martedì 31 maggio 2011

Biancomangiare alla sarda con Cointreau














Sabato prima di Pasqua, interno farmacia prima dell'ora di pranzo.
Una folla oceanica, io ho il numero 67, sul display lampeggia il 49. Non è la mia farmacia, quella dove vado di solito per la precisione, ma di vista mi conoscono. Sono li per la mia ragazza. Influenza di quelle belle decise.
Il medico telefonicamente mi dice che è necessario l'antibiotico ed un antistaminico. I farmaci sono generici nella loro categoria motivo per il quale mi preannuncia che ci vorrebbe comunque la ricetta ma che probabilmente potrebbero anche essere flessibili visto il taglio non specialistico per qualche patologia specifica. Male che vada in qualche modo provvederà anche alla formalità cartacea.
C'è da dire che a casa non ne sono sprovvisto pur non potendo coprire per intero i giorni festivi, motivo per il quale preferisco muovermi nel prefestivo piuttosto che farmi il giro delle farmacie di turno dopo...anche perchè riflettendoci bene..."ma dopo come lo acchiappo più il medico se c'è bisogno della prescrizione!"...già è un miracolo che mi aveva risposto di Sabato mattina...
Attendo quindi pazientemente circa 40 minuti. Le quattro persone con i camici dietro il banco completano il bestiario umano che popola quella scenografia, me compreso. C'è la dottoressa antipatica, i due commessi giovani e spiritosi ed un dottore sulle sue ma molto educato in quella professionalità palesemente sottolineata. La farmacia è in realtà un locale molto ampio semicircolare, con le persone disposte a mò di platea ed una privacy ridotta a zero visto la coincidenza di quanti siamo in quel frangente ed il tempo inclemente che non permette di attendere sul marciapiede antistante.
I due ragazzi mettono di buon umore, riescono persino a far sorridere una signora anziana incartandogli in modo pressochè perfetto dei pannoloni per adulti in una busta differente rimediata nel magazzino in modo che fuori da lì nessuno possa capire cosa abbia acquistato.
Poco male, quello che può sembrare un dettaglio che fa perdere qualche minuto aggiuntivo ai più è ravvisato come un bel gesto di ordinaria e non scontata umanità.
La cura con la quale hanno mimetizzato la vistosa confezione era una azione di contraffazione degna del miglior truffatore, eseguita a regola d'arte, senza troppe parole, pochi movimenti e sguardi di intesa decisi con l'interessata.
La nota stonata erano quella trentina di persone dietro, me compreso, involontari e pudici testimoni della affettuosa manipolazione di 'camuffamento'.
Arriva il mio turno quindi. "Il solito chiulo..." mi sono detto tra me e me perchè finisco infatti dritto-dritto dalla dott.sa MrsSimpaty. Spiego subito la situazione in merito alla mancanza di prescrizione, chiedendo anticipatamente scusa sia per mettere in difficoltà chi svolge il proprio lavoro con quella richiesta non nei canoni, sia chiarendo che se non fosse stato fattibile avrei comunque provveduto in altro modo. Insomma metto da subito cortesemente le mani avanti.
Arriva quindi la domanda professionalmente maliziosa di MrsSimpaty, un misto tra Dr.House per 'amabilità' ed Anna Magnani per mimica sofferta:"Le occorre altro oltre a quanto mi ha detto?".
Non mi sono tirato indietro dal gioco "se prendi 'qualcosa altro' e la tua spesa è consistente faccio finta di niente" e quindi prontamente le ho elencato delle vitamine ed un collirio che in ogni caso prima o poi avrei dovuto riacquistare.
MrsSimpaty adesso perde la drammaticità dell'attrice romana e sulla base espressiva della 'benevolenza' alla Dr.House innesta un viso da estasi mistica alla Barbara D'Urso per intenderci, guardandomi quasi come se fossi sceso da un peschereccio libico.
A quel punto ad alta voce mi accorda tutte le richieste ma nel mentre va avanti ed indietro dagli scaffali mi fa il cosiddetto "predicozzo", citando l'uso del fax come mezzo di comunicazione per ricevere le prescrizioni e poi elencando alcune nazioni come l'America, la Germania o l'Inghilterra paesi per i quali io potrei anche "strisciare ai piedi del banco" (cito le esatte parole) "...ma senza ricetta non potrei mai ottenere nulla."
Tutto sommato mi scoccia subire ma è pur sempre per una buona ragione. Faccio realmente finta di niente, nella mia mente c'è solo il mio alter ego Homer Simpson in mutande su un prato che rincorre una pastiera gigante e fette di tortano sparse a mo' di fiori su verdi colline...
La felicità è davvero uno stato mentale più vicino di quanto si creda.
Poi, sempre MrsSimpaty interrompe la mia atarassia onirica e dice, rimandando alla mia provenienza non propriamente alto-atesina:"...se lei è abituato in un certo modo dalle parti sue non cambierà mai niente in questo paese...".
Ecco quello è stato l'attimo preciso nel quale occhio&croce Homer in mutande si è fermato e mi ha guardato infastidito. I fotogrammi bucolici del cartoon sono stati estemporaneamente sostituiti da altre immagini, queste ultime invece chiaramente venute a galla sul fondo dei miei occhi. Istantanee alla arancia meccanica probabilmente, flash-back di azioni intimidatorie degne del miglior repertorio camorristico, azioni di avvertimento sedimentate nella sola esperienza conoscitiva di certi episodi. Contrariamente alle aspettative che già mi vedevano protagonista in cronaca nera però, dalla mia bocca è uscita solo una considerazione perentoria sulla stupidità dell'essere rigidi a prescindere e sulla opportunità di poter comunque trovare una modo formale alternativo e legale nel giro di poco tempo visto che comunque avevo già dall'inizio chiarito, senza arrivare ad una paternale decisamente fuori luogo.
MrsSimpaty mi guarda fisso, non so di preciso cosa vede ma di certo non dice più una parola, abbozza solo un timoroso quanto leggermente seccato:"...beh certo" e mi allunga lo scontrino.
"Pecunia non olet".
Pago e vado via lasciando nell'aria un vaffa mai detto, nemmeno accennato, solo un grazie spogliato degli auguri, non ho rimarcato nemmeno il tono, il desiderio era solo tornare a casa. Homer poco dopo ha ripreso a correre felice...

