mercoledì 30 maggio 2012

Semifreddo nocciola e pere














Questo post nasce su un doppio binario.
Quello personale e quello del confronto. Il primo aspetto lo trovate sotto, tra le righe più che nelle frasi. Il secondo invece è il parallelo che ha luogo con una incontenibile ragazzaccia del web che nel tempo in qualche modo strano ho anche imparato a voler bene, una certa Raravis per la precisione, la stessa che stamane vi offre la propria vista di quello che (non) ha.
Il format chiaramente è saccheggiato da una recente trasmissione.

- Quello che non ho...in questo momento è un americano solido per attraversare indenne alcune ore;
- Quello che non ho...la sera quando la stanchezza vince ogni resistenza ma il sonno tarda a venire è una favola serena da raccontarmi e raccontare per far addormentare tutti gli ex-bambini con un sorriso lento;
- Quello che non ho...è il coraggio di prendere un aereo per fissare al meglio dall'alto le mie fragilità, accettandole come tali;
- Quello che non ho...è una macchina fotografica per raccontarvi di una commessa botero di felliniana natura e dal sorriso disteso che in un negozio del centro con la maglietta involontariamente sollevata sui jeans andava in giro per scaffali a mostrare allegramente un perizoma rosso letteralmente affondato nelle strasbordanti carni, incurante del mondo attorno.
- Quello che non ho...è l'invidia, nemmeno quella sana che spinge a migliorare per comparazione;
- Quello che non ho...è un retino per raccogliere gli zebedei rotolati sotto le scarpe quando incrocio Gigi D'Alessio in televisione;
- Quello che non ho...è la decenza di fermarmi davanti ai dolci fino a quando non mi riduco ad uno stato vegetativo;
- Quello che non ho...avuto e ne sono anche sottilmente orgoglioso è l'attimo di autocontrollo, per aver schioccato in modo camorristico e ad alta voce un vaffan... nei confronti di un cretino con lo scooter che stava investendo MissD.
- Quello che non ho...avuto ancora è l'occasione di organizzare a qualche governatore regionale un bel viaggio con un simpatico gruppo di hooligans con precedenti penali per reati di violenza gratuita;
- Quello che non ho...è una dotazione di supposte alla paprika con le quali indurre all'educazione ed al rispetto chi vive sulle tragedie altrui;
- Quello che non ho...è la voglia di fermarmi, magari perchè non ne sono capace e questo è un gran limite;
- Quello che non ho...capito è come non sia evidente a tutti quanto sia mediocre la parabola di vita piccolo borghese della famiglia Bossi, quella che aveva gli ideali e gli attributi duri della provincia ma che per pura e semplice ignoranza è diventata solo corruzione e machismo da viagra di capologuo di regione.
- Quello che non ho... è il potere di chiudere qualche vacca di igienista dentale in una stalla di tori da monta piuttosto che in un consiglio regionale;
- Quello che non ho... è la tolleranza verso la finta originalità, la pazzia quella vera, quella elevante, va conquistata giorno dopo giorno;
- Quello che non ho...dimenticato è la "collezione" di tutti gli attacchi che fece un pò di anni fà Leoluca Orlando a Falcone...;
- Quello che non ho...capito è la Chiesa che valuta De Pedis un benefattore, un omosessuale un malato e don Gallo uno scassapalle;
- Quello che non ho... è la lucidita per comprendere il nesso che corre tra Giorgia Meloni, ex Ministro della Gioventù e la politica lei che recentemente in TV affermava testualmente:"In Italia pè emerge va 'ffatta 'nzacco de gavetta".
- Quello che non ho...è il coraggio di immedesimarmi troppo per non dover provare quell'abisso di frustazione ed impotenza;
- Quello che non ho...è il vestito buono della tolleranza per ogni occasione, qualche volta l'eleganza non occorre.
- Quello che non ho...è una manciata di asterischi e parentesi tonde per raccontare con note a piè di pagina quanto possa voler bene a chi mi sta accanto pur senza che lo accenni mai;
- Quello che non ho...è la definizione di felicità, quella che so essere certificata da piccole cose messe insieme i cui contorni inevitabilmente si perdono nell'atto della sola messa a fuoco;
- Quello che non ho...è un freno a mano che metta all'incanto la mia attenzione ai particolari;
- Quello che ho...è il sorriso lento che arriva quando vedo MissD. gironzolare indaffarata per casa con i suoi calzini antiscivolo dalla fantasia colorata;


Questo post è dedicato ad una amica isolana lontana e vicina allo stesso tempo.


