martedì 25 febbraio 2014

Baccalà, broccoli, aglio e pane alle nocciole


La diversità è un valore, forse.
Una forma di ricchezza personale magari lo è spesso, non sempre è un talento da sfuttare, anzi qualche volta è un vero e proprio impedimento che si subisce senza ragione apparente e che il bicchiere mezzo pieno fa interpretare come prospettiva alternativa dal quale trarne opportunità di vedute e di maturazione. Poi certo non calandola in un contesto diventa superficialemente valutabile senza un contorno definito, consentendo divagazioni che possono andare dalla diversità derivata da una mancanza di salute, alla diversità ricercata come fine ultimo da un io debole in cerca di attenzione e visibilità. Mi rendo conto che siamo ancora nel detto e non detto, in quel limbo dove tutto può essere vero così come il suo contrario. E quindi se di diversità dobbiamo parlare forse meglio identificarla, magari non in negativo che di storie funzionalmente strappapalle ne abbiamo fin troppe in giro tanto che la loro mercificazione (nei media come nei social) fa impallidire e svilire di riflesso anche tentativi più o meno seri di approfondimento. Vedere la D'Urso che sguazza nella diversità della cronaca per compiacere un pubblico che ha bisogno di 'guardare' il peggio, per sentirsi meglio, con tutta la scenografia di faccette della conduttrice fa sempre sperare che nel culmine delle sue espressioni estatico-pietiste possa sopraggiungerle un attacco di emorroidi fulminante, che almeno sia sofferenza vera sul volto.
Tornando a noi allora preferisco restare confinato nella forma dell'elenco perchè magari lo stile asciutto aiuta a capire quale diversità mi colpisce e forse da quale diversa-omologazione devo trarre maggiormente le distanze per non essere anche io vittima di una certa cultura massificante a buon prezzo che nulla restituisce se non incertezze più radicate.
  • Ammiro quindi la diversità di quei ragazzi che vivono pacatamente connessi, non schiavi dell'ultimo modello di cellulare, che usano i canali di comunicazione per affermarsi e non per soffermarsi, per il cazzeggio e non per il rincoglionimento, che bilanciano la vita sociale puntellandola con quella social e non viceversa, che studiano per capire anche se non ne sono consapevoli e che danno un significato alla amicizia malgrado le endemiche incertezze dell'età. Mio nipote a breve diciottenne, in modo altalenante ci prova su questo percorso e ne sono anche orgoglioso.
  • Apprezzo la diversità di chi non esibisce se stesso o un capo di abbigliamento omogeneizzando e contaminando la propria figura con ciò che è di moda, che non vuol dire non indossare un capo firmato o magari non avere una pettinatura che-si-porta, quanto saper connotare di personalità tutto ciò che usiamo per raffigurarci agli altri. Di recente ho avuto modo di conoscere la specie degli uomini-depilati (frequentando una palestra...), una sorta di setta religiosa che ripudia i peli, stira i capelli e lavora finemente le sopracciglia per tendere ad un ideale di bellezza libero dalla cheratina superflua e quando dico superflua mi riferisco proprio a tutto, eccezion fatta per la testa laddove la cheratina invece modellata in forme artistiche serve a mascherare la scarsa conduttività neuronale sotto. 
  • La diversità di chi si mette in dubbio è un altro di quegli aspetti che ancor più apprezzo. Siamo sempre più clienti di discount di convinzioni a basso prezzo e di ancor peggior resa intellettuale. In molti sostengono i propri convincimenti con estetica considerazione introducendo solo di rado la strutturazione di una perplessità che potrebbe far(li) cambiare idea. Mancanza di prospettive, no, non penso, piuttosto fa più figo essere fintamente massicci&incazzati come se le spalle larghe le dessero solo le teorie granitiche e non la riflessione e la maturazione attraverso dubbi e contraddizioni. Quanti cartonati-umani conosco, persone che si nascondono dietro un titolo di studio o una dialettica leggermente sopra la media che celano invece abissi di pochezza imbarazzanti.