PS
Per la mera cronaca, MrsSimpaty è del profondo Sud...


Passiamo quindi alla ricetta che è una non-ricetta che avevo postato in passato con una declinazione per me insolita (rispetto alla precedente appunto) ma che ha riscosso un buon successo.
Il Biancomangiare alla Sarda infatti l'ho pescato dalla raccolta la Grande Cucina del Corriere modificandolo tuttavia sull'aspetto del gusto.
Di fatto l'acqua di fiori di arancio prevista era (almeno per me) un pò troppa per cui ho preferito diminuirla, darle una nota aggiuntiva agrumata con il limone mettendo infine l'accento su una nota alcoolica a mio avviso ha donato una leggera freschezza alla crema.
Insomma qui non stiamo parlando di alta scuola di cucina ma di una preparazione rapida&semplice che in un periodo come questo che mi vede costantamente lontano dai fornelli nel non voler rinunciare comunque ad un dolce fatto a casa mi permette comunque una scelta di conforto. Per la fretta e per comodotità logistica in frigo uso sempre il medesimo stampo però qualora mi organizzassi per tempo o per una eventuale cena con amici prepararò il biancomangiare in miniporzioni con qualche salsa alla frutta per rendere il dessert ancor più accattivante a dispetto della sua semplicistica realizzazione.


Biancomangiare alla sarda con Cointreau

Ingredienti

200 gr. di zucchero;
100 gr. di maizena;
1 l di latte;
1 dl di acqua di fiori di arancio (io solo 33 cl ed è più che sufficiente secondo me)
2 limoni non trattati;
due spicchi di arancia candita;
3 cucchiai pieni di Cointreau;

Preparazione
Lavate e asciugate i limoni e prelevatene la buccia con il rigalimoni. Ponete la maizena in una casseruola e diluitela con poco latte freddo versato a filo (questo passaggio io non l'ho mai compreso; in merito già argomentavo qui sulla molto similare crema al limone rovesciata), mescolando continuamente per evitare che si formino grumi. Aggiungete l’acqua di fiori di arancio, lo zucchero, la buccia dei due limoni (la ricetta originale ne prevede solo uno ed il secondo per decorazione)e incorporate poco alla volta il latte rimasto.
Ponete la casseruola su fiamma media e cuocete il composto finché si sarà addensato, mescolando continuamente. Eliminate la parte di buccia di limone a granularità maggiore filtrando il composto attraverso un colino a maglie fitte e versate la preparazione in uno stampo bagnato di acqua fredda; lasciate intiepidire, mescolare infine con i 3 cucchiai pieni di Cointreau, quindi ponete il budino in frigorifero a raffreddare per almeno 3 ore (una notte intero è consigliabile visto l'aggiunta di alcool).
Sformate sul piatto da portata, decorate con l'arancia candita.




