martedì 12 luglio 2011

Gelato di yogurt e limone














Bulimia di chef, di ricerca gastronomica, di bio, di prodotti diversi con una tavolozza di colori che vira dall'esaltazione della tavola rustica a quella sapientemente costruita nell'opulenza di scelte estetiche e di gusto ad effetto.
Cuochi osannati sdoganati dal duro lavoro al fornello allo schermo catodico nella marchettara telepromozione di se stessi o dell'azienda di turno ad inciampare in cadute di stile notevoli, la base invece a cercarsi, in questa frenesia, un posto al sole trovandoli poi in libreria se non addirittura in TV con un 'cappello' da esperti o presunto tale che fa ridere anche l'ultimo fesso come me che in cucina gioca solamente, concretizzando a ben vedere Wharol perchè in fondo anche il web, parimenti agli altri media potenzialmente assicura (o quasi) 15 minuti di notorietà a chiunque.
Ecco il punto è proprio quello, essere visibili, essere riconoscibili, rappresentare qualcosa per qualcuno indipendentemente che si abbia o meno un contenuto da condividere. In mezzo tutto l'oceano di una umanità varia&avariata.
Entro nello specifico. Cosa è un food-blogger o meglio quale è il perimetro nel quale si muove?
Questa la domanda che qualche volta mi sono posto quando mi sono visto etichettare così. Di solito penso al cibo ed alla tavola come un momento per ritrovarsi, penso a quando spendo tutto il mio Sabato in cucina per una cenetta con amici o con la santa che mi sopporta e 'solo' per quei 5-10 secondi nei quali capisco se al suo primo assaggio l'ho sorpresa o meno, penso a mia madre che si spende in pranzi curati per il solo piacere di infiocchettare al meglio la famiglia riunita alla tavola della Domenica, penso ad una ragazza dal bagaglio a mano sempre più ridotto che ho incrociato per una manciata di minuti in un bar del centro che nello sguardo aveva la luce di chi spende la propria natura libera ai fornelli pagando il prezzo di un pò di appunti scompigliati dal vento, penso ad una amica varesina che non ha un blog ma che spende il suo tempo a confezionare cene che tradiscono tutto l'affetto con le quali sono preparate...
Spendersi per qualcuno e non per qualcosa tutto il resto invece per quanto mi sembra comprensibile lo trovo anche un filino inaccettabile.
- Che uno chef abbia una filosofia di vita e questa la traduca nei piatti che vende al proprio ristorante lo trovo comprensibile ma l'equazione implicita che vuole però quell'approccio riconosciuto come fede non è accettabile eppure quante guerre di 'religione' avvengono tra cuochi, i loro e-stimatori, i detrattori...

- Che la televisione sedata sul piano dell'informazione e del ridere intelligente preferisca inondarci di intrattenimento ai fornelli con una overdose di cibo è comprensibile nell'ottica di una depressione culturale maliziosamente ricercata, quello che non trovo accettabile è il ruolo di certi chef o di certi critici che non rispondono più alla ferrea logica e professionalità della cucina ma a quella dell'audience o della telepromozione, svilendo in modo impietoso e masochista una arte...la loro arte.

- Che il bio sia una idea venduta più che un corrispettivo concreto lo trovo comprensibile visto che non esiste una disciplinare in merito quello che è inaccetabile invece è farne una bandiera integralista con la quale valutare il buono dal non buono, visto soprattutto quanto ci marciano sopra questa 'ideologia buonista' dal piccolo contadino alla cooperativa più organizzata e quanti fessi che gli vanno dietro soprattutto...

- Che la blog-sfera del cibo sia una opportunità pubblicitaria a basso costo 'pagato' con corrispettivi in prodotti o similari è comprensibile, quello che è meno accettabile è la superficialità con la quale molti seguono solo il vento dell'opportunità non rendendosi conto che in fin dei conti contribuiscono a dare credibilità anche a ciò che fa fatica ad averne di suo. Faccio un esempio per chiarire ed evitare polemiche verso chi ha più tempo di me da dedicare a simili beghe:"...come si può mettere la faccia su prodotti dalla riconosciuta 'scarsa qualità' della grande distribuzione elevandoli ad alimenti sani&versatili con delle costruite cooking-session sfavillanti, belle foto e pseudo operazioni-ricordo a rendere vintage ciò che ha solo un recente passato?...".

