martedì 20 marzo 2012

Pasticcini di pasta di mandorle al mandarino














Sabato mattina di fine Luglio, piove già dall'alba, nuvoloni grigi irrompono con folate di vento sui tetti di quella periferia di città dai tetti recenti che di storico hanno solo gli strati di polvere dei cantieri aperti nelle vicinanze e mai chiusi.
Le periferie non sono mai uguali tra loro, eppure un denominatore comune di provvisorietà le accompagna spesso, un carattere di transitorietà che si legge nelle strade non ancora asfaltate, in un traffico di automezzi da lavoro pari a quello privato, nei negozi senza insegna, nei pochi bar aperti in tutta fretta, in qualche venditore ambulante alla ricerca di clienti nuovi, nell'unica scuola pubblica che ad orari prestabiliti concentra tutta la vita 'nascosta' intorno, periferia che si legge in un desiderio ostentato di asfalto a ricacciare la solitudine di un apparente isolamento verde.
La pioggia viene dal mare e c'è un leggero vento che rinforza sotto a darle spessore, quasi che nell'irruenza di quegli acquazzoni così rapidi nel colpire il terreno sia già presente un germe di fuga, una volontà di andare lontano lasciando spazio al sereno.
Cucino tutta la mattina dedicandomi in particolar modo ad un dolce. Ad ora di pranzo la luce è ancora grigia, il sole compare quasi quanto l'asso vincente nel gioco delle tre carte, c'è per non esserci mai alla resa dei conti. Confortato però dalle previsioni e da quella brezza sempre più decisa, convinco MissD. ad andare in spiaggia, supportando il tutto con la semplice constatazione che a quell'ora i più avranno rinunciato al mare preferendo luoghi riparati come i centri commerciali al chiuso.
Preparo due panini taglia small con mozzarella, pomodori, un paio di foglie di basilico, un pizzico di origano siciliano regalatomi dai vicini e qualche granello di sale. Un paio di albicocche, zaino in spalla ed in mezz'ora siamo sul bagnasciuga, battuto da un vento fresco e teso reso piacevole da un sole forte.
C'è luce ovunque, l'aria è pulita.
Poche persone contate su quel tratto di litorale libero. Un trio di ragazze straniere intente a fotografarsi vicendevolmente con cambi di mise combinando in modo casuale e divertito le singole dotazioni accessorie, cappellini, sciarpette di acrilico colorate ed occhiali un pò vintage. Il tocco di patinato è dato dalle mani unte di patatine alla panna acida continuamente ricercate in una busta di plastica di un supermercato vicino.
Alla mia sinistra poco lontano, un venditore ambulante di bibite che si presenta non appena ripongo l'asciugamano sulla sabbia, per comunicarmi che ogni mia eventuale esigenza di birra può tranquillamente essere soddisfatta dalla borsa thermos che ha poco lontano.
Ringrazio e leggo nel suo volto la delusione per il mio accento italico. Le birre le vende solo a turisti del nord europa o a famiglie dell'est, approdate per disperazione nel nostro stivale che si ritrovano sui nostri lidi ad assaggiare il tocco esotico di un mare mai visto prima, un mare che inebria per quanto è bello, che cattura sguardi e speranze. Il mare spiazza chi non è avezzo a trovarselo di fronte, lascia in fuorigioco i sensi e l'anima che si dibatte tra flutti riflessivi con il solo desiderio di prendersi quello che il quotidiano prova a negare. L'alcool in questo è il miglior cuscinetto per sedare emozioni e reazioni tanto distanti tra loro pur nel loro essere parimenti sentite e contrariamente persuasive.
Ho sempre associato la birra in spiaggia alla combriccola di persone mature che disertano il bagnasciuga per giocare a carte sotto freschi dehors fronte mare, o al capofamiglia rustico che sotto l'ombrellone in fuga dal sole dimostra la propria mascolinità trangugiando birra davanti alla propria famiglia apparecchiata alla meglio per il pranzo.
Ci voleva l'onda lunga della povertà dell'est europa a completare l'immagine stereotipata di turisti tedeschi a loro agio con la pinta bionda sotto il solleone. Il significato è diverso, quanto meno lo è il punto di partenza, lo sguardo raddolcito dell'oblio magari no, forse non è solo un retaggio culturale è proprio desiderio di non perdersi di fronte a quel blu intenso che ci spinge sino all'orizzonte.
Dietro di me una signora di 65 anni circa, con paglietta in testa ed i segni di una vita intensa sul volto, si raggomitola su un piccolo asciugamano di poche pretese e prova a dormire, almeno così sembra. E'sola MrsWrinkle. Una bottiglietta d'acqua portata da casa fuoriesce dalla borsa, lei con un costume intero nero che ha visto molte stagioni, poca scuola sulle spalle visto il malconcio italiano esibito poco prima al cellulare, una catenina d'oro sottile al collo ed un orologio con un cinturino consunto di pelle marrone al polso destro. Occhi chiari e buoni in un viso contenuto senza eccessi, ne paffuti ne spigolosi, solo rughe curvilinee.
Poco dopo le si avvicina il quasi-coetaneo venditore abusivo di birre MrHawker. Lui di media statura, capello corto scolpito, ad occhio e per carnagione direi filippino, di corporatura media e senza un filo di barba. Indossa una maglietta nera a manica lunga con un fluorescente surf disegnato tra le scapole, pantalone multitasche vissuto e scarpe di tela chiuse, un tempo bianche.
E'evidente che si conoscono o quantomeno prima avranno già parlottato.
Nel mentre MrsWrinkle provava a tenere gli occhi chiusi, lui invece intercettava un connazionale, venditore ambulante di frutta, di passaggio poco distante su quel tratto di spiaggia, prendendo a questi una grossa fetta di cocco.
Arriva quindi alle spalle di MrsWrinkle, la aggira, le si pone davanti e piegandosi sulle ginocchia le dice:"Ho trovato cocco".
Lei si alza in scioltezza quasi stesse aspettando il momento, si mette a sedere, prende la fetta di cocco e nel ringraziarlo inizia anche a mangiarlo.
Hanno parlato per dieci minuti buoni. Lui piegato sulle ginocchia, lei seduta di fronte.
Non so cosa si sono detti, di certo quando MrHawker ha iniziato nuovamente il suo giro MrsWrinkle nel mentre si allontanava, ha evidentemente dato voce ad un senso di concretetezza probabilmente smarrito qualche minuto prima esclamando:"...ti prendo una birra in cambio, non ho pagato...".
MrsWrinkle aveva evidentemente chiesto qualcosa da mangiare a MrHawker che impossibiliato dall'accontentarla al momento si era rifatto alla prima occasione.
MrHawker si è girato e con sguardo serio ha fatto intendere che non voleva nulla in cambio. MrsWrinkle ha ringraziato con gli occhi ed è tornata a raggomitolarsi sul piccolo asciugamano. Non c'era tensione di altro tipo tra i due, probabilmente solo un incontro breve di due solitudini provenienti da periferie anagraficamente lontane che per qualche minuto si sono riconosciute in un limpido, estemporaneo e fresco pomeriggio di fine Luglio.