Passiamo quindi alla ricetta.
Questo semifreddo non avrebbe dovuto essere pubblicato perchè essendo stato preparato esclusivamente per mio cognato non c'è stata occasione di fotografarne la sezione e cioè una fetta.
Chi frequenta questo piccolo blog sa che non amo le 'foto' a scatola chiusa, tuttavia questa volta faccio una eccezione in quanto il dessert non è altro che un assemblaggio stupido di preparazioni già pubblicate ed accoppiate per l'occasione secondo la preferenza personale del gusto delle pere accanto a quello grasso e pieno della nocciola, passando per il viatico del fondente in diverse consistenze.
Le foto di mie preparazioni analoghe sono ampiamente sufficienti a colmare la mancanza, come ad esempio questa del croccante gianduia e nocciola o quella del cremino al caffè.


Semifreddo nocciola e pere

Torta mandorle&pere al limone
130 gr. di pere essiccate;
150 gr. di mandorle;
3 mandorle amare;
60 gr. di zucchero a velo;
100 gr. di burro;
2 albumi di uova a codice 0;
buccia di 1 limone grattugiato;
In aggiunta:
4 albumi di uova a codice 0;
20 gr. di zucchero a velo;

Preparazione
Tritare (fino ad ottenere una grana fine) le mandorle (comprese quelle amare) con lo zucchero a velo e le pere essiccate.
Assicurarsi con le mani che il tutto è stato ridotto ad una farina 'grossa'.
Aggiungere quindi il burro a pomata e mescolare, incorporare i due albumi (in modo da alleggerire il composto) e la buccia di limone grattugiata.
Nel frattempo montare a neve gli albumi con lo zucchero ed aggiungerlo delicatamente al composto di mandorle&pere.
Imburrare una teglia (opzionale 'infarinarlo' con poca farina di mandorle, farlo solo se la teglia non ha una buona antiaderenza) con corona amovibile e versare con delicatezza il composto. Forno a 180° per 25-35 minuti(dipende dal forno ovviamente).
Aspettare il completo raffreddamento prima di sformare vista la sua delicatezza in termini di densità.

Per la Namelaka al cioccolato fondente
125 gr. di cioccolato al 70%;
3 gr. di gelatina in fogli da 2 gg. (quindi quella commerciale);
100 gr. di latte fresco intero;
5 gr. di sciroppo di glucosio;
200 gr di panna fresca;

Far fondere il cioccolato nel micro-onde fino alla T di 50°C. Far idratare la gelatina in acqua fredda, strizzarla e tamponarla tra due fogli di carta da cucina. Far bollire il latte insieme al glucosio e aggiungere la gelatina. Rimescolare, filtrare e versare sul cioccolato fuso in tre volte, in modo da realizzare una emulsione leggera e brillante che io ho leggermente mescolato con un frullatore ad immersione alla minima velocità cercando di non incorporare aria.Ho aggiunto la panna mescolando sempre con una frusta a mano in modo da incorporarla uniformemente. Ho filtrato il composto e l'ho passato in un contenitore di vetro affinchè potesse maturare in frigo per tutta la notte. L'indomani ho montato la crema a spuma con le fruste adoperandola come top.


Croustillant alle nocciole
Ingredienti:
150 gr. di pralinato alle nocciole(prlainato preparato da me con la ricetta di Giovanna di LostInKitchen);
10 gr. di pasta di nocciole;
50 gr. di cioccolato bianco di ottima qualità;
90 gr. di sfogliatine o gavottes (ho usato dei fiocchi di mais ricoperti di miele);
Far fondere il pralinato, la pasta pistacchio ed il cioccolato bianco al microonde oppure a bagno maria. Incorporare le sfogliatine spezzettate. Mescolare bene.

