasione per farlo ma si finge disinteresse nella cosa affidando invece l'informativa a Facebook, Twitter, Messenger, MySpace, blog, bacheche aziendali e di portineria...c'è persino chi lo dice ad alta voce in salumeria o dal macellaio nell'ora di punta per gli acquisti del Sabato. Quello che resta invariato però è il contenuto della missiva che abitualmente recita più o meno così: "che stanchezza...mamma mia siamo a meno cinque giorni dalla partenza e quante cose da fare...non vedo l'ora...e si che ne avevamo bisogno... e quindi andiamo a...".
L'importante è che si sappia che sono meritevoli di quella vacanza e soprattutto che sono trafelati per i preparativi.
Il countdown è pur tuttavia una ottima informazione, indipendentemente da come arriva la notizia.
Spesso mi sono ritrovato la mattina della partenza della coppia di amici tipo a fare colazione ed a pensare in un tutt'uno..."adesso magari saranno in aereo, in traghetto, in macchina, in tram, in bici, in deltaplano...in tutti i casi si stanno allontanando...ahh! oggi nessun ragguaglio supplementare inutile da subire...finalmente se ne sono andati a cag...!..." (detto affettuosamente ovviamente) e giù che butto soddisfatto&sorridente in bocca ancora un sorso di latte&caffè tagliando per la ritrovata armonia informativa una fetta aggiuntiva di plumcake preparato dalla mia ragazza.
"Per le briciole cadute a terra e per la dieta poi ci pensiamo adesso si festeggia".
Fortunatamente a parte il telefono nel durante non sono raggiungibile quindi pur sapendo che c'è chi aggiorna il proprio profilo 'social' anche da remoto io ne sono immune. Mi sono sempre chiesto infatti "quale è la necessita di comunicare real-time se la camera d'albergo dove sono giunti ha il bidet o meno o se la colazione a buffet prevede anche il 'vitel-tonnè'" (i due sono episodi realmente accaduti).
In entrambi i casi continuiamo a vivere sereni tanto più sapendo che l'amico in questione non è proprio questo gran patito dell'igiene estrema e la mattina oltre 2-3 fagottini con la nutella non va.
Poi c'è chi invece invia le prime foto con il cellulare. Anche qui fortunatamente sono esente dagli aggiornamenti visivi ed evito le anteprime del definitivo foto-book del viaggio solo perchè il mio cellulare a stento riceve gli sms.
Sempre omologata e stereotipata la varietà di informazioni veicolate, giustappunto attraverso queste 'jpeg' da avanscoperta.
Avete fatto caso che solitamente a chi è all'estero non manca mai la foto con l'artista di strada...mentre invece qui da noi...bravi o non bravi che siano li schiviamo sul marciapiede come si fa con le merdacce dei cani.
Ho un gruppo di amici che sono stati in tempi differenti a NewYork e sono tutti, e sottolineo sempre tutti, tornati con la loro foto in non so quale strada insieme ad un cowboy mezzo nudo.
Anzi per una coppia in particolare il personaggio era uguale ma l'interprete differente. La cosa ha sollevato una inchiesta 'parlamentare' interna tesa a definire chi avesse lo scatto con l'"originale".
Poi c'è la classica istantanea giocata con la prospettiva. In vacanza per non so quale alchimia neuronale scatta la remiscenza delle lezioni di educazione artistica delle medie. C'è chi con una mano regge un grattacielo, chi ha una torre sulla testa, chi con la schiena si poggia alla cattedrale, chi fa fumare un sigaro ad un Gargoyle, chi fa finta (di spalle) di fare pipì con il fiume o la cascata sotto, chi bacia la sfinge...c'è anche chi non ha pudore e la Sfinge la 'possiede'...
Terminato lo stillicidio delle anteprime...c'è quindi il ritorno.
Immancabile la cena tipica organizzata con tutti gli amici. Serata ovviamente a tema con i piatti "assaggiati li" e prontamente "rifatti qui" per poter condividere con le persone "care" il frutto di cotante scoperte. Il più delle volte piatti scandalosi ed impresentabili ma sempre accompagnati dalla stessa considerazione "Certo li erano tutta una altra cosa!" al che io vorrei sempre rispondere: "...ed allora che cacchio le hai preparate a fare ste pappette, sti semolini di cous-cous, ste tapas di cemento armato, 'sto caldoverde che il minestrone surgelato è migliore, 'sto polipo essiccato sul termosifone e non al sole, 'sto dessert di pistacchi&miele in titanio...!".
Finale di serata i 4000 scatti da visionare. Quando va peggio c'è il filmino. In vita mia non ho mai chiesto a nessuno se voleva vedere le foto delle mie vacanze sperando sempre che anche gli altri facessero allo stesso modo. Ed invece mai che questa sottile delicatezza fatta e silenziosamente richiesta come il migliore ( o peggiore, decidete voi) do-ut-des fosse rispettata.
A questo punto si copre sempre ed inesorabilmente lo stesso paradigma. Si inizia con un "Bello", "Ma dai", "Incredibile", "Bella la stanza" "Ma no! no che non si vede la cellulite!", "Stai benissimo ma che dici mica hai la pancia!"...poi la stanchezza comincia a limare lo strato di disponibilità e di cordialità..."Beh in effetti non scherzi con le borse...sotto gli occhi eh!", "ma qui non avevate dormito o eravate stravolti dalla dissenteria?", "carino il capovillaggio...non è che...", "che mare...anche se a me hanno detto che in quei fondali scaricano materiali di risulta radiottivi...".
Quando si arriva al punto che l'amico più frantumato sbotta (anche io qualche volta...):"Ohh! ma nemmeno per il matrimonio avete fatto tante foto!". Sempre detto affettuosamente e con grazia.
Ecco che si accende la lampadina, ci si ravvede e si saltano molte istantanee per arrivare quindi all'ultima foto, quella inesorabilmente fatta sotto l'aereo, vicino il traghetto, la macchina, il tram, la bici, il deltaplano...che li riporterà indietro.
Non manca quindi a completamento della serata il magnifico cadeau dell'artigianato locale. Ad onor del vero posso dire di aver ricevuto spesso dei regalini fatti pensando alla persona e quindi decisamente graditi, altre volte invece si è caduti nella serialità più abietta targata qualche volta addirittura "made in china".
Anche in quest'ultimo caso poco male si infoltisce la collezione di oggetti da sottoporre a severi ma divertenti crash-test. Distrattamente il gioro dopo mi cascano di mano, li uso accidentalmente per dare la caccia a qualche zanzara, ci passo con l'auto sopra per capire se le gomme sono a pressione, se piccoli può capitare che cadano nel water, l'importante è provarli in condizioni estreme...ma soprattutto di non ritorno.
Capita purtroppo che anche quelli graditi si frantumino mentre quelli made in china siano resistenti a qualsiasi effrazione, fiamme incluse. Il lancio nel cassonetto solitamente fuga i dubbi sull'abusiva occupazione di suolo casalingo da parte del medesimo e dispensa endorfine al cervello.
Pur tuttavia...alla fine...ripensandoci a bocce ferme mi dispiace (chiaramente solo quando sono ancora sotto l'effetto delle endorfine ) di averli mandata a cag... (gli amici) il giorno della loro partenza!
Sempre detto affettuosamente off-course. Se non ci fossero loro di cosa avremmo 'parlato' infatti nel week-end?! :)