Passiamo alla ricetta adesso.
Nel conoscere le inclinazioni del gusto di alcune persone e nel constatare che non sempre ho il tempo per poterle accontentare con dessert leggermente più elaborati, opto per soluzioni confortanti e leggermente distanti dallo standard classico per provare, io una strada differente e per proporre invece a chi ho accanto una alternativa che sappia di pensiero affettuoso.
Questi piccoli pasticcini di pasta di mandorle al mandarino nascono così, quasi per caso come spunto, ripensati al volo per avere a disposizione degli ottimi mandarini scelti personalmente dal mio naso e preparati in un Sabato mattino dal tempo incerto. La ricetta è di Anna Petrera, dal forum della Cucina Italiana, ripresa da Giovanna Lost in Kitchen qui, la stessa Giovanna che non mi stancherò mai di ringraziare per avermi dato prospettive e riferimenti più alti nel rapporto con un certo tipo cucina che erroneamente approcciavo con minore consapevolezza.
Poichè so che da me non vi aspettate foto strabilianti per il gusto della pastina di mandorla con il retrogusto di mandarino...vi chiedo un piccolo volo pindarico quel tanto perchè vi incuriosisca e la possiate mettere in cantiere anche voi (dalle istantanee tra l'altro il mandarino si intravede anche...).
Vi confesso una cosa però. Questa ricetta non doveva arrivare al blog perchè il Sabato stesso che sono stati sfornati i pasticcini, non riuscendomi a trattenere, li ho provati quando si erano raffredati da pochissimo ed al primo...ma anche al secondo assaggio...non avevano sapore. Non potete immaginare quanto la mia faccia cretina si sia connotata ancor più di espressioni da ebete.
La prima reazione è stata, rivolgendomi a Miss.D.:"...minchia che delusione...eppure 4 mandarini come quelli avrebbero dovuto farsi sentire...questi non li diamo a nessuno che ce li tirano dietro...".
Poi la Domenica mattina presto a colazione...da vero morto di fame quale sono ne ho provato uno...e poi uno...e poi uno ancora. Se non fossi stato sicuro che qualcuno potesse averli cambiati avrei detto che erano stati preparati da altri ed invece erano sempre gli stessi.
Di fatto al palato avevano acquisito carattere, finalmente la pasta di mandorle riempiva la bocca con un sapore netto contrastato dal profumo dei mandarini adesso chiaramente percepibile. Insomma un piccolo miracolo dato solo dal riposo dei dolcetti. Delle due infornate che ho fatto, la prima è arrivata ai 19 minuti invece dei 15 previsti (visto per esperienza che il mio forno è un pò "lento" rispetto ad altri) la seconda invece ha rispettato in pieno il quarto d'ora. I pasticcini di quest'ultima tornata si sono rivelati decisamente più buoni essendosi asciugati meno e quindi restituendo una piacevole nota umida che i primi non avevano.
Per la ciotola che vedete in foto...invece ringrazio con molto affetto una amica vicina-e-lontana del quale mi fregio di fare da "stalker" ;P

Pasticcini di pasta di mandorle al mandarino ( da una ricetta di Anna Petrera, dal forum della Cucina Italiana)

Ingredienti
500 gr. di mandorle spellate e tritate (finemente ma non finissime);
300 gr. di zucchero;
buccia di 4 mandarini non trattati;
2 chiare di uovo (la quantità dipende sia da quanto sono asciutte le mandorle sia dalla grandezza delle uova);

