martedì 18 dicembre 2012

Casarecce romane ma proprio romane che piú romane nun se pò


I nomi dei food-blog sono una sorta di tatuaggio informatico con il quale ci presentiamo ad un pubblico di perfetti sconosciuti. E'chiaro che alcuni per la loro natura lessicale esplicita nei rimandi diretti ad un profumo, ad un sapore, ad un piatto, ad una sensazione piuttosto che ad una personale inclinazione chiariscono o quantomeno proiettano una luce di aspettative che poi a ben vedere non sempre sono rispettate nei contenuti. Quando ho scelto il nome del blog, ad esempio, non ho avuto dubbi sul fatto che potesse essere Gambetto nella Zuppa, quasi posso dire di aver vissuto la circostanza come un passaggio obbligato, una sorta di coerenza gastronomica culturale che riuscisse a tracciare, per quanto in modo superficiale, un profilo (psichiatrico aggiungerei) dell'autore.
Il gambetto di prosciutto, che mia madre ha sempre usato per insaporire le zuppe e che ricercavo nelle stesse a compensazione di un pietanza settimanale che non era tra le mie preferite dell'epoca, come simbolo di golosità in un piatto che per sua natura ha tutte le caratteristiche del meltin-pot piccolo borghese nel quale sono cresciuto, un caleidoscopio umano di provincia e di città costantemente in bilico nei colori, nei gusti, nella mentalità. La zuppa è un piatto che vuol dire tutto e nulla, può essere rustica ed approssimativa così come ricercata e raffinata, è un incontro di incoerenze alimentari che sapientemente dosate creano piccoli grandi percorsi gustativi che nel loro evolversi riprendono le fasi della vita che attraversiamo.
Probabilmente, e questo è stato sempre il mio primo pensiero, non potevo scegliere un nome di un dolce a rappresentarmi, i rimandi al dessert non avrebbero mai reso gli spigoli vivi che perimetrano il mio carattere nonchè il desiderio di sottrarmi a tutto ciò che rimanda ad un sapore stucchevole, piuttosto il dolce preferisco scorgerlo nelle profondità dell'amaro, laddove ha un senso più pregnante, così come pescare la nota dolce nel cioccolato fondente. Ecco perchè faccio sempre attenzione ai nomi degli altri blog, provando sempre ad immaginare quale sia il percorso che abbia condotto a quella sintesi.
Però proprio come i tatuaggi a volte stento nel capire il nesso. Avete presente chi si tatua simboli celtici, maya, peruviani, indiani, moihicani, se non dei cani, gatti, pantere, tigri, suppellettili di vario tipo, donne con tette al vento, sirene, mezze bagasce, la luna in tutte le sue forme ispiratrici, fiori di ogni tipologia... e tutti accomunati dalla malcelata propensione a raccontarvi il perchè di quel simbolo, ognuno con il suo carico di enfasi al limite del verosimile. Se per i tatuaggi quindi la banalità dell'esotico o del diverso si fonde con il ridicolo, i blog non sono esenti da considerazioni analoghe, soprattutto per la scelta del nome, che si intuisce essere il frutto dell'incrocio della poetica di un ominide con l'acume di un primate, e mi scuso per il paragone ingiusto con la categoria dei mammiferi più simili all'uomo, una sorta di meteorismo estetico, ognuno "spara" la sua aspettando di capire quanto devastante possa essere stato.
Profumi evocativi quindi, fragranze esotiche, accoppiamenti di spezie ricercate, l'uso del musicale francese o rimandi a prerogative gastronomiche ancestrali, tutto purchè si crei una sorta di sintomatica aspettativa di competenza, ricercato, di eleganza e raffinatezza, la qual cosa, si avverte chiaramente, ha lo stesso grilletto emotivo che spinge altri a tatuarsi sul collo in bell'evidenza simboli religiosi di popolazioni lontane per sottointendere una spiritualità profonda, il che poi quasi matematicamente serve ai più ad individuare l'ennesimo decerebrato.
