venerdì 19 marzo 2010

Cake cacao e tè al caramello (Senza Burro - Senza Olio)














Era da circa dieci gorni che mi trascinavo una sintomatologia fastidiosa all'orecchio sinistro. Niente di doloroso, solo una sensazione di "bollicine", di chiusura, una sorta di piccola freddezza che prende anche parte della mascella ma senza compromettere udito e varie. Avete presente quella classica seccatura che valutata sul breve periodo è del tutto ininfluente...ma che dopo un pò di giorni invece vi scava dentro piano piano facendo crollare prima a tratti, e poi con continuità tutta la pazienza sin li accumulata.
Chiamato quindi il medico di famiglia che altri non è che l'amico da una vita, nutellomane ed incline con me alla decisione un giorno di farla definitivamente 'finita' in qualche pasticceria, non potendomi visitare da vicino mi dava delle indicazioni di massima.
Per cui ispirato dal buon senso interventista che mi pervade in questi casi ho affrontato la patologia in modo euristico con approccio soft, quasi con delicatezza direi...sparandomi per i primi 4 giorni il più potente anti-infiammatorio che c'è in giro (quello acquistabile solo su ricetta medica). Visto gli scarsi risultati sono passato, sempre su ipotesi a distanza dell'amico cioccolattaro agli antibiotici. Sparati mattina e sera per altri 4 giorni. Nulla.
Forse nulla non dovrei dirlo però. Infatti questa volta avendo sopravvalutato il mio fisico atletico da competizione agonistica, di quelli forgiati per scalare le montagne a mani nude in costume da bagno in modo da avere la possibilità di abbronzarsi nel durante, avevo tralasciato un piccolo dettaglio nel lucido passaggio anamnesi-diagnosi-cura e cioè che mi occorreva una copertura per lo stomaco visto la potenza distruttiva delle medicine che mi apprestavo a prendere.
Le mie budella infatti come uno dei migliori re d'Italia avuti, hanno pensato in modo lungimirante di abbandonare qualsiasi politica di resistenza o contenimento del nemico e dopo circa 8 giorni si sono date ad una indegna ma certamente più appagante fuga. L'armistizio al telefono con l'amico medico ha segnato la sconfitta di entrambi, dovevamo rimandare forzatamente il 'suicidio' da zuccheri in una pasticceria, rimediando invece io con riso in bianco e mele nell'immediato. L'orecchio ovviamente non era migliorato in compenso avevo cominciato a mettere il cappuccio nero del giubbino a mo' di frate a protezione dell'orecchio malconcio circolando per strada in modo inquietante, tipo piccolo gangster da periferia americana.
Visto in modo sospetto da chi incrociavo nel quartiere e spinto dalla necessità ho chiamato la mia vicina in cerca di un otorino in grado di individuare quanto meno il modo per uscirne fuori. Il caso voleva che lei stessa aveva un appuntamento il giorno dopo con un luminare della scienza uditiva per via della suocera. Chiamo quindi allo studio dello scienziato e solo su mia insistenza e su base raccomandazione della vicina strappo l'appuntamento nella stessa giornata. Arrivato al suo studio, nella piazza principale della città, scopro che appartiene ad un ordine cavalleresco pontificio con nomina del Papa, che è un plurititolato e che il quadro più brutto che ha nella sala d'aspetto potrei prenderlo e poi venderlo acquistandoci un appartamento seduta stante.
Aspetto il mio turno, guardato con affetto dalla signora settantenne che le fa da segretaria. Il motivo non lo so, immagino che provi tenerezza per un acclarato comune mortale capitato per sbaglio nel salotto buono della sanità cittadina o forse dissimula empatia pensando che davvero potrei prendere quel quadro che oramai guardo in modo sospetto, avendo invece già digitato senza l'invio i numeri 1,1 e 3 sul telefonino dietro la borsa.
Poi finalmente entro. Il tipo, sulla sessantina, grosso di corporatura, mediamente alto, mani grandi con orologio che disegna linee paffute sulla ciccia del polso, fare molto gentile e professionale, con grande tatto prima mi fa una intervista che altro non è che la richiesta della dichiarazione dei redditi estorta con fine indagine persuasiva (solo apparentemente non invadente) poi mi visita con imbuti vari prima le orecchie, a seguire il naso, si fa un giro in gola e verso la fine mi stringe forte le mani al collo.
Sembra voglia strozzarmi in realtà deve sentire delle ghiandole, dice. "Vabbè", già contento che con gli imbuti non sia andato altrove. Mi guarda, gli dico delle precedenti terapie...poi mi prescive un anti-infiammatorio leggerissimo, quasi un brodino, degli spruzzi per il naso con un farmaco da banco che ha un concentrato di princio attivo che è inferiore a quello della frutta nei succhi commerciali da discount e delle gocce per le orecchie che il farmacista mi dirà poi essere un prodotto abbastanza generico e non specifico per alcuna patologia, praticamente acqua demineralizzata.
Faccio un atto di fede, lo ringrazio dopo che mi ha detto che vuole vedermi tra 15 giorni per valutare un eventuale cura ulteriore a base di antibiotici, esco fuori e li con lo stesso fare affettuoso di prima la segretaria, più piccola della Montalcini per capirsi in merito alla sua fisicità, arriccia le rughe, mette il passamontagna e mi dice ...enta!!!
Dissimulo freddezza visto che me la sono cercata io...pago, saluto con sorriso paresi tipo screensaver esco e svengo sulle scale di quell'edificio che trasuda storia da ogni scalino.
Adesso sono qui a fare la cura con tante, ma tante tante, domande senza risposta. Vi riporto solo le principali:
1) Indipendentemente dal fatto che la cura faccia effetto (nell'istante in cui vi scrivo POCO o NULLA) e me lo auguro ovviamente...ma secondo voi la prox volta, Dott.Gibaud e Madameoiselle "RitaLeviVallanzasca" mi chiederanno ancora la parcella?!
2) La mia vicina è miliardaria e non lo so?!
3) Non è meglio che vada a farla finita in pasticceria?!
PS
Solo per la cronaca, nello stesso pomeriggio il mio amico medico che chiamavo per allinearlo...rideva di me sgranocchiando un kinder cereali! :P

