Da buon alienato ho una innata nausea delle paranoie sociali quelle che colpiscono come le mode intere generazioni lasciando traccia di se anche molti lustri dopo. Paranoidi delle intolleranze alimentari, tuttologi della continuità tra cibo, patologie ed elisir di lunga vita e non ultimi infine il popolo degli "ani", siano essi vegetari o vegan, fruttari, raeli o melari, basta aggiungere sempre il suffisso "ano" e bene o male possiamo trovarli tutti.
Non ragiono, magari osservo e lo faccio dalla strada, sempre dal marciapiede e sempre con occhio ebete e riflesso tardivo. Un punto di osservazione da indolente, rassegnato, lascio ad altri la prospettiva a tre metri sopra il cielo. Mi sembra di percepire quindi una innata, quasi malinconica frustrazione in chi senza patologia alcuna si priva di qualcosa che magari gli piace, quasi a compensare, nel migliore dei casi, una pochezza riflessiva che impedisce di tenere a bada una offerta che è un oceano, nel peggiore invece, una mancanza personale che si espia con il cilicio virtuale della privazione.
Prendiamo una categora a caso come i vegetariani. Qualsiasi cosa nella loro alimentazione richiama il concetto di carne, la innalzano a male supremo eppure la sublimano nei loro piatti, tutti caratterizzati da riferimenti esorcizzanti. E sarei io quindi lo psicopatico, questo è sadismo.
Tra l'altro l'eccesso di privazione crea anche aggressività, acidità, eccessiva magrezza ed in alcuni casi estasi indotte da fumi lontani di un barbecue acceso. Generalizzare è un male, come lo è l'allevamento intensivo eppure a me disturba spesso quella "mancata verità" che gli altri hanno colto e che vorrebbero indurmi a credere, fosse anche se con l'uso di un clistere. Sono un pò i nuovi testimoni di Geova, entrambi fanno del terrorismo psicologico, comprensibile anche a menti meno sofisticate, per avere assoggettamento a qualcosa che è perimetrato o perimetrabile.
Lo "sfrantecamento" di palle è sempre dietro l'angolo soprattutto per chi ha passione per la cucina. Prima quando invitavo una persona a casa chiedevo i gusti o eventuali problemi a mangiare qualcosa. Adesso sono costretto una settimana prima a verificare l'elenco delle altrui intolleranze, la religione professata, le convinzioni personali, l'adozione di filosofie di vita che mi sfuggono ma che potrebbero influire sulla cena. Manca la richiesta dei vaccini obbligatori per capire se sono portatori sani di pertosse o varicella e poi la voglia di preparare una cena per amici e o conoscenti svanisce subito.
Perchè passare dal presunto giusto di non privarsi di niente ricercando sempre la qualità al torto della mancanza di sensibilità è un attimo. Avere dentro casa un ospite negazionista del latte come alimento fondante di molte specie viventi (e nel caso "umano" citato dei suoi derivati) è quasi peggio di trovarsi in un circolo neonazista vestito con i colori del gay pride. E la difficoltà non è nel cucinare una cena senza i derivati del latte, quella è la cosa meno faticosa ed impegnativa, è quando arriva (perchè immancabilmente arriva) la discussione sui gusti o sulle scelte di vita alimentari, è li che si rischia la vita. Il latte comporta pestilenza, tumori, vesciche è il male estremo (si capisce che l'ho vissuta dal vero...) chi beve latte è un contaminato, uno che al pari di una merda ha meno fascino. Subentra poi la mancanza di sensibilità, si fa leva sul ciclo del latte come se fosse quello del petrolio o dell'estrazione del cobalto, ti si incolpa di sfruttamento, non gli fotte niente che il latte che bevi o il formaggio che mangi (a dir loro cancerogeno) ti farà morire a breve, si dimostra che sei sempre e solo una merda. Ed è a quel punto che prima guardi il tavolo per capire se qualche molecola di liquido secreto da qualche ghiandola mammaria mammifera possa essere capitata per errore in un piatto e poi conti, conti i secondi, i minuti, le mezz'ore che ti separano da quel vaffanculo mai proferito che li accopagnerà alla porta a fine serata con l'immagine di tutti quei tetrapack di latti-alternativi che gli si infilano nell'ano, il suffisso resta una costante come vedete, senza alcuna riduzione di volume dell'imballaggio preliminare.