Poi finalmente ho visto la luce in questo bailamme lessicale gastrochic...ho capito che il momento della svolta era arrivato, che nuovi scenari si sarebbero aperti, mostrandoci infiniti altri orizzonti. Ero intento in facende personali quando dalla casella di posta legata al blog, relativamente ad un post non mio che però seguivo, si è palesato in tutta la sua magnificenza il commento di un certo "Emorroidi, rimedi naturali". Il tipo o la tipa che dir si voglia 'tampina' di complimenti la famosa amica blogger i cui post spesso trovano l'apprezzamento educato e sintetico dell'autore affetto da cotanto fuoco sacro medico-divulgativo.
Il dubbio che i commenti possano essere generati da un software mi è anche stato suggerito ma ad onor del vero mi piace sposare a ragion veduta la tesi dell'essere umano che vuole fare breccia sull'attenzione altrui con un nickname volutamente imbarazzante, che coperto dall'ovvio anonimato, gli consente invece di condurre un lecito marketing del proprio know-how naticale, magari (ma questo non l'ho verificato) finalizzato all'acquisto di prodotti mirati. L'apparente illogicità di postare commenti su blog di appassionati di cucina è a ben vedere l'amo migliore di chi vaga su questi lidi, tra i tanti che amano "sfondarsi" in cucina, infatti, probabilmente, anzi di certo c'è anche chi ha sfondato altro.
Non a caso pensavo che a questo punto sarebbe del tutto normale se dall'oggi al domani trovassimo nuovi utenti in qualche modo affini all'argomento idraulico archittetturale piuttosto che a quello strettamente corporale, con nick del tipo "Trattamenti per tazze scheggiate", "Bidet consunti, rimedi della nonna", "Dècoupage per tavolette", "Sanitari antisismici in titanio&gommapiuma" etc etc.
E'evidente che in un primo momento queste intrusioni disegnano smorfie di ironico disappunto in chi pensa di spulciare solo contenuti gastronomici ed invece si ritrova ad essere vicino-di-commento di "Emorroidi, rimedi naturali", un mago dell'equilibratura&convergenza della chiappa incidentata.
Che questo sia il fio all'essere soggetti pubblici è chiaro, una sorta di piccola tassa che in fondo paghiamo anche quando sull'autobus il nostro vicino di posto ha il tatuaggio della lacrima di Pierrot sotto l'occhio, o con il piercing sadomaso. All'inizio c'è la curiosità, qualche constatazione più o meno seria per provare a capire e poi, nel mio caso, cedo il passo all'ironia. Più o meno anche "Emorroidi, rimedi naturali", come nel caso del trasporto pubblico, è un compagno di seduta, scomoda ma è comunque un passeggero di questo carrozzone virtuale e se in un primo momento seguivo con un distacco tutto ironico le sue incursioni, poi con il passare dei giorni, riflettevo che in fondo non era di certo da meno, di chi si era disegnato un blog esteticamente e lessicalmente perfetto per corrispondere alle aspettative di un pubblico poco critico salvo poi condivedere contenuti ancor meno apprezzabili di una eventuale cremina rinfrescante per il popò. Probabilmente meglio l'onestà intellettuale di un "Emorroidi, rimedi naturali" piuttosto che la gatta-mortite di "Verzotta di Roncadelle"*, piuttosto che la supponenza ingiustificata di "Cannelle&Cacarel"** o ancor peggio la mancanza di dignità di "Dulcis in Vespasianum"***...