Preparazione
Tritare le mandorle con lo zucchero e la zeste di mandarini facendo andare le lame ad intermittenza.
Se il recipiente del vostro cutter fosse anche sufficiente per contenere il tutto il consiglio personale è di dividere lo stesso il composto iniziale (mandorle intere, buccia grattuggiata di mandarini e zucchero) in 4 parti uguali e di procedere con il mixer altrettante volte in modo da assicurarvi una resa omogenea dell'impasto con una granella che sia piccola ma non del tutto farinosa. Certamente il passaggio richiede un pò di tempo ma questa piccola attenzione ha il suo perchè nella resa finale.
Aggiungere quindi al composto così ottenuto gli albumi e lavorare fino ad ottenere un impasto morbido.
Far passare la pasta attraverso una bocchetta a stella senza usare la tasca, spingendo l'impasto con le dita ma facendo attenzione a non spingere il dito oltre le punte perchè potrebbe incastrarsi. Di mio invece abbiamo proceduto a formare piccole palline di composto sulle quali sopra sono state adagiate mezze ciliegine candite o pezzetti di arancia candita.
Infornare a 170° per 10-15 minuti. I dolcetti devono restare chiari e vanno sfornati quando le punte iniziano a colorirsi, perché il cuore resti morbido.
Così come accennato prima non andare mai oltre i 15'.
Questa volta non posso dirvi che appena sfornati sono da assaggiare...ma solo di aspettare al giorno dopo per valutarli :P ehehehehehe



lunedì 19 marzo 2012

"Auguri Al Zione!"


















Con lo ZioPiero ci siamo incrociati la prima volta in un supermercato. Appuntamento all'esterno e poi piccola spesa insieme, quel tanto che basta per scambiare quattro chiacchiere e per capire chi c'era dietro quel sito, che tra l'altro, per quanto mi destasse curiosità sinceramente avevo approcciato con qualche riserva.
Era necessario un carrello di supermercato prima e la spesa al mercato all'alba poi, per avviare il volano di una amicizia a "distanza-relativa" che avesse un risvolto concreto ad oggi.
Trovo superfluo raccontarvi chi già lo fa a modo suo attraverso la propria eccellente cucina, probabilmente mi piace solo sottolineare un aspetto al quale mi sono affezionato più di altri.
ZioPiero ha negli occhi, per le sue passioni ovviamente, la luce di un ragazzino che vive di slanci emotivi gli argomenti che affronta connotandoli di una solare irruenza che di fondo non ha alcuna malizia.
E' proprio quell'entusiasmo vitale che mi piace.
Certo è anche vanitoso, qualche volta si sceglie "maestri" che non sono propriamente "maestri", fargli notare una mancanza è facile ma fargliela ammettere è proprio difficile, dorme poco, è "molesto" nelle rivendite gastronomiche e nelle pizzerie, si ricopre di frizzi&lazzi pur avendo una sua malinconia di fondo, va in giro con collezioni di "discutibili" DVD gastronomici da mostrare agli amici, predilige pubblicamente l'approccio festante (quello che a Napoli si chiama "o'burdell") pur senza mai buttarla in caciara quando si parla di fornelli...insomma un be tipino davvero.
Relativamente a me possiamo incontrarci per 3 sabati di seguito per scambiarci pareri e considerazioni sulle nostre produzioni casalinghe oppure è capitato di non sentirsi per intere settimane per "azzuffarci" poi con mail a ripetizione su un argomento che non ci vedeva d'accordo. Il denominatore comune di tutto è però la risata, quella con la quale ci prendiamo in giro, quella con la quale prendiamo per il chiulo chi si prende troppo sul serio.
Allo ZioPiero non si può non volere bene...magari ognuno lo dimostra a modo proprio...ed io per il suo compleanno avevo proprio in mente di scrivergli un pensierino affettuoso con un cacciavite sul cofano della sua auto...
Peccato che qualcuno ha pensato bene di trovare un modo meno invasivo per festeggiarlo...e quindi eccoci qui un pò di noi...Auguriiiiiii Piero! :))))) eehehehehehehe

PS per il "Club di Montersiniani"
Se qualcuno volesse fargli un regalo...è un segreto ma ve lo confido volentieri...ZioPiero usa come profumo "Inulèn n°5"! :P ahahahahhahaahaha

