martedì 19 luglio 2011

Delizia di zabaione e fragole














Sono cresciuto con i supereroi delle serie televisive giapponesi.
Il distinguo tra bene e male è un retaggio famigliare ovviamente, fondato poi sull'esperienza personale ma quel senso di eroico acquisito inconsciamente da piccolo non è solo frutto della realtà circostante ma anche di quei cartoon che in qualche modo hanno avuto sulla mia crescita un indubbio e subdolo peso.
I cattivi di turno sempre ben identificati così come i buoni, quasi scolpiti nei loro ruoli, poi le prime caratterizzazioni trasversali quelle che con il tempo lasciano un segno ed una riflessione in più.
Potrei continuare per ore in merito ma preferisco fermarmi qui e non tediare nessuno sull'argomento. Piuttosto però vorrei aggiungere che di recente alla lunga lista di SpiderMan, Mazinga, Goldrake, JeegRobot, GigiLaTrottola, Lamù, LupinIII...un sabato non molto lontano, una nuova figura ha fatto il suo ingresso nel mio immaginifico olimpo di supereroi.
Sguardo calato dietro una maschera bianca, viso tondo, occhi sorridenti, non fisicamente prestante, il costume una calzamaglia color pastello rasserenante alla vista, ironicamente indossata a ricucire simbolicamente la tradizione dei grandi eroi che lo hanno preceduto in passato.
Una densa cortina di fumo lo preannuncia, l'aria si ferma e diventa pesante quasi plumbea, il tempo si dilata, eccolo.
All'anagrafe risulta avere poco più di trenta anni, contrariamente alla maggior parte dei supereroi in giro non ha irrisolti culturali ne famigliari, non solo è laureato infatti ma è anche felicemente fidanzato. Nella vita di tutti i giorni è un anonimo ed insospettabile ricercatore scientifico eppure...quando indossa il costume i superpoteri latenti e compressi in un fisico più che normale fremono sotto la coltre buia della calzamaglia ignifuga, lo spazio intorno si ionizza di correnti elettriche invisibili ai più, un rombo è pronto a scuotere chi gli si para di fronte, l'aria intorno tradisce una presenza ingombrante che non lascia via di scampo, cani e gatti fiutando il pericolo scappano...qualche malintenzionato che intuisce fuggendo lontano grida:"...mo so' caxxxx!!..."(Perdonate l'espressione colorita).
Questo nuovo supereroe lontano dalle infinite lotte al male trova tuttavia anche il tempo per dedicarsi al pubblico coltivando di tanto in tanto un aspetto più ad ampio respiro del suo impegno civile. Non è un presenzialista, immagini sue in giro sono molto rare, addirittura le TV hanno sequestrato tutti i rari video che lo ritraggono in azione. La motivazione, violazione della privacy eppure chi sa quale area fetida si aggira per i corridoi di certi uffici addetti alla censura per negare ciò che invece tutti dovrebbero sapere. "Maledetto giornalismo deviato!", direbbe qualcuno di quei personaggi che affollano spesso i fumetti.
I tempi tuttavia sono duri anche per i supereroi e quindi per arrotondare il proprio stipendio da impiegato normale è costretto di tanto in tanto a 'vendersi' ai media.
Avrebbe preferito una intervista 'seria' in un talk-show 'serio' ma constatando che in giro programmi simili sono solo 'seriamente' impegnati nell'esclusivo compito di vestire da supereroe un settentenne erotomane, in avanzato stato di delirio di onnipotenza ma con molti liquidi a bordo...ha dovuto allora ripiegare.
Quale migliore soluzione quindi se non quella di accettare la partecipazione ad un talent show nella quale porre sotto gli occhi di tutti le proprie potenzialità, ricordando che lui c'è?
Certo è duro il contrappasso, mischiato a tanti comuni mortali a sgomitare per mostrare il dono straordinario che gli ha concesso madrenatura, ma in fondo se il grande pubblico è li perchè disdegnarlo?
Dimenticavo di accennarvi cosa c'è sulla scia di questo x-men ancora incompreso...c'è un vento che spazza via tutte le brutture che si annidano nelle nostre menti, le false certezze che ci vengono raccontate dai plastici sorrisi del potere attuale, le ansie quotidiane che fiaccano la vitalità che avremmo di nostro, le frasi irriverenti sulla nostra identità nazionale da chi pensava di averlo duro per tutta la vita, la cattiveria che scopriamo aver acquisito uniformandoci istintivamente come gli animali al costume sociale medio...un vento che spazza via lontano quegli stupidi ed infantili risentimenti che qualche volta ci prendono, quella bacata logica competizionista che ci vuole solo protagonisti e mai spalla, tutte quelle volte che abbiamo pensato che per un gesto bello c'è sempre tempo.
Ogni volta che riesco a scorgerlo in azione non posso far altro che sospirare: "...ahhh...mioooo eroe!!" per poi lasciarmi condurre su quella folata di riso leggero che pian piano rinfornza e ripulisce i miei grigi pensieri..