Nota
Dimenticavo. Vi ho comunicato che parto per qualche giorno...ma non c'è da preoccuparsi vi terrò aggiornati tramite blog. Sento nella mia testa i vostri consensi ed anche che...mi state mandando a cag...ma tanto lo so che lo state facendo sempre affettuosamente, vero?! :P


Passiamo quindi alla ricetta. A dirla tutta oggi era previsto un dolce 'di recupero improvvisato' ma dal risultato da non tacere visto che ha riscosso un certo gradimento...eppure ho invece ceduto alla tentazione di condividere con voi da subito queste due torte rustiche che preparo&ripreparo da Natale (l'ultima volta Sabato scorso per degli amici più che speciali). Visto che probabilmente per un pò mi asterrò dal farle ho deciso di riportarle a seguire vista la loro declinazione che anticipa in modo estemporaneo una acerba primavera.
Il successo di queste crostate rustiche non è farina del mio sacco però (scusate il pessimo gioco di parole). Va sottolineato infatti che sono il frutto di un patch-work di spunti studiati&ristudiati che ho riunito al fine in un paio di ricette-accostamenti che credetemi sono davvero da tenere in considerazione.
Il mio grazie va quindi a Lydia di TzazikiAColazione per lo spunto sulla pasta matta e le sue infinite variazioni e ad Alessandra Raravis di MenuTuristico una amica che nella fattispecie è presente nella ricetta in quanto ho usato un pesto artigianale da lei regalatomi che per quanto era buono è stato mangiato a cucchiaiate. Non scherzo su quest'ultima cosa. Che la Raravis fosse un riferimento per la cucina è noto a tutti, usufruire anche di un suo regalo di stampo 'mangereccio' è il punto di non ritorno per la commozione del palato :)
A seguire le due crostate con le foto inguardabili (per il tempo che faceva i capricci). Cercate di comprendere pleaseeee :)

Crostata di noci genovese

Pasta matta alle noci
Ingredienti per la pasta:
200 gr. di farina "00";
50 gr. di farina integrale;
50 gr. di olio evo;
110 gr. di acqua fredda (anche 90 gr. dipende sempre dalla farina);
60 gr. di noci ~ 8-10 noci medie di ottima qualità;
8 gr. di sale;

Ingredienti per la farcia
5 patate piccole;
1 tuorlo di uova codice "0"
150 gr. di panna;
250 gr. di pesto fresco di ottima qualità (deve essere cremoso);
6 cucchiai di Parmiggiano Reggiano;
300 gr. di fagiolini freschi;
150 gr di pancetta tesa tagliata sottile e pulita del grasso in eccesso;

Per la pasta matta alle noci si impastano tutti gli ingredienti mescolando per prassi prima quelli secchi e poi aggiungendo i liquidi, incorporando prima l'olio e procedendo quindi con l'acqua fredda. Si forma una palletta che io lascio in frigo in pellicola senza PVC per almeno 3/4 ore.
Nel frattempo pelo le patate, le riduco a piccoli cubetti le lesso ed a seguire le faccio saltare in padella con un filo di olio evo fino a quando non sono dorate in modo deciso (con una bella crosticina), corregendole di sale solo alla fine.
Idem per i fagiolini, una volta puliti, si lessano prima per un paio di minuti e poi li si salta in padella a fuoco deciso rigirandoli spesso.
A parte sbatto il tuorlo con un pizzico di sale, aggiungendo quindi la panna e 3 cucchiai di parmigiano e tengo il tutto a parte.
Stendo la pasta (tirata alquanto fine con il mattarello,) e la ripongo nello stampo precedentemente imburrato&infarinato.
Rivesto quindi tutto il fondo di pancetta facendo in modo che non ci siano parti di pasta scoperta. Metto quindi le patate affiancandole con continuità. Qualcuno a questo punto potrebbe chiedersi il perchè non ho tagliato le patate a fettine sottili avendo così la certezza di rivestire in modo omogeneo la base. E'una soluzione che ho provato già e non mi piace perchè la patata deve dare spessore e morbidezza cosa che non avviene con le fettine appunto. Di fatto la patata a cubetti fa da cuscinetto impregnandosi degli umori oleosi della farcia sovrastante contribuendo non a fare da sbarramento ma semplicemente a dare continuita all'imbottitura.
Si procede quindi distribuendo il pesto con un cucchiaio in modo uniforme insieme al parmigiano restante. A questo punto si procede con i fagiolini mettendoli tutti nello stesso verso e facendo (se sono abbastanza fini come nel mio caso) un doppio strato cercando di saturare tutti spazi liberi. Si chiude quindi con il tuorlo sbattuto con la panna ed il parmigiano versandolo con un mestolo con molta attenzione in modo tale da colmare tutte le piccole cavità che si sono create inevitabilmente.
Considerate che è un lavoro (per me e per le mie mani non ferme) abbastanza certosino visto che parliamo di una altezza del ripieno mai maggiore dei 2cm.
Si passa quindi in forno statico, ripiano medio a 180 ° per 45'circa di cui gli ultimi 10' con copertura di foglio di alluminio.