Una volta, ben circostanziata nel tempo e nei personaggi che ne sono stati protagonisti, ho assistito all'apologia degli olii essenziali oltre ogni razionalità, arrivando persino a magnificare i benefici curativi per patologie terminali. Lì, in quella occasione risposi, ero un giovane nerd sovrappeso con occhiali squadrati che cacciò fuori risentimento e sdegno balbettante. Fui ovviamente cazziato dai miei genitori. Molti anni dopo, per educazione, a quella cena con i nazisti del latte non ho detto nulla, dentro di me balbettavo ancora, forse non ho mai smesso di farlo, di certo quando sono andati via mi sono gratificato con una vasca di crema pasticcera e qualche amarena pensando con un sorriso accennato che fortunamente non esiste il suffisso "ano" per i morti di fame come me.
Passiamo quindi alla ricetta
Con questa immonda versione di cannoli partecipo all'MTChallenge 68, il cui argomento, proposto dalla vincitrice della precedente sfida, Francesca Geloso, mi porta in un territorio minato in quanto amo la pasticceria e so anche che in questo periodo una serie di circostanze me la fanno temere pensando che potrei più nuocere che altro. Pubblico solo una parte delle idee che non ho realizzato ma va bene così, già aver trovato il tempo mi ha reso felice.
Magari da questa sfida qualcuno si sarebbe aspettato uno spunto per ulteriori provocazioni e così non sarà. Quando si cucina, lo si fa per chi si vuole bene e non certo per avallare o meno le proprie vedute. E quindi dito medio a chi non aspettava altro e "giù li cultelli" di questa sfoglia che mi ha fatto sorridere per la resa e per il fatto che mi ha indotto a fare un bel pò di creme che tutt'ora devo finire di smaltire ma che a breve rimetterò a frutto per qualche dessert che ho in testa. Daniela mi ha dato un 7. Le creme hanno la lode ma quelle fancedole spesso non possono incidere.
Solo per condivisione. Ho impastato tutto a mano, non ho una planetaria e penso non la comprerò fino a quando mi reggono le braccia.
Il cremoso delicato di arachidi non è per niente salato, le arachidi sono naturali e tostate, non fritte meno che mai sapide. Il completamento naturale sono una ganache fondente al flor de sal che ho preparato ma non usato per i cannoli presentati. L'aspettativa di tutti è trovare il sapido nel cremoso ed invece arriva dal cioccolato.
La seconda versione è invece una ganache montata al caffè. L'ho quasi sempre pronta, l'ho rifatta per l'occasione e la mancanza di stabilità (senza riposo alcuno) si vede chiarameente dalle foto, in quando il caldo di questi giorni ne ha iniziato a compromettere la struttura. Non sono alibi tutt'altro, chi fa dolci spesso come me, sa di cosa parlo. Resta una soddisfazione a metà per il completamento del dessert :)
Pasta sfoglia (copiata dal sito della Francesca Goloso)
Ingredienti per il panetto
350 g burro
150 g farina 00
per il pestello
350 g farina 00
150 g burro
20 g sale(io 10g)
Malto (facoltativo) g 10
Acqua fredda g 50
Vino bianco secco g 60
Procedimento
Per prima cosa ho provveduto a preparare il panetto. Si può fare a mano su un piano su una spianatoia (come nel mio caso) o con l'aiuto della planetaria usando la foglia.
Ho utilizzato il burro ancora freddo di frigorifero e l'ho amalgamato con la farina.
Il composto non va lavorato troppo a lungo, deve essere omogeneo ma il burro deve mantenere una discreta plasticità. Fatto questo ho modellato il panetto dandoli una forma quanto più rettangolare possibile e l'ho avvolto in pellicola alimentare e riposto in frigo per un’ora e mezzo.
Nel frattempo ho preparato il pastello inserendo la farina e il burro in planetaria munita di gancio e impastando con i liquidi; l'acqua fredda con il sale disciolto all'interno e il vino bianco secco freddo anch'esso. Si può fare anche a mano (come nel mio caso) distribuendo all'interno della farina disposta a fontana gli altri ingredienti ed impastando con i liquidi manualmente.