PS
Per chi non fosse troppo al corrente lui è...il Principe del Vento :)


Passiamo quindi alla ricetta.
Questo non è un dolce, è solo l'ammissione di bontà di una crema, è una bandiera bianca alzata per la mia ironica irriverenza verso la Montersino-mania, una insolenza che trova spunto da un vento (non lo stesso di prima :P mi auguro...) che ha colpito il web di recente con una serie di urlettini da stadio non sempre del tutto giustificati. Nulla contro Montersino, per carità è un signor pasticcere, solo la mia sfacciataggine da anziano che proprio non sopporta gli estremi...oggi ti plaudono e sei un divinità...domani sei lapidato a pietrate perchè magari sponsorizzi "4 salti nel bidet"!.
Si, sono vecchio lo so, ma non abbastanza da non rifarmi al pasticcere dal quale ho solo da apprendere ovviamente. Avendo provato già questa crema (grazie ad un atto di fede in Stefania, ArabaFelice), avendola anche riproposta in un assolo però non fotografato, avendone prodotto quantità decisamente abnormi, ne ho convertito una parte con due dischi di pan-di-spagna sempre frutto di una sopravvalutata (dal punto di vista quantitativo) cena per la quale mi era stato espressamente richiesto il dessert, in un dolce per la santa che mi sopporta.
A capo chino vi presento ciò che avrebbe dovuto vedere fotograficamente solo il cestino, ma se mi piace leggere onestà intellettuale negli altri, anche pubblicando delle 'cagatine' di foto (sorry per il francesismo) come in questo caso appunto devo espiare la mia colpa condividendo con voi questo piccolo dessert formato famiglia per fattura (niente di ricercato insomma), decisamente buono.
Il dolce l'ho chiamato delizia perchè essendo stato preparato solo per me e la mia lei, gli ho conferito una taglia extra-large dal punto di vista della farcitura sbilanciandolo nella proporzione crema-pan-di-spagna proprio come si sarebbe proceduto per una delizia al limone e cioè pan-di-spagna sommerso dalla crema. Certo qui non avrete lo stesso grado di rifinitura estetica ma al palato, in modo supponente ed anche un filino orgoglioso, posso dire cha ha avuto un suo certo perchè.
L'effetto esplosione in bocca di tutta quella crema, con un pan-di-spagna bagnato al limite e con le fragole a compensare con la loro nota fresca la parte grassa della farcia...me lo ha fatto sognare anche di notte ovviamente non perchè (c'è la testimone...) sia finito in una sola sera...ed erevamo sempre e solo in due...ma solo per golosità :)
Ah dimenticavo...ma chi mi conosce sa che oramai è una costante...il pan-di-spagna è stato preparato con la ricetta di Milena (UnaFinestraDiFronte), una garanzia sempre (qui nella sua spettacolare torta tiramisù).