Crostata di mais di peperoni e cipolla di Tropea

Pasta matta al mais
125 gr. di farina;
125 gr. di farina grossa di mais;
50 gr. di olio extra vergine d'oliva;
115 gr. di acqua ghiacciata (anche 90 gr. dipende sempre dalla farina);
10 gr. di prezzemolo essicato;
1 pizzico di sale;

Ingredienti per la farcia
Peperoni sotto olio arrostiti (vasetto da 330 gr. al netto) opportunamente scolati con anticipo;
2 tuorli di uova codice "0";
300 ml panna da cucina;
9 cucchiai Parmigiano Reggiano;
5 patate piccole;
2 cipolle di Tropea;
150 gr di pancetta tesa tagliata sottile e pulita del grasso in eccesso;
Un pizzico di sale;

Per la pasta matta di mais si impastano tutti gli ingredienti mescolando per prassi prima quelli secchi e poi aggiugendo i liquidi, incorporando prima l'olio e poi procedendo con l'acqua fredda. Si forma una palletta che io lascio in frigo in pellicola senza PVC per almeno 3/4 ore.
Nel frattempo pelo le patate, le riduco a piccoli cubetti le lesso ed a seguire le faccio saltare in padella con un filo di olio evo fino a quando non sono dorate in modo deciso (con una bella crosticina), corregendole di sale solo alla fine.
Taglio quindi la cipolla in modo molto fine e in una altra padella la lascio appassire a fuoco lento per almeno una 30'.
A parte sbatto i tuorli con un pizzico di sale, aggiungendo quindi la panna e 6 cucchiai di parmigiano, tenendo il tutto da parte.
A questo punto in uno stampo imburrato&infarinato stendo la pasta matta, in precedenza tirata alquanto fine con il mattarello.
Rivesto quindi tutto il fondo di pancetta facendo in modo che non ci siano parti di pasta scoperta. Metto quindi le patate affiancandole con continuità. Vala la medesima considerazione fatta sopra ovviamente circa la 'pezzatura' delle stesse.
Si procede quindi distribuendo con un cucchiaio tutta la cipolla di Tropea, il parmigiano restante, le fette di peperoni e terminando il tutto con i tuorli sbattuti nella panna in modo da chiudere definiivamente tutte le cavità createsi nel frattempo.
Anche qui ho cotto in forno statico, ripiano medio a 180 ° per 45'circa di cui gli ultimi 10' con copertura di foglio di alluminio.

Sebbene sembrino abbastanza complesse nella preparazione le crostate sono invece di una linearità a dir poco imbarazzante. Altrettanto non si può dire che lo siano al palato invece.
Avere il giusto equilibrio non è proprio facile. L'unico suggerimento che posso dare (anche se banale) è la scelta di ingredienti mirati. La cipolla di Tropea così come la scelta di un pesto deciso ma non 'dominato' dall'aglio contribuiscono a creare una alchimia di sapori complessa ma mai disomogenea.
Idem per il formaggio. Usare Parmigiano Reggiano lo trovo fondamentale per dare un legame corretto e non prevaricante ai vari strati.
Concludo dicendo che un buon aglianico completa alla perfezione il piatto. Spero non me ne vorrano i liguri per non aver scelto uno dei loro meravigliosi vini che nella fattispecie sulla carta sono teoricamente più facilmente abbinabili.

















martedì 15 febbraio 2011

Polpettine di gambetto con crema di lenticchie rosse














Domenica mattina.
Colazione alle 7:30 nella sala immensa e semivuota. Oggi ho levato dal viso una barba che giace lì da circa una settimana. 'Come sempre' potrei dire ma in questa occasione mantengo gli occhiali per essere pur riconoscibile.
Gli occhi gentili e di confidenza di chi condivide con me per dovere quel rito mattutino da molto tempo restituiscono la mia immagine certamente più familiare in quella occasione, forse più aperta e disponibile rispetto alle colazioni trafelate consumate alle 6:30 negli altri giorni quando non tutti i tavoli sono apparecchiati e si ha la certezza che l'unica merce rara di scambio a quell'ora sono i sorrisi tra un latte&caffè tiepido e qualche fetta di pane ai cereali.
Chi si alza molto presto fisiologicamente e senza premeditazione risparmia energie e movimenti inutili e se anche il sorriso è dovuto per professione, quelli sinceri di comprensione e condivisione sono evidenti e fanno la differenza, cambiano la giornata e ci accompagnano anche a distanza di anni, come accade a me ora.
Non ricordo nemmeno i nomi che c'erano dietro ad alcuni di quei volti ma quelli oramai fanno parte del mio amichevole e confortevole seguito immaginario.
In Italia il termometro non va oltre i 6 gradi eppure dove sono io non avverto i rigori di un inverno intransigente. Ripercorro con la mente il tragitto studiato la sera precedente a cena con i pochi appunti buttati su un taccuino di fortuna.
Salgo in camera, lavo i denti poi di nuovo giù, attraversando i piani con un ascensore velocissimo non perchè lo sia veramente ma solo perchè con la mente sono altrove a ripercorrere routine famigliari che conosco a menadito e che rilasciano buon umore solamente a sapere che si ripeteranno in quell'istante. Magari non è così ma è sufficiente a distendere le labbra, unica concessione ad un lento sorriso esploso dentro.
La mattina è dedicata ad un mercato alimentare della capitale unico per colori, profumi ed odori. Pesce in gran quantità, ceste piene di frutta secca e fresca. Sguardi indolenti e passivi dietro ai banchi che contrastano il frenetico andirivieni al di quà dell'esposizione. Incrocio di mani, braccia che si affiancano a pescare nelle sporte, merce avariata accantonata, soldi stropicciati, sorrisi sdentati su visi disadorni e consumati, odore di alcool e spezie.
Poi la zona dei dolci.
Lokum marmorei colorati, baklave e lucenti mignon di kataifi, l'aria impregnata di succhi e sciroppi zuccherini, melomakarona sotto alzatine trasparenti di plastica graffiata ed opaca, halvas di consistenze ed aromi differenti distribuite con geometrica precisione come ad una fiera edile quando sono esposti differenti tipi di mattonato o piastrelle. La presenza del coltello ed i pistacchi con mandorle e noci nei ripieni restituiscono l'animo dolce di queste preparazioni cristalline dalla durezza visiva a volte quasi fastidiosa.
Compro ed un poco assaggio subito per capire quanto abbia realmente capito, intuito. Mangio con gli occhi ed ascolto con il gusto una tradizione che non mi appartiene. Gli eccessi di miele e zucchero colpiscono da subito ma certe realtà probabilmente necessitano di uno stordimento simile per velare ben altre amarezze sociali e culturali. Sviare i sensi su un ottovolante zuccherino ha un suo poco filosofico perchè ma io consapevolemente ci casco sempre.
In men che non si dica l'orologio grande di una piazza vicina segna le 12. Mi allontano dal mercato e prendo l'autobus che mi conduce al litorale, alla periferia di un mare cannibalizzato da un porto immenso, grande quanto una città. Dopo 50' circa sono arrivato al capolinea. Di fronte una striscia di lidi grigi che fanno da sfondo acustico ai rumori di fondo del porto.
Barche di pescatori arenate sulla battigia, poche taverne a delimitare la spiaggia che intuisco abbandonata anche nella migliore stagione. L'azzurro dell'acqua, del cielo e della bandiera nazionale sembra l'unico colore superstite in quella succursale del grigio.
Pranzo a base di pesce. Sono l'unico straniero nel locale, probabilmente lo sarei ovunque ma saper ordinare nella lingua del posto aiuta, dispensa benevolenza e forse qualche attenzione. Piatti senza pretese ma rusticamente ben fatti.
Dopo pranzo il caffè servito sulla panchina miramare antistante la taverna di legno, il conto pagato ed il liquore offerto. Non c'è nulla di turistico nel giro di chilometri e faccio fatica ad inquadrare (erroneamente) la spontaneità di certi gesti.
Al ritorno sono sul medesimo autobus. Alle 15:30 il sole dichiara l'ultima ora di luce attraverso i finestrini impiastricciati di polvere e ditate.
Sul pulmann malridotto e vecchissimo non c'è una sola persona che sia del paese dove mi trovo, siamo tutti stranieri, europei ed extraeuropei divisi solo dal mare. Quanto concilia il sonno quel rollio costante sulla parte di statale ben asfaltata o il frenetico balzellare su ammortizzatori andati da tempo nella periferia stradale vulcanica iniziale.
Alle 18:00 sono nuovamente in stanza con il mio sacchettino di dolci per la serata. Di li a breve chiamerò casa.
La mia Domenica insolita è trascorsa inesorabilmente.
Tornerò ancora molte altre volte in quella taverna e quando poi andrò via definitivamente da quel paese i proprietari mi regaleranno il gagliardetto della locale squadra di calcio che nella fattispecie vale almeno quanto una sporta di sorrisi di cuore impacchettati&donati ad un fratello minore del paese accanto con il quale condire-condividere le lente ore del dopo pranzo di Domeniche tutte uguali.
Oggi, quando nei giorni festivi vedo gli autobus della contro-ora abitati solo da stranieri, un pò mi ci rivedo e non posso che pensare a quante solitudini stanno viaggiando contemporaneamente su quelle quattro enormi ruote.