martedì 24 maggio 2011

Semifreddo di Zabaione














Sere di primavera inoltrata. Orario di cena. Balcone aperto sulla cucina, il chiacchiericcio di sottofondo sereno e perchè no forse anche rassicurante di chi nel vicinato vive maggiormente gli spazi all'aperto disponibili.
Bambini che giocano, chi si dedica alle fioriere, chi ritira i panni dallo stendino, c'è chi fuma una sigaretta in attesa del marito, chi posa barattoli di pittura in vista di grandi manovre e chi invece 'sferraglia' in cucina condividendo dal punto di vista audio i vari passaggi di preparazioni invisibili agli occhi ma qualche volta intuibili a naso.
Stanchi. Le telefonate di prassi alla famiglia per aggiornarsi sulle questioni del momento poi la cena. Durante la settimana non è che si facciano fuochi d'artificio in cucina. La priorità è solo la salvaguardia di quella trentina di minuti passati a tavola, lasciando pian piano cadere la stanchezza della tensione latente, quella appunto che ci ha mantenuto di giorno (semi)lucidi e con occhio pallato.
Quattro chiacchiere dal tono disteso qualunque sia l'argomento per cercare una visione accettabile anche di tutto ciò che invece ad altre ore non lo è. Sullo sfondo la televisione accesa.
Evito rigorosamente l'avanspettacolo del TG1, le notizie principali le ho già ascoltate alla radio. Se posso e sono in orario salto direttamente da Blob ai pacchi di Max Giusti, intrattenimento preserale senza l'anima spessa del primo ma non per questo meno confacente al desiderio di avere un sottofondo visivo virante al sorriso, tra l'altro fatto con discreto garbo.
In mezzo però c'è la trappola.
A volte è un attimo...è solo un piccolo jingle parlato ad alzare istantaneamente la concentrazione di adrenalina nel sangue di entrambi.
Lei dice subito :"noooooooo ancora qui, basta!".
Io a seguire:"...ma che palleeeeee......" è questione di un paio di secondi reali...con la mia ragazza scattiamo rapidi e con fare isterico... 4 mani protese sul tavolo che si incrociano, io che faccio cadere il mio bicchiere per fortuna spesso vuoto, posate in terra, un delirio di pochi attimi solo per riuscire ad afferrare il telecomando ed evitare che per l'ennesima volta si subisca quella immonda pubblicità del 'governo del fare' da un giornalista tanto arguto per certe riflessioni quanto fazioso e venduto ai limiti del circense per le sue parabole da prete 'spogliato'.
Qualche puntata confesso l'ho anche vista pur domandandomi come sia possibile che Giuliano Ferrara percepisca ogni volta che compare in video circa 3000 euro per pochi minuti con un contratto blindato di due anni per difendere lo status morale della velina-venduta di turno abbassando il mondo ad un puttanaio, bontà sua, altresì non giudicabile. Ben venga la diversità di opinione che è sempre una garanzia di democrazia ma la morale sul meretricio ad un'ora dove a stento reggo il peso della giornata...sentirsi preso per i fondelli ancora....quello proprio "nun gliela fò!".
Al termine dello spazio "pubblicitario" giornalistico siamo di nuovo li a ridacchiare dei danni fatti, recuperando posate pulite incanalando nuovamente la cena in ritmi più consoni, felici&fetenti di aver passivamente appreso che siamo stati tutti elevati al rango di "puttanieri", chi più chi meno :)
La riflessione d'obbligo che come un lampo mi attraversa la mente è che forse manca in certe dissertazioni a senso unico non il contraddittorio (troppa grazia...) ma un certo confronto etico anche con un recente passato letterario dal quale si può sempre imparare.
Il pensiero successivo corre alla mignotta di Pasolini: "ma quanto ci manca?..." chiederei al bravo giornalista. Di certo il quesito è un vezzo personale rassicurante, un riferimento che svilisce il momento culturale poco alto sotto il profilo etico-politico ma anche solo per la mera cronaca, un piccolo lampo su una lettura che difficilmente si dimentica, sia ben inteso nessun tentativo supponente e pseduo-intellualoide per giudicare, giammai. Un flash nulla di più, poi fortunatamente la mente procede in modo ebete senza pretesa alcuna distratta da altro: "...vabbè...adesso gioca la Sicilia...", il piatto è in tavola, guardo il concorrente ispira simpatia, "...speriamo che peschi il pacco da 500.000 euro...".