- Che anche l'italiano risenta di questo america-gastronomica da scoprire alla portata di tutti per quanto elitaria nelle intenzioni è evidente, il linguaggio da cucina sdogana le sue formule tecniche per chi (come me tra l'altro) ha solo scolato la pasta asciutta in vita sua....quello che è meno accettabile invece è l'adozione con superficialità di superlativi, aggettivi qualificativi e sinonimi che rendono maestri e sensei un pò tutti, il che equivale poi a non esserlo nessuno. Alla fine mi diverto davvero a cogliere le sfumature, a leggere certi palesi complessi irrisolti anche perchè lasciando a chi è più competente di me il compito di rilevare l'incuria con la quale si deforma e si svilisce il significato di una parola scritta, alla fine la blogsfera dedita al cibo si trasforma in un vero e proprio crocevia di tanti "Maghi do Nascimento, maestri di vita", tutti dediti a se stessi con la quindicina di adepti pendenti dalle loro labbra, poco inclini al raffronto con altri, una sorta di piccola italietta di quartiere che mima una alzata di testa senza lasciar perdere però l'approccio da giornaletto scandalistico...

Firmato
Gambetto, "Mago do Macchiamento, maestro di Kebab&Pita"


Passiamo quindi alla ricetta.
Il gelato di yogurt e limone è una preparazione che avevo adocchiato da tempo. Conosco e frequento poco il blog La belle auberge dal quale l'ho "rubacchiato" però anche chi come me si è limitato ad una iniziale e non esaustiva lettura dello stesso non può fare a meno di intuire la bravura e la competenza della autrice, Eugenia, che qui ringrazio per lo spunto goloso fornitomi e per la consolidata competenza condivisa con gli altri.
La ricetta non è stata modificata nell'esecuzione ma solo leggermente cambiata sul bilanciamento di alcuni ingredienti per avere una resa più incisiva sul piano aromatico.
Devo dire che la cremosità del gelato è davvero unica, probabilmente l'unica valutazione aggiuntiva che mi sento di fare è quella di non cadere in un tranello verbale che potrebbe fuorviare l'aspettativa.
Mi spiego meglio, per natali e per esperienza la parola gelato e limone avevano compresso nella mia mente fino ad eclissarla quella dello yogurt, lasciandola nel dimenticatoio sino al primo assaggio, allorquando la prima considerazione che ho fatto è stata...questo non è gelato al limone è gelato di yogurt e limone.
La differenza è sostanziale e sebbene si presti ad essere mangiato a cucchiaiate anche da solo, concordo con l'autrice della ricetta che la sua declinazione ideale è con una salsa di frutti rossi, probabilmente una composta di ciliege o di fragole e cioè con una componente che dia maggior risalto alla base di yogurt.
Considerando la velocità di preparazione e la resa al palato consiglio vivamente di prepararlo, magari come ho fatto io con l'aggiunta di un paio di cucchiai di Cointreau che bilacia appunto con una nota alcoolica l'eventuale assenza di una salsa ai frutti di bosco donando così un equilibrio decisamente migliore nonchè elegante.

Gelato di yogurt e limone

510 gr. di yogurt greco magro 0% (l'equivalente di tre vaschette di un noto yogurt greco compatto);
125 gr di zucchero a velo;
1/8 di cucchiaino da tè di farina di semi di carrube (non indispensabile);
190 gr di panna fresca;
qualche granello di sale dolce;
120 gr. di succo di limone;
2 cucchiai pieni di Cointreau;
zeste di tre limoni medi;

Mescolare lo zucchero con la farina di semi di carrube ed il sale dolce. Unire le polveri alla panna e mescolare accuratamente con un frullatore ad immersione avendo cura di incorporare aria.
Aggiungere lo yogurt e frullare di nuovo continuando ad incorporare aria. Unire il succo di limone ed i due cucchiai abbondanti di Cointreau. Completare con la zeste grattugiata, mescolando con un frusta a mano. Lasciar maturare la miscela in frigo per almeno 3 o 4 ore, poi passarlo in freezer.