Ganache al cioccolatofondente
Ingredienti:
200 gr. di cioccolato fondente al 70 % finemente tritato;
200 gr. di panna fresca
2 cucchiai rasi di cacao di ottima qualità;
2 cucchiai di Cointreau;
Portare la panna al limite del bollore stemperandovi il cacao. Toglierla dal fuoco e versarla sul cioccolato finemente tritato e con un mixer ad immersione lavorare l’impasto, facendo attenzione a non incorporare aria, fino ad averlo liscio e lucido. Profumare con i 2 cucchiai di Cointreau, mescolando quindi a mano.


Disco di cioccolato gianduia
Sciogliere il cioccolato gianduia fondente a bagnomaria (60 gr. di cioccolato per uno spessore davvero esiguo per un disco del diametro complessivo di 24 cm). Disegnare un cerchio della grandezza di 24 cm su un foglio di carta forno e con un pennellino per dolci, ricoprirlo di cioccolato. Lasciar rassodare.


Bavarese alle nocciole di Palma d'Onofrio
Ingredienti
250 gr. di latte;
4 tuorli d'uova codice 0;
175 gr. di zucchero;
300 gr. di panna montata;
12 gr. di gelatina in fogli;
80 gr. di pasta di nocciola;
80 gr. di nocciole tritate finemente;
Portare ad ebollizione il latte con le nocciole tritate e lasciarle in infusione per almeno mezz'ora, nel frattempo lavorare i tuorli con lo zucchero e la pasta nocciola. Quando e' ben montato diluire il latte continuando a battere con la frusta, filtrare al setaccio prima di incorporare la colla di pesce, precedentemente ammollata in acqua tiepida e strizzata. Lasciare raffreddare, mescolando di tanto in tanto. Quando il composto si sarà raffreddato, unirvi la panna montata.

Nota
Questa bavarese, prevede in teoria il filtraggio del latte per eliminare le nocciole(granella più grossa). Se le nocciole però sono tritate bene omettete anche il passaggio.

Montaggio della torta - Con queste dosi ne ho preparata una del diametro complessivo di 24 cm con un cerchio fisso da pasticceria rivestito di cartaforno;

1° strato
Tagliare con il cerchio da pasticceria di 24 cm la torta mandorle&pere al limone. Sarà la base del dolce. E' già umida di suo e quindi non bagnarla ulteriormente.

2° strato
Ricoprire la torta di mandorle con il disco di fondente e poi passarla in freezer per 30'.

3° strato
Passare quindi al croustillant, creando uno strato non troppo alto. Passare in freezer per 30' ancora per far rapprendere.

4° strato
Versare la ganache al cioccolato. Far rapprendere sempre nel freezer per 30'.

5° strato
Versare sulla ganache la bavarese alle nocciole raggiungendo una altezza doppia rispetto alla prima. Passare sempre in freezer un'oretta per far rassodare.

CONSIGLIO IMPORTANTE: Prima di rifinire la torta passatela in freezer 2 ore in modo da poter procedere poi maggiore dimestichezza nella copertura.


Decorazione
Sbloccare l'anello di pasticceria.
Montare a crema con le fruste la namelaka adoperandola come top.
Inserite in un mixer una manciata di nocciole tostate insieme e ad intermittenza ricavatene una granelle bicolore non troppo fine. A questo punto con il dolce freddo freddo ma non troppo e quindi più facilmente lavorabile, procedete con le mani a far aderire la granella mista, pressando leggermente. Riporre in freezer e portarlo in frigo solo un'ora prima di servirlo (dipende ovviamente da come è impostato il frigo).
Sulle note di assaggio non aggiungo nulla, la base di pere, le nocciole ed il fondente, in un semifreddo cremoso dovrebbero già da soli raccontarvi parecchio :D








domenica 20 maggio 2012

Non meritiamo la democrazia














(19 Maggio 2012)