Delizia di zabaione e fragole

Crema allo zabaione
175 gr. di zucchero semolato;
125 gr. di tuorli (circa 6, ma ovviamente il riferimento è il peso);
32,5 gr. di farina;
200 gr. di Marsala secco;
50 gr. di passito di qualità con poca acidità (da preferire quelli dal retrogusto fruttato deciso...);
250 gr. di panna fresca + un cucchiaino di zucchero a velo;

Si montano i tuorli con lo zucchero e la farina fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso compatibilmente con la percentuale di ingredienti secchi aggiunti fino a quel momento.
In una casseruola dal fondo spesso quindi riscaldo a fiamma lenta il marsala ed il passito, per poi versarci i tuorli lavorati in precedenza.
Si procede quindi a fuoco lento, girando con la frusta a mano cuocendo fino al primo bollore.
A questo punto si alza la casseruola dalla fiamma e si lascia raffreddare continuando tuttavia ancora a mescolare con la frusta.
A parte si monta invece la panna con il cucchiaino di zucchero a velo. Quest'ultima verrà poi aggiunta alla crema di zabaione incorporandola per darle la corretta consistenza ed anche per una resa al palato che sia leggermente meno incisiva perchè la crema di suo ha un gusto molto deciso che va smussato per il dessert in questione.

Pan di Spagna (Ø 28 cm)

Ingredienti
6 uova codice 0;
195 gr. amido di mais;
190 gr. zucchero;
1 bustina lievito;
1 scorza limone bio grande grattugiata;

Pan di Spagna (Ø 25 cm)

Ingredienti
4 uova codice 0;
130 gr. amido di mais;
125 gr. zucchero;
1 scorza limone bio grattugiata;

Preparazione
Personalmente ho fatto le dosi per quello da 25 cm di diametro per poi usare al meglio un cerchio da pasticceria fisso da 22 cm.
Usando uova a temperatura ambiente, separare i tuorli dagli albumi in due ciotole distinte e montare i primi con metà zucchero. Successivamente montare a neve ferma gli albumi con l’altra parte di zucchero (capovolgendo la ciotola, questi non devono cadere) e unirli alla crema di tuorli. Unire le due preparazioni e montare ancora fino a quando il composto scriverà (sollevando le fruste, queste devono lasciar cadere dei “nastri” che lasciano traccia sulla massa). Aggiungere a pioggia l'amido, la scorza di limone, il lievito (se le uova sono sufficientemente lavorate ed hanno incorporato abbastanza aria, non sarebbe necessario!), e rimestare delicatamente, dal basso verso l'alto per non disperdere l'aria incorporata, fino ad ottenere un composto omogeneo. Versare il tutto in una teglia imburrata e spolverizzata con farina bianca, quindi passare in forno per 30' (controllare la cottura con lo stecchino: infilzato nel dolce deve uscire asciutto ed inoltre il dolce deve staccarsi dalle pareti dello stampo). Sfornare subito, lasciare raffreddare per pochi minuti e sformarlo, capovolgendolo.
Relativamente alla cottura il mio ha cotto per circa 40' ma ovviamente qui entriamo nella questione dei forni diversi da casa a casa.


Assemblaggio
350 gr. fragole lavate, private del picciolo e tagliarle a tocchetti mischiate con poco succo di limone ed un cucchiaio di zucchero a velo;
6 cucchiai pieni di Cointreau;
un paio di cucchiai di granella di nocciola;
pan-di-spagna avanzato;

Ho usato un cerchio da pasticceria fisso da 22 cm, tagliando il pan-di-spagna in due parti (quasi equidistanti...visto che è stato fatto ad occhio...) imbibendo con la bagna (senza eccedere, per non rischiare di compromettere la “tenuta” della torta) e poi procedendo alla farcia con crema (uno strato ricco), fragole e poi ancora crema (uno strato sottile tanto poi affondano...). Le fragole vanno messe ad una distanza di circa un cm dal diametro esterno in modo che quando poggiamo a seguire il disco di pan-di-spagna sopra queste leggermente compresse arriveranno al perimetro esterno ma senza fuoriuscire.
Una volta fatta questa operazione ho riposto in frigo in modo da far rapprendere un pò la crema (circa un paio d'ore) dopodichè ho 'chiuso' sempre con la crema tutto intorno. Sopra per aggiungere le fragole ed evitare che le stesse potessero perdere liquido dando un effetto ancora peggiore di quello presentato ho ricoperto con le briciole del pan-di-spagna avanzato (solo la parte bianca), mischiate ad un paio di cucchiai di granella di nocciola, in modo da formare un disco 'assorbente' sul quale poggiare quindi la frutta fresca. Sull'esterno di questo disco ovviamente ci sarà solo la granella di nocciola per limitare i danni estetici :P
Dopo un riposino di circa un paio d'ore...era pronta per essere terminata in una sola tornata! :D ehehehehhehe