  • La diversità di saper ascoltare e di saper essere generosi, quest'ultima ancor più rara. In fondo non sapersi spendere per gli altri denota un non sapersi spendere nemmeno per se stessi ed allora perchè in mancanza di questo lucido egoismo non provare a fare qualcosa per gli altri. Non parliamo di volontariato o di andare a fare i missionari, l'essere diversamente generosi non vuol dire nemmeno dare 10euro in be€neficenza perchè se lo fai da un divano e ne guadagni tanti di più è un gesto sano ma non certo generoso, magari è solo un alibi al quanto facciamo schifo per davvero. I diversamente generosi sono quelli che provano a leggere negli occhi e tra le virgole per poter cogliere crepe, leggeri tormenti, piccole insoddisfazioni o altrettanto minuscole aspirazioni alle quali andare incontro senza dover per questo spostare massi o spaccare pietre. "Basta poco che ce vò", direbbe Covatta, i canali di comunicazione sono tanti, la fatica è minima, il compenso piuttosto alto. Parlare con un barbone, cucinare qualcosa per chi non può permettersi di fare la spesa tutti i giorni, donare dei giocattoli "nuovi" prima di Natale e non dopo perchè negli orfanotrofi vicino casa non arrivi un BabboNatale di serie B che tutti gli anni ritarda all'incirca di un mese le sue consegne ha un suo perchè, ma forse qui già siamo oltre il comune sentire. Diversamente generosi vuol dire infatti non trattare "una mappina" (con modi sconvenevoli, dal vocabolario dialettopartenopeo-italiano) il ragazzo che ti sta servendo al bar solo perchè sbaglia, avere rispetto di chi lavora nei negozi senza approfittarsi del proprio status di cliente-acquirente, si intravede perchè non si fa pesare il proprio ruolo quando le circostanze lo permetterebbero, quando si prendeno le difese di un venditore ambulante vessato da qualche vigile urbano di troppo che si sente il Serpico della situazione nella più triste delle guerre tra poveri, lui la prima vittima inconsapevole, magari accennando ad un sorriso ed una parola distensiva quando le circostanze farebbero presumere un incattivimento. La diversità aiuta, ma sia chiaro essere diverso non vuol dire assumere uno status 'estetico' diverso, per quello sono bravi tutti, basta farsi piercing ovunque, colorarsi i capelli, radersi a scacchiera i peli delle ascelle o magari tatuarsi la Santanchè sulla panza, eh no, la diversità è una piccola conquista, è una prospettiva che non si vede, si avverte, si matura e non ha bisogno di vessilli esterni per manifestarsi, sventola dalla luce degli occhi, da reazioni non omologate al peggio
  • Diversità è una preferenza sessuale, un colore della pelle, una inclinazione, un talento o anche un debolezza, è il rispetto di una cultura ed anche di una idea diversa, perchè chi è diverso ha sensibiltà per le differenze altrui e non giudica, prova a compredere, non da consigli, magari ragiona insieme e non individualmente, ascolta prima di commentare, nel momento della difficoltà non ti fa pesare la fragilità ma fa finta di niente e supporta.
In questi giorni ho sentito spesso la parola bellezza, come motivo fondante della cultura e della rinascita di ciò che è sepolto da realtà sociali degradanti. D'accordo, il bello aiuta, l'idea di ciò che è bello meno, mi sono rotto i coglioni di passare per quello che deve commuoversi per un pargolo che sbadiglia, per un tramonto, per un cucciolo di gatto o di cane, o per due finti innamorati in posa sotto la torre Eiffel in un giorno di pioggia, il bello è altro, è il diverso da quello che ci propinano, il bello è essere se stessi, con le proprie ombre, con le proprie luci, con il proprio doppio mento allo specchio che non serve più a fare colpo sul gentil sesso ma a far ridere, accettando la diversità che mutevolmente viviamo, sia essa sentimentale, sia essa fisica come una conquista e non come un aspetto da correggere :)