Passiamo ora alla ricetta.
Quando ho letto l'oggetto gastronomico della contesa per la disfida goliardica dell'MT Challenge al quale partecipo anche questo mese ho da subito pensato a qualche soluzione ad effetto. Non è tuttavia nella mia natura fare affidamento sulla scelta estetica o sull'ingrediente particolare ragion per cui ho preferito sottolineare l'aspetto che reputo più vero per questo piatto e cioè l'intrinseco carattere di recupero che le polpette incarnano, soprattutto nella cucina famigliare italiana. Sinonimo di ingegno gastronomico la polpetta è solitamente la convergenza golosa degli avanzi edibili di una dispensa o di una precedente preparazione e quindi quale migliore declinazione se non questa?
Le polpettine di gambetto sono pertanto l'effettiva riabilitazione di ciò che invece impropriamente avremmo scartato nella preparazione di una zuppa cremosa decisamente più strutturata e ricercata.
Spero con questa operazione al di là della discutibile (per gusti intendo) declinazione di aver restituito come dire dignità al paradigma da fornelli tutto italiota che vuole le polpette sempre e solo loro ovviamente come simbolo della cucina del recupero e soprattutto dell'ingegno.

Polpettine di gambetto con crema di lenticchie rosse
Questa è la classica zuppa di lenticchie, la mia zuppa quella cioè che ho cucinato incrociando ricette, consigli ed indicazioni famigliari con l'aggiunta in questo caso di ulteriori piccoli accorgimenti.

Ingredienti per la zuppa cremosa
250 gr. di lenticchie rosse piccole (se da agricoltura biologica meglio);
1 gambo di sedano;
2 carote medio grandi;
2 cipolle di Tropea grandi o in alternativa due cipolle rosse dolci;
600 gr. di gambetto di SanDaniele;
2 cucchiai scarsi di concentrato di pomodoro;
2 filetti di alici in olio d'oliva di media grandezza;
Olio extravegine di oliva;
1 foglia di salvia fresca;
un rametto piccolissimo di rosmarino fresco;

Ingredienti aggiuntivi per le polpette
4 pugni di mollica bianca di pane a lievitazione naturale cotto a legna;
4-5 cucchiai pieni di Parmigiano Reggiano;
1 cucchiaio di olio extravegine di oliva;
1 tuorlo;
1 bicchiere di latte intero;
pan-grattato molto fine per la copertura;