martedì 13 marzo 2012

Delizie di pere e fondente














Il letto matrimoniale è da sempre il crocevia della coppia, il luogo che insieme alla cucina segna l'incontro/scontro con le abitudini dell'altro.
Nessuna declinazione lasciva in merito, sarebbe troppo facile, solo la semplice constatazione del quotidiano.
La mia lei, ma suppongo che il fenomeno possa essere studiato anche per grandi numeri, ha la felice abitudine nelle sere più gelide di inverno di tirare a se tutto il piumino.
Fortuna vuole però (o sfortuna a seconda dei punti di vista logicamente) che io non sia l'incrocio perfetto tra la prestanza di Rocco Siffredi ed il fisico di Massimiliano Rosolino, motivo per il quale non ho ne un fuoco che mi arde dentro, ne un fisico tale per potermi permettere di andare a dormire in costume adamitico potendomi quindi riscaldare dei miei ormoni deliranti o della mia sola fisicità. Uso di fatti nella stagione fredda un normalissimo pigiama che ho l'abitudine di accoppiare per puro spirito di contraddizione ad un paio di pantofole estive, quasi un rimando a quel vorrei-ma-non-posso di prima, una sorta di non-sense visivo per darmi un tono, non altro.
Puntualmente (nella frequenza di almeno un paio di volte a settimana) mi ritrovo nel cuore della notte ad aprire gli occhi, guardare il soffitto con occhi straniti per cercare di capire. Una decina di secondi e poi non l'intuizione ma la semplice constatazione di un muro freddo che mi schiaccia. Poi comprendo anche. Volto lentamente il capo su di un lato...e cosa vedo...una montagna fatta di piumino che insiste con più stratificazioni su una stessa base che guarda a volte il caso, coincide stranamente con il profilo esatto di MissD che è a stento riconoscibile sotto quel cumulo di morbidezza. Io invece...sono nella landa desolata di una metà del letto matrimoniale completamente gelata, senza ripari se non me stesso, esposto al pubblico sfottò di qualche ragnetto ramingo sul soffitto, rischiarato dalla luce della luna che filtra dalla finestra come una catasta di monnezza abbandonata. Una lieve brezza polare mi attraversa, provo a muovere le dita di un piede per capire se il principio di assideramento ha avuto la meglio...poi ci penso su ed inizio a ridere. Serio, realmente mi viene da ridere è quasi impulsivo, una sorta di reazione isterica che il fisico affianca al mio restare inebetito e parzialmente intirizzito. Non c'è distinguo tra me ed un baccalà surgelato lasciato invenduto ai banchi del mercato del pesce del Sabato mattina, siamo la stessa cosa e la differenza non c'è nemmeno nel profumo che emaniamo...entrambi irremediabilmente e progressivamente (tendiamo alla putrefazione)stiamo andando a male.
Poi appunto inizio a ridere sommessamente, non mi trattengo. Molte volte è proprio quel risolino che mi salva riuscendo addirittura a dare un fremito a quel monte di coperte. Vedo un viso che si affaccia dalla coltre...i suoi occhi che cercano i miei, poi passa in rassegna la mia rilevante fisicità esposta come lo sarebbe una statua classica sul suo letto di marmo bianco con la differenza che io non ho nulla di artistico, ho solo la temperatura superficiale della pietra senza fortunatamente le cacatine di colombo sulle spalle o sulla testa. Adesso inizia a ridere anche lei. A quel punto scatta la missione di soccorso. Una lembo di piumino è lanciato come si farebbe con un giubotto di salvataggio.
Poi si avvicina e mi dice:"...non l'ho fatto apposta...e poi se tu che ti sei scoperto perchè avevi caldo...".
Nella notte le frasi contraddittorie vanno sempre perdonate. Quello tra l'altro è l'attimo preciso che ripenso ad un episodio che racconta sempre un amico di famiglia, l'ultima volta un Sabato sera del mese scorso, in merito ad una situazione similare. Quel post-it torna a galla mi riconcilia con il ritrovato tepore e quindi posso riaddormentarmi felice&fetente :)
La storia.
Coppia non più giovane, lui un appassionato di reperti militari, lei una 'ladra' di coperte dichiarata ma non redenta visto che la colpa è scaricata sulla inconsapevolezza delle proprie gesta durante il sonno.
Lui spesso raffredato e parzialmente esasperato ma gli hobby alle volte si rivelano una fonte inesauribile di idee.
La lampadina si accende sull'interrogativo "Come evitare che le coperte si possano spostare?"...poi si guarda la collezione e trova la soluzione. Quale?
Posizionare dopo la buonanotte in mezzo al letto, sulla linea di demarcazione ideale che lo separa dalla moglie una bomba, residuato bellico della seconda guerra mondiale. Quaranta centimetri di razzo, mica una cartuccia, quasi 20 Kg di scocca perfettamente pulita. Tirare coperta aggiuntiva verso di se è stato praticamente impossibile dopo. Si dice che si sono più volte addormentati a seguire tra le risate, soddisfatti della ritrovatà serenità durante le ore del riposo avendo come unica controindicazione lo stare attenti nel girarsi a quella 'sponda' aggiuntiva, nulla altro.
La bomba da allora non è mai stata più smossa da quella camera da letto, arredamento di giorno, elemento riappacificante di notte, che fosse dissinescata però non l'ho mai dato per scontato visto il personaggio.

PS
Qualcuno per caso conosce qualche mercatino di antiquariato bellico che quasi quasi...
Poichè non si sa mai...anche un artificiere ovviamente! :)