Passiamo quindi alla ricetta che è già stata pubblicata qui ma che merita un passaggio sul blog, per avere traccia personale delle modifiche che vi ho apportato. Il caldoumido la fa ancora da padrone, il generale inverno quest'anno si è presentato in braghe di tela e quindi perchè non rifarsi ad un piatto che non richiede alte temperature di servizio e che contemporaneamente riesce a convogliare i profumi della stagione, solo sulla carta, rigida. Il Lazio è quindi lo sfondo scelto per far convivere tre eccellenze locali, la nocciola tonda romana DOP, il broccolo ed il baccalà, tre protagonisti assoluti della cucina della capitale e dei suoi dintorni. La ricetta scelta è una rivisitazione di un piatto famoso di Niko Romito (patron del Reale) riletto alla luce degli ingredienti scelti. Ho trovato infatti ideale l'accostamento del baccalà alla nocciola tonda romana il cui sapore persistente con note dolci ben si presta a fare da contraltare alla sua naturale sapidità. Il broccolo invece spezza in modo elegante il merluzzo conferendo cremosità al tutto. L'uso di una altra eccellenza italiana, l'aglio di Sulmona, è il tocco ricercato, che, scomposto nel piatto si ritrova al palato in una combinazione davvero vincente :)

Baccalà, broccoli, aglio e pane alle nocciole
Ingredienti

Salsa di Broccolo
1 Broccolo romano;
3-5 piccoli capperi dissalati;
Olio extravergine di oliva;
Sale qb

Crema d'aglio
Aglio rosso di Sulmona in spicchi gr.200;
Latte intero fresco gr.500; Sale qb Baccalà dissalato 1kg;
Latte di baccalà gr.200;
Pane grattugiato (non quello comprato ma quello fatto in casa) 100gr.;
Rosmarino 1 rametto;
Nocciole tonde viterbesi 20(tostate e spellate);

Salsa di Broccolo 
Pulire il broccolo, ridurlo a cimette e cuocerlo a vapore per una ventina di minuti fino a quando non diventa morbido (evitare di renderlo molliccio); Raffreddarlo subito in acqua e ghiaccio. In un mixer frullarlo con i capperi (opportunamente dissalati) e con olio extravergine (a filo) quanto basta per renderlo cremoso. Aggiustare di sale qualora occorresse.

Crema d'aglio
Sbucciare gli spicchi d'aglio, dividerli a meta e prelevarne l'anima verde eliminandola. Farli bollire per 5 volte, rimettendoli ogni volta (dalla raggiunta del bollore) in acqua fredda riportando nuovamente poi al punto di ebolizzione. La sesta volta bollire con il latte, scolare e poi frullare l'aglio con poca acqua fino a renderlo in crema. Aggiustare di sale.

Pane grattuggiato alle nocciole
In una mixer frullate il pane grattugiato (ottenuto dalla tostatura del pane fresco nel forno) con le nocciole e poi agggiungere un pizzichino di sale in modo da esaltare con la sapidita la tostatura delle nocciole che di loro mantengono già un persistente nota dolce.

Latte di baccalà
Scarti di baccalà (lische, pelle) 300 gr.;
Acqua gr.200;
Latte fresco intero 500gr.;
1 carota, un gambo di sedano, 1 rametto di rosmarino, 2-3 foglie di alloro;
Olio extravergine di oliva;

Una volta puliti gli scarti del baccalà da impurezze superficiali sotto l'acqua corrente, scaldare in un fondo di olio extravergine d'oliva la base del fumetto(sedano e carote tagliati piccolissimi). Aggiungere quindi gli scarti del baccalà, l'acqua ed il latte e fare andare il composto per una quarantina di minuti senza mai farlo bollire ma tenendolo sempre un punto sotto l'ebollizione (schiumando se necessario), profumandolo nel frattempo con il rosmarino e l'alloro. Una volta che il liquido si e ridotto di 2/3, filtrarlo e tenerlo in caldo per accompagnare il baccalà.
Modifiche personali: 
Piuttosto che i soli scarti ho aggiunto all'acqua anche il pezzo di baccalà comprendente le spine longitudinali in modo che in cottura si è staccata anche la carne. Quando ho filtrato poi il liquido ho recuperato anche le molliche di baccalà ed ho messo tutto nel mixer aggiungendo poco olio. In questo modo ho ottenuto una crema densa e setosa.