martedì 12 luglio 2011

Gelato di yogurt e limone














Bulimia di chef, di ricerca gastronomica, di bio, di prodotti diversi con una tavolozza di colori che vira dall'esaltazione della tavola rustica a quella sapientemente costruita nell'opulenza di scelte estetiche e di gusto ad effetto.
Cuochi osannati sdoganati dal duro lavoro al fornello allo schermo catodico nella marchettara telepromozione di se stessi o dell'azienda di turno ad inciampare in cadute di stile notevoli, la base invece a cercarsi, in questa frenesia, un posto al sole trovandoli poi in libreria se non addirittura in TV con un 'cappello' da esperti o presunto tale che fa ridere anche l'ultimo fesso come me che in cucina gioca solamente, concretizzando a ben vedere Wharol perchè in fondo anche il web, parimenti agli altri media potenzialmente assicura (o quasi) 15 minuti di notorietà a chiunque.
Ecco il punto è proprio quello, essere visibili, essere riconoscibili, rappresentare qualcosa per qualcuno indipendentemente che si abbia o meno un contenuto da condividere. In mezzo tutto l'oceano di una umanità varia&avariata.
Entro nello specifico. Cosa è un food-blogger o meglio quale è il perimetro nel quale si muove?
Questa la domanda che qualche volta mi sono posto quando mi sono visto etichettare così. Di solito penso al cibo ed alla tavola come un momento per ritrovarsi, penso a quando spendo tutto il mio Sabato in cucina per una cenetta con amici o con la santa che mi sopporta e 'solo' per quei 5-10 secondi nei quali capisco se al suo primo assaggio l'ho sorpresa o meno, penso a mia madre che si spende in pranzi curati per il solo piacere di infiocchettare al meglio la famiglia riunita alla tavola della Domenica, penso ad una ragazza dal bagaglio a mano sempre più ridotto che ho incrociato per una manciata di minuti in un bar del centro che nello sguardo aveva la luce di chi spende la propria natura libera ai fornelli pagando il prezzo di un pò di appunti scompigliati dal vento, penso ad una amica varesina che non ha un blog ma che spende il suo tempo a confezionare cene che tradiscono tutto l'affetto con le quali sono preparate...
Spendersi per qualcuno e non per qualcosa tutto il resto invece per quanto mi sembra comprensibile lo trovo anche un filino inaccettabile.
- Che uno chef abbia una filosofia di vita e questa la traduca nei piatti che vende al proprio ristorante lo trovo comprensibile ma l'equazione implicita che vuole però quell'approccio riconosciuto come fede non è accettabile eppure quante guerre di 'religione' avvengono tra cuochi, i loro e-stimatori, i detrattori...

- Che la televisione sedata sul piano dell'informazione e del ridere intelligente preferisca inondarci di intrattenimento ai fornelli con una overdose di cibo è comprensibile nell'ottica di una depressione culturale maliziosamente ricercata, quello che non trovo accettabile è il ruolo di certi chef o di certi critici che non rispondono più alla ferrea logica e professionalità della cucina ma a quella dell'audience o della telepromozione, svilendo in modo impietoso e masochista una arte...la loro arte.

- Che il bio sia una idea venduta più che un corrispettivo concreto lo trovo comprensibile visto che non esiste una disciplinare in merito quello che è inaccetabile invece è farne una bandiera integralista con la quale valutare il buono dal non buono, visto soprattutto quanto ci marciano sopra questa 'ideologia buonista' dal piccolo contadino alla cooperativa più organizzata e quanti fessi che gli vanno dietro soprattutto...