PS-Appello 

Ti prego "Emorroidi, rimedi naturali", se ci sei, diventi anche un mio lettore, please...

Nota *-**-***
Ogni riferimento a blog reali è proprio così...come l'avete pensato :)

Casarecce con pollo alla romana
La cucina tipica delle città italiane si identifica usualmente in un perimetro gastronomico ben preciso che comprende l'idea di un piatto, la sua ricetta, l'iter storico e gastronomico (reale o presunto tale) che lo individua e tutte le rivisitazioni divulgate, da quelle in chiave famigliare alle declinazioni sofisticate degli chef stellati. Qui oggi si attraversa seppur di poco, il confine di questa linea immaginaria per ritrovare un piatto 'da Lunedì romano', da cena del Lunedì per essere ancor più precisi, una portata che non troverete in alcun manuale di gastronomia locale se non nelle confessioni da pianerottolo di mamme impegnate tra lavoro e figli. Il "pollo alla romana con i peperoni" è infatti una ricetta recente, nessun generale o cuoco distratto all'origine, piuttosto un piatto ricco della Domenica di molte famiglie capitoline, famiglie operaie e medio-piccole borghesi. L'iter è sempre lo stesso e non è nemmeno dettato da particolari situazioni di indigenza, di scarsezza di materie prima quanto di vera e propria opportunità da primo giorno della settimana. Quello che avanza della Domenica si travasa in un bel barattolo ed il giorno dopo quando la famiglia si ritrova a cena lo si usa per condire la pasta. Il ricco sugo del pollo alla romana con i peperoni ben si presta anche al salto in padella ed ecco che la pigrizia da Lunedì può diventare motivo di vanto tra appassionati di fornelli, lo stesso che spiega in che modo sia arrivato personalmente al piatto.
A questo punto lascio a voi la quesione se le "Casarecce con pollo alla romana" possono essere in un prossimo futuro incluse nella cultura gastronomica capitolina, magari con una bella storia di una mamma precaria in giro tutto il giorno ma ben risoluta nei gusti all'occorrenza :)
La qualità della materia prima ed una buona scelta del tipo di pasta, nel mio caso ho usato la trafila Casarecce della Garofalo n.88 , sono poi una condizione necessaria e sufficiente perchè la serata del primo giorno della settimana, solitamente il più inviso, possa acquisire un sapore consolatorio e acquietante nel gusto :)
Questo piatto però deve un grazie particolare a Simonetta, una ragazza che per amore vive in Argentina e che con il suo blog ha steso un filo diretto con l'Italia che tanto mi rammenta la corda sulle quali si stendono i panni ad asciugare. Il bucato di idee e spunti condiviso su questa robusta ed invisibile traccia a ridosso di uno oceano danno continuità ad un modo di pensare alle preparazioni ed alla cucina che trovo straordinario, anche perchè sempre teso a ritagliare ulteriori gradi di libertà a chi per motivi fisiologici si vede negato una parte dell'offerta del mondo del cibo.
Un ultimo grazie sentito va anche alla comunità di Gente del Fud (nella fattispecie in questo caso nella persona di Giorgio Marigliano), nella quale mi rivedo per approcci e per idee ed alla quale devo estrema riconoscenza per mettermi in contatto con una realtà che amo, per passione e per gusto.
Insieme mi hanno dato la possibilità di contribuire immeritatamente alla terza edizione su Donne del Web dello speciale dedicato alle grandi paste italiane insieme a blogger di maggiore caratura e bravura, ecco perchè mi ripeto nel grazie.

Casarecce con pollo alla romana (per 4 persone)

Pollo alla romana con peperoni

6 sovracosce di pollo ripulite dalla pelle e dalle ossa (ho usato solo sovracosce per rendere il piatto accessibile anche ai bambini senza correre il rischio di ossicina);
5-6 peperoni rossi, sodi, di media grandezza;
3 cucchiaini di concentrato di pomodoro;
1 bicchiere di vino bianco secco di buona qualità;
1 cipolla di Tropea;
1 mazzetto di prezzemolo;
1 foglia di alloro fresca;
1 rametto piccolo di rosmarino;
Olio extravergine di oliva;

Preparazione della Domenica
Pulire le sovracosce di pollo della pelle residua e di eventuali ossicini e poi tagliarle regolarmente. Se si ha tempo e se si riesce ad organizzarsi con anticipo, lasciar marinare i bocconcini di pollo per una notte in frigo in una marinatura di olio, vino bianco, qualche goccia di limone ed un paio di foglie di alloro. Privare i peperoni della pelle, adagiandoli in una teglia da forno rivestita di alluminio riponendoli in forno preriscaldato a 200°. Venti, trenta minuti al massimo e spegnere il forno senza aprirlo per almeno una oretta in modo che il calore residuo contribuisca a facilitare il distacco della pelle che avverrà senza molte difficoltà. Spellare quindi i peperoni, ripulendoli di pellicine, semi e filamenti e ridurli a falde. A questo punto ridurre a lamelle sottilissime la cipolla di Tropea e farla appassire in una ampia padella unta con 5-6 cucchiai di olio evo. Alzare la fiamma ed aggiungere la dadolata di pollo, scolata dalla sua marinatura, facendo colorire i cubotti su entrambi i lati. Quando saranno coloriti versare il bicchiere di vino bianco e sempre a fiamma viva lasciar evaporare l'alcool. Aggiungere quindi infine i peperoni, il rametto di rosmarino (legato con poco filo da cucina in modo da eliminarlo completamente alla fine) ed il concentrato di pomodoro e proseguire con la cottura coprendo parzialmente con un coperchio.