Baccalà
In una teglia su foglio di carta forno cuocere il baccalà a 70 gradi per 15 minuti e poi glassarlo con il latte di baccalà. Nel mio caso pero la dimensione del filetto e per il mio forno la cottura e stata di 80 gradi per 30 minuti esatti. A fine cottura ho asciugato il baccalà su fogli di carta assorbente.

Composizione del piatto
Adagiare il filetto di baccalà nel piatto e pennellarlo nel senso della lunghezza per meta con la salsa di broccolo romano e per meta con il latte di baccalà. Guarnire la portata con una striscia di pane tostato alle nocciole, un piccolo sbuffo di crema all'aglio e qualche rametto di rosmarino. Servire tiepido. Conclusione Questo piatto è davvero ben equilibrato e sebbene sia solo la rivisitazione di una idea "semplicemente Reale" dello chef Romito devo dire che ha una sua dignità tanto da rappresentare bene l'uso della nocciola tonda romana in un piatto salato visto che queste ultime si prestano per caratteristiche organolettiche più per preparazioni dolci. L'invito a provarlo è per me naturale perchè in fondo con pochi ingredienti buoni e con un procedimento davvero semplice si riesce ad esaltare la qualità della materia prima facendo anche una bella figura con i nostri commensali :)




martedì 4 febbraio 2014

Guancia di vitello al pomodoro con patate, capperi e friarielli

Ascolto la radio, sempre, o meglio quando posso perchè alleggerisce le giornate, stempera quel primordiale cattivo umore inoculato dagli sguardi di estranea insofferenza ed indifferenza di quella parte di umanità incattivita che (nolente o volente) incrocio nel quotidiano e qualche volta anche allo specchio.
La radio fa da cuscinetto, a volte isola altre invece allenta la presa di chi verbalmente o meno si aspetta (da noi) una risposta, quella risposta che il più delle volte non si ha nemmeno per se stessi ma che ci viene richiesta con un carico di ingiustificata aspettativa per il solo fatto di avere una capacità di ascoltare leggermente sopra la media. Quest'ultima deterministicamente sempre vicina allo zero assoluto, motivo per il quale la nostra mediocrità sembra anche qualità. Confesso che con gli anni, il palinsesto ideale si è quasi del tutto spostato su Radio2 e sulla relativa programmazione musicale della rete ma è altrettanto chiaro che le giornate "on air" non sempre dipendono dalla manopolina della mia radio (ebbene si ne ho ancora una analogica...) quanto dalle coincidenze e dalle possibilità il che mi fa diventare un usufruitore passivo anche di tutt'altri generi musicali o di contenuti quando ad esempio sono in quei luoghi dove la radio è trasmessa in filodiffusione e cioè dal supermecato al centro commerciale, dalla pompa di benzina alle banchine di attesa del metrò, dal dentista come al bar.
Per quanto ci provi quindi a non ascoltare ed a non sapere purtroppo mi arrivano passivamente anche news come quella che Gigi D'Alessio sta per lanciare un nuovo album, notizia che mi fa uno strano effetto lo ammetto, la metabolizzo come una umiliazione fisica quasi come se la mia ernia potesse franare fino a crescere e farsi "uallera letale"! (uallera, sinonimo non tecnico, meno che mai signorile per indicare un rigonfiamento inguinale riconducibile ad una ernia ma il più delle volte usato per indicare metaforicamente uno stato di pesantezza, fisica e non, indotta o autoindotta).
Altrettanto non passano inosservati (ahimè) però i tormentoni pop "italiani&stranieri" dell'ultima ora, quelle canzoni cioè che per parole o per refrain inducono a gesti di sadismo contro la propria persona, perchè provocarsi del dolore fisico è sempre meglio che ascoltare in modo remissivo certi brani. Parto da lontano quindi, da questa estate per la precisione quando Luca Carboni a corto di proventi da diritti d'autore sforna un album di super-hits (si chiamano così) con 3 inediti di nuova forgia, il cui titolo è "Fisico&Politico". Già storco il naso per la definizione "il meglio di" perchè pur volendo accettare la definizione, per uno che discograficamente parlando ha fatto si-e-no una decina di successi in tutto, di cui solo 4 o 5 accettabili, parlare del "meglio di..." è come voler tirare fuori dei meriti letterari da Scilipoti o dei premi alla regia per i film di Rocco Siffredi. E'chiaro che per un sopravissuto agli anni 80', uno che li ha attraversati "male" sia chiaro senza voler trarre conclusioni semplicistiche, uscire a fine ventennio del BungaBunga con una canzone "Fisico&Politico" dal testo così allusivo è un bel rischio. La melodia è scoratamente accattivante, quasi una nenia interrotta e volutamente zoppicante:"...Io sono fisico...ma anche politico...un corpo solido immerso in un liquido...", cosa è?...la perfetta metafora di quello che pensiamo della maggior parte degli uomini politici attuali o la criptica apologia di uno stitico ad un cagotto perfetto? Il mistero resta irrisolto pur constatando che il buon Carboni per quanto si sia sforzato, non va oltre un testo che aspira al sociale ma che in realta a leggerlo in modo un pò meno superficiale resta fisicamente ancorato alla forma, solida o liquida che sia ma da servizi sociali più che da sociale. Un pò poco onestamente, deludente in toto.