Non meritiamo la democrazia.
Su un asettica autostrada di notte che va da una prima candelina alla mia ansia mi affianca il pensiero della vendetta.
Mi sorpassa l'idea della scelta cruenta per non dover mai accostarmi ad alcuna forma di immedesimazione.
Che sia riscatto dalla fragilità? Forse.
Eppure non c'è ristoro in alcuna area di servizio della mente, continuo a mantenere costante la velocità interiore pagando di persona la scelta di contare solo sulle mie forze.
Magari mi fermo un pò.
Lascio a chi mi affianca la guida, magari solo per qualche chilometro. Potrebbe chiarire, osservare i pensieri scorrere lato passeggero.
Continuo a scorgere dal retrovisore, aspettando che una rapida vendetta lampeggi chiedendo strada.
Non ho sonno ma sono stanco. Seguo la linea di mezzeria, contando i metri ed i minuti che mi separano da casa.
Il Tutor mi redarguisce dall'accellerare il respiro, controlla la dinamica fisica ma non quella del pensiero che autonomamente sfugge ad ogni forma di disincentivazione.
Desidero cambiare e non da meno vorrei che stanotte qualcuno che non conosco maturi una coscienza per soffrire ogni secondo della sua vita fino a desiderare il suicidio.
Sono arrivato a casa finalmente.
Le chiavi nella toppa, una TV a dare un volto a chi non c'è più, un pezzo di fondente a sopire l'adrenalina, le guancie tronfie di mia nipote da una foto ad assicurarmi il primo sonno.
Quanto è stata dura arrivare al casello oggi.
Non meritiamo la democrazia.