Preparazione
In una pentola con fondo antiaderente faccio appassire in olio evo (max 2 cucchiai scarsi) una delle due cipolle tagliata piccolissima. Non appena diventa trasparente aggiungo le carote alla julienne, il sedano, anch'esso tagliato finissimo, cuocendo a fuoco basso e rigirando spesso con un mestolo di legno. Lascio andare per circa una 20' a fiamma lentissima facendo amalgamare il tutto.
A questo punto aggiungo 4-5 litri di acqua calda, i due cucchiai scarsi di concentrato di pomodoro, la foglia di salvia fresca, gli aghi di rosmarino ed il gambetto tagliato a pezzettoni ripulendolo delle parti di grasso in eccesso (in prarica questo è il lavoro più seccante e lungo se fatto bene).
Lascio quindi andare a fuoco lento per circa tre ore (senza coperchio) aggiungendo acqua in caso di eccessiva riduzione (alla fine devo ritrovarmi con almeno un litro e mezzo di liquido).
Al termine filtro il brodo tenendo da parte i trancetti di gambetto e le verdure.
Nel brodo caldo ottenuto quindi verso le lenticchie (messe in ammollo dalla sera precedente, scartando quelle che sono venute a galla durante la quiescenza) e le faccio cuocere a fiamma media per una altra oretta circa.
Considerate che le lenticchie rosse non hanno bisogno di ammollo il passaggio serve solo a fare in modo che durante la cottura si disfino velocemente senza prolungare la stessa inutilmente (considerato che solo per il brodo sono necessarie almeno tre ore...da qualche parte bisogna pur velocizzare).
Parallelamente in un ampia padella antiaderente faccio appassire l'altra cipolla di Tropea (tagliata anche questa piccolissima) in 4-5 cucchiai scarsi di olio evo. Quando è sufficientemente sfibrata aggiungo i 2 filetti di alici che ho incorporato quindi a fuoco dolce.
Quando queste ultime sono sufficientemente appassite verso il contenuto della padella nella zuppa e mescolo per una 10' per amalgamare correggendo eventualmente di sale. Spengo quindi la fiamma e passo tutto al mixer, filtrando a seguire la zuppa in un colino a maglie strette in modo da trattentere eventuali residui (molto esigui direi) di bucce.
L'assestamento successivo della zuppa è una fase fondamentale per far si che i differenti ingredienti si possano incorporare al meglio.
A questo punto usiamo il gambetto con le verdure avanzate passandole in un mixer con un cucchiaio di olio evo il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo e liscio ( ho eliminato gli aghi di rosmarino e la foglia di salvia).
Si lavora poi l'impasto con la mollica precedente ammollata nel latte e strizzata per bene, il parmigiano ed il tuorlo. Si corregge eventualmente di sale ma solo se il gambetto è di SanDaniele (molto dolce) altrimenti avete il problema contrario.
Si fanno delle palline con le mani e le se si passa leggermente nel pangrattato posizionandole in una teglia antiaderente precedentemente unta con olio evo.
Le polpettine ottenute si passano quindi in forno a 180° (statico e ripiano medio) per circa 30'.
Per l'assemblare il piatto date sfogo alla vostra fantasia quella cioè che non dimostro di avere io nella presentazione.
Va ulteriormente detto che la zuppa di per se trova il suo felice completamento in queste polpettine ribaltando al palato le aspettative. Infatti la leggerezza della crema fa presagire un sapore delicato, tutt'altro. La zuppa è il concentrato degli umori del gambetto, delle lenticchie e degli odori leggermente fritti quindi ha un sapore decisamente spesso. Le polpettine di gambetto invece pur risuonando all'orecchio rustiche nella loro composizione rivelano invece un sapore delicato che le rende davvero irresistibili e poco 'stufose'.
Il piatto devo dire è stato molto gradito ma ad onor del vero non occorre molta fantasia per intuirlo non tanto per bravura personale quanto per il tipo di ingredienti usati che difficilmente (con un pò di attenzione) hanno una resa mediocre al palato ;P




martedì 8 febbraio 2011

Panettoncino Muffin














Sabato mattina. Fa freddo. Il termometro segna +2 e per me è decisamente sufficiente visto il grado di umidità presente nell'aria. Fuori ancora buio, piove, sarà una lunga giornata. Mentre in cucina sovrappensiero butto giù in modo rustico una colazione più che abbondante, scrollo gli ultimi brividi appoggiato al termosifone.
Tento persino di fare mente locale su alcune questioni importanti perchè a quell'ora il fisico tarda a rispondere ma la mente approfitta dell'atmosfera irreale per portarsi avanti con qualche riflessione lasciata la sera prima ancora allo stadio potenziale.
Non so mai quanto le linee guida immaginate in quei momenti saranno soluzioni alla luce del sole ma l'oblio del silenzio e la luce chimerica di una lampada a risparmio energetico appena accesa in cucina certamente le fa dispiegare senza problemi, almeno per me.
Mi piace che anche le briciole dei muffins nel cadere a terra facciano rumore, piacerà un pò meno alla mia ragazza quando si accorgerà che non sono riuscito a cancellare del tutto le prove di una colazione fatta non sul tavolo ma abbracciato ad un calorifero. Una caxxiata non me la leva nessuno, lo so. Tra me e me sorrido placido al solo pensiero di quando verrò inesorabilmente scoperto dalla mia lei, profiler-investigativa di indubbia esperienza quando si tratta del sottoscritto.
Alle 5:48 vibra il telefonino sulla mensola. Mi arriva un sms con il seguente testo:"Se non è troppo tardi ci sono. Fammi sapere solo dove e quando. A dopo.".
Nel semibuio della casa prolungo quel sorriso lento dato dal certo pronostico del "cazziatun" tramutandolo in uno più impulsivo, acceso dalla constatazione che siamo in due in quel momento ad essere svegli, entrambi già mentalmente aggressivi nei confronti di un giorno che si preannuncia grigio per colori e tempo ma che a ben vedere poco influisce sulla sfera intenzionale, visto che adesso ho anche chi mi accompagna al mercato.
Rispondo all'sms, mi levo dal viso una barba di una settimana, magari potessi fare così anche con la stanchezza accumulata, poi doccia bollente e via sono già fuori casa con il cappellino verde in testa.
Passo a prendere l'amico, innocente testimonial della mia follia da week-end alle 7:00 in punto, non un minuto oltre. Per lui è la prima volta, certamente non ad andare al mercato, ma con me si. Ci conosciamo da poco ma ad onor del vero ad occhio almeno, ci siamo capiti da subito.
I vetri della macchina si appannano costantemente. Non conosco le abitudini del mio nuovo compagno di 'viaggio' e quindi cerco di essere attento a non aggravare un contesto climatico che non è dei migliori per una missione similare.
Toppo da subito aprendo l'aria fredda sul parabrezza evitando accuratamente quella calda avendo riscontrato che in molti la soffrono. Quando mi accorgo che lui fa eccezione rimedio subito alla paresi che gli stavo procurando ad altezza fronte.
Io avevo la visiera del cappellino a proteggermi lui solo l'educazione per non avermelo accennato.
Venti minuti dopo siamo anche al mercato. Un bel parcheggio creativo in verso contrario al senso di marcia (in quel lato della strada), sulle striscie pedonali per di più, contribuisce a versare fango sulla figura del napoletano alla guida.
Oramai siamo in ballo no?!
I vigili a quell'ora non sono operativi in zona e quindi mi concedo un tocco di 'parking-art' urbanistico. Passiamo quindi all'azione.
Anche lui come me, passo veloce, niente ombrello malgrado la pioggerellina costante, deciso nell'acquisto senza tentennamenti, nessun foglietto tutto annotato mentalmente. Saltiamo in men che non si dica da un banco all'altro.
Le buste nelle mani quasi non si contano più.
Usciamo dal mercato velocemente. Panetteria e poi un bar rinomato per i suoi ottimi lievitati dove entrambi ne acquistiamo qualcuno per i rispettivi famigliari, nulla altro. Noi invece nemmeno un caffè, ligi alle nostre abitudini casalinghe siamo abbastanza simili da risultare involontariamente quasi 'scontrosi' nel contesto rilassato e caldo del bar-pasticceria. In realtà non è voluto, è forse solo la conseguenza di mantenere regolarmente un atteggiamento 'critico' verso le offerte gastronomiche commerciali non certo una disposizione umorale che invece è delle migliori.
Un paio di minuti dopo siamo di nuovo in auto.
Le mie intemperanze da regno delle due sicilie, leggasi alla voce fretta sistematica nemmeno fossi un camorrista latitante, parcheggio scugnizzo, guida con commenti coloriti (all'occorrenza anche in dialetto), al modo spiccio e poco ricercato con il quale ho 'accompagnato' il mio amico, non sono sulla carta un bel biglietto da visita eppure non scorgo mai sul suo viso uno sguardo di insofferenza o ancor peggio di giudizio.
Che si sia sedato volutamente prima o l'ottima impressione che mi aveva fatto in precedenti occasioni anche se mai così diretta e così da vicino aggiungerei, adesso prende corpo concretamente?
Parliamo in modo tranquillo di tutto, con consapevolezza e senza grossi tagli formali, anzi. Con la stessa versatilità chiudiamo la mattina insieme passando prima in una ben fornita norcineria, facciamo poi rifornimento alla pompa di benzina dove c'è la gestrice di cui già vi ho parlato un pò di tempo fa ed infine un rapido salto ad un supermercato per chiudere il cerchio degli acquisti.
Alle 9:30 o giù di li eravamo rispettivamente entrambi a casa ognuno calato nelle rispettive quotidianetà e nei diversi impegni.
Dimenticavo, proprio come un buon amico non si è presentato nemmeno a mani vuote ma con dei dolcetti che aveva preparato la sera prima da farmi provare e regalandomi aggiuntivamente anche delle confezioni di pasta.