- Che la blog-sfera del cibo sia una opportunità pubblicitaria a basso costo 'pagato' con corrispettivi in prodotti o similari è comprensibile, quello che è meno accettabile è la superficialità con la quale molti seguono solo il vento dell'opportunità non rendendosi conto che in fin dei conti contribuiscono a dare credibilità anche a ciò che fa fatica ad averne di suo. Faccio un esempio per chiarire ed evitare polemiche verso chi ha più tempo di me da dedicare a simili beghe:"...come si può mettere la faccia su prodotti dalla riconosciuta 'scarsa qualità' della grande distribuzione elevandoli ad alimenti sani&versatili con delle costruite cooking-session sfavillanti, belle foto e pseudo operazioni-ricordo a rendere vintage ciò che ha solo un recente passato?...".

- Che anche l'italiano risenta di questo america-gastronomica da scoprire alla portata di tutti per quanto elitaria nelle intenzioni è evidente, il linguaggio da cucina sdogana le sue formule tecniche per chi (come me tra l'altro) ha solo scolato la pasta asciutta in vita sua....quello che è meno accettabile invece è l'adozione con superficialità di superlativi, aggettivi qualificativi e sinonimi che rendono maestri e sensei un pò tutti, il che equivale poi a non esserlo nessuno. Alla fine mi diverto davvero a cogliere le sfumature, a leggere certi palesi complessi irrisolti anche perchè lasciando a chi è più competente di me il compito di rilevare l'incuria con la quale si deforma e si svilisce il significato di una parola scritta, alla fine la blogsfera dedita al cibo si trasforma in un vero e proprio crocevia di tanti "Maghi do Nascimento, maestri di vita", tutti dediti a se stessi con la quindicina di adepti pendenti dalle loro labbra, poco inclini al raffronto con altri, una sorta di piccola italietta di quartiere che mima una alzata di testa senza lasciar perdere però l'approccio da giornaletto scandalistico...

Firmato
Gambetto, "Mago do Macchiamento, maestro di Kebab&Pita"


Passiamo quindi alla ricetta.
Il gelato di yogurt e limone è una preparazione che avevo adocchiato da tempo. Conosco e frequento poco il blog La belle auberge dal quale l'ho "rubacchiato" però anche chi come me si è limitato ad una iniziale e non esaustiva lettura dello stesso non può fare a meno di intuire la bravura e la competenza della autrice, Eugenia, che qui ringrazio per lo spunto goloso fornitomi e per la consolidata competenza condivisa con gli altri.
La ricetta non è stata modificata nell'esecuzione ma solo leggermente cambiata sul bilanciamento di alcuni ingredienti per avere una resa più incisiva sul piano aromatico.
Devo dire che la cremosità del gelato è davvero unica, probabilmente l'unica valutazione aggiuntiva che mi sento di fare è quella di non cadere in un tranello verbale che potrebbe fuorviare l'aspettativa.
Mi spiego meglio, per natali e per esperienza la parola gelato e limone avevano compresso nella mia mente fino ad eclissarla quella dello yogurt, lasciandola nel dimenticatoio sino al primo assaggio, allorquando la prima considerazione che ho fatto è stata...questo non è gelato al limone è gelato di yogurt e limone.
La differenza è sostanziale e sebbene si presti ad essere mangiato a cucchiaiate anche da solo, concordo con l'autrice della ricetta che la sua declinazione ideale è con una salsa di frutti rossi, probabilmente una composta di ciliege o di fragole e cioè con una componente che dia maggior risalto alla base di yogurt.
Considerando la velocità di preparazione e la resa al palato consiglio vivamente di prepararlo, magari come ho fatto io con l'aggiunta di un paio di cucchiai di Cointreau che bilacia appunto con una nota alcoolica l'eventuale assenza di una salsa ai frutti di bosco donando così un equilibrio decisamente migliore nonchè elegante.