martedì 8 maggio 2012

Paninetti alla provola














Odio soffermarmi sul quotidiano eppure proprio come un mitile, nel filtrare l'acqua del contemporaneo a fine settimana non posso far altro che portarmi dietro dei residui ben poco commestibili di avanzi organici e culturali di vario tipo.
Considerazioni banalotte sia chiaro alle quali tuttavia non riesco a dare una svolta logica. Ad onor del vero non è che dedichi loro molto tempo, probabilmente anzi certamente con un minimo di approfondimento riuscirei anche ad intuire i meccanismi che si muovono dietro alcuni fenomeni di massa al momento ripeto, per me alquanto nebulosi.
L'anniversario dell'affondamento del Titanic ad esempio. Già qualche annetto fà ci avevano pensato le major hollywoodiane a rifilarci un macigno cinematografico che ha reso funzionale una tragedia umana (che purtroppo è storia) rendendola strumento di castrazione intellettuale ed anche fisica di massa, di tutti quelli cioè che hanno vestito i panni dello spettatore potendosi fregiare contemporaneamente anche di un minimo di attività cerebrale.
E'grave qualsiasi affermazione che possa ledere alla memoria di un avvenimento luttuoso ma quanto avrei voluto vedere Leonardo Di Caprio impalato dall'iceberg secondo la più ligia e dolorosa tradizione medievale. Questo per compensare se non addirittura dare un senso a quella cortina di pathos da romanzo rosa di infimo livello con il quale hanno pervaso ogni inquadratura del lungometraggio, oggi addirittura riproposto in 3D. Domani probabilmente sarà 'confezionato' aggiugendo anche esperienze sensoriali come già accade in molti parchi giochi e quindi senza muoverci dalla poltroncina saremo catapultati anche noi sulla prua della nave nella scena più romantica del film, avvertendo il vento in faccia, bagnandoci il viso con qualche spruzzetto d'acqua salata dell'oceano, 'guardando' il cielo stellato sopra di noi e l'oceano sotto ma con la strana sensazione di essere bloccati in quella propaggine cieca dello scafo con un tizio alle spalle dal sorriso erotomane poco rassicurante che ragiona come ogni marinaio, più che con il cuore...con un timoncino semidirezionabile.
Immancabile ovviamente il sottofondo lacerante dell'usignolo del Quebec, "....and my heart will go on and ooooooooooon..." con i suoi acuti ululati a risvegliare sintomatologie affini a prostatiti, ernie e cistiti.
Non mancano in ultimo le fiction televisive a esumare l'indotto storico della vicenda, perchè dalla cronaca nera c'è sempre di che trarre materiale per intrattenere&vendere, Barbara D'Urso docet sul campo avendo raccontato per il caso Concordia, quando aveva esaurito tutti i parenti delle vittime da intervistare, anche le coliti dei passeggeri superstiti a conseguenza dello spavento, rivelando la cosa come fondamentale per la comprensione dell'accaduto. Quindi che ben vengano le biografie di chi ha progettato lo scafo, di chi ha stuccato la sala da ballo di quella nave straordinaria, di chi ha installato i gabinetti, di come lo ha fatto o il numero di cabine di lusso che poteva fregiarsi del bidet, perchè la storia, questo è noto, passa anche per dettagli similari.
Sulla scia marina prodotta dalle eliche dei media quindi qualcosa scompare nella schiuma di questo interminabile rumore di fondo, il desiderio appunto di decontestualizzare per leggere una più alta metafora delle vicende umane, e qualcosa compare purtroppo, perchè il mare è anche pieno di monnezza e quindi non possono di certo mancare a galleggiare gaudenti aste di lusso dal carattere lugubre dove si vendono persino le mutande dei sopravvissuti fuochisti, se usate non è dato sapere, talk-show dove la vincitrice del reality di turno espone perle di saggezza, iniziative commemorative, qualcuna addirittura concretizzatasi in una crociere "in memoria" che aveva lo stesso tragitto della nave per una serie di fancaxxisti senza pudore altro che immigrazione.
Come già ebbi modo di dire a suo tempo cambia addirittura la fonica dell'italiano parlato. Ho sempre chiamato la nave Titanic, ma dopo il film e tutti gli sfruttamenti annessi e connessi all'evento anche il mio amico "culo di gomma", famoso medico autodidatta in tema di punture quando non poteva ancora provare su altri e che non conosce una parola di inglese, affermava:"Ho visto taitanic in 3D al cinema, bello, davvero bello...".Io ridendogli in faccia:"...si si proprio il Taitanic, è proprio quello!"
La storia quindi come spunto di riflessione svilito in atti di voyerismo tra il pacchiano ed il patetico con tutto il fascino della leggenda che permette di navigare con tranquillità in ampi bacini di improbabile marketing dal dubbio buon gusto.
Ecco che l'immagine dell'iceberg che emerge dalle fredde acque ed impala il protagonista ha un suo inconfessabile fascino che purtroppo rimane utopia e fantasia contorta nella mia mente, la stessa che quindici anni or sono, era in un cinema, insofferente dello spettacolo proiettato sullo schermo e nelle poltroncine accanto, dove lacrime di amore e commiserazione scendevano giù copiose almeno quanto le mie aspettative, calate insieme a qualcosa d'altro in un vuoto abisso di sconforto.
Troppo lontana l'omonima canzone di De Gregori imparata quando non ero nemmeno maggiorenne, davvero difficile spiegare alla mia ragazza di allora perchè a tratti sorridevo come un deficiente, più facile ripetersi in testa quel refrain per attraversare indenne l'empio ammorbamento, lo stesso che adotto oggi quando spettacolarizzando la cronaca dei tempi addietro si manda a picco la storia, quella con la s maiuscola.
"...per noi ragazzi di terza classe che per non morire si va in America..."