PS
Quando si è anziani come noi la suscettibilità è maggiore e ci si arrabbia e ci si diverte con poco...ma questo è evidente :)



Passiamo quindi alla ricetta.
Questo dessert è tratto dalla raccolta la Grande Cucina del Corriere della Sera. C'è poco da dire su questo semifreddo la cui preparazione l'ho rivista solo in un paio di passaggi. La resa è eccezionale e chi mi conosce sa che uso aggettivi simili raramente per non dire quasi mai.
E'un semifreddo versatile che ho preparato anche in monoporzioni molto carine ma non fotografate per impossibilità logistica e di tempi visto che dovevo servirlo (rischiava di diventare una delle tante ricette che non pubblico per mancanza di immagini ma la cosa non mi andava e quindi di corsa ho scarsamente immortalato la sola versione 'panettoncino'). Accontentatevi delle poche istantanee monotematiche e decisamente poco curate condivise con voi ma non lasciate cadere lo spunto nel dimenticatoio perchè questa ricetta, insieme al sorbetto fondente al limoncello è un punto di non ritorno.
Considerate che io non ho la gelatiera ma malgrado ciò non solo non mi arrendo ma devo dire che per certe preparazioni nemmeno ne sento la mancanza. L'invito è a provare mettendo in conto il lato-B della questione...e cioè che quando andrete a comprare/provare il gelato artigianale anche in qualche posto davvero decente il vostro grado di giudizio sul gusto Zabaione sarà molto più severo perchè il vostro termine di paragone sarà decisamente più complicato da eguagliare e questo per sapore, per retrogusto ed in modo sorprendente anche per densità.
Le lacrime, almeno per me che ero alquanto scettico inizialemente, erano dietro l'angolo dopo il primo affondo di cucchiaino :P


Semifreddo di Zabaione
6 tuorli di uova codice 0;
5 dl di panna fresca;
200 gr. di zucchero con buona solubilità;
1 dl di Marsala + mezzo cucchiaio per lo stampo + 4 cucchiai sempre di Marsala o anche di un passito molto fruttato;
fragoline per guarnire;

Preparazione
Bagnate con mezzo cucchiaio di Marsala l’interno di uno stampo da plum-cake a pareti scanalate della capacità di 1,5 l e passatelo in freezer (io ho usato uno stampo in silicone per panettoncini). Montate i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto gonfio e spumoso; aggiungete il Marsala (1 dl) versandolo a filo. Trasferite il composto in una casseruola e cuocetelo a bagnomaria montandolo con una frusta finché sarà raddoppiato di volume (8' all'incirca), quindi lasciatelo raffreddare (io ho contiunato con le fruste elettriche trasferendo la bastardella in una pentola con acqua fredda).
Montate la panna aggiungendo gradatamente i 4 cucchiai di passito e incorporatela allo zabaione, mescolando delicatamente dal basso verso l’alto; versate quindi il composto così ottenuto nello stampo ormai freddo. Coprite con pellicola per alimenti e ponete in freezer per almeno 4 ore.
Poco prima di servire immergete velocemente lo stampo in acqua tiepida, sformate il semifreddo sul piatto da portata e disponete ai lati le fragoline. A quel punto dite addio al semifreddo perchè non tornerà nulla indietro nel freezer! :)

