martedì 8 maggio 2012

Paninetti alla provola














Odio soffermarmi sul quotidiano eppure proprio come un mitile, nel filtrare l'acqua del contemporaneo a fine settimana non posso far altro che portarmi dietro dei residui ben poco commestibili di avanzi organici e culturali di vario tipo.
Considerazioni banalotte sia chiaro alle quali tuttavia non riesco a dare una svolta logica. Ad onor del vero non è che dedichi loro molto tempo, probabilmente anzi certamente con un minimo di approfondimento riuscirei anche ad intuire i meccanismi che si muovono dietro alcuni fenomeni di massa al momento ripeto, per me alquanto nebulosi.
L'anniversario dell'affondamento del Titanic ad esempio. Già qualche annetto fà ci avevano pensato le major hollywoodiane a rifilarci un macigno cinematografico che ha reso funzionale una tragedia umana (che purtroppo è storia) rendendola strumento di castrazione intellettuale ed anche fisica di massa, di tutti quelli cioè che hanno vestito i panni dello spettatore potendosi fregiare contemporaneamente anche di un minimo di attività cerebrale.
E'grave qualsiasi affermazione che possa ledere alla memoria di un avvenimento luttuoso ma quanto avrei voluto vedere Leonardo Di Caprio impalato dall'iceberg secondo la più ligia e dolorosa tradizione medievale. Questo per compensare se non addirittura dare un senso a quella cortina di pathos da romanzo rosa di infimo livello con il quale hanno pervaso ogni inquadratura del lungometraggio, oggi addirittura riproposto in 3D. Domani probabilmente sarà 'confezionato' aggiugendo anche esperienze sensoriali come già accade in molti parchi giochi e quindi senza muoverci dalla poltroncina saremo catapultati anche noi sulla prua della nave nella scena più romantica del film, avvertendo il vento in faccia, bagnandoci il viso con qualche spruzzetto d'acqua salata dell'oceano, 'guardando' il cielo stellato sopra di noi e l'oceano sotto ma con la strana sensazione di essere bloccati in quella propaggine cieca dello scafo con un tizio alle spalle dal sorriso erotomane poco rassicurante che ragiona come ogni marinaio, più che con il cuore...con un timoncino semidirezionabile.
Immancabile ovviamente il sottofondo lacerante dell'usignolo del Quebec, "....and my heart will go on and ooooooooooon..." con i suoi acuti ululati a risvegliare sintomatologie affini a prostatiti, ernie e cistiti.
Non mancano in ultimo le fiction televisive a esumare l'indotto storico della vicenda, perchè dalla cronaca nera c'è sempre di che trarre materiale per intrattenere&vendere, Barbara D'Urso docet sul campo avendo raccontato per il caso Concordia, quando aveva esaurito tutti i parenti delle vittime da intervistare, anche le coliti dei passeggeri superstiti a conseguenza dello spavento, rivelando la cosa come fondamentale per la comprensione dell'accaduto. Quindi che ben vengano le biografie di chi ha progettato lo scafo, di chi ha stuccato la sala da ballo di quella nave straordinaria, di chi ha installato i gabinetti, di come lo ha fatto o il numero di cabine di lusso che poteva fregiarsi del bidet, perchè la storia, questo è noto, passa anche per dettagli similari.
Sulla scia marina prodotta dalle eliche dei media quindi qualcosa scompare nella schiuma di questo interminabile rumore di fondo, il desiderio appunto di decontestualizzare per leggere una più alta metafora delle vicende umane, e qualcosa compare purtroppo, perchè il mare è anche pieno di monnezza e quindi non possono di certo mancare a galleggiare gaudenti aste di lusso dal carattere lugubre dove si vendono persino le mutande dei sopravvissuti fuochisti, se usate non è dato sapere, talk-show dove la vincitrice del reality di turno espone perle di saggezza, iniziative commemorative, qualcuna addirittura concretizzatasi in una crociere "in memoria" che aveva lo stesso tragitto della nave per una serie di fancaxxisti senza pudore altro che immigrazione.
Come già ebbi modo di dire a suo tempo cambia addirittura la fonica dell'italiano parlato. Ho sempre chiamato la nave Titanic, ma dopo il film e tutti gli sfruttamenti annessi e connessi all'evento anche il mio amico "culo di gomma", famoso medico autodidatta in tema di punture quando non poteva ancora provare su altri e che non conosce una parola di inglese, affermava:"Ho visto taitanic in 3D al cinema, bello, davvero bello...".Io ridendogli in faccia:"...si si proprio il Taitanic, è proprio quello!"
La storia quindi come spunto di riflessione svilito in atti di voyerismo tra il pacchiano ed il patetico con tutto il fascino della leggenda che permette di navigare con tranquillità in ampi bacini di improbabile marketing dal dubbio buon gusto.
Ecco che l'immagine dell'iceberg che emerge dalle fredde acque ed impala il protagonista ha un suo inconfessabile fascino che purtroppo rimane utopia e fantasia contorta nella mia mente, la stessa che quindici anni or sono, era in un cinema, insofferente dello spettacolo proiettato sullo schermo e nelle poltroncine accanto, dove lacrime di amore e commiserazione scendevano giù copiose almeno quanto le mie aspettative, calate insieme a qualcosa d'altro in un vuoto abisso di sconforto.
Troppo lontana l'omonima canzone di De Gregori imparata quando non ero nemmeno maggiorenne, davvero difficile spiegare alla mia ragazza di allora perchè a tratti sorridevo come un deficiente, più facile ripetersi in testa quel refrain per attraversare indenne l'empio ammorbamento, lo stesso che adotto oggi quando spettacolarizzando la cronaca dei tempi addietro si manda a picco la storia, quella con la s maiuscola.
"...per noi ragazzi di terza classe che per non morire si va in America..."