Non sempre però ci si imbatte in testi pseudo-impegnati, questo è il caso dei Modà e nella fattispecie di uno loro recente successo, una certa "Dimmelo" che ho avuto la sfortuna di sentire e purtroppo anche di veder cantare in modo rapito da chi la ascoltava con me in filodiffusione in una sala di attesa del dentista, come se la sofferenza non fosse già abbastanza in quel limbo di dannati. "Dimmelo" è la storia di un maniaco sessuale, lasciato dalla ragazza che prima di finire in cronaca nera per femminicidio, chiede ossessivamente alla sua ex un modo (im)possibile per dimenticarla. Insomma ci sono tutte le sfumature di un certo machismo isterico che si tinge di finto romanticismo che la voce strappapalle del buon Checco (leader della band) rende alla perfezione persino per gli aspetti più pruriginosi della storia. "Non mi capisco, perdo il controllo faccio paura addirittura anche a me stesso...vorrei toccarti e respirarti vicino ai punti più sensibili e sentirti gridare forte non per dolore ma dal piacere e alla voglia di fare l'amore di farlo bene senza paura più del tempo di qualcuno che ci possa separare" Si può definire quanto letto sopra come l'esplicita dichiarazione di uno psicolabile in preda ad una crisi maniacodepressiva con suggestioni vittimiste e punte di libido incontrollata?...io penso di si. Del testo mi ha confortato in parte lo schizofrenico quanto ripetitivo ritornello che nel suo ossessivo ripetersi racchiude già la risposta ai deliranti dubbi dell'erotomane frustrato di cui prima, a questo punto in sospetto di impotenza:"Dimmelo, dimmelo, dimmi, dimmelo, dimmelo, dove posso andare adesso...". Dove può andare adesso lo lascio immaginare a voi, la prima cosa che è emersa dalla memoria è l'espressione asciutta di un amico romano che a tale dubbio avrebbe risposto serafico e con un soffio vivo di voce:"eh...dove devi d'annà?!...a morì ammazzato!!" Non da meno quindi la Alessandra Amoroso. La evito come la peste ma poi capita come in palestra di ascoltarla dagli altoparlanti che provvedono a garantire un sottofondo musicale negli ambienti attrezzati per la ginnastica generica, una sorta di crocevia (per chi non sa di cosa parlo) della terza età dove faccio la mia porca figura per motivi esclusivamente anagrafici, poco più in là nelle sale dove si alternano lezioni di astro-zumba, razzo-step e mortal-bike non sarei degno di attenzione nemmeno come donatore di organi, figuriamoci per l'attività fisica.
Serio (tornando alla Amoroso), per quanto mi sia applicato non sono mai riuscito a capire una sola parola delle sue ma in compenso non sono altrettanto mai sfuggito all'effetto scorticante di quel suo urlare angosciata, un flusso ininterrotto di latrati disperati che farebbe imprecare e bestemmiare contro il suo Dio anche un atarassico monaco buddista strafatto di morfina. Non capisco perchè mai una ragazza giovane, la mia attuale ricerca sul web me la da ventisettenne o giù di lì, debba cantare in quel modo dilaniante per avere come unico effetto la comunicazione di una angoscia che non le appartiene e non le può appartenere se non fintamente, una che spappola il senso comune di melodia per asservirlo ad un non meglio precisato quanto puntuale calcio nelle palle, una vasectomia gratuita fatta senza ragioni mediche per il puro gusto dell'indurre sofferenza, sonora ed anche verbale con tanto di lacrima-pronta nel corredo.
Chiudo con Elisa, la ricordo quando esordì con un album in inglese, era schiva, appariva poco e non aveva mai i capelli lavati quando era in televisione, un amico di vecchia data che aveva anche comprato sulle bancarelle un suo CD rigorosamente falso la definiva "a'nzevata"(quella unta). Bella voce, testi così e così, poi è cresciuta anche lei, adesso è mamma, conta parecchie collaborazioni importanti, interpreta cose serie, esegue colonne sonore di film e si lava persino i capelli. E' rimasta piuttosto riservata ed oggi intona :"L'anima vola...", testo infantil-metafisico con punte di nulla valorizzate da una bella voce, la stessa che nel nuovo singolo "Ecco Che" stira le vocali finali del ritornello fino a stirarci qualsiasi impulso vitale. Provate a farci caso quando canta, "Ecco cheeeeeeee, tutto sembra possibììleeeeeeeeeee" (con passaggio acuto&stridulo sulla "i") si avverte quasi un effetto ceretta con recisioni graduali ed inesorabili, la vocale "e" allungata su note rare quanto strazianti stira peli&capelli in forma di extension senza fare distinzione sulla dislocazione cheratinica fino a quando arriva il punto di strappo sugli ultimi secondi del ritornello, quando con le lacrime agli occhi e senza aver emesso un gemito, prendiamo una boccata di aria costatando sgomenti i ciuffi persi in ognidove. Poi certo il pensiero torna a Gigi D'Alessio e tutto si ridimensiona anche la calvizia indotta. Forse sono io che non capisco, mi sopravvaluto nel considerare il Gigi nazionale come un umanoide musicale del quale ogni campano sano mentalmente, si vergogna, uno che arriva al grande pubblico e non importa se ha la proprietà di linguaggio e la varietà nel lessico di mia nipote di tre anni, poco conta se è simpatico come un secchiello di sabbia arroventata nelle mutande o una dermatite pubica, lui c'è e piace e quindi anche io dovrei fare uno sforzo per valorizzarlo maggiormente, magari mi spingo oltre ed un giorno proverò definitivamente, come è giusto che sia in tema di ecologia...a termovalorizzarlo!