martedì 17 maggio 2011

Tortini di agrumi con fragole sciroppate














Quando parlo di Napoli assumo spesso l'atteggiamento di un equilibrista in bilico sulla corda che dal disincanto conduce all'incanto e viceversa.
Concreto oltre il dovuto, metto al corrente sempre un eventuale amico visitatore sul come 'guardarsi' da una città che scruta i suoi ospiti prima ancora che questi possano farlo (loro) per semplice curiosità.
Napoli non si addomestica, non ti accoglie mai del tutto piuttosto ti tiene d'occhio. Dai vicoli a ridosso del porto, dalle inespressive torri del centro Direzionale, da quelle orlate dei castelli, dai campanili nascosti tra i tetti, dalle case sparse sulla collina dei Camaldoli, da Villa Floridiana, Napoli sorveglia chi la percorre, osserva, indaga, insegue, ingoia le persone per concedere loro i suoi favori sotto lo scialle di uno sorriso regalato per 'crianza (creanza). Si ha soggezione degli abbracci esplorativi di quegli occhi, non da meno c'è impaccio verso un dialetto tanto sguaiato e villano quanto diretto, comprensibile sommariamente grazie alla articolata mimica che completa con puntualità un vernacolo smussato da note arabe, francesi e spagnole.
Quartieri immacolati senza cassonetti della spazzatura e con strade pulite, (poche) altre zone invase invece da cumuli di monnezza sorprendenti per altezza e dislocazione, la città sotterranea delle catacombe e quella dei cunicoli per le rapine in banca, un pino che non c'è più e lo straordinario Real Orto Botanico, le architetture laiche ed ecclesiastiche di ingegno sfarzoso del 'barocco napoletano' ed a contrasto l'emozione della navata disadorna della basilica di Santa Chiara (un vuoto ricco di suggestioni), il falso convincimento che si mangi bene ovunque, la democrazia 'riletta' davanti ad una autentica pizza fumante consumata seduti allo stesso tavolo con il magistrato o il portuale di turno, la penombra surreale della Cappela di SanSevero sul suo Cristo Velato e la luce del sole riflessa in mare che 'sbatte' sul viso degli avventori, Capri ma anche il traffico asfittico di via Caracciolo, il declivio violaceo del Vesuvio al crepuscolo, l'odore delle sfogliatelle calde in via Toledo, i cantieri aperti della metro, sempiterni così come le grotte di tufo che nascondono hotel di lusso e parcheggi abusivi, 'La Flagellazione di Cristo' di Caravaggio ed i murales di Maradona, le cappelle votive nei vicoli usate per traffici illeciti ed i 'bassi' di lusso che si aprono tra mura rivestite di manifesti elettorali, la malcelata spocchia di chi pensa di saperne sempre una in più e le lacrime versate per cosciente degrado culturale, l'artigianato d'eccellenza e l'industria del falso-originale, l'anima nera della comunità africana a piazza Garibaldi in simbiosi con il 'popolino' e quella cinese di certo più invisa, la mancanza di compostezza nel quotidiano e la dignità ritrovata nella circostanza avvilente, il sorriso malinconico di Totò, il trash neomelodico legittimato per folclore se non per camorra e l''addà passà a nuttata' di Eduardo.
Da Napoli quindi si va via sempre derubati e non necessariamente del portafoglio ma anche e soprattutto di tutti i clichè triti e ritriti che le orbitano intorno.
Si torna indietro con poche convinzioni, con qualche certa leggenda da romanzare a casa per la gioia di quelli che si aspettano solo quello e con l'intima certezza di voler riaffacciarsi su quello scorcio così particolare di vita, per assaggiare ancora una volta con gli occhi e con l'anima quella attraente vertigine di luce che si prova al suo cospetto quasi fosse un Caravaggio...che (la vertigine) sia di ammirazione o per il vuoto insito delle ombre invece, è estremamente difficile da dire anche per me che sono napoletano...

Passiamo quindi alla ricetta
Questo dessert è stato preparato in modo pensato, studiato dal punto di vista tecnico ma guidato più che altro dal desiderio di avere nella lista dei dolci qualcosa che avesse il profumo 'nuovo' della mia terra.
Argomento duro quello legato all'olfatto soprattutto perchè la cronaca regionale campana si fregia solo della monnezza culturale che produciamo ed esportiamo sotto forma di degrado sociale, il resto fa da contorno anche quando ha un suo valore assoluto di tutto pregio.
La manifestazione che si terrà a Napoli nei prossimi giorni, WineAndTheCity dal 18 al 21 Maggio per la precisione, insieme alla ricetta di Gennaro Esposito che di seguito vi presento, viaggiano invece metaforicamente sullo stesso 'camion della monnezza', entrambi in modo differente contribuiscono non solo a 'ripulire' le nostre strade greco-romane e spagnole ma a partire da queste tracciano per rispettive competenze viottoli, ponticelli, slarghi, nuove occasioni collettive di vita culturale e non di sopravvivenza da amarcord.
Il vino come fil rouge a legare eventi artistici e gastronomici, vitigni storici valorizzati nella ricerca della qualità e dell'eccellenza, il resto una città da vivere attivamente e da degustare come non accade spesso :)
Il programma lo trovate qui, se avete un paio di giorni liberi e volete capire un pò di più la contraddizione Napoli, questa è una ottima occasione per visitarla.
Detto ciò mi fiondo immediatamente sul tortino. La scelta di ricotta e frutta candita di qualità è essenziale in questa declinazione dolce minimale che fà di una linea gustativa lineare il miglior modo per arrivare senza fronzoli al cuore di un dessert dall'accento marcatamente meridionale.
La garanzia su tutto è la firma di Gennaro Esposito.
L'abbinamento con i vini è stato quindi fatto dai sommelier dell'Ais, che gentilmente si sono prestati per l'evento.
Nel mio caso questa collaborazione ha trovato riscontro nella professionalità e disponibilità di Tommaso Luongo, Delegato Ais Napoli che dopo aver visionato la preparazione ha indicato in abbinamento al tortino un "Pasithea Oro", Cantina Girlan, i cui profumi di albicocca uniti ad un netto residuo zuccherino al palato compensano e completano a tutto tondo il semifreddo agrumato.
Da Lydia invece, apripista della staffetta web per l'evento, trovate la lista di bloggers coinvolti oggi e prossimamente :)