Preparazione del Lunedì
Portare a bollore abbondante acqua salata con un filino di olio e mettere a cuocere le casarecce. Gli avanzi del pollo alla romana della Domenica, conservati opportunamente con il sugo, riemergono quindi dal frigo per essere rinvenuti in padella con poco olio aggiunto ed un cucchiaio di acqua di cottura della pasta. La pasta viene quindi scolata con 3-4 minuti di anticipo rispetto al tempo di cottura indicato sulla confezione e viene portato in padella insieme al pollo. Alzare la fiamma e spadellare completando cottura e 'mantecatura'. Servire calde e non riporre la padella nel lavabo, c'è sempre la scarpetta da fare per ripulirla :)
Note
(1) Nella foto, il rotolino accanto è un peperone leggermente saltato in padella con un bocconcino di pollo. (2) Se ci si vuole dare un tono da casalinghe\i che la sanno lunga in cucina, giusto per dare la dritta da pianerottolo ai nostri vicini di casa, conservare l'acqua di vegetazione dei peperoni scottati nel forno, filtrata dei semini ed usarla nella cottura della pasta, ha il suo perchè :)


martedì 4 dicembre 2012

Semifreddo pere e rum



I nonsense fanno parte della mia vita sin dalla prima adolescenza.
L'incontro quello, un caso quanto più inverosimile possiate immaginarlo o meglio facilmente inquadrabile nell'ottica di un adolescente sprovveduto intellettualmente che era irrimediabilmente attratto dalla musica e dai testi di De Gregori, Dylan, Lou Reed, Rino Gaetano e non ultimi i PinkFloyd. E'chiaro che per quanto provassi a tradurre gli anglofoni e per quanto avessi sotto mano i testi dei cantautori italiani, i mezzi intellettuali erano (e sono, aggiungerei con convinzione) limitati all'età e quindi molti orizzonti non solo mi erano sconosciuti ma nemmeno ne riuscivo ad intravederne le possibili linee di luce.
Ecco che i nonsense hanno avuto inizialmente quasi e solo un significato puramente estetico, metafore incoerenti che sentivo affini, aerei rimandi verbali a sfumature dell'anima che vuoi per ignoranza storica, politica, economica o anche solo artistica, non riuscivo a cogliere, facendoli pur tuttavia miei in qualche strano modo.
Con il tempo, qualcosa è venuto a galla dalla nebbia, permettendomi anche di distinguere tra nonsense dovuti alle mie lacune e quelli volutamente poetici a delimitare le periferie delle contraddizioni umane in tutta la propria colorata e magnifica illogicità. Ancor oggi nel tempo libero adoro cogliere, limitatamente alla mia esperienza, piccoli nonsense intensi, quale che siano la loro provenienza o natura.
E'inevitabile che questo inappropriato tentivo di elevarmi cozza con la mediocrità giornaliera che ci circonda e che, purtroppo, volenti o nolenti subiamo anche. Mi spiego meglio sperando di farvi intuire in quali piccoli disagi quotidiani possa incappare se non vogliamo parlar di vero e proprio scheggiamento coatto di zebedei. Questa estate, anche la mia radio preferita, Radio2, non si è risparmiata dal mandare in onda praticamente sempre, anche durante programmi ricchi di intelligenza e humor, la canzone di Malika Ayane "Tre cose". Non voglio entrare nel merito del motivetto, quasi irritante nel suo alienante riproporsi, asfissiante come un carillon molestamente incantato su un solo passaggio, ficcante come se fosse stato partorito da un compositore psicopatico prima di uccidersi con i lassativi, perchè più e più volte mi sono concentrato sul testo, una serie di banali nonsense inanellati con certosina pazienza che mi hanno fatto spostare il limite dell'indecenza un pò oltre il perimetro già lontanamente fissato dal buon Gigi D'Alessio.
Passaggi come: "e la terza scriverò sui vetri sporchissimi di un auto blu.. blu come i tuoi occhi a cui raramente sfuggirò e anche se fosse tu non chiuderli mai..."