La ricetta che vi propongo adesso invece è una di quelle che senza l'incontro fatto nemmeno esisterebbe.
Vi spiego subito. Qualche Sabato fa ho avuto, insieme alla mia ragazza, il piacere di conoscere Virò ed Acquaviva da vicino. Indipendentemente dal constatare di persona quanto fosse reale quella sensazione di familiarità che si era instaurata virtualmente sul web, mi hanno anche fatto gentile omaggio di un ottimo tè al caramello. Io ovviamente, uno zulù integrale, nemmeno avevo pensato ad una cosa carina per cui ho messo su il miglior sorriso 'deficiente' che avevo in tasca ed ho ringraziato pensando a quanto sia ancora allo stato brado per certe cose. Beh il fatto che a casa non abbiano mai preso un cane, adducendo come comprensibile scusa il fatto che l'"animale domestico" già c'è (guardando me), rende l'idea, no?! :P
Tornando comunque al tè...io difficilmente lo bevo, poi troppo particolare per sprecarlo in tazza...un thè al caramello...ci penso su per un paio di giorni poi ho trovato la soluzione SPETTACOLARE qui.
Un bel blog davvero quello di Tania ricco di spunti.
Ahhh dimenticavo...io ho trovato la ricetta ma è la mia ragazza che lo ha preparato...ecco perchè è venuto ottimo.
Un ultima cosa e vi lascio...il cake non solo è profumatissimo, con la mia lei era tutto un dire..."ma lo senti il profumo del tè!?...nooo...bellissimo...io non pensavo venisse così....", ha inoltre un sapore delicato e persistente di cacao e tè appunto con un retrogusto di caramello che arrotonda con dolcezza il sapore delle noci e delle mandorle.
Piccola nota aggiuntiva...non ha ne burro ne olio.
Basta questo per renderlo la preparazione dell'anno in casa Gambetto!! :P

Vi riporto a seguire la ricetta originale con le variazioni apportate.