Tortini di agrumi con fragole sciroppate (da una ricetta di Gennaro Esposito)

Ingredienti per il tortino
500 gr. di ricotta di bufala;
50 gr. tuorli;
34 gr. arancia e limone candito di ottima qualità piu qualche pezzetto per decorare (ricetta originale 50 gr.);
60 gr. di zucchero con buona solubilità;
1 dl. di latte intero;

Salsa di fragole sciroppate
10 fragole sciroppate;
4 cucchiai dello sciroppo;

Preparazione
La notte prima della preparazione mettere la ricotta in un setaccio a trama fine coprendola con un panno di cotone asciutto in una insalatiera all'interno del frigo sul ripiano piu basso in modo che senza che si alteri possa colare tutto il liquido in eccesso che ha assorbito durante la lavorazione originaria.(Questo non era indicato nella ricetta originale ma penso che sia un passo ritenuto scontato nonchè essenziale per la buona riuscita di dolci similari).

La mattina seguente.
Sbattete a spuma i tuori con i 60 gr. di zucchero ed aggiungere il latte tiepido a filo, mescolando. Fare addensare a bagnomaria, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una crema fluida, avendo cura che l'acqua sottostante non bolla eccessivamente in modo da evitare dei potenziali grumi.
La crema sarà pronta quando la sua temperatura avrà raggiunto gli 82-83 gradi. Incorporare la gelatina precedentemente ammorbidita in acqua fredda e strizzata e ritirate dal bagnomaria. Unire i 34 gr. di arancia candita ridotta ad una pezzatura di un paio di millimetri non oltre e lasciare intiepidire.
Passare a questo punto la ricotta precedentemente colata attraverso un setaccio fine (un passaverdure manuale con la ghiera a fori piccoli è l'ideale) ed amalgamarla alla crema.
Montare quindi la panna ed incorporarla delicatamente.
Versare il composto in stampi individuali in silicone da budino e lasciarli raffreddare a 0 gradi per almeno due ore.
Per servirli occorre tirarli fuori dal freezer almeno una mezz'ora prima, molto dipende dalla temperatura dell'ambiente ovviamente.
In abbinamento ho frullato una decina di fragole sciroppate ottenendo una salsa di accompagnamento ideale (la ricetta originale prevedeva una soluzione similare con frutti di bosco).
Di fatto i tortini sono volutamente poco zuccherati in modo da far esaltare le note agrumate cedute alla ricotta dalla frutta candita, che a loro voltano compensano il dolce più tondo delle fragole sciroppate. Un equilibrio difficile da immaginare visto la natura lattea del semifreddo ma che stupisce al palato.
Considerate che dalle parti mie la ricotta pur essendo molto usata nei dolci non è che venga proprio ben vista in questa versione con un ruolo da "assolo" piu che altro perche in tanti la "impapocchiano" lavorandola poco ed offrendo dessert di scarsa qualità tecnica dal punto di vista della granularità della crema ottenuta. Ecco questa è la volta che vi ricrederete, certo la preparazione non e immediata ma il costo dell'impegno vi sarà ripagato quando un bel po di occhi che da voi si aspettano solo&sempre cascate di fondente prima assumeranno lo sguardo tendente al deluso al momento della presentazione del dolce...per poi ricredersi e finire gli ultimi tortini lasciati in frigo.
Ovviamente la mia ragazza ha chiesto una versione al fondente che ha avuto seduta stante. Di fatto tra i vari tortini sfornati alcuni sono stati lavorati con scagliette minuscole di fondente che indubbiamente conferivano una nota diversa ma altrettanto piacevole.
Per questa volta però, almeno per me, che sia solo...di agrumi :)