Qualcuno a questo punto si sta chiedendo il perchè vi racconti queste tre ore circa non essendoci risvolti o situazioni degne di nota apparentemente?
Semplice. Non mi lascio avvicinare facilmente dalle persone, questo a prescindere dal contesto dove mi trovo, per questioni caratteriali e non certo per ego del quale non difetto in alcun modo. Dicessi per timidezza sai quanti vaffa che pioverebbero e quindi non lo dico :P
Di fatto questa è la seconda volta che avviene con qualcuno incrociato tramite blog e l'andata al mercato insieme è stato solo un buon pretesto per raffrontarsi meglio, raccontando di se anche attraverso una spesa da fare. La cucina come mezzo di comunicazione ha una valenza soprattutto personale, avere la possibilità di usarla per posare una prima pietra su un percorso di amicizia è davvero un regalo inaspettato del quale fare tesoro :) senza aggettivarlo in modo più esplicito che invece mi puzza sempre di buonismo.
L'amico in questione non è difficile da individuare, soprattutto spulciando nel 'gruppo alienati che non dorme mai' ed a dire il vero nemmeno è del tutto importante se non forse per il fatto che anche voi possiate preoccuparvi per lui e fare vostra la domanda che più volte la mia ragazza mi ha posto:
"Ma ha capito bene che razza di psicopatico sei?!" :P

Se non avete capito chi è allora qui troverete il link al suo blog, al racconto con i suoi occhi di quella mattina e come sempre ad una delle sue preparazioni mai prive di spunti o considerazioni rilevanti :)
Anche alla voce 'dolcetti' regalati trovere il link al suo ottimo dessert :P

Passiamo ora alla ricetta.
Di nuovo sotto il cielo non trovere nulla (almeno, per oggi, qui) al massimo qualche considerazione dalla quale trarre spunto.
Il panettoncino preparato dalla mia ragazza è infatti la dimostrazione di come l'aspetto della 'pezzatura' in cucina abbia il suo peso e di come possa anche parzialmente cambiare l'approccio ad una stessa preparazione.
Parliamo infatti di un impasto per muffin cotto in uno stampo per minipanettone. Ed allora, cosa varia rispetto alle miniporzioni da muffin appunto?
Io direi se non proprio tutto, molto. Iniziamo dal valutare la consistenza. La cottura prolungata del panettoncino consente in superficie di avere una crosticina croccantella, una accennata biscottatura che contrasta in modo decisamente goloso con la restante parte morbida sul top data dalla crescita in forno. Se guardate la foto dall'alto vedrete proprio come la lievitazione dia sulla cupola l'aspetto tipico del panettoncino nel cambio di consistenza pur senza aver fatto dei tagli mirati.
Provvedendo la prossima volta ad una copertura con glassa e granella di zucchero l'inganno 'visivo' sarà certamente maggiore.
Indipendentemente dal tipo di aggiunte (nel nostro caso gocce di cioccolata fondente) c'è da dire che il fatto che si consumi tagliando le fette proprio come un panettone (è carino anche l'effetto che fanno una volta servite) il panettoncino ha una notevole durata contrastando per l'ovvia dimensione e per la cupola qui meno porosa appunto la naturale disidratazione. Insomma dopo una settimana le ultime due fette avevano ancora una notevolissima dignità. Io le avrei mangiate anche secche da tombino-umano quale sono ed invece sono rimasto letteralmente sorpreso della 'riuscita'.
Probabilmente in termini di farcia, oltre alle su citate gocce di fondente, proverei dell'uvetta o frutta secca rigorosamente ridotta non più grande di un pinolo in modo da limitare al massimo la resistenza dell'impasto alla sua crescita in lievitazione, provvedendo aggiuntivamente anche a delle aromatizzazioni più spinte.
Detto ciò il panettoncino preparato dalla mia ragazza è stato davvero una bella sorpresa della quale a breve proveremo altre declinazioni.
Per chi è molto più scaltro di noi con il frosting mi sa che è possibile arrivare a dei risultati davvero molto carini.
Il panettone vero è tutta una altra cosa...ma questo merita se non altro perchè disattende in modo positivo tutte le attese "standard" da muffin :) semplicemente cambiando 'pezzatura'.
A seguire la ricetta eseguita dalla mia ragazza in uno stampo al silicone per mini-panettone :