Passiamo alla ricetta
Chi mi conosce sa che faccio il pane tutte le sere, rinfrescando il lievito madre quotidianamente, motivo per il quale ad oggi non si contano i diversi tentativi di portare in tavola piccole varianti che possano stuzzicare ancor più. Confesso però che mentre prima portavo nota di tutti i cambiamenti, dettagliando su un quadernetto le alternative migliori adesso procedo ad occhio ma soprattutto ad estro assecondando i malumori o ancor meglio gli stati d'animo di fine giornata che a maggior ragione se sono viranti all'esaurito, trovano nel profumo del pane da sformare a cena un viatico per riaversi fisicamente e moralmente. Cose di poco conto ma che almeno nel mio piccolo quadrato di vita fanno la differenza. Quadrato, ci tengo a sottolinearlo, i cerchi purtroppo non mi si addicono anche se sono il mio desiderio inconfessato.
Torniamo quindi alla preparazione. Un pò di tempo fà, sulla stessa rivista dalla quale avevo preso spunto per il cremoso di carciofo avevo anche segnato un pane alla mozzarella che mi intrigava e non poco. Ovviamente come in tutte le pubblicazioni per addetti ai lavori non c'erano molti dettagli ed ecco quindi che tre rifacimenti dopo, vi condivido il mio pane alla provola (ma provato anche alla mozzarella due volte) che ha riscosso ottimi giudizi tra quelli che l'hanno provato.
Lo chef al quale va la paternità del lievitato è il casertano Giuseppe Daddio, quella che però vedete qui è la mia versione convertita sulla base della mia esperienza e soprattutto del mio lievito madre che essendo di una certa forza mi ha di certo agevolato nel processo di lievitazione. Quanto riportato sotto è tuttavia una ricetta alla portata di tutti, senza troppi tecnicismi esibiti, ma con un dettaglio per il quale tutti possono portarlo a casa questo pane ma soprattutto il suo intenso profumo.
Dovreste rifarlo solo per l'effluvio tiepido che avvolgerà casa prima ancora che per il gusto di provarlo sotto i denti :)
Un ultima cosa quello in fotografia è il pane alla provola, quello alla mozzarella è uguale ma con un colorito più bianco.
In merito all'assaggio poco da dire. Un lievitato con dolci note di affumicato che rimandano ad uno dei latticini più buoni che si possano avere in giro è una piccola goduria che spero tutti possano rifare nelle proprie cucine senza per questo dover spulciare un manuale di chimica o dover testare quanto sia calcarea l'acqua che gli sgorga dal rubinetto :)


Paninetti alla provola

Ingredienti
300 gr. di farina manitoba (io Mulino Marino);
250 gr. di provola fresca affumicata (in alternativa mozzarella nello stesso quantitativo);
100 gr. di lievito madre fresco di rinfresco;
100 gr. di acqua tiepida (se avete confidenza con impasti di difficile gestibilità aumentate anche di 50 gr. arrivando in totale a 150 gr. altrimenti vanno benissimo i 100 gr. appena elencati);
9 gr. di sale dolce (se usate quello normale 7 gr. sono più che sufficienti);
15 gr. di olio evo fruttato a bassa acidità;

Procedimento
Per il lievito madre, la mattina che devo usarlo, tre ore prima lo rinfresco* e lo lascio a temperatura ambiente coperto con un panno di cotone leggermente spolverato di farina fino a quando non devo impiegarlo.
La base di partenza quindi è il lievito madre appunto con un classico profumo di yogurt (non deve assolutamente avere note acidule al naso).
Prendo quindi la provola (o mozzarella a seconda dell'ingrediente usato) scolandola dal suo liquido di quiescenza, la taglio grossolanamente compresa la "pelle affumicata" prelevando in un piatto fondo tutto il liquido che fuoriesce e la frullo con un mixer impulsivamente fino ad ottenere una pasta sfarinosa e umida (pronta in meno di un paio di minuti reali). Il siero prelevato quindi lo mischio ai 100 gr. di acqua tiepida dove sciolgo con le mani o aiutandomi con una forchetta i 100 gr. di lievito madre. Lascio riposare a temperatura ambiente per almeno una ora buona.
Nel frattempo mescolo i 300 gr. di farina manitoba con la provola frullata lasciando anche questo composto incorporato uniformemente alla meglio a riposare per circa una ora parallelamente al lievito.
Passati i 60 minuti abbondanti unisco i due impasti e mi armo di santa pazienza lavorandoli a mano.