Cake cacao e tè al caramello

Ingredienti (per uno stampo lungo 24cm):
200g. di farina 00;
50g. di cacao amaro;
180g. di zucchero;
1 uovo codice 0;
200ml di tè al caramello;
150g. di frutta secca tritata (io 200 g. di noci e mandorle)
1 bustina di lievito in polvere;

Procedimento
In primis ho preparato un tè molto forte (200ml in tutto). L'idea è quella di farne uno doppio riducendo con la bollitura aggiuntiva la quantità di acqua in eccedenza. A questo punto una volta lasciato raffreddare, si mescola la farina setacciata con il cacao, lo zucchero, il lievito e l'uovo in precedenza sbattuto con un pizzichino di sale.
Si aggiunge quindi il tè e si mescola bene incorporando solo alla fine la frutta secca tritata.
Si trasferisce il composto in uno stampo imburrato ed infarinato e si cuoce sul ripiano medio del forno (statico nel mio caso) a 180° per 50'/60' facendo la prova stecchino per ulteriore conferma.



















lunedì 15 marzo 2010

Brioche rustica














Per uno come me, cresciuto non 'con', ma 'nel' culto del vincere tipico dell'arrivismo griffato anni 80', imparare a perdere o quantomeno a dare il giusto valore alle competizioni qualunque esse siano è una lezione da tenere sempre a portata di mano.
Perdere può (e deve) essere comunque la strada per una diversa vittoria personale e non perchè la cosa funga da palliativo quanto perchè da una sconfitta si possa sempre avere quel livido la cui memoria 'dolorosa' ci faccia poi crescere.
Facile a dirsi, meno a metabolizzarle certe lezioni. La cosa che più spaventa infatti non è perdere quanto la cultura del vincere-sempre che erroneamente priva spesso di dignità anche la più onorevole delle sconfitte.
Vinti e vincitori hanno tutti una data di scadenza che può essere più o meno lunga e dalla quale non si può prescindere mai se si vuole avere una corretta messa a fuoco della questione, ma questo non impedisce di "subire" il più delle volte gli strali della cultura del vincitore che non accetta soluzioni sociali differenti, almeno in prima battuta.
Senza voler tuttavia trarre facili morali incedendo in retoriche trite&ritrite o ancor peggio facendo della sociologia superficiale vi lascio a seguire il risvolto della medaglia regalatoci da un famoso allenatore di boxe, Ottavio Tazzi (ha allenato otto campioni del mondo e nell'ambiente è conosciuto come il Maestro, titolo dato dalla strada e dai risultati), attraverso lo stralcio di una sua intervista presente in una canzone di un autore che, ad onor del vero, ho seguito poco fin qui.
La sua voce (Ottavio Tazzi), prosciugata dalla vita di ogni suppellettile formale, scarna ma non priva di energia, in poche battute restituisce una istantenea nitida di un preciso momento storico, corredandola al contempo di una rilettura inedita della figura del "brocco" o comunque di colui che non nasce cavallo di razza, sul ring come nella vita.
Il valore aggiunto è ovviamente dato da chi per anni ed anni con la "vittoria" ha dovuto salvaguardare prima la faccia (e la vita aggiungerei) dei propri boxeur e poi le loro velleità sportive e di fama.
Considerate che non amo la boxe.
Il testo dell'intervista, registrato in un bar di via Padova a Milano poco tempo fa, per inciso, è riportato parimenti e con l'audio originale (la voce del coach con tutti i rumori di sottofondo della sala) nella medesima canzone che non è arrivata alle radio più in vista proprio per il suo non essere commerciale.
Di fatto l'ho ascoltata su Caterpillar di Radio2 e di li a riflettere su quanto pocanzi detto il passo è stato brevissimo vi assicuro, questo indipendentemente dal valore musicale che si voglia dare al brano o all'arte della boxe che si rimandano ad opinabili questioni di gusto personale.
A seguire solo il testo dell'intervista che potete ascoltare nel brano qui.
Per chi volesse invece approfondire l'autore può trovare testi e canzoni interessanti qui (Pacifico)
Boxe a Milano
Voce di Ottavio Tazzi (incipit canzone): "Io mi ricordo Paini, che era un perdente...Quando combatteva Paini dava spettacolo";
Voce di Ottavio Tazzi (a metà canzone): "Mi ricordo San Siro, pieno zeppo San Siro, e Benvenuti ha vinto per K.O. su Mazzinghi";
Voce di Ottavio Tazzi (al termine della canzone): "Io son più affezionato ai brocchi, i brocchi che ho avuto nel passato, perché anche loro hanno il coraggio di andare sul ring. Entrare nel ring...non è da tutti. Mi ricordo un certo Callegari di Voghera, tipo che era, faceva il diavolo a quattro pur di fare il match perdeva sempre e quando... quelle poche volte che ha vinto mi godevo la felicità, era il massimo";
Vi lascio alla vostra eventuale riflessione...con un augurio che faccio prima a me stesso...e cioè quello di entrare sempre sul ring.