Passiamo quindi alla ricetta
Ancora una volta mi cimento con una preparazione di Niko Romito, fresco di letture e di video che lo riguardano per il progetto Unforketable (per chi vuole approfondire qui il sito consultabile per molte preparazioni di base in modo del tutto gratuito) .
Nessuna pubblicità solo che è intuibile, soprattutto per chi mi conosce che pubblicare ricette di uno stesso autore, pur modificate leggermente per piccole quanto banali inezie (che fanno bene sono al mio ego probabilmente...) vuol dire restare colpiti da un certo tipo di approccio.
I risultati non sono mancati, è evidente, tanto più che queste guancie sono state preparate a Natale raggiungendo complessivamente la quota 3 rifacimenti in due mesi e passa. Qualcuno di voi storcerà il naso sull'uso di pomodorini freschi, tanto più che è evidente che siano di serra visto il periodo, ma la curiosità e non da meno la volontà di non voler aspettare mi hanno condotto sulla strada amorale dell'uso di un prodotto fuori stagione. Probabilmente Teresa De Masi o Giovanna Esposito o Lisa Conti (ragazze di coerenza e dalla firma pesante nel gastromondo che frequento), mi menerebbero, fisicamente ed anche a parole e di certo non ho alibi, quindi per i meno morti-di-fame come me, quelli che non hanno crepe nella coerenza di cui prima, quella cioè di un acquirente agroalimentare consapevole, propongo questo piatto.
Magari fatene un reminder per quando i pomodorini saranno naturalmente presenti nelle nostre campagne. Confesso che subito dopo la preparazione, sporco di sugo e con molliche di pane ovunque per aver scarpettato con gioia nella pentola ho anche avuto delle forme, seppur languide, di pentimento, che mi hanno fatto anche soffrire per pochi interminabili attimi :)
 Il terzo rifacimento, quello di Natale appunto mi sono detto che sarebbe stato l'ultimo, ma lo so, potrei ricadere in tentazione visto che ho lovvato tutte le serre del territorio nazionale che mi consentono ancora di pianificare nuove cadute nel peccato. Il perdono di un morto di fame felice&fetente spero vi sia meno famigliare di quanto possa esserlo il rispetto per la stagionalità, almeno questo serve a lenire pallidi senzi di colpa... :D
Della ricetta originale ho modificato i contorni, rispettivamente cambiando l'insalata di patate lesse, con patate leggermente soffritte e lavorate con capperi ed erbette e sostituendo le cime di rapa con i più superbi friarielli. La modifica dell'insalata di patate con le patate leggermente fritte ha un suo perchè nella scarsa componente grassa del piatto che trova nei friarielli un giusto supporto per completare le guance.