Panettoncino Muffin
- 3 uova (Codice 0);
- mezzo vasetto (da yogurt) di olio di semi di arachidi;
- 1 vasetto di yogurt bianco (è stato usato il Muller);
- 2 vasetti di zucchero;
- 3 vasetti di farina 00;
- 1 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia;
- 1 bustina di lievito per dolci;
- La scorza di mezzo limone ridotta a pezzettini minuscoli;
- Gocce di cioccolato fondente a volontà;

Preparazione
Si accende il forno a 180°, si prepara lo stampo da panettoncino oleandolo leggermente pur essendo di silicone.
Si mescola tutto nell'ordine indicato, in modo graduale, fino al completo assorbimento dell'ingrediente e si versa poi il composto nello stampo fino a raggiungere i 2/3 di altezza. Si inforna per 75' minuti abbondanti coprendo con carta d'alluminio qualora dovesse colorarsi troppo in superficie.
















martedì 1 febbraio 2011

Genoise con cremoso alla nocciola














Di recente mi confrontavo con una amica di infanzia su come alcuni episodi della vita potessero minare a vario titolo le nostre certezze, i nostri atolli di serenità che mai pensavamo potessero essere intaccati, il nostro quotidiano, le nostre abitudini scheggiando inesorabilmente anche i pigli più decisi.
Nessuna commiserazione, nessun tono affettato, solo quattro chiacchiere in confidenza per cercare di fissare fotograficamente e con alternante lucidità il confine labile che esiste tra disillusione e speranza, forza interiore e casualità.
Entrambi facevamo anche, ed in modo divertito aggiungerei, le medesime considerazioni su quelle persone che invece si trovano a margine di certe storie (parenti ed amici che dovrebbero supportare in teoria...) e sul fatto di come le stesse tipicamente si rifuggiassero in ruoli monocromatici pesanti da reggere nel tempo (quello sconfortato che parla solo di problemi, quello superficiale che proprio non riesce a farsi carico nemmeno di una chiacchierata seria,...) e di come invece fosse importante riuscire a trovare qualcuno con il quale parlare, qualcuno che sappia ascoltare e senza eccessi condividere un dialogo passando dalla riflessione rilevante, quella contornata di silenzi e pause a quella banale, scherzosa, con l'ironia giusta per acquisire nuovamente una dimensione accettabile del momento.
Da qui la necessità di individuare in assenza di un valido supporto umano un modo, un mezzo, una sorta di arma da difesa (ma perchè no anche di attacco) che potesse fungere da grimaldello per certe chiusure, quelle della vita come quelle mentali altrui.
Mi è subito venuto in mente un esercizio 'para-fisico' niente male.
La mia amica ha gradito, spero sia lo stesso per voi.
So che è più facile a dirsi che a fare...ed ecco quindi che ve lo spiego rapidamente proprio come ho fatto con lei, vestendo per un giorno i panni di un personal trainer (si chiamano così no?!...) uno di quelli circondati da una aura di infallibilità, dal capello scolpito ed ossigenato che pubblicano video e che quotidianamente in TV ci indicano gli esercizi migliori per la nostra salute fisica. Ecco, il mio fa eccezione perchè mira soprattutto alla salute mentale ma per il resto nulla cambia...ehm forse si in verità...il riferimento non è proprio maschile ma si sa gli anni 80' non hanno perdonato nemmeno me ed in qualche modo bisogna pure far colpo, no?! :)
Immaginate per un attimo che io indossi una parrucca tipo Jane Fonda ed una tutina elasticizzata da aerobica che tanto dona alla mia silhouette. La maggior parte di voi non mi conosce dal vivo ma questo ad onor del vero poco importa, so che in qualche modo la vostra fantasia vi aiuterà a capire quanto io possa essere 'carino' abbigliato così.
"Allora, pronti?" (Voce, la mia, adesso con tono incisivo e ritmo cadenzato).
"Ok comincia la lezione. Oggi impariamo il 'Sorriso Parachiulo', esercizio cardine sul quale si basa ogni prova mentale!"(davanti allo specchio ovviamente)
"Posizione rilassata, braccia non conserte e soprattutto tonici mi raccomando, non debosciati!".
"Guardatevi in modo deciso".
"Adesso si allarga la bocca fino a quando non compare qualche ruga bella decisa, profonda direi (io eh! non parlo di voi...certamente non avrete rughe...voi....:P ehehehehe), poi ci si concentra sullo sguardo per dargli luce e consapevolezza, con la mente si fà il pensiero del gesto dell'ombrello, lo avete presente no?!...e ci si immagina un bel 'tiè' a tutto quello che non va!"
"Mimatelo anche se la cosa può esservi d'aiuto
".
"Il 'tiè' deve essere pieno ed appagante, convinto ma non volgare. In una parola, sentito, mi raccomando!"
"Poi ci si lascia andare ad un ritorno della bocca in posizione di riposo in un sorriso lento ed accennato. Inspirate ed espirate lentamente. Serve a fissare l'attimo, quello che vi accompagnerà nel resto della giornata!".
"Ok, per oggi la lezione è finita, come vedete l'esercizio del 'Sorriso Parachiulo' non è difficile ma tocca allenarsi per raggiungere buoni livelli eh!"
Io cerco di farlo quasi tutti i giorni, idem la mia amica...qualcuno di voi vuole provare per caso ad allenarsi anche lui al 'Sorriso Parachiulo'?! :P

PS
Dimenticavo, casomai si volesse seguire alla lettera la lezione...prima di uscire di casa levate la tutina e riponete in un cassetto ben nascosto la parrucca se non volete farvi arrestare dalla buoncostume!