La ricetta che propongo oggi invece è la brioche rustica "napoletana", piatto ricorrente a casa mia da sempre. In tutta onestà non ho seguito integralmente la versione di mia madre, che poi è quella di mia nonna, ma ne ho fatto una mia, frutto di studi matti&disperatissimi. In pratica ho incrociato la preparazione di casa Gambetto con quella di Lydia e Paoletta. A voi giudicare se questa declinazione ibrida ha il suo perchè ;)


Brioche rustica

Ingredienti
400g. di farina 00;
100g. di farina 0 (ho usato quella Coop);
4 uova codice 0;
15g. di lievito di birra;
70g. di burro;
20g. di zucchero;
20g. di sale;
350ml di latte intero;
100g. di Parmigiano Reggiano grattugiato fresco;
180g. di salame "Napoli" o di salame cacciatorino di buona qualità;
180g. di prosciutto cotto;
180g. caciocavallo semistagionato (Io ne ho usato uno di bufala, tutte le varianti DOP ovviamente sono ottime);

Preparazione
In primis ho preparato un lievitino con 150ml.di latte, un paio di pugni di farina 00 presa dal totale e 10g. di zucchero, lasciandolo gonfiare per circa un ora. Ho quindi tagliato a cubetti il salame, il caciocavallo ed il prosciutto cotto, facendo attenzione ad avere tutta la medesima pezzatura.
Successivamente ho miscelato le farine opportunamente setacciate dentro una capiente bastardella di vetro, aggiungendo in sequenza e senza mai smettere di girare (con una forchetta) prima lo zucchero, poi il lievitino, le uova in precedenza sbattute, il latte, il burro sciolto ed infine il Parmigiano con la restante farcia (prosciutto cotto, caciocavallo e salame). Solo alla fine il sale. I liquidi ovviamente vanno introdotti gradualmente sino al completo assorbimento ma non pensiate che l'impasto sia facilmente lavorabile. Questo spiega il perchè si continua ad impastare con il solo uso "energico" della forchetta senza mai passare alle mani. La lavorazione con olio di gomito dura 20'buoni, io per sicurezza 30'. L'impasto comunque sarà sempre appicicoso e di difficile rimestolio.
Questo ovviamente non deve scoraggiare, tutt'altro, l'importante ovviamente è saperlo.
A questo punto aiutandomi con un cucchiaio ho cominciato a prelevarlo a piccole quantità distribuendolo in modo uniforme su stampi in precedenza ben imburrati ed infarinati. Non abbiate paura sulla 'posa' non perfetta, la lievitazione successiva (3,5 ore per me) sino al bordo degli stessi compenserà eventuali diseguaglianze.
Ho quindi passato in forno preriscaldato a 180° per 10', abbassando poi a 170° e proseguendo per altri 30' buoni. Gli ultimi 10' ho coperto con carta d'alluminio per evitare che si scurissero troppo in superficie.
Sfornare e non appena fredde si possono anche portare fuori dagli stampi.
Il mio parere è che queste brioches rustiche sono migliori nei giorni successivi alla preparazione perchè si da il tempo ai sapori di assestarsi.
L'aroma di fondo del Parmigiano, la consistenza morbida della brioche intervallata dai cubetti di salame la cui sapidità ben completa le note più dolci del prosciutto cotto e del caciocavallo, rendono questo lievitato rustico dal profumo inimitabile una di quelle preparazioni realmente insostituibili.
Più di una volta non ho resistito ad aspettare il pranzo tagliandomene una fetta per colazione e tradendo almeno una tantum il mio animo goloso mattutino. Quando ci vuole, ci vuole! :)



