A questo punto ci troviamo difronte ad un bivio: alcuni sostengono sia bene lavorare molto l'impasto altri invece che sia meglio lavorarlo poco, lasciandolo un po' grezzo poiché saranno le stratificazioni successive, dovute ai passaggi dei vari giri e stesure a rendere l'impasto liscio e perfetto. Io seguo questa seconda strada, perciò lavorate l'impasto quel tanto che basta ad ottenerlo compatto anche se leggermente grumoso.
Ho avvolto l'impasto nella pellicola e l'ho fatto riposare in frigo per mezz'ora. Si può lasciare anche fuori dal frigorifero, in verità fate come preferite, personalmente preferisco i riposi al fresco. Trascorso questo tempo ho ripreso l'impasto e l'ho steso con il mattarello cercando di darli una forma rettangolare fin da subito. Tenete a mente che durante la preparazione la forma rettangolare va mantenuta il più possibile affinché non ci siano sovrapposizioni di pasta e non si rischi di ottenere una sfogliatura troppo disomogenea, ricordate anche che durante tutti i passaggi della lavorazione il mattarello e il piano andranno sempre leggermente spolverati di farina, per evitare che la pasta si attacchi.
Ho steso la pasta allo spessore di 1 cm circa e ho steso anche il panetto freddo, disponendolo tra due fogli di carta forno e dandoli inizialmente dei colpi con il mattarello fino ad abbassarlo e poi quando appare di nuovo lavorabile con il mattarello in maniera classica fino a che non è della solita altezza del pastello ma di metà lunghezza, in modo tale che una volta poggiato nella parte centrale della pasta sia possibile ricoprirlo con i due lembi di pasta.
A questo punto mantenendo i lati aperti in alto e in basso ho eseguito il primo giro a 3, portando la parte alta verso il centro e ricoprendola con quella in basso in modo tale da ottenere tre strati di pasta sovrapposti ed ho steso la pasta. Subito dopo ho eseguito la prima piega a quattro, ho ribaltato il lato inferiore e quello superiore verso il centro e poi ho chiuso a libro la pasta, in modo tale da ottenere quattro strati. Ho messo in frigorifero a riposare per 45 minuti circa. Una volta ripreso l'impasto l'ho steso, sempre in forma di rettangolo, mantenendo il lato chiuso alla mia destra. La pasta sfoglia si stende sempre nel solito verso, lato aperto davanti,lato chiuso a destra, e sempre lavorando il più possibile in verticale ed aggiustando via via in orizzontale.
A questo punto ho eseguito tutti i giri, sono ancora 4 in totale, 2 a 3 e 2 a 4, alternandoli e intervallandoli dopo ogni giro con riposi in frigo di 20-30 minuti.
Una volta eseguiti tutti i giri la vostra sfoglia sarà pronta per essere cotta, deve fare solo un ultimo riposo in frigo di minimo un'ora. Io come già detto lo lascio proprio dormire tutta la notte.
Ganache montata al cioccolato bianco e caffè
70 gr. di caffè espresso con un solo piccolo cucchiaino di zucchero;
30 gr. di liquore al caffè;
140 gr. di cioccolato bianco di buona qualità;
220 gr. di panna;
Fondere il cioccolato a bagnomaria o nel microonde al minimo della potenza. Togliere dal fuoco e versarvi un terzo del caffè bollente, mescolando accuratamente con una spatola al centro della preparazione, fino a ottenere una consistenza elastica e brillante. Incorporare allora un altro terzo del caffè ripetendo l'operazione. Infine incorporare il resto del caffè con il liquore, mescolare ancora e aggiungere la panna liquida fredda. Far riposare in frigo per alcune ore, non meno di tre, io una notte intera. Quando si usa quindi, montarla quanto basta con una frusta per averla della corretta consistenza.
Cremoso delicato di arachidi
500 gr. panna;
500 gr. latte;
160 gr. zucchero;
200 gr. tuorlo;
5 gr. di gelatina (2 fogli, quindi forse 4gr. e non 5)
350 gr. cioccolato fondente 63%;
200 gr. pasta di arachidi (fatta da me con arachidi tostati, non salati e ridotti in crema con una piccolissima aggiunta di olio di nocciola);
Prima si fa la crema inglese, portando a bollore panna e latte e buttandolo sul rosso d'uovo in precedenza montato con lo zucchero (composto bianco e spumoso).