Gelato di yogurt e limone

510 gr. di yogurt greco magro 0% (l'equivalente di tre vaschette di un noto yogurt greco compatto);
125 gr di zucchero a velo;
1/8 di cucchiaino da tè di farina di semi di carrube (non indispensabile);
190 gr di panna fresca;
qualche granello di sale dolce;
120 gr. di succo di limone;
2 cucchiai pieni di Cointreau;
zeste di tre limoni medi;

Mescolare lo zucchero con la farina di semi di carrube ed il sale dolce. Unire le polveri alla panna e mescolare accuratamente con un frullatore ad immersione avendo cura di incorporare aria.
Aggiungere lo yogurt e frullare di nuovo continuando ad incorporare aria. Unire il succo di limone ed i due cucchiai abbondanti di Cointreau. Completare con la zeste grattugiata, mescolando con un frusta a mano. Lasciar maturare la miscela in frigo per almeno 3 o 4 ore, poi passarlo in freezer.


martedì 5 luglio 2011

Gelato al basilico














Non posso proprio lamentarmi sul fronte cucina&affini in famiglia, come già detto in altre occasioni infatti, sia mia madre sia mia sorella sono brave e non da meno hanno sempre amato variare puntualmente le preparazioni in modo da evitare per quanto possibile l'effetto 'rivisto'.
Ogni pregio vuole però di prassi una piccola pecca, una leggera ammaccatura che naturalmente restituisce un riflesso di vita reale a raccontare e non a romanzare la realtà.
Niente a che vedere insomma con l'aria patinata ed edulcorata da soap-opera con le quali ci vengono proposte e raccontate le cucine altrui meno che mai quelle in TV che si ergono a riferimento 'per tutti', un esempio su tutto Nigella.
Senza entrare nel merito della sua palese bravura ai fornelli, sembra sempre avvolta da una aura impertubabile e celestiale, qualcosa di trasversale che dal mistico vira al porno per poi diventare solo evanescente ricercatezza 'ambient', un luci rosse soft che tanto piacerebbe al nostro premier se si decidesse a non usare più le videocassette per vedere Santoro.
Una piccola disgressione veniale, sorry. Tornando a noi quindi prima facevo riferimento ad una sbavatura tipica di casa nostra e cioè che malgrado appunto sul singolo piatto mia madre tentasse spesso&volentieri (tempo permettendo) la declinazione diversa per non avere sempre la stessa cena davanti (o pranzo), invece in tema formaggi e salumi faceva regnare un monoteismo integrale sovvertito solo da guerre religiose sanguinarie.
Mi spiego meglio. Ricordo da piccolo come un incubo il periodo "BelPaese". In frigo non esistevano altri formaggi. Non oso quantificare ma sono quasi certo che per un anno buono siamo stati grandi azionisti della Galbani ed alla domanda "...maaà...c'è un pò di formaggio?..." c'era puntuale ed inesorabile la medesima risposta:"...si si ho preso un pò di BelPaese..."
La famiglia di uno dei miei migliori amici, che abitavano ed abitano tutt'ora nello stesso palazzo, viveva invece un martiro parallelo per il Galbanino. Il fatto che siano della stessa marca è un caso ovviamente.
Eravamo quindi schiavi di una dittatura alimentare casearia che in seguito ha creato grandi traumi, alleviati dalla reciproca comprensione che fronteggiavamo vessazioni del palato analoghe.
Tutt'oggi quando nel banco-vetrina della salumeria del mio quartiere individuo la forma di BelPaese ho un brivido che mi percorre la schiena, per un attimo sbianco in volto e devo necessariamente cercare con gli occhi un caciocavallo stagionato nelle vicinanze per non venire meno. La rivolta del "BelPaese" cominciò con dei piccoli sbuffi da parte mia che diventarono poi con il lento e costante supporto sotto copertura di mio padre che agiva invece dalle retrovie, mugugni veri e propri, segni sempre più eclatanti di insofferenza manifesta e ribellione. Il punto di rottura fu ragiunto innescando ad arte la bomba "mia sorella", una nannerottola di non più di 4-5 anni che aveva tenuto sveglio l'intero palazzo nelle notti dei due anni addietro con i suoi ululati isterici misti a pianto verso i quali il pediatra si era detto sconfitto come medico abbandonando il caso e fuggendo in India alla ricerca della pace interiore, la stessa pace, ma semplicemente fonica che ricercavano invece i nostri vicini nel mentre scorrevano annunci immobiliari per scappare da quel purgatorio.