martedì 9 marzo 2010

Frittatine di cavolo, pancetta e pecorino














Sabato mattina. La mia ragazza lavora. Si deve alzare molto presto, io dormo già poco, per cui ne approfitto le do un passaggio in ufficio, poi la spesa al solito mercato e di corsa a casa a preparare la cena. Il pomeriggio infatti, dobbiamo incontrare un paio di foodbloggers che ci hanno dato appuntamento in un bar del centro. Onestamente non sono incline ai rapporti umani "al buio" ma devo dire che la curiosità di conoscere chi ho 'imparato' a stimare via web così come difficilmente avviene anche nei contatti diretti ad-personam, riesce a forzare ogni ritrosia o naturale impedimento. Probabilmente sarò impacciato come sempre, non sono versatile in queste circostanze, ma faccio finta di niente e mi concentro sulla cucina :P
Preparo una zuppa luganega, bieta, patate e pomodori per la Domenica, per la sera invece mi dedico ad un contorno di broccoletti con olive Gaeta ed acciughe, faccio un sugo con degli champignon per accompagnare una arista affumicata che ho acquistato da una norcineria-gioielleria e poi ho in mente di aggiungere qualcosa che possa fare da sfizioso antipasto. Ho un bel cavolfiore. Senza avere la minima idea di cosa farci lo lesso. Mi muovo un pò imbambolato per via di alcuni pensieri accumulati durante la settimana che mi danno un pò di preoccupazioni.
E'chiaro che la mancanza della mia ragazza non fornisce la sponda necessaria per mettere in buca, fosse anche solo temporaneamente, quelle inquietudini che proprio come delle palle da biliardo carambolano in testa da un pò. Il dunque non tarda ad arrivare. Che ci faccio con il cavolo lessato che tra l'altro non è che sia in cima alle mi preferenze? Devo trovare il modo di mascherarlo quanto più posso. Guardo la fetta di pancetta coppata spessa un dito avanzata con la quale avevo insaporito il fritto di cipolla, carote e sedano per la zuppa. La mattina avevo avuto delle uova freschissime per cui opto per delle frittelline insaporite con il salume avanzato.
Qui però la lucidità mi abbandona.
Associo senza volontà alcuna il cavolfiore alle patate per cui prendo lo schiacciapatate per ridurlo in modo da avere una pasta maggiormente omogenea. Penso ad una sorta di pancakes di patate schiacciate e pancetta. Questo ovviamente solo nella mia testa, davanti a me sempre di cavolfiore si trattava, eppure per qualche strana ragione ero convinto di aver sotto mano solo delle patate sbollentate...nemmeno la "puzza" di cavolo mi riporta alla ragione.
Il disastro è dietro l'angolo. Riempio lo schiacciapatate di cavolo comincio a pressare convinto che di li a poco nella zuppiera di vetro fuoriesca un passato tuberaceo compatto. Invece nulla. Penso ad una lessatura sbagliata delle patate. Poi carico le braccia con una presa a tenaglia, prima fuoriesce qualche goccia di acqua. Mai successo con le patate. I tre neuroni solitamente vigili passano per "buono" quel chiaro allarme che indica il fatto che non si tratta di patate! Come il più ebete degli ebeti, prendo fiato e spingo con tutta la forza che posso. E'in un attimo che torno alla realtà. Nella ciotola di vetro sotto lo schiacciapatate non è caduto nulla, tutt'attorno invece sono partiti per l'intera circonferenza dello stesso pezzetti di cavolo come scheggie impazzite, depositandosi tronfie della forza che le avevo impresso su qualsivoglia angolo della cucina che si trovasse a quella altezza, dall'anta di vetro della credenza...al fornello, dallo sportello del microonde...al muro, dal fornello...alla mensola con il televisore. E'solo allora che ho realizzato che avevo del cavolo e non delle patate! Mi occorreva d'urgenza un fazzoletto per raccogliere le improvvise lacrime che copiose mi solcavano il viso anticipando da veggente il dolore fisico che avrei provato a tutte le "mazzate" che la mia Lei mi avrebbe dato alla sola vista di quell'anello di "Saturno" perfetto, fatto di cavolo e non di detriti stellari, impresso a mò di parato tutt'attorno alla cucina. Come le spiegavo quell'atto demente e perfetto allo stesso tempo?!
Con santa pazienza ho quindi cominciato l'opera di pulizia di quell'orbita disegnata in modo ineccepibile sul contorno della stanza. Non tutta è andata via...sul muro ho grattato sulla pittura (senza pensarci troppo) lo sporco con una pezzetta ruvida...per cui adesso trattasi di solco visibile, pulito ma pur sempre ravvisabile ad occhio nudo e persino miope.
Quando ho messo a fuoco il solco fatto...l'atto involontario del pianto si è ripalesato. E' incredibile come il corpo abbia memoria di certe mazzate anticipandone gli effetti!
Mancava poco all'appuntamento con la mia lei. Allora ho optato per delle semplici frittatine alla pancetta&pecorino che ho impilato alla meglio per ingannare con la più semplice delle forme la mia totale mancanza di estetica in cucina.
Ovviamente quando ci siamo visti le ho raccontato solo quanto avevo fatto di costruttivo, stendendo invece un velo di omertà sulla tecnica da murales appresa involontariamente poche ore prima.
Solo le bloggers conosciute nel pomeriggo (persone squisite tra l'altro) possono testimoniare le mie occhiaie, inconsapevoli testimoni (le occhiaie ovviamente) di un mattinata del cavolo!