Quando è ancora caldo si unisce la gelatina reidratata, il cioccolato fondente sciolto al microonde con la pasta di arachidi e si mescola con minipimer senza inglobare aria.
Questo cremoso è un sogno...davvero :)
Non ragiono, magari osservo e lo faccio dalla strada, sempre dal marciapiede e sempre con occhio ebete e riflesso tardivo. Un punto di osservazione da indolente, rassegnato, lascio ad altri la prospettiva a tre metri sopra il cielo. Mi sembra di percepire quindi una innata, quasi malinconica frustrazione in chi senza patologia alcuna si priva di qualcosa che magari gli piace, quasi a compensare, nel migliore dei casi, una pochezza riflessiva che impedisce di tenere a bada una offerta che è un oceano, nel peggiore invece, una mancanza personale che si espia con il cilicio virtuale della privazione.
Prendiamo una categora a caso come i vegetariani. Qualsiasi cosa nella loro alimentazione richiama il concetto di carne, la innalzano a male supremo eppure la sublimano nei loro piatti, tutti caratterizzati da riferimenti esorcizzanti. E sarei io quindi lo psicopatico, questo è sadismo.
Tra l'altro l'eccesso di privazione crea anche aggressività, acidità, eccessiva magrezza ed in alcuni casi estasi indotte da fumi lontani di un barbecue acceso. Generalizzare è un male, come lo è l'allevamento intensivo eppure a me disturba spesso quella "mancata verità" che gli altri hanno colto e che vorrebbero indurmi a credere, fosse anche se con l'uso di un clistere. Sono un pò i nuovi testimoni di Geova, entrambi fanno del terrorismo psicologico, comprensibile anche a menti meno sofisticate, per avere assoggettamento a qualcosa che è perimetrato o perimetrabile.
Lo "sfrantecamento" di palle è sempre dietro l'angolo soprattutto per chi ha passione per la cucina. Prima quando invitavo una persona a casa chiedevo i gusti o eventuali problemi a mangiare qualcosa. Adesso sono costretto una settimana prima a verificare l'elenco delle altrui intolleranze, la religione professata, le convinzioni personali, l'adozione di filosofie di vita che mi sfuggono ma che potrebbero influire sulla cena. Manca la richiesta dei vaccini obbligatori per capire se sono portatori sani di pertosse o varicella e poi la voglia di preparare una cena per amici e o conoscenti svanisce subito.
Perchè passare dal presunto giusto di non privarsi di niente ricercando sempre la qualità al torto della mancanza di sensibilità è un attimo. Avere dentro casa un ospite negazionista del latte come alimento fondante di molte specie viventi (e nel caso "umano" citato dei suoi derivati) è quasi peggio di trovarsi in un circolo neonazista vestito con i colori del gay pride. E la difficoltà non è nel cucinare una cena senza i derivati del latte, quella è la cosa meno faticosa ed impegnativa, è quando arriva (perchè immancabilmente arriva) la discussione sui gusti o sulle scelte di vita alimentari, è li che si rischia la vita. Il latte comporta pestilenza, tumori, vesciche è il male estremo (si capisce che l'ho vissuta dal vero...) chi beve latte è un contaminato, uno che al pari di una merda ha meno fascino. Subentra poi la mancanza di sensibilità, si fa leva sul ciclo del latte come se fosse quello del petrolio o dell'estrazione del cobalto, ti si incolpa di sfruttamento, non gli fotte niente che il latte che bevi o il formaggio che mangi (a dir loro cancerogeno) ti farà morire a breve, si dimostra che sei sempre e solo una merda. Ed è a quel punto che prima guardi il tavolo per capire se qualche molecola di liquido secreto da qualche ghiandola mammaria mammifera possa essere capitata per errore in un piatto e poi conti, conti i secondi, i minuti, le mezz'ore che ti separano da quel vaffanculo mai proferito che li accopagnerà alla porta a fine serata con l'immagine di tutti quei tetrapack di latti-alternativi che gli si infilano nell'ano, il suffisso resta una costante come vedete, senza alcuna riduzione di volume dell'imballaggio preliminare.