Passiamo quindi alla ricetta.
Chi mi conosce sa che sono un irrequieto in cucina nel senso che preparo piatti alla mia portata concedendomi tuttavia spessissimo divagazioni improvvisate e\o leggermente studiate. Quando si tratta di dessert però, lì il capolinea dei fornelli è raggiunto solo a fronte di un approfondimento che più o meno nei ritagli di tempo matura nei giorni che precedono il fine settimana. Insomma per i dolci mi impegno, rimurginando intorno ad idee o intuizioni di ciò che ho imparato (in un certo senso) a fare mio o quantomeno a gestire con una certa confidenza.
La "delizia di pere con fondente" nasce proprio così. A seguire sinteticamente il percorso che mi ha portato a questo dolcetto, ancora un pò grezzo ma dall'ottima resa al palato che ho già in mente di usare per altro :)
In principio Lydia di TzazikiaColazione mi fece conoscere questo splendido biscuit che ho usato più e più volte.
Pubblicamente si è prestato per delle ottime "Tortine di mandorle e limone alle amarene" o ad una squisita "Torta soffice al pistacchio e limone" che mi è stata richiesta anche altre volte. Insomma la ricetta si presta ad essere manipolata e quindi ho pensato a ribilanciarla (abbassando anche lo zucchero di partenza) adoperando delle pere essiccate di qualità da inserire sulla base di mandorle. La scelta di queste ultime (mandorle) invece perchè decisamente meno invadenti rispetto alle noci, i pistacchi o le nocciole stesse e poi immaginando l'accostamento con le pere mi hanno risvegliato da subito curiosità. Il nome delizia è quindi la diretta conseguenza dell'uso delle mandorle da cui il rimando ad una ipotetica (ma a questo punto meno fantasiosa) "torta delizia alle pere", quella per intenderci tipica o classica che dir si voglia della pasticceria italiana.
La base biscuit l'ho quindi condita con altrettante pere fresche saltate in padella con limoncello (grazie Nanni per la farcia alle pere della tua Torta Amalfitana Ricotta&Pere) in modo da avere un rimando su sue diverse consistenze e poi ho ho chiuso il tutto con un top di fondente che non avesse burro tra i suoi ingredienti perchè non ne posso più di vedere creme al burro marmoree con le quali riprodurre anche il David di Michelangelo sui muffin...ma da risultare quasi non commestibili poi...
Per questo ho preso ispirazione dal blog di Pinella, rifacendomi alla ricetta della namelaka tratta a sua volta dalla Encyclopédie du Chocolat.
Decisamente uno spunto da conservare in futuro per altre decorazioni che non tralascia gusto e resa.
Passiamo quindi alla valutazione personale e della mia MissD. (in realtà aspetto ancora un feedback dei miei vicini di casa...se ci incrociamo vi aggiorno anche...).
Il biscuit alle pere lo userò a breve per altre piccole idee che mi sono venute in mente e quindi se avete qualche dubbio la risposta è tutta qui. E' morbido, profumato, resta umido parecchio per poi sciogliersi in bocca. L'accostamento con le pere fresche è carino ma si può fare di meglio. La Namelaka è una tecnica che finalmente pone in archivio un certo tipo di crema da top con buona pace di chi in 20 minuti vuole costruire la "Tour Eiffel" su dolcini di varia estrazione e natura.
Da provare.
Ovviamente il grazie va a Lydia, Nanni ed a Pinella per avermi dato ispirazione e supporto con le loro dettagliate condivisioni.

Delizie di pere e fondente

Tortine mandorle&pere al limone
130 gr. di pere essiccate;
150 gr. di mandorle;
3 mandorle amare;
60 gr. di zucchero a velo;
100 gr. di burro;
2 albumi di uova a codice 0;
buccia di 1 limone grattugiato;
In aggiunta:
4 albumi di uova a codice 0;
20 gr. di zucchero a velo;

Preparazione
Tritare (fino ad ottenere una grana fine) le mandorle (comprese quelle amare) con lo zucchero a velo e le pere essiccate.
Assicurarsi con le mani che il tutto è stato ridotto ad una farina 'grossa'.
Aggiungere quindi il burro a pomata e mescolare, incorporare i due albumi (in modo da alleggerire il composto) e la buccia di limone grattugiata.
Nel frattempo montare a neve gli albumi con lo zucchero ed aggiungerlo delicatamente al composto di mandorle&pere.
Imburrare stampini o una teglia e versare con delicatezza il composto nelle intercapedini. Nel mio caso ho adoperato stampi di silicone leggermente imburrati che pur non amando (per l'uso in cottura soprattutto) si sono comunque dimostrati degni sostituti di quelli in metallo. Forno a 180° per 18-20 minuti.
Aspettare qualche minuto prima di sformare.

Per la farcia alla pera

Ingredienti
175 gr. di piccole e saporite pere coscia;
50 gr. di zucchero;
10 gr. di limoncello;
3 gr. di Maizena.
un filo di olio EVO
1/2 limone biologico;

Preparazione
Sbucciare le pere e tagliarle a cubettini, che andranno cotti a fuoco moderato in una padella antiaderente unta con un filo d'olio EVO insieme al succo del limone ed allo zucchero. Dopo qualche minuto le pere avranno prodotto il loro liquido, aggiungere la maizena (setacciandola) e cuocere rimestando con un mestolo di legno per un paio di minuti, finché il liquido si sarà gelificato per effetto dell'amido. Aggiungere il limoncello, mescolare e togliere dal fuoco. Far raffreddare a temperatura ambiente.

Per la Namelaka al cioccolato fondente

125 gr. di cioccolato al 70%;
3 gr. di gelatina in fogli da 2 gg. (quindi quella commerciale);
100 gr. di latte fresco intero;
5 gr. di sciroppo di glucosio;
200 gr di panna fresca;

Far fondere il cioccolato nel micro-onde fino alla T di 50°C. Far idratare la gelatina in acqua fredda, strizzarla e tamponarla tra due fogli di carta da cucina. Far bollire il latte insieme al glucosio e aggiungere la gelatina. Rimescolare, filtrare e versare sul cioccolato fuso in tre volte, in modo da realizzare una emulsione leggera e brillante che io ho leggermente mescolato con un frullatore ad immersione alla minima velocità cercando di non incorporare aria. Ho aggiunto la panna mescolando sempre con una frusta a mano in modo da incorporarla uniformemente. Ho filtrato il composto e l'ho passato in un contenitore di vetro affinchè potesse maturare in frigo per tutta la notte. L'indomani ho montato la crema a spuma con le fruste adoperandola come top.