martedì 10 maggio 2011

Piattellini impanati con cipolle di Tropea














Due giorni che è li.
E' un roulotte di molti anni fa. Dall'esterno si intuisce la semplice logica di assemblaggio, la carrozzeria di un furgoncino e dietro un perfetto quadrato non smussato negli spigoli delimitato da una porta ed un oblò rettagolare di plastica bruna posto con la lunghezza maggiore in orizzontale. L'oblò è chiuso, serrato con un piccolo lucchettino visibile dall'esterno.
Sopra uno sfiato a mò di cappa, anche esso con l'ennesima copertura non sigillata sempre di plastica color fumo, questa volta quadrato leggermente dischiuso il che indicherebbe che dentro c'è qualcuno.
Sembra provenire una luce fioca dal di sotto ma ad essere sincero non ho mai capito se quel pallore aranciato fosse invece dovuto al lampione poco distante. Non me ne curo più di tanto in verità.
La roulotte è poco piu grande di un auto normale. E'chiaro che ne ha visti di chilometri, è datata senza tuttavia mostrare piu di tanto le rughe del tempo. Poche strisciature, qualche lievissima ammaccatura, bianca, opacizzata dall'alternarsi del sole e della pioggia, le ruote esili ed in perfetto stato di manutenzione. La marca dei pneumatici del tutto sconosciuta così come la targa posteriore, manca anche l'indicazione della nazione il che mi fa pensare che non potrebbe circolare.
Sono due giorni che mi chiedo chi mai possa esserci dentro. Il dubbio dura solo quei dieci secondi che ci passo attraversandola di sbieco sul lato retrostante poi è annegato tra le onde del quotidiano, inghiottito da pensieri, stress, ansie, sorrisi e qualche vaffa che proprio non manca mai di recente. Per la terza mattina di seguito la roulotte è sempre li nel medesimo punto. La domanda riaffiora tra gli avanzi dei sogni della notte, la mia sonnolenza residua e la semplice osservazione che sul tettuccio adesso ci sono dei panni stesi ad asciugare alla luce delle stelle. Poetica la cosa se non fosse che probabilmente saranno stati dimenticati di giorno. Ne sono certo quindi, dentro c'è qualcuno, magari anzi di certo ora dorme.
Non mi soffermo piu di tanto è Venerdi (29 Aprile 2011) voglio chiudere quella settimana e con la testa sono già a cercare tutte le piccole soluzioni o scappatoie a quanto presumo mi troverò davanti quando il sole avrà fatto capolino sulle lontane colline ad est, quelle dove di tanto in tanto poso lo sguardo a cercare cambi d'ombra mai uguali.
Ad ora di pranzo incrocio nuovamente la roulotte non è piu parcheggiata adesso è in seconda fila davanti alla fontanella di un giardinetto spellacchiato. Sono influenzato e vorrei solo tornare a casa però il traffico si rivela provvidenziale per la mia piccola curiosità mattiniera.
Dal marciapiede antistante le aiuole poco distanti un ragazzino sui sette anni ed una bambina piu piccola mano nella mano corrono verso la roulotte. Aprono la porticina ed intravedo la madre, sulla quarantina, magra, sguardo un po tirato, forse è solo la mia di insofferenza a fare da lente distorta, ma a prima vista quella è la sensazione. Quando i due piccoli salgono a bordo la roulotte si piega su di un lato. E'di un fragile imbarazzante quel minicaravan d'epoca, sembra avere la consistenza del cartone. Poi la porta si riapre di nuovo, adesso sono proprio ad un paio di metri. Esce un uomo con una sottile barba calando la testa in modo da non urtare la volta bassa, un ragazzo farei meglio a dire, certamente il padre. Jeans, scarpe da ginnastica una tshirt marrone con una scritta indecifrabile e dei palloncini disegnati sopra. Si porta davanti allo sportello del guidatore, lo apre e ci si infila dentro. Si volta alle spalle verso una platea che ignoro ma che mi immagino essere la famiglia di prima, qualcuno gli passa un oggettino che lui posa sul parabrezza dell'auto. Faccio caso ad un rosario appeso allo specchietto retrovisore, poi mi concentro nuovamente su quell'oggetto al centro del cruscotto sotto il parabrezza in bella evidenza e non posso che capire con un piccolo sorriso accennato dentro.
Guardo la targa sul lato anteriore della roulotte quello che non avevo mai visto prima, adesso che lo ho davanti è ancora più chiaro, tutto torna, compaiono finalmente le iniziali del paese di provenienza.
Il ninnolo altro non era che una ventosa con sopra un piccolo drappo plastificato teso ad un vento immaginario. Motore acceso, la roulotte scompare velocemente dalla mia visuale avendo imboccato la direzione opposta a quella dove sono io, bloccato nel traffico di una città che cerca di svuotarsi dei suoi abitanti usuali per far posto a chi invece li si sente anche solo per un week-end, realmente a casa. Magari è la prima volta.
Il mini stendardo altro non era che la bandiera della Polonia, il vento che la teneva dritta invece quello soffiava da lontano, dalla medesima terra per precisione e portava ad un appuntamento 'umano' che in molti non hanno disatteso.
Nemmeno il contraddittorio (a ragion veduta che dir si voglia) giudizio politico ha potuto qualcosa, quel Papa per molti è stato "il Papa", la prova inconfutabile che quella lucina che abbiamo dentro ha una ragione, una ragione senza nome che raddolcisce gli sguardi ed apre ad una speranza non solo religiosa. Il perchè ed il per come invece questo si perde probabilmente nei ricordi e nei miei sogni avanzati della mattina...così come quella roulotte che ho avuto la fortuna di incrociare per ben tre giorni di seguito e che poi come un lampo è scomparsa.
Quello sguardo invece, chi lo ha incrociato dal vivo, se lo porta dentro per sempre.