PS
Le foto fan cagare lo so...ma chi mi conosce sa anche che deve fare uno sforzo di immaginazione con me, il compenso è che se rifate il piatto poi mi scriverete in privato che vi è piaciuto. L'ultima foto infatti, complice il mio tremore con la bottiglietta dell'olio extravergine di oliva è solo per farvi capire la densità della salsa filtrata :)


Guancia di vitello al pomodoro con patate, capperi e friarielli 
Guance di vitello 4 guance di vitello (circa 200-250gr. l'una);
1Kg. pomodori ramati;
250 gr. vino bianco;
1 carota;
1 cipolla;
1 costa di sedano;
100 gr. olio extravergine di oliva;
Sale;

Frullare i pomodori precedentemente lavati. Tritare la cipolla, la carota ed il sedano e far soffriggere in una casseruola di ghisa adatta alle lunghe cotture con un filo d'olio. Aggiungere quindi le guance di vitello e a fuoco sostenuto farle rosolare su entrambi i lati. Sfumare quindi con il vino bianco e unire i pomodori precedentemente frullati. Fare cuocere a fiamma bassa per circa 4ore, 4 ore e mezza al termine delle quali estraete la carne dalla casseruola, raccogliete tutto il fondo di cottura e passatelo attraverso un setaccio fine. Rimettere quindi sul fuoco, lasciando ridurre la salsa di circa un terzo fino al raggiungimento di una consistenza mielosa. Salare e tenere in caldo ed usare per nappare le guance quando si impiattano.

Patate e capperi
200gr.di patate lessate con la buccia;
1 acciuga sotto sale;
20 gr. di capperi dissalati tritati al coltello;
1 rametto di timo ed un pò di prezzemolo;

Sbucciare le patate lessate e soffriggerle leggermente in un filo di olio caldo a differenza della ricetta originale che invece le lasciava al vapore. Riunire le patate leggermente fritte in una cotola e condirle con i capperi e con l'acciuga. Compattarle all'interno di un coppapasta.

Friarielli
1Kg. friarielli;

Pulire i friarielli, dargli appena un bollo e saltarli in padella con olio caldo precedentemente aromatizzato con l'aglio. Compattare i friarielli con un coppapasta.