Frittatine di cavolo, pancetta e pecorino
700g. di cavolfiore pulito e lessato;
200g. di pancetta coppata in un unica fetta;
4 cucchiai abbondanti di Parmigiano Reggiano;
8 cucchiai abbondanti di pecorino;
5 uova bio;
poco meno di metà bicchiere di latte fresco intero;
olio extravergine di oliva;
sale q.b.;

Preparazione
Lessare il cavolo in abbondante acqua salata e lasciare asciugare o meglio ancora, cuocerlo al vapore. Ridurlo in piccoli pezzetti aiutandosi con una forchetta e sminuzzando con un coltello le parti più grandi; lasciarlo raffreddare.
Privare la pancetta del grasso in eccesso e saltarla in padella velocemente in un paio di cucchiai di olio evo caldo. Mescolare quindi il cavolo sminuzzato con la pancetta, aggiungendo via via il Parmigiano e poi il pecorino. Correggere eventualemente di sale (per me era già buono così). A parte sbattere le 5 uova con un pizzico di sale, incorporando il latte. Versare quindi il tutto nel cavolo ed amalgamare fino ad avere un composto denso e non troppo liquido.
Scaldare a parte un piccolo padellino con un velo di olio evo, asciugandolo con un foglio di carta da cucina per eliminare l'eccedenza e procedere con le frittatine mettendo due mestoli di composto alla volta. Girare quando la frittatina è già compattata aiutandosi con un coperchio e terminare la cottura.
Servire calde con pane cafone ed un bel bicchiere di rosso non troppo corposo per accarezzare il cavolo senza sovrastarlo, godendosi appieno i quadretti di pancetta saltati in padella la cui diversa consistenza dona un sapore rustico niente male a quella che in fondo è solo una frittatina altro che pancakes!! ehehehehe