Mia sorella mangiava poco o quasi nulla e quindi, come dire, le sue 'preferenze' alimentari erano legge approvata per direttissima per evitare calvari fatti di canzoncine, cucchiaini volanti a mò di aeroplanini, torrette di cibo a simulare animaletti o facce buffe che puntualmente si infrangevano contro una delle più ferre ed 'innocenti' volontà che abbia mai conosciuto.
Fu gioco-forza quindi guidare in modo studiato il suo esile ditino contro il BelPaese che la Quinta-Colonna-Casearia ebbe la tanto insperata vittoria.
Quel passaggio apparentemente indolore segnò la conversione di mia madre allo "svizzero" (così abbiamo sempre chiamato l'Emmental), altra via crucis finita dopo grandi spargimenti di sangue all'incirca un anno dopo in favore dello stracchino. Medesimo guerra intestina, epilogo che a grandi linee ricalcava quello precedente ed ulteriore 'naturale' ripiegamento verso una soluzione alternativa.
Oggi da fonti certe mi informano via pizzini che siamo in pieno periodo "primo sale" ma altrettanto so che il fuoco della rivolta non è affatto spento.
Quanto accade da me si riflette con le dovute proporzioni anche nel pubblico con la sola differenza che fuori dalle mure domestiche il fenomeno si contorna di alibi modaioli che analizzati bene per nulla si discostano dall'imposizione di cui prima con la netta e ulteriore distinzione però che le colpe sono più difficilmente individuabili.
Il periodo della rucola (rughetta), uno di quelli, non so se lo ricordate. Nei pub, nelle pizzerie, in qualsiasi piatto cucinato che volesse fregiarsi di moderno c'era la rucola, una di quelle poche piante erbacee la cui quotazione al borsino del mercato era passata dal nulla a quella di una lega preziosa.
La rughetta in ogni dove, anche solo per estetica, ma che rucola fosse. Sono periodi lo so eppure si vivono male perchè se anche quel pizzaiolo che mi conosce quasi quanto mia madre, che per anni e dico anni, mi ha sempre infornato la stessa pizza, mai diversa, bianca provola e funghi, da lontano con uno stentato italiano mi fece:"...tenimm'a'rucola...cià vuò'n'copp" ("abbiamo la rucola vuoi che l'aggiungo...") mi fa capire che non c'è speranza, certe 'correnti' colpiscono tutti.
Questo invece è il periodo dello zenzero. Per carità c'è chi ne fa un uso consapevole ed a quelle persone va tutta la mia ammirazione (ad esempio la cucina di Aquaviva che è cultura che diventa piatto e viceversa, conoscenza declinata ai fornelli...) ma c'è anche chi mette lo zenzero nell'acqua per i pediluvi pur di essere o sentirsi all'avanguardia.
Di recente mi sono capitati a tiro...gelati artigianali declinati allo zenzero, un piatto di pasta fatto in casa con vongole, limone e zenzero, un formaggio allo zenzero, dei dolci "classici" declinati con aggiunta di zenzero, zenzero candito, souffle di formaggio molle e zenzero, gli ovvi biscotti allo zenzero decantati come la scopertà dell'ambrosia...probabilmente a ben vedere all'appello mancherebbero solo i cannoli siciliani o le sfogliatelle napoletane ma non dispero al peggio non c'è mai fine.
Non escludo che qualcuno possa usare lo zenzero come deodorante per le ascelle, per aromatizzare la carta igienica o anche come detergente intimo per dare note di freschezza a tutto l'apparato riproduttivo...il che spiegherebbe il perchè di alcuni sorrisi marmorei a paresi in assenza di chirurgia estetica.
Per certi versi questa sembra la storia dei balli di gruppo che si ripete...quattro passi da idiota imparati per muoversi alla meglio insieme ad un gruppo altrettanto impedito di esseri umani privi di ogni coordinazione per il solo gusto di dire poi:"...abbbiamo ballato...". Lo zenzero uguale...metterlo ovunque in cucina per darsi un tono da palato fine di qualcuno che la sa lunga magari ricercando quel fascino che possedevano nel tardo medioevo i mercanti di spezie, viaggiatori che avevano fatto di profumi lontani la loro arma di suggestione migliore...oggi invece l'unica cosa lontana che c'è è la consapevolezza perchè uniformarsi è rassicurante ma quanto è triste...