Come servirli
Riempire gli incavi dei dolcetti con le pere saltate in padella e guarnire con la namelaka. Conservare in frigo ma lasciare a temperatura ambiente almeno una ora prima di servire in modo che la tortina di base 'scaldandosi' possa dare al palato il meglio di se :)))



martedì 6 marzo 2012

Danubio con cremoso ai carciofi e pasticciera salata














"Considerazioni da blogger...astenersi permalosi" :)
Non sono affetto da alcuna "montersinite", tutt'altro, Montersino è un signor professionista senza dubbio, studio le sue ricette per imparare con grande umiltà, soprattutto per alcuni procedimenti dall'assoluto valore tecnico, però non posso amare la scelta di ingredienti d'elitè da linee professionali che contrastano un pò con l'idea che ho io della cucina. La tecnologia quando è buona deve essere adottata ma sono anche convinto del fatto che bisogna partire da zero per acquisire padronanza delle metodologie e della materia prima più facilmente reperibile, in modo da approcciare con diversa coscienza quanto di buono possa offrire oggi il mercato anche per i suoi aspetti più di nicchia.
L'errore l'ho commesso per primo ed adesso non senza qualche fatica sto provando a rimediare. Provo a fare un esempio.
Quando ho approcciato le prime mousse o creme ganache piuttosto che giocare a calibrare gli ingredienti per ottenere la densità voluta taravo la quantità di sciroppo di glucosio, il che a ben vedere è un errore sottile ma quanto mai grave per chi parallelamente affina anche il proprio palato man mano che va avanti. Insomma se lo sciroppo di glucosio permette di ottenere risultati più immediati e meno matematici questo è un bene nella misura in cui questo costituisce anche il primo e più vero punto di non ritorno di un certo tipo di cucina, che accorcia tempi e difficoltà a tutto discapito del gusto.
Non è un sofismo gastronomico, sia ben chiaro ma una reale constatazione di come ad esempio il fondente possa perdere molta della sua incisività a secondo del tipo di zucchero che si usa nel lavorarlo, creme o ganache che si voglia.
Oggi quindi con qualche fornello sporco in più, sempre tornando al caso precedente e cioè dello sciroppo di glucosio posso dire che ne uso il meno possibile compensando con bilanciamenti mirati all'occorrenza, facendone ricorso esclusivamente in quelle preparazioni laddove l'utilizzo è indispensabile (vero Ago? :) ).
Stesso ragionamento per lo zucchero invertito adoperato solo per i gelati. Potrei continuare per ore citando i semilavorati come il pralinato oramai facilmente reperibile in negozi specializzati ma che è ben altra cosa rispetto a quello confezionato in casa con l'indubbio vantaggio in quest'ultimo caso di avere materia prima di qualità ma soprattutto di poterne scegliere l'equilibrio variando sulle percentuali zucchero-frutta secca. Provate a fare un parfait di pralinato con quello comprato e con uno che sia 'uscito' dal vostro frullatore, la differenza non è solo intellettuale, cambia proprio l'accento del gusto, il profumo.
Ecco perchè non amo Montersino, è ancora troppo avanti per me, cedere all'inulina o al burro di cacao quando un temperaggio che sia ottimale non ho ancora imparato a farlo mi sembra più che altro una sorta di presa per il chiulo a me stesso.
L'entusiasmo che riscontro per un certo tipo di pasticceria è lo stesso che intravedevo poco tempo fa quando si vendevano più sifoni per 'spumeggiare' fagioli&cotiche da offrire come dessert che altro, con buona pace del fatto che i più si avviliscono alla semplice parola pan-di-spagna.
La montersinite e non me ne voglia chi ne è affetto è per molti una strada non certo facile sia chiaro ma dal risultato finale leggermente ingannevole per quella passione che in tanti dicono di vivere come fuoco sacro.
Poi certo ci sono le eccezioni e cioè chi avendo basi ben solide può approcciare con diversa lucidità ricette di questo tenore. Un esempio per tutti, Annaluisa di AssaggidiViaggio, la cui padronanza in cucina le consente di seguire quella linea tracciata dal pasticciere senza far avvertire strappi. Approcci più da pasticceria che non da semplice appassionati, perchè la passione non è nel risultato o meglio lo è quando questo è frutto di padronanza e non di copia&incolla incompresi.
Il resto infatti per buona parte resta un codazzo imbarazzante. Provate a cliccare su chi si cimenta nei dolci del pasticcere su citato e provate a scorrere i blog capirete da soli che il divario tra ciò che sono e ciò che vorrebbero essere passa per tutta una serie di step intermedi che nessun glucosio al mondo o burro di cacao potrà mai coprire per quanto i risultati apparentemente ci siano.
Qualcuno del settore accenna a frasi del tipo "educare al gusto", io non ho pretese similari mi basta usare il naso ed il palato per capire che certi fornelli sono soprattutto "voglia di realizzare" per stupire più che desiderio di assaggiare. La differenza è tutta lì.
Di recente siamo invasi dalle red velvet cake, un abominio che dir si voglia. Inseguiamo il colore, lo spessore, la maestosità poi casomai qualcuno fa anche il filosofo sull'uso di alcuni prodotti alimentari perchè pieni di conservanti o grassi di pessima qualità, il classico bue che chiama cornuto l'asino.
Quanti "master chef" si aggirano tra i food-blogger, personaggi in grado di impiattare bene, di dare nomi affascinanti ma che non sanno salare alcuna pietanza, con buona pace sempre del gusto, puntualmente messo in secondo piano.
Chi ha padronanza ad esempio con i fondi in cucina, per qualcuno è addirittura oscuro l'argomento...(qui da Giovanna troverete un buon inizio casomai vi interessasse l'argomento).
Personalmente quindi per imparare inseguo (anche Montersino ovviamente) il talento della competenza maturata sul campo, delinata con semplicità che è per chi ha palato il vero punto di arrivo nel soddisfare le persone che abbiamo accanto.
Per i fuochi d'artificio, almeno personalmente, ne deve passare di acqua sotto i ponti sempre che sappia come arrivarci ovviamente.
Provate a chiedere all'esercito di "chef" che ci circonda un semplice pollo con i peperoni o un involtino di carne...
Evidenziando quindi ancora una volta la bravura di Montersino (ed ammirandola anche, senza alcun sottointeso ironico), vi lascio con la considerazione di un amico fatta a margine della lettura di questo mio piccolo articoletto:"...le persone cercano approvazione non il gusto..."...questo il sottile inganno.