Una volta, ben circostanziata nel tempo e nei personaggi che ne sono stati protagonisti, ho assistito all'apologia degli olii essenziali oltre ogni razionalità, arrivando persino a magnificare i benefici curativi per patologie terminali. Lì, in quella occasione risposi, ero un giovane nerd sovrappeso con occhiali squadrati che cacciò fuori risentimento e sdegno balbettante. Fui ovviamente cazziato dai miei genitori. Molti anni dopo, per educazione, a quella cena con i nazisti del latte non ho detto nulla, dentro di me balbettavo ancora, forse non ho mai smesso di farlo, di certo quando sono andati via mi sono gratificato con una vasca di crema pasticcera e qualche amarena pensando con un sorriso accennato che fortunamente non esiste il suffisso "ano" per i morti di fame come me.
Passiamo quindi alla ricetta
Con questa immonda versione di cannoli partecipo all'MTChallenge 68, il cui argomento, proposto dalla vincitrice della precedente sfida, Francesca Geloso, mi porta in un territorio minato in quanto amo la pasticceria e so anche che in questo periodo una serie di circostanze me la fanno temere pensando che potrei più nuocere che altro. Pubblico solo una parte delle idee che non ho realizzato ma va bene così, già aver trovato il tempo mi ha reso felice.
Magari da questa sfida qualcuno si sarebbe aspettato uno spunto per ulteriori provocazioni e così non sarà. Quando si cucina, lo si fa per chi si vuole bene e non certo per avallare o meno le proprie vedute. E quindi dito medio a chi non aspettava altro e "giù li cultelli" di questa sfoglia che mi ha fatto sorridere per la resa e per il fatto che mi ha indotto a fare un bel pò di creme che tutt'ora devo finire di smaltire ma che a breve rimetterò a frutto per qualche dessert che ho in testa. Daniela mi ha dato un 7. Le creme hanno la lode ma quelle fancedole spesso non possono incidere.
Solo per condivisione. Ho impastato tutto a mano, non ho una planetaria e penso non la comprerò fino a quando mi reggono le braccia.
Il cremoso delicato di arachidi non è per niente salato, le arachidi sono naturali e tostate, non fritte meno che mai sapide. Il completamento naturale sono una ganache fondente al flor de sal che ho preparato ma non usato per i cannoli presentati. L'aspettativa di tutti è trovare il sapido nel cremoso ed invece arriva dal cioccolato.
La seconda versione è invece una ganache montata al caffè. L'ho quasi sempre pronta, l'ho rifatta per l'occasione e la mancanza di stabilità (senza riposo alcuno) si vede chiarameente dalle foto, in quando il caldo di questi giorni ne ha iniziato a compromettere la struttura. Non sono alibi tutt'altro, chi fa dolci spesso come me, sa di cosa parlo. Resta una soddisfazione a metà per il completamento del dessert :)
Pasta sfoglia (copiata dal sito della Francesca Goloso)
Ingredienti per il panetto
350 g burro
150 g farina 00
per il pestello
350 g farina 00
150 g burro
20 g sale(io 10g)
Malto (facoltativo) g 10
Acqua fredda g 50
Vino bianco secco g 60
Procedimento
Per prima cosa ho provveduto a preparare il panetto. Si può fare a mano su un piano su una spianatoia (come nel mio caso) o con l'aiuto della planetaria usando la foglia.
Ho utilizzato il burro ancora freddo di frigorifero e l'ho amalgamato con la farina.
Il composto non va lavorato troppo a lungo, deve essere omogeneo ma il burro deve mantenere una discreta plasticità. Fatto questo ho modellato il panetto dandoli una forma quanto più rettangolare possibile e l'ho avvolto in pellicola alimentare e riposto in frigo per un’ora e mezzo.
Nel frattempo ho preparato il pastello inserendo la farina e il burro in planetaria munita di gancio e impastando con i liquidi; l'acqua fredda con il sale disciolto all'interno e il vino bianco secco freddo anch'esso. Si può fare anche a mano (come nel mio caso) distribuendo all'interno della farina disposta a fontana gli altri ingredienti ed impastando con i liquidi manualmente.
A questo punto ci troviamo difronte ad un bivio: alcuni sostengono sia bene lavorare molto l'impasto altri invece che sia meglio lavorarlo poco, lasciandolo un po' grezzo poiché saranno le stratificazioni successive, dovute ai passaggi dei vari giri e stesure a rendere l'impasto liscio e perfetto. Io seguo questa seconda strada, perciò lavorate l'impasto quel tanto che basta ad ottenerlo compatto anche se leggermente grumoso.