Passiamo alla ricetta
Chi mi conosce sa che faccio il pane tutte le sere, rinfrescando il lievito madre quotidianamente, motivo per il quale ad oggi non si contano i diversi tentativi di portare in tavola piccole varianti che possano stuzzicare ancor più. Confesso però che mentre prima portavo nota di tutti i cambiamenti, dettagliando su un quadernetto le alternative migliori adesso procedo ad occhio ma soprattutto ad estro assecondando i malumori o ancor meglio gli stati d'animo di fine giornata che a maggior ragione se sono viranti all'esaurito, trovano nel profumo del pane da sformare a cena un viatico per riaversi fisicamente e moralmente. Cose di poco conto ma che almeno nel mio piccolo quadrato di vita fanno la differenza. Quadrato, ci tengo a sottolinearlo, i cerchi purtroppo non mi si addicono anche se sono il mio desiderio inconfessato.
Torniamo quindi alla preparazione. Un pò di tempo fà, sulla stessa rivista dalla quale avevo preso spunto per il cremoso di carciofo avevo anche segnato un pane alla mozzarella che mi intrigava e non poco. Ovviamente come in tutte le pubblicazioni per addetti ai lavori non c'erano molti dettagli ed ecco quindi che tre rifacimenti dopo, vi condivido il mio pane alla provola (ma provato anche alla mozzarella due volte) che ha riscosso ottimi giudizi tra quelli che l'hanno provato.
Lo chef al quale va la paternità del lievitato è il casertano Giuseppe Daddio, quella che però vedete qui è la mia versione convertita sulla base della mia esperienza e soprattutto del mio lievito madre che essendo di una certa forza mi ha di certo agevolato nel processo di lievitazione. Quanto riportato sotto è tuttavia una ricetta alla portata di tutti, senza troppi tecnicismi esibiti, ma con un dettaglio per il quale tutti possono portarlo a casa questo pane ma soprattutto il suo intenso profumo.
Dovreste rifarlo solo per l'effluvio tiepido che avvolgerà casa prima ancora che per il gusto di provarlo sotto i denti :)
Un ultima cosa quello in fotografia è il pane alla provola, quello alla mozzarella è uguale ma con un colorito più bianco.
In merito all'assaggio poco da dire. Un lievitato con dolci note di affumicato che rimandano ad uno dei latticini più buoni che si possano avere in giro è una piccola goduria che spero tutti possano rifare nelle proprie cucine senza per questo dover spulciare un manuale di chimica o dover testare quanto sia calcarea l'acqua che gli sgorga dal rubinetto :)


Paninetti alla provola

Ingredienti
300 gr. di farina manitoba (io Mulino Marino);
250 gr. di provola fresca affumicata (in alternativa mozzarella nello stesso quantitativo);
100 gr. di lievito madre fresco di rinfresco;
100 gr. di acqua tiepida (se avete confidenza con impasti di difficile gestibilità aumentate anche di 50 gr. arrivando in totale a 150 gr. altrimenti vanno benissimo i 100 gr. appena elencati);
9 gr. di sale dolce (se usate quello normale 7 gr. sono più che sufficienti);
15 gr. di olio evo fruttato a bassa acidità;

Procedimento
Per il lievito madre, la mattina che devo usarlo, tre ore prima lo rinfresco* e lo lascio a temperatura ambiente coperto con un panno di cotone leggermente spolverato di farina fino a quando non devo impiegarlo.
La base di partenza quindi è il lievito madre appunto con un classico profumo di yogurt (non deve assolutamente avere note acidule al naso).
Prendo quindi la provola (o mozzarella a seconda dell'ingrediente usato) scolandola dal suo liquido di quiescenza, la taglio grossolanamente compresa la "pelle affumicata" prelevando in un piatto fondo tutto il liquido che fuoriesce e la frullo con un mixer impulsivamente fino ad ottenere una pasta sfarinosa e umida (pronta in meno di un paio di minuti reali). Il siero prelevato quindi lo mischio ai 100 gr. di acqua tiepida dove sciolgo con le mani o aiutandomi con una forchetta i 100 gr. di lievito madre. Lascio riposare a temperatura ambiente per almeno una ora buona.
Nel frattempo mescolo i 300 gr. di farina manitoba con la provola frullata lasciando anche questo composto incorporato uniformemente alla meglio a riposare per circa una ora parallelamente al lievito.
Passati i 60 minuti abbondanti unisco i due impasti e mi armo di santa pazienza lavorandoli a mano.