lunedì 1 marzo 2010

Polpettine d'arancia














La mia è una famiglia di golosi...impenitente e recidiva. Inutile girarci intorno, l'affermazione è puntuale, fondata, supportabile con prove a carico e testimonianze pressochè incontrovertibili.
Sono cresciuto con l'idea che a fine pasto ci fosse sempre una "bella cosa". Puntualmente chiedevo: "Mà! (appena mia madre mi prestava attenzione) ma c'è qualcosa di buono oggi?!".
La maggior parte delle volte fortunatamente c'era :P
Mia nonna davanti ad un cartoccio di paste o ai dolci domenicali preparati in casa non diceva mai di no, quale che fosse il livello di trigliceridi degli ultimi esami o la quantità di ragù mangiata poco prima. Le ciotole sporche di crema pasticcera o al cioccolato erano il nostro obiettivo preferito nei giorni addietro (la Domenica). Ricordo ancora una mezza bastardella di panna, corretta con un dito di limoncello (suggerito da me visto che proprio la panna non è al top del mio indice di gradimento) e fatta fuori a 4mani&2cucchiai sotto lo sguardo impietrito di mia madre che avrebbe dovuto cazz...re contemporaneamente e senza pietà una nonna ed il nipote 65enne&25enne moooolto indisciplinati.
Il fatto che a Pasqua ogni componente della famiglia abbia sempre la propria pastiera preparata su precise indicazioni dei singoli gusti, fatta eccezione per quella super-partes che si apre il giorno della festività medesima quando a tavola c'è la maggior parte della famiglia, sembrerebbe indice del fatto che ognuno terminata quella condivisa e la propria, non abbia alcun interesse nelle "altre"...ciò tuttavia, questo non ha mai giustificato le misteriose sparizioni di interi quarti di dolce ad opera di altrettanti sconosciuti perpetrata tutti gli anni con cadenza puntuale. Indagini approfondite hanno evidenziato sempre un lavoro da professionisti mai il colpevole.
Che dire di mia sorella invece, capace di preparare dolci al cioccolato complessi ed anche alquanto ricercati ma che parimenti perde il controllo davanti ad una confezione intera di Duplo o alla cioccolata Kinder.
Cosa aggiungere di mio padre inoltre, la Nutella lo rende inconsapevole persino degli abbinamenti, va benissimo sul pane ma anche sul tovagliolo di carta non è poi male. Giusto per rimanere in tema pasquale non ricordo che abbia mai cucinato eppure lui provvede meticolosamente tutti i giorni a ripassare di zucchero a velo la sua pastiera in modo che con il tempo (per le porzioni rimanenti) si vada a formare una crosticina sempre più spessa in superficie. Le ultime fette non vi dico che delizia e che battaglie per accaparrarsele :P
Vogliamo ricordare quindi mio cognato, recentemente impossibilitato insieme alla moglie a poter approcciare qualsivoglia dolce per via di alcuni disturbi alla pancia che avevano colpito entrambi, a sperare apertamente e senza ritegno alcuno di guarire prima di mia sorella in modo da poter mettere le mani su un pacco di biscotti al cioccolato lasciato integro nella dispensa solo per evitare l'ira delle budella e del medico. Ovviamente non voleva dividerlo con nessuno e non scherzo affatto :)
Vogliamo aggiungere che il medesimo medico (è un amico di famiglia) è stato più volte sorpreso in passato (adesso lo controllo di meno ehehehe) a terminare in meno di un quarto d'ora un pacco intero di Ciocchini o a mangiare Nutella a cucchiaiate riempendosi la bocca a mò di palloncino....
Mio nipote di circa due anni, in questo degradato quadro riguardante l'educazione alimentare, si comporta già egregiamente, evidenziando una classe ed una lucidità non comune tra i suoi coetanei in termini di dolciumi:
- punta i quadretti di cioccolato con piglio da segugio;
- per un biscottino fuori pasto dispensa baci ed abbracci, ripete i numeri da uno a dieci, canta tutte le canzoncine al solo accenno di una nota (altro che Sarabanda!!) e mette in ordine i giochi sparsi (poco prima) sul pavimento;
- sbava davanti al forno in attesa che i muffins siano cotti. Ovviamente quando escono sono tutti suoi, per cui anche se a distanza, visto che sono ancora bollenti, è tutto un dire indicandoli: "tetto è mio...tetto mio...tetto mio..."(una lunga serie di 'questo è mio' per non lasciare ad un malfidato 'tutti' che per altro usa bene in altri contesti, l'onere di esprimere una proprietà puntuale ed accurata).
- ruba le fette di dolce allo yogurt lasciate incustodite dal padre durante la colazione mattutina che invece di sgridarlo piange miseramente il maltolto; l'episodio capitato da poco ha visto l'ingenuo genitore voltarsi un attimo per girare il caffè, confidente del fatto che il dolce fosse troppo in alto per quelle manine che non solo hanno trovato il modo di raggiungerlo ma anche di finirlo famelicamente prima che il padre voltandosi nuovamente potesse trovare una sola briciola. Un lavoro da professionisti!! Le lacrime incredule del genitore e le sue domande incalzanti nulla hanno potuto con il piccolo nannerottolo ladruncolo che si beffeggiava del padre continuando a giocare impassibile. Un genio! Solo le impronte lievemente oleate su un pupazzo smascheravano il bricconcello che per tutta ragione consapevole del fatto di essere minorenne e quindi non perseguibile continuava ad irridere il padre guardandolo diritto negli occhi, ridendo e sganciando anche una puzzetta mortale.
Mi fermo per decenza sull'immagine angelica di mio nipote avvolto in una nube irrespirabile rimandando ad un altro post eventuali episodi che mi riguardano :P