L'impasto resta alquanto morbido e quidi pur risultando leggermente appiccicoso lo alzo e lo lavoro a mezz'aria, dandogli una forma di medusa al di sotto della quale con rapidi movimenti delle mani porto la pasta in eccedenza man mano che trabocca dalla circonferenza. In pratica è come se attivassi un riciclo della pasta che dalla semisfera superiore viene portata sotto. Questo consente contemporaneamente non solo alla pasta di "asciugarsi" all'aria quanto alla maglia glutinica di svilupparsi nel migliore dei modo pur nel frangente completamente diverso rispetto ad impasti classici.
Non appena la pasta assume una sua accennata elasticità pur non staccandosi facilmente dalle mani aggiungere il sale e continuare per un 10 minuti buoni fino ad ottenre una profumatissima "palletta" che riporrete in una ciotola di vetro precedentemente unta con olio evo.
Inumidire d'olio anche l'impasto e poi chiudere con pellicola lasciando lievitare il tutto per almeno 4 ore al termine del quale su una spianatoia leggermente spolverata di semola si procede alla mozzatura (termine preso in prestito alla formatura delle mozzarelle) dell'impasto ed alla formatura di piccoli paninetti i quali andranno poi incisi sulla sommità ed anche leggermente unti con un pennello intinto in olio evo, adagiandoli su una teglia ricoperta di carta forno.
Si lasciano quindi lievitare i paninetti per altre 4-5 ore in ambiente riparato da correnti e dalla temperatura costante (di solito dentro il forno) al termine del quale procedo con la cottura.
Qui potrebbe aprirsi una disquisizione che potrebbe arrivare a toccare anche la fisica quantistica, io, mi limito a dirvi di preriscaldare il forno a 180°-200° e di riporre la teglia dei panini sul ripiano medio fino a coloritura degli stessi.
20-25 minuti di solito sono più che sufficienti. Mi raccomando però un occhio al forno ma soprattutto annusate l'aria, quando il profumo di provola o di mozzarella sarà intenso siete molto vicini al momento di poter sfornare.


Note per la tempistica e per il lievito
- Per i tempi di realizzazione, se il lievito madre che avete a disposizione è ben "allenato" vi basta una giornata, soprattutto sfruttando le temperatute più miti del periodo altrimenti dovrete anticiparvi di un giorno, partendo dalla sera precedente e mettendo l'impasto in frigo nel reparto orto-frutta che di solito è quello che maggiormente conserva la temperatura costante.
Se avete il lievito madre più che allenato potreste procedere così:
Ore 6:oo --> ultimo rinfresco;
Ore 9:00 --> 100 gr di lievito madre sciolto nei liquidi (acqua più siero);
Ore 9:00 --> provola o mozzarella ridotta con il mixer e mescolata alla farina;
Ore 10:00 --> impasto il pane;
Ore 11:00 - 15:00 --> primo riposo;
Ore 15:30 --> pezzatura e disposizione in teglia dei paninetti leggermente unti;
Ore 16:00 - 20:00 --> lievitazione;
Ore 20:10 --> Cottura;
Ore 20:40 --> Sarete con le ustioni alle mani e sulla lingua pur di provare! :P ahahahahahaha

PS
Ho anche provato a saltare la fase del primo riposo procedendo da subito alla formatura e facendo lievitare direttamente per 8-9 ore in teglia. Il risultato è leggermente differente ma non tanto da giustificare qui quale è il migliore. Sarete contenti in entrambi i modi assecondando i vostri tempi...il resto ha realmente un peso minore.


*"Fresco di rinfresco" per me vuol dire che sono al terzo rinfresco consecutivo. Supponiamo cioè che voglia preparare il pane il Sabato(infornarlo la sera intendo).
Il Giovedì sera faccio il primo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Venerdì sera faccio il secondo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Sabato faccio il terzo rinfresco molto presto la mattina (solitamente alle 6:00) ed invece di riporre il lievito nel frigo lo lascio a temperatura ambiente per tre ore dopodichè lo uso per l'impasto che metto a lievitare tutta la giornata per preparare appunto il pane.