Nota
Prima di passare alla ricetta vorrei pubblicizzare a ragion veduta due piccole cose che mi stanno a cuore perchè ne conosco la fonte.
La prima è il libro di Stefania "Cardamomo&Co. La cucina senza glutine".
Qui potete acquistarlo. Stefania è una blogger ma prima ancora dell'appartenenza a questa categoria è una mamma, una ottima moglie (santo subito il marito!), una insegnante competente, ballerina e sensibile ma anche una ottima cuoca. Non le mancano grande ironia e la capacità di fornire sempre spunti intelligenti con i quali osservare la vita. Certo quando l'ho conosciuta confesso che per tenerla a bada avevo anche pensato all'uso del cloroformio però una volta passata l'onda di piena di una chiaccherata con lei resta la piacevole sensazione di avere di fronte una persona di grande talento interpretativo, lo stesso che le consente di parlare e vivere la celiachia della propria famiglia con un sorriso intelligente che è difficile non portarsi dietro una volta conosciuto.
Sotto copertina e link :)












Il secondo appuntamento che vorrei segnalare è invece inerente alla "Città del gusto" di Napoli che è la sede prescelta dal Consorzio del Prosciutto di San Daniele per la prima tappa regionale del 2012 per un tour inerente i festeggiamenti del Consorzio stesso per il suo 50° anniversario.
Nelle giornate dell’8 e del 9 marzo il Prosciutto San Daniele, tre tipi di pane campano e due vini tipici della regione saranno infatti protagonisti di una serie di degustazioni.
Qui il calendario.
Inutile dire che indipendentemente dalla pubblicità insita nell'evento, resta per me in primo piano l'esigenza di fornire sotto il profilo del cibo l'immagine del fermento di una città che ci prova in tutti i modi ad affrancarsi da un certo tipo di immagine.
Casomai qualcuno di voi capitasse per il capoluogo partenopeo penso che non si pentirebbe di una "marenna" (merenda) con la quale conoscere un pò meglio alcuni nostri prodotti.












Danubio con cremoso al carciofo e crema pasticciera salata

Passiamo quindi alla ricetta.
Sarò brevissimo, lo prometto anche se vi parlerei di questo piccolo assemblaggio per ore visto che l'ho studiato per due settimane circa, non un giorno di meno.
Di recente ho avuto la possibilità di leggere una rivista di gastronomia edita per il solo settore professionale. Sfogliando le pagine ho avuto modo di scorrere diverse ricette ma la mia attenzione si è posata su questo cremoso al carciofo e su una crema pasticcera salata che per scelta personale ho pensato di abbinare ad una base di danubio.
Base lievitata a parte quindi entrambe le preparazioni sono dello chef Gregori Nalon.
Poco da aggiungere. La crema pasticcera salata non pensavo potesse piacermi tanto, ieri sera è stata anche usata per accompagnare un semplice baccalà cotto al vapore. Il cremoso è una piccola scoperta che userò ancora con ulteriori abbinamenti. Taccio io sperando di riuscirvi a restituire quello spunto che mi ha fatto illuminare procedendo a realizzare questo piccolo tortino.
Il Danubio con il lievito madre invece non dovrebbe sorprendervi, quella è una degna base di partenza :P ehehhehehe

Danubio con cremoso al carciofo e crema pasticcera salata

Danubio

500gr di farina divise in 300gr. di manitoba e 200gr. di farina 00;
150 gr. di lievito madre 'fresco di rinfresco';
80 gr. di burro;
1 cucchiaino di malto;
150gr di latte (anche 160, 170, regolatevi in base all'assorbimento della farina);
3 tuorli ed 1 uovo intero;
1 cucchiaino di sale (circa 8-10 gr)
40gr. di zucchero;

Preparazione:
Per il lievito madre, la mattina che devo usarlo, tre ore prima lo rinfresco* e lo lascio a temperatura ambiente fino a quando non devo impiegarlo.
La base di partenza quindi è il lievito madre appunto con un classico profumo di yogurt (non deve assolutamente avere note acidule al naso) sciolto nella totalità del latte (leggermente tiepido) ed il cucchiaino di malto. Lascio il composto quiescente per una ventina di minuti tempo invece che uso per sciogliere il burro a bagnomaria in modo che si possa anche raffreddare.
A questo punto miscelo in una ampia ciotola di vetro il lievito sciolto nel latte con la farina precedentemente setacciata e poi progressivamente aggiungo il burro liquido (aggiunta fino al completo assorbimento di quanto versato) al fine di ottenere un impasto abbastanza morbido (uso una forchetta solitamente all'inizio e poi procedo con le mani staccando il composto dalla ciotola e lavorandolo 'in aria').
L'impasto all'inizio potrebbe anche avere una consistenza avvilente l'importante è procedere con sistematicità con un movimento di riciclo che faciliti lo sviluppo della maglia glutinica. Alla fine si ottiene una palletta elastica e profumata. E' proprio a questo punto che continuo ad impastare mettendo ancora e progressivamente una 20 di gr. di burro aggiuntivo nelle mani che faccio assorbire quasi massaggiando l'impasto.
In tutto ho impastato per circa 45' di seguito.
Una volta terminato metto la pasta in una capiente ciotola di vetro unta con un velo di burro, la copro con pellicola per alimenti (la ciotola non l'impasto) e la lascio lievitare per 16-18 ore in frigo sul ripiano delle verdure.
Al termine di questa fase tiro fuori la pasta e lascio a temperatura ambiente per quasi una ora (adesso fa ancora freddo) dopodichè procedo a ricavare tante palline non più grandi di una noce.
Una volta formate tutte le palline quindi riporle un tantino distanziate su stampi imburrati ed infarinati per l'ulteriore lievitazione di circa due/tre ore a 27°-28°.
A fine lievitazione quindi spennelate abbondantemente con il latte e portate poi il tutto in forno preriscaldato statico a 180° (ripiano medio) e cuocere per circa 40' coprendo qualora la superficie esterna tendesse a bruciare.
Attendere che si raffreddino e prelevarli dallo stampo.

*"Fresco di rinfresco" per me vuol dire che sono al terzo rinfresco consecutivo. Supponiamo cioè che voglia preparare il pane il Sabato(infornarlo intendo).
Il Mercoledì sera faccio il primo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Giovedì sera faccio il secondo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Venerdì faccio il terzo rinfresco ed invece di riporre il lievito nel frigo lo lascio a temperatura ambiente per tre ore dopodichè lo uso per l'impasto che metto a lievitare tutta la notte (sempre in frigo) e che uso il giorno dopo (Sabato)per preparare il danubio.


Crema pasticciera salata di Gregori Nalon
latte intero 100 gr.
20 gr. panna;
7 gr. farina di riso;
20 gr; tuorlo
20 gr; pecorino (ho usato solo Parmigiano Reggiano);
10 gr. di olio di semi di girasole;
Bollire latte e panna ed a parte mescolare i tuorli con farina ed olio.
Quando bolle aggiungere la massa solida e con una frusta aggiungere poi il formaggio, frullando il tutto.

Nota
L'ho fatta con le medesime dosi e proporzioni anche con l'olio di girasole, solo che avendo moltiplicato per 3 tutto, per quanto riguarda il formaggio ho usato 45 gr. di parmigiano reggiano e 15 gr. di pecorino a media stagionatura.


Cremoso ai carciofi di Gregori Nalon
4 carciofi medi;
50 gr panna;
10 gr di cipolla;
2 gr prezzemolo;
20 gr vino bianco;
30 gr olio evo;
1 gr sale;
1 gr pepe bianco;

Pulire i carciofi e cuocerli in un tegame insieme alla cipolla predentemente "stufata" nell'olio evo, aggiungendo il vino ed il prezzemolo (aggiungendo poca acqua se occore). Quando saranno morbidi, togliere dal fuoco, salare e aggiungere il pepe.
Incorporare quindi la panna semimontata e lasciar riposare il cremoso per almeno una ora nel frigo.

Nota
Qui invece non ho rispettato in pieno le indicazioni delle proporzioni ma il risultato è stato lo stesso da lacrime.

Montaggio
Usando un cerchio da pasticceria ricavare una base di danubio. Questa la si fa leggermente biscottare in forno (180 gradi forno statico per 7-8 minuti) pressandola un pò ed aspettando che si freddi poi.
Su questa base si adagiare il cremoso al carciofo. Si passa al frigo per almeno una ora e poi si elimina il cerchio da pasticceria (ovviamente con l'acetato il risultato estetico sarebbe di tutt'altra portata!)
Completare con la pasticcera salata leggermente intiepidita, 'glassando' il tortino. Far assestare nuovemnte in frigo. Lasciare la tortina a temperatura ambiente per almeno una ora prima di servire o passare per il microonde a 90W di potenza per un minuto, due non di più quel tanto cioè da scaldare la base danubio rendendola morbida e per far perdere quella temperatura di frigo agli strati cremosi.
Come antipasto ha davvero un suo perchè... :))