PS
E se la ricetta che vi propongo dopo avesse lo zenzero come ingrediente nascosto?! :P ahahhahahahahaha


Ultimamente non ho avuto molto tempo da trascorrere in cucina il che non è di certo una conquista perchè su alcune piccole sperimentazioni che avevo in mente ho dovuto apporre il cartello 'lavori in corso' nella speranza di riprenderle non appena le condizioni al contorno lo permetteranno di nuovo.
Sta di fatto però che proprio non riesco a non entrarci del tutto e quindi se da una parte mi dispiace non essere al passo con qualcuno dei miei 'giochi' preferiti e cioè l'MT Challenge d'altra parte ho comunque puntato su soluzioni che prevedessero una migliore gestione dei tempi, del tipo...questa la preparo anche di sera dopo cena...tanto andrà benissimo per domani.
Il gelato al basilico si è rivelato in questa ottica una scoperta piacevole, versatile come antipasto, gestibile come poche cose sul piano tempi&logistica. La ricetta originale è di ArabaFelice e quindi non c'è bisogno di aggiungere altro. I pochi passaggi aggiuntivi infatti non sono da ritenersi un vincolo quanto un assecondare le mie piccole fisime, pochi ma sentiti vezzi di un grandissimo scassa...balle (certo che se seguivo l'idea della rima era peggio...) per ottenere un procedimento leggermente ottimizzato per quelli senza gelatiera come me.
Con questo gelato partecipo al giveaway di ArabaFelice che a prescindere dall'occasione appunto ringrazio per la condivisione di ricette sempre collaudate la cui affidabilità permette a chi si cimenta il lusso di potersi divertire a cambiarle, pregio notevole per il mio punto di vista, proprio perchè si parte da una base sicura molto robusta :)

Gelato al basilico ( per 4/6 porzioni)

300 ml di latte intero;
200 ml di panna fresca;
45 gr. di pinoli;
80 gr. di Parmigiano Reggiano grattugiato;
2 gr di sale dolce (prima di aggiungerlo provatelo perchè il bilanciamento del sale dipende anche dalla stagionatura del Parmigiano Reggiano e potrebbe essere del tutto inutile);
45 gr. di foglie di basilico;
30 gr di olio extravergine d'oliva con acidità media;

Preparazione
Mettere il latte sul fuoco, e spegnere non appena raggiunge il bollore. Versarvi immediatamente il parmigiano e 15 gr. di basilico spezzettato grossolanamente. Procedere quindi con un mixer ad immersione per un minuto buono.
Lasciar raffreddare, dopodichè filtrare il latte dalle foglie ed eliminarle con un colino a maglie strette.
Unite al latte freddo i restanti 30gr. di basilico, la panna liquida, 15 gr. di pinoli e l'olio. Frullare il tutto nuovamente con il mixer ad immersione finchè sarà omogeneo, incorporando aria.
Dopo aver frullato per un paio di minuti buoni, unire i restanti pinoli interi. Assaggiare di sale ed eventualmente regolarlo a proprio gusto.
Versare a questo punto il composto in una ciotola bassa e larga, e mettere in freezer. Far ghiacciare qualche ora, dopodichè procedere con una spatola in metallo grattando la superficie e rimescolando il tutto prima di riporlo nuovamente in frezeer.
Servire il gelato da solo, o come accompagnamento ad una caprese o semplicemente come ho fatto io riempiendo dei dolcissimi pachino che ben si sono prestati nel contrasto di sapidità con la salsa gelata al basilico.

Note
La differenza con la ricetta di Stefania è nell'uso del mixer già con la prima infusione di basilico in modo da incorporare più aria (la stessa che parzialmente viene eliminata dall'uso del colino) e con l'aggiunta di un minimo quantitativo di pinoli non intero da mixare insieme al restante basilico in modo da agevolare il mantenimento di una densità cremosa per evitare il passaggio finale al mixer prima di servirlo.
Occhio&croce sembra un esperimento andato a buon fine :)