Per chiunque sia scritta la canzone, dal suo nuovo fidanzato alla figlia, consiglio vivamente a chi rientra nella cerchia affettiva della simpatica Malika per scongiurare premature dipartite di grattarsi a sangue qualsiasi cosa abbia all'interno delle mutande. "e poi invitami a bere un bicchiere di sole spiegami senza nemmeno parlare che gusto ha.."
Eccolo il nonsense languido ed avvilente, un tragico tentativo di poesia reso senza stonatura formale alcuna da chi fino a qualche giorno fa (nel quale è stato finalmente lanciato il nuovo singolo) in qualsiasi media possibile e immaginabile ha percosso note, testi e zebedei con la stessa efficacia.
Pur cambiando campo d'azione non solo i nonsense non mancano, piuttosto abbondano creando mondi surreali, struggenti per forza narrativa, dove il Dio "Confetto Falqui" brilla come un sole, e mai come in questo caso basta la cronaca e non la parola per cagar....
Vado per flash qualcuno commentato, qualcun altro no, quel tanto per farvi intuire senza troppo approfondire che l'intestino rischiarato da tali nonsense potrebbe anche non reggere:
  • Scamarcio approfitta di un incontro con Bersani per parlargli di teorie monetariste macroecomiche;
  • Scillipoti all’oratorio San Pietro di Roma, tiene corsi di formazione politica giovanile;
  • La Grecia, culla e madre di una cultura che è stata ed è tutt'ora medicina dell'anima dell'uomo moderno (in senso lato), si ritrova con parte della popolazione a chiedere farmaci e assistenza alle organizzazione non governative di stanza nel paese create inizialmente solo per dare supporto agli immigrati. L'intransigenza tedesca non crea solo povertà, ferisce la dignità di chi ha dato dignità etica in tempi non sospetti ad un ottuso e chiuso uomo mitteleuropeo;
  • "Nuovi acquisti presso la statunitense Lockheed Martin di aerei caccia da combattimento" e poi mancano i soldi per "battersi" negli ospedali con le continue carenze di personale e medicine;
  • Dulcis in fundo e non parlo del caso della settimana delle sfogliatelle "comprate", pubblicate e poi rimpiazzate con tanto di scuse ma di quello meno avvincente di un certo signor Sallusti, protagonista di un nonsense che tra poco sarà più chiaro. Non voglio infatti entrare nel merito della questione di un direttore di giornale che diffama e che viene punito per legge, non voglio accennare alla pantomima da martire dell'informazione inscenata a buono o cattivo gusto dello spettatore medio di cronaca, nemmeno voglio sottilizzare sul fatto che paradossalmente lo stesso direttore cavalcava le idee totalitarie del suo erotomane editore, nonchè ex-premier, che anelando alla mancanza di contraddittorio voleva mettere in galera tutti i giornalisti che con lui facevano un normale lavoro di inchiesta o di critica, nemmeno sto qui facilmente a salire sul carro dei vincitori perchè a ben vedere nella faccenda vedo solo vinti e nemmeno voglio cedere alla battuta facile di un uomo che in quanto stipendiato da Berlusconi e in quanto compagno della Santanchè non sappia nemmeno cosa sia la libertà o i suoi sinonimi...volevo solo riflettere appunto su un nonsense più sfuggente. Il carcere o la pena detentiva, oltrechè essere un atto punitivo dovrebbe in qualche misura contribuire a recuperare socialmente e moralmente il colpevole privandolo della propria libertà d'azione in modo da costringere il reo a precorrere una strada di riabilitazione. Può, nel caso di Sallusti, l'arresto domiciliare avere questo potere espiativo visto che come si legge parliamo di una modesta dimora di 920 metri quadri su quattro piani con annessa piscina coperta rivestita in madreperla, letto king-size,... Ripeto non voglio assolutamente esprimere valutazioni ma in generale non sarebbe meglio in alcuni casi...multarli e mandarli a pulire i cessi dei centri di accoglienza immigrati...(straparlo ovviamente :) ) 
 Il nonsense come vedete ritorna non in forma artistica ma ritorna e quindi vi saluto con una preghiera partenopea..."Santa Maradona pensaci tu..." :)