Passiamo ora alla ricetta
Il dolce di seguito riportato, come mi faceva notare un amico è un dessert di vecchio stampo (base+crema) lineare negli accostamenti ed immediato come gusto. Un dolce forse inizi anni 80' per stile e devo dire che mi trova perfettamente d'accordo se avessi dovuto individuargli una area anagrafica di appartenenza.
Perchè allora doverlo rifare se dèmodè? I motivi sono almeno due. Il primo è provare il pàte gènoise come alternativa al pan-di-spagna classico, il cui maggior tenore di materia grassa lo rende più goloso da una parte e non da meno più durevole nel tempo.
Probabilmente è vero che la sua preparazione è leggermente articolata però è sotto gli occhi di tutti la maggiore versatilità in pasticceria.
Il secondo motivo invece è il cremoso alla nocciola. Questa crema vi farà letteralmente desiderare di produrla in quantità interminabili. Così come la sua versione al fondente non ho molti aggettivi per descriverla. La consistenza, la stabilità ed il gusto al momento (ma parlo per me ovviamente) non hanno eguali tra creme similari.
Va provata, punto! :)
Poi se ne può discutere.
A seguire quindi la ricetta non prima però di aver ringraziato nuovamente Marjlet di SogniDiZucchero che mi ha fornito da tempo una ricetta senza punti deboli :)
Un ultima cosa, sotto trovate anche la foto a fine lavorazione quando cioè è stato levato il foglio di cartaforno usato come base d'appoggio per la decorazione :)

Genoise con cremoso alla nocciola

Pàte Gènoise di Sogni di Zucchero

INGREDIENTI
125 gr. di farina 00;
125 gr. di zucchero a velo;
125 gr. di burro;
4 uova medie;
un pizzico di sale;
un cucchiaino di estratto di vaniglia;

PROCEDIMENTO
Dividere il burro a pezzetti .
Scioglierlo 2 minuti in un tegamino mescolandolo con un cucchiaio di legno senza farlo friggere.
Rompere le uova intere in una ciotola d'acciaio con il bordo alto, aggiungere lo zucchero a velo e il pizzico di sale e mescolare con la frusta a mano in modo che gli ingredienti risultino ben amalgamati.
Versare in un tegame tanta acqua in modo che arrivi a sfiorare il bordo della ciotola e portare quasi a bollore.
Spegnere il fuoco e sistemare dentro il tegame con l'acqua la ciotola, con dentro le uova e lo zucchero.
Montare le uova con le fruste fino ad ottenere una crema molto gonfia e fin quando sollevando le fruste la crema ricadrà dentro la ciotola formando un nastro continuo.
Togliere la ciotola con la crema da sopra il tegame e appoggiatela dentro un recipiente con acqua fredda.
Continuare a montare con le fruste ma con movimenti verticali fin quando si e' ben raffreddato il tutto.
Incorporare il cucchiaino di estratto di vaniglia e la farina setacciata delicatamente un cucchiaio per volta con lenti movimenti verticali.
Aggiungere il burro fuso mischiando sempre delicatamente per evitare di smontare tutto.
Cuocere a 160° per circa 30/40 minuti.

Cremoso alla nocciola
250 gr. di crema inglese per cremosi*;
150 gr. di cioccolato fondente al 70%;
80 gr. di pasta di nocciole (io l'ho fatta in casa, anzi a dire il vero ci ha pensato la mia ragazza con zucchero di canna e nocciole sgusciate, tostate e spellate una ad una...);

*Crema inglese per cremosi:
350 gr di panna;
150 gr. di latte intero;
100 gr. di tuorli (oppure 110 gr. di tuorli per una cottura più breve ed una consistenza lievemente più accennata);
50 gr. di zucchero semolato (passato al setaccio);


Montare i tuorli con lo zucchero. Scaldare (in modo accennato non devono essere di frigo ma poco superiore alla temperatura ambiente) latte e panna insieme. Mescolare i tuorli al latte&panna e cuocere a fuoco medio mescolando girando con una cucchiarella forata (quella per montare il burro per intendersi) seguendo un movimento ad "8". Quando la crema arriva alla temperatura di 89° è pronta(questo in teoria) in pratica invece procedere fino a quando non vela un cucchiaio di legno. Passarla attraverso un colino. (Nota: Per la crema inglese classica invertire le dosi di latte e panna.)

Procedimento per il cremoso:
Emulsionare la crema inglese con un minipimer come per montare la maionese (con il terminale adattoquindi) insieme al cioccolato tritato messo poco per volta insieme anche alla pasta di nocciole. La crema deve essere lavorata ad una temperatura compresa tra i 50° e i 60° in teoria...in pratica si prende con un cucchiaino e si avvicina alle labbra.
Deve essere calda ma non scottare cosa che vuol dire tutto e niente ma in questo caso effettivamente è l'esperienza a fare la differenza...non saprei quale riferimento oggettivo darvi onestamente). Nell'uso del frullatore ad immersione ovviamente fare attenzione a non creare la bolla d'aria. In questo caso il cioccolato si può mettere tutto assieme a pezzetti senza tritarlo troppo. Come ultimo passaggio passare per un setaccio a maglie fini (personalmente l'ho fatto due volte).
Utilizzare subito il cremoso oppure riporre in frigorifero. Io consiglio di farlo assestare per almeno una notte in frigo.

Composizione del dolce
Ho usato uno stampo con incavo per il pàte gènoise che ovviamente ho fatto raffreddare per bene una volta sfornato. In realtà è stato preparato il giorno prima. Ho versato quindi il cremoso ancora tiepido e poi la mia ragazza ha decorato con granella di nocciole e con glassa al fondente sui bordi (qui la ricetta). L'ho lasciato in frigo per una notte intera coperto con un foglio di alluminio in modo da far rapprendere per bene la crema lasciandolo assestare.
In questa occasione il dolce non è stato bagnato volutamente dovendo essere offerto anche a dei bambini ma in un successivo rifacimento ho usato una bagna con Cointreau e poco sciroppo di zucchero e come ulteriore accorgimento ho usato solo i 3/4 dell'impasto prodotto da queste dosi in modo da avere una base più sottile.
In quest'ultimo caso lavorare e decorare il pàte gènoise con maggiore attenzione.