Ho avvolto l'impasto nella pellicola e l'ho fatto riposare in frigo per mezz'ora. Si può lasciare anche fuori dal frigorifero, in verità fate come preferite, personalmente preferisco i riposi al fresco. Trascorso questo tempo ho ripreso l'impasto e l'ho steso con il mattarello cercando di darli una forma rettangolare fin da subito. Tenete a mente che durante la preparazione la forma rettangolare va mantenuta il più possibile affinché non ci siano sovrapposizioni di pasta e non si rischi di ottenere una sfogliatura troppo disomogenea, ricordate anche che durante tutti i passaggi della lavorazione il mattarello e il piano andranno sempre leggermente spolverati di farina, per evitare che la pasta si attacchi.
Ho steso la pasta allo spessore di 1 cm circa e ho steso anche il panetto freddo, disponendolo tra due fogli di carta forno e dandoli inizialmente dei colpi con il mattarello fino ad abbassarlo e poi quando appare di nuovo lavorabile con il mattarello in maniera classica fino a che non è della solita altezza del pastello ma di metà lunghezza, in modo tale che una volta poggiato nella parte centrale della pasta sia possibile ricoprirlo con i due lembi di pasta.
A questo punto mantenendo i lati aperti in alto e in basso ho eseguito il primo giro a 3, portando la parte alta verso il centro e ricoprendola con quella in basso in modo tale da ottenere tre strati di pasta sovrapposti ed ho steso la pasta. Subito dopo ho eseguito la prima piega a quattro, ho ribaltato il lato inferiore e quello superiore verso il centro e poi ho chiuso a libro la pasta, in modo tale da ottenere quattro strati. Ho messo in frigorifero a riposare per 45 minuti circa. Una volta ripreso l'impasto l'ho steso, sempre in forma di rettangolo, mantenendo il lato chiuso alla mia destra. La pasta sfoglia si stende sempre nel solito verso, lato aperto davanti,lato chiuso a destra, e sempre lavorando il più possibile in verticale ed aggiustando via via in orizzontale.
A questo punto ho eseguito tutti i giri, sono ancora 4 in totale, 2 a 3 e 2 a 4, alternandoli e intervallandoli dopo ogni giro con riposi in frigo di 20-30 minuti.
Una volta eseguiti tutti i giri la vostra sfoglia sarà pronta per essere cotta, deve fare solo un ultimo riposo in frigo di minimo un'ora. Io come già detto lo lascio proprio dormire tutta la notte.
Ganache montata al cioccolato bianco e caffè
70 gr. di caffè espresso con un solo piccolo cucchiaino di zucchero;
30 gr. di liquore al caffè;
140 gr. di cioccolato bianco di buona qualità;
220 gr. di panna;
Fondere il cioccolato a bagnomaria o nel microonde al minimo della potenza. Togliere dal fuoco e versarvi un terzo del caffè bollente, mescolando accuratamente con una spatola al centro della preparazione, fino a ottenere una consistenza elastica e brillante. Incorporare allora un altro terzo del caffè ripetendo l'operazione. Infine incorporare il resto del caffè con il liquore, mescolare ancora e aggiungere la panna liquida fredda. Far riposare in frigo per alcune ore, non meno di tre, io una notte intera. Quando si usa quindi, montarla quanto basta con una frusta per averla della corretta consistenza.
Cremoso delicato di arachidi
500 gr. panna;
500 gr. latte;
160 gr. zucchero;
200 gr. tuorlo;
5 gr. di gelatina (2 fogli, quindi forse 4gr. e non 5)
350 gr. cioccolato fondente 63%;
200 gr. pasta di arachidi (fatta da me con arachidi tostati, non salati e ridotti in crema con una piccolissima aggiunta di olio di nocciola);
Prima si fa la crema inglese, portando a bollore panna e latte e buttandolo sul rosso d'uovo in precedenza montato con lo zucchero (composto bianco e spumoso).
Quando è ancora caldo si unisce la gelatina reidratata, il cioccolato fondente sciolto al microonde con la pasta di arachidi e si mescola con minipimer senza inglobare aria.
Questo cremoso è un sogno...davvero :)