Passiamo ora alla ricetta.
Da una raccolta di cucina del 'Corriere della sera' ho tratto (modificandolo) questo piatto che devo dire mi ha dato delle belle soddisfazioni. La ricetta non è nessuna novità spiazzante, è solo una lettura più ricercata di un classico della cucina vegetariana in una declinazione meno stucchevole per ingredienti e per tecnica di preparazione.
Questi "hamburger" di fagioli infatti hanno il pregio di non risultare farinosi al palato, perdono la propra caratteristica sabbiosa per rivelarsi in un impasto leggermente più ricco un ottimo passepartout su più fronti.
Il contro della medaglia è dato però dalla lavorazione non proprio semplice. Con qualche piccolo accorgimento tuttavia si riesce senza grandi intoppi.
Il risultato è una piacevole sorpresa. Spero che le foto per quanto siano scarne di coreografia rendino in pieno.


Piattellini impanati con cipolle di Tropea
Tratto dalla Cucina del Corriere della Sera
240 gr. di fagioli di Sorana/piattellini (peso già cotto e privato di acqua in eccesso);
40 gr. di tuorlo + 1 uovo per l'impanatura;
1 cipolla rossa di Tropea medio-grande;
1 costola di sedano;
1 rametto di prezzemolo
una foglia piccola di salvia;
3 cucchiai di olio evo;
20 gr. di pinoli;
60 gr. di farina (40 gr. '0' e 20 gr. manitoba);
prezzemolo fresco (per l'impasto);
panegrattato fine;
olio evo;

Preparazione
La notte prima mettere a bagno un 200 gr. di fagioli piattellini*;
Il mattino seguente in circa 2-3 litri di acqua tagliare la cipolla di Tropea a rondelle sottili e mettere un mazzetto ben legato di aromi (io del prezzemolo, sedano ed una foglia di salvia molto piccola). Ho fatto bollire quindi i fagioli piattellini per circa tre ore in questo finto-brodo eliminando a metà cottura il mazzetto aromatico fino al consumo pressochè totale della parte liquida. Ho poi filtrato con uno scolapasta in modo da eliminare gli eventuali residui liquidi. Ho quindi passato il tutto al mixer incorporando i 3 cucchiai di olio evo ed i pinoli.
A mano ho quindi amalgamato la pasta ottenuta con la farina, con i tuorli ed infine con pezzetti ben asciutti di prezzemolo.
Procedere sempre con una forchetta perche l'impasto è molto morbido e di difficile lavorazione.
Trasferite quindi la pasta su di un foglio di carta forno precedentemente infarinato, ungetevi le mani e lavoratelo ricavandone 5-6 palline leggermente piu grandi di una pallina di ping-pong.
A questo punto preparate la teglia nella quale procederete alla cottura coprendola con carta forno leggermente oleata.
Mettete quindi un coppapasta lievemente unto nel punto dove vorrete il primo "hamburger". Prelevate quindi una pallina di impasto trasferitela prima nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato ponetela quindo all'interno del coppapasta dove aiutandovi con il fondo di un bicchiere modellerete la 'polpetta' impanata secondo la geometria cilindrica. Sfilare il coppapasta e spolverare ancora con pangrattato qualora fosse necessario.
Procedere in modo similare anche per gli altri "hamburger".
Per la cottura, ripiano medio del forno a 200 gradi per circa 20-25 minuti.
E'la seconda volta che li preparo perche sono piaciuti parecchio...la prossima volta però per cambiare ne faccio una versione cordon bleu...e già mi sfrego le mani al solo pensiero! :D

*I fagioli di Sorana o anche detti fagioli piattellini sono dei piccoli fagioli dalla buccia molto sottile il che li rende molto digeribili rispetto ad altre tipologie.
La cottura migliore solitamente è nel classico 'fiasco toscano' con un condimento minimale ma questa volta proprio per la loro buccia sottile ho preferito ricavarne una 'pasta' per proporli in modo differente.
Va sottolineato che la stessa tecnica con fagioli dalla buccia più spessa è più semplice perchè l'impasto stesso risulta più lavorabile anche se alla fine la resa non è proprio uguale in quanto in questo modo si ottiene un "hamburger" decisamente più secco.
I piattellini anche se decisamente non facili da manipolare dopo la cottura rendono al palato diversamente.
Nulla ovviamente vieta di procedere con la stessa ricetta anche con fagioli già lessati.