Passiamo quindi alla ricetta
Non è una coincidenza se ho deciso di pubblicare questo semifreddo preparato il fine settimana scorso quando, contrariamente alle apparenze l'unico nesso, in quel momento, che avevo con i Calycanthi era l'ispirazione per questo dessert alle pere. La loro ricetta il punto di partenza, in mezzo un pò di fantasia e quanto ho imparato dal Nanni in termini di farcie con frutta a completare una piacevole nonchè reale botta-di-chiulo ai fornelli :P ehehehhe
Prima di arrivare a spiegare come ho modificato la preparazione e la decorazione, volevo solo fare un cenno esplicitamente pubblicitario ad un gran bel libro "La cucina di Roma e del Lazio". Chi mi conosce non solo sa che non faccio pubblicità sul mio blog ma anche che non compro in genere libri di cucina, se non pochissimi, magari li regalo invece, e quelli che ho a mia volta li prendo solo se hanno una storia alle spalle. Di solito infatti rifuggo da progetti grafici eccellenti o da opere didascaliche fredde, compendi di ingredienti e di eleganza ma non di tecnica in genere. Venerdì scorso sono stato però alla presentazione del libro suddetto e senza che entri nei particolari che mi hanno indotto all'acquisto sono stato più che incuriosito di sfogliare non, un libro di preparazioni cosiddette "tipiche", quanto di percorrere un piccolo e gradevole sentiero poco prima percorso dagli stessi autori.
Ecco che in pochi giorni (durante il weekend) non ho attraversato un indice di ricette con gli occhi, piuttosto sono stato accompagnato in una ricerca risoluta ed appassionata di una cucina tipica, che non solo ha riservato sorprese ma anche che ha segnato qualche 'sconfitta' come nel caso della caccia alla "provatura" (un formaggio comunemente definito nei ricettari della regione Lazio oggi introvabile per via dell'evoluzione delle tecniche produttive). Ecco perchè mi sono appassionato a questo libro, perchè non disegna un percorso gastronomico lineare, piuttosto come dicevo prima, ci accompagna su un sentiero, quello della cucina di Roma e del Lazio che non è privo di piccole buche così come di scorci incantevoli.
E' un ricettario ma anche una storia e come tale non poteva che conquistarmi. Adesso fare i complimenti a Maria Teresa di Marco, a Marie Cécile Ferrè e a Maurizio Maurizi suona stonato e quindi lascio ad altri questo passaggio, certo di avervi condiviso un progetto gastronomico niente affatto scontato.
Torniamo quindi alla ricetta...

Semifreddo pere e rum Ingredienti:
700 gr. di pere mature mondate e tagliate in pezzi molto piccoli (la William rossa, detta anche Max Red Bartlett, è quella che ho usato e penso che sia l'ideale. Considerate che sono completamente rosse...e non pezzate);
150 gr. di zucchero;
300 gr di panna fresca montata;
60 gr. di ottimo rum;
1 filino di olio evo;
1 limone;

Preparazione
Sbucciare le pere e tagliarle a cubettini che andranno cotti a fuoco moderato in una padella antiaderente unta con un filo d'olio EVO insieme al succo del limone, a 20 gr. di rum (presi dai 60 gr. totali) ed a 100 gr. zucchero (presi dai 150 gr. totali). Dopo qualche minuto le pere avranno prodotto il loro liquido continuare quindi a cuocere fino a quanto il liquido non si sarà parzialmente ritirato. Togliere a questo punto dal fuoco e frullare il composto con un mixer con i restanti 50 gr. di zucchero e con 20 gr. di rum (presi sempre dai 60 gr. totali). Aspettare quindi che il tutto si raffreddi a temperatura ambiente e solo quando questo avviene montare i 300 gr. di panna con i 20 gr. di rum rimasti in un recipiente che sia stato tenuto circa un'ora in freezer. Procedere quindi molto dolcemente alla fase che prevede l'aggiunta della panna al composto di pere incorporando la prima al secondo cercando di procedere con una spatola con movimenti delicati dal basso verso l'alto. Versare quindi il composto amalgamato nei stampini che meglio preferite (nel mio caso di silicone) e riporre in freezer.
Per la decorazione invece per creare un distacco con il semifreddo alle pere (per quanto non sia molto dolce) e che andasse a nozze con il retrogusto di rum, ho frullato 3 pere essicate con un paio di cucchiaini di ottimo cacao amaro fino ad ottenere appunto una pezzatura sfilacciata. Decorare come ho fatto io alla men peggio :P ehehhehehe
La nota amara del cacao con la pera essiccata frammentata e la delicatezza del semifreddo alle pere per nulla stucchevole sul piano del gusto dolce ha sancito almeno per me una bellissima botta di chiulo nel mio diario di appassionato di dolci.
Se siete arrivati a leggere fin qui...grazie dell'insana follia che vi spinge a dedicarmi più tempo del consentito :)))