La ricetta che vi propongo quindi non può che essere una preparazione differente in quanto la mia voluta astinenza da dolci mi permette di parlarne ma non di mangiarli ehehe. Un modo effimero per dimenticarmene per un pò.
Quello che vi riporto di seguito è un piccolo antipasto fatto di poco o niente che però ha inaspettatamente fatto la sua figura. Sono delle polpettine croccanti dal sapore inedito per la mia ortodossia a certi tipi di abbinamento.
Ho proceduto rigorosamente ad occhio quindi le quantità riportate di seguito sono solo indicative.

Polpettina d'arancia
Mollica bianca di pane cotto a legna (prelevata da 500g. complessivi di pane);
1 bicchiere di latte intero;
50g. (almeno) di pinoli io 75g. circa;
2 arance biologiche non trattate;
olio extravergine d'oliva;
2 alici marinate;
1/2 cucchiaino di zucchero;
un ciuffetto di prezzemolo;
pangrattato, meglio se ricavato con gli scarti del pane a cui è stata prelevata la mollica;

Preparazione
Mettere la mollica bianca a bagno nel latte, strizzarla e riporla in una terrina dove si aggiunge la scorza grattuggiata delle due arance ed il succo solo di una. Nel frattempo ungere un padellino con due cucchiai di olio evo, quando è caldo versarci le due alici marinate sfaldandole in modo uniforme con una cucchiarella. Lasciar raffreddare e successivamente incorporare prima l'olio, così lavorato, alla mollica aggiungendo anche un mezzo cucchiaino di zucchero, poi i pinoli.
Il composto deve risultare non facilissimo da manipolare. Casomai aggiungere uno o due cucchiai di pangrattato per agevolarsi ma è fondamentale che sia molto umido. A questo punto ricavarne delle polpettine che andranno prima passate nell'olio evo e poi panate. Io ho adottato una doppia panatura, dove la prima è stata fatta con un pangrattato fine e la seconda con un pangrattato con una granularità maggiore. L'ideale sarebbe usare la farina di riso per la prima ed il pangrattato per la seconda ma essendo un piatto di recupero certe attenzioni non sono state concesse.
A questo punto le ho passate in forno caldo a 180° in una placca leggermente unta per circa 20'. In realtà le avevo preparate la mattina e quindi la sera prima di servirle le ho ulteriormente ripassate in forno preriscaldato per 15' abbondanti senza che ci fossero delle ricadute sull'umidità del ripieno. Erano croccantelle fuori e morbidissime dentro con l'arancio che bilanciava le punte di sapidità delle alici marinate. La cena prevedeva pesce ma ad essere del tutto onesto sono tentato di farne una versione per accompagnare i salumi, sostituendo le alici con un formaggio dal gusto tondo che compensi l'acidità degli agrumi come un caciocavallo o una ricotta di media stagionatura, entrambi da grattuggiare grossolanamente. Se la cosa vi piace e ne fate una vostra versione, fatemelo sapere così non faccio esperimenti strani ehehehe