L'impasto resta alquanto morbido e quidi pur risultando leggermente appiccicoso lo alzo e lo lavoro a mezz'aria, dandogli una forma di medusa al di sotto della quale con rapidi movimenti delle mani porto la pasta in eccedenza man mano che trabocca dalla circonferenza. In pratica è come se attivassi un riciclo della pasta che dalla semisfera superiore viene portata sotto. Questo consente contemporaneamente non solo alla pasta di "asciugarsi" all'aria quanto alla maglia glutinica di svilupparsi nel migliore dei modo pur nel frangente completamente diverso rispetto ad impasti classici.
Non appena la pasta assume una sua accennata elasticità pur non staccandosi facilmente dalle mani aggiungere il sale e continuare per un 10 minuti buoni fino ad ottenre una profumatissima "palletta" che riporrete in una ciotola di vetro precedentemente unta con olio evo.
Inumidire d'olio anche l'impasto e poi chiudere con pellicola lasciando lievitare il tutto per almeno 4 ore al termine del quale su una spianatoia leggermente spolverata di semola si procede alla mozzatura (termine preso in prestito alla formatura delle mozzarelle) dell'impasto ed alla formatura di piccoli paninetti i quali andranno poi incisi sulla sommità ed anche leggermente unti con un pennello intinto in olio evo, adagiandoli su una teglia ricoperta di carta forno.
Si lasciano quindi lievitare i paninetti per altre 4-5 ore in ambiente riparato da correnti e dalla temperatura costante (di solito dentro il forno) al termine del quale procedo con la cottura.
Qui potrebbe aprirsi una disquisizione che potrebbe arrivare a toccare anche la fisica quantistica, io, mi limito a dirvi di preriscaldare il forno a 180°-200° e di riporre la teglia dei panini sul ripiano medio fino a coloritura degli stessi.
20-25 minuti di solito sono più che sufficienti. Mi raccomando però un occhio al forno ma soprattutto annusate l'aria, quando il profumo di provola o di mozzarella sarà intenso siete molto vicini al momento di poter sfornare.


Note per la tempistica e per il lievito
- Per i tempi di realizzazione, se il lievito madre che avete a disposizione è ben "allenato" vi basta una giornata, soprattutto sfruttando le temperatute più miti del periodo altrimenti dovrete anticiparvi di un giorno, partendo dalla sera precedente e mettendo l'impasto in frigo nel reparto orto-frutta che di solito è quello che maggiormente conserva la temperatura costante.
Se avete il lievito madre più che allenato potreste procedere così:
Ore 6:oo --> ultimo rinfresco;
Ore 9:00 --> 100 gr di lievito madre sciolto nei liquidi (acqua più siero);
Ore 9:00 --> provola o mozzarella ridotta con il mixer e mescolata alla farina;
Ore 10:00 --> impasto il pane;
Ore 11:00 - 15:00 --> primo riposo;
Ore 15:30 --> pezzatura e disposizione in teglia dei paninetti leggermente unti;
Ore 16:00 - 20:00 --> lievitazione;
Ore 20:10 --> Cottura;
Ore 20:40 --> Sarete con le ustioni alle mani e sulla lingua pur di provare! :P ahahahahahaha

PS
Ho anche provato a saltare la fase del primo riposo procedendo da subito alla formatura e facendo lievitare direttamente per 8-9 ore in teglia. Il risultato è leggermente differente ma non tanto da giustificare qui quale è il migliore. Sarete contenti in entrambi i modi assecondando i vostri tempi...il resto ha realmente un peso minore.


*"Fresco di rinfresco" per me vuol dire che sono al terzo rinfresco consecutivo. Supponiamo cioè che voglia preparare il pane il Sabato(infornarlo la sera intendo).
Il Giovedì sera faccio il primo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Venerdì sera faccio il secondo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Sabato faccio il terzo rinfresco molto presto la mattina (solitamente alle 6:00) ed invece di riporre il lievito nel frigo lo lascio a temperatura ambiente per tre ore dopodichè lo uso per l'impasto che metto a lievitare tutta la giornata per